09 gazzetta blocco 12-22.pdf - La Gazzetta del Medio Campidano
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<strong>12</strong><br />
10 maggio 2013<br />
BARUMINI CONCORSO INTERPROVINCIALE<br />
OVINI IN PASSERELLA<br />
All’appuntamento hanno preso parte ventitré aziende <strong>del</strong> settore<br />
Il 27 e il 28 aprile si è tenuto il concorso interprovinciale<br />
degli ovini di razza sarda iscritti all’albo genealogico.<br />
<strong>La</strong> manifestazione, organizzata dall’Associazione<br />
interprovinciale allevatori di Cagliari, <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong>,<br />
Sulcis Iglesiente e Oristano, con la collaborazione <strong>del</strong> Comune<br />
di Barumini e <strong>del</strong>la Provincia <strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong>,<br />
si è svolta nei locali <strong>del</strong>la fiera comunale ai piedi <strong>del</strong>la<br />
Reggia nuragica Su Nuraxi. Alla rassegna, vetrina d’eccellenza<br />
<strong>del</strong>la pastorizia sarda, hanno partecipato 23 aziende<br />
allevatoriali con oltre 1500 ovini così suddivisi: arieti<br />
da <strong>12</strong> a 24 mesi di età, arieti con più di 24 mesi, pecore di<br />
primo parto e secondo parto, gruppi di agnelli maschi e<br />
femmine. Soddisfatti gli allevatori che hanno presentato<br />
il meglio <strong>del</strong> loro lavoro e messo in vendita il bestiame<br />
migliore. Sono stati acquistati capi pregiati di sei mesi<br />
pagati anche duemila euro l’uno, il saccaio (un ariete giovane<br />
con più di 18 mesi) che vale circa 3 mila euro e gli<br />
arieti miglioratori, che in alcuni casi raggiungono la quota<br />
di 8 e 10 mila euro ciascuno. Altre trattative si stanno concludendo<br />
in questi giorni. Un segno di risveglio per l’economia<br />
agropastorale che stenta nella ripresa.<br />
<strong>La</strong> Marmilla è all’avanguardia nel settore zootecnico, per<br />
questo la qualità degli allevamenti è sempre richiesta sul<br />
mercato regionale, ma anche nazionale. A Barumini, tempio<br />
<strong>del</strong>la pecora sarda, si pratica la selezione già dal 1928,<br />
anno in cui si intuì l’importanza e la valorizzazione degli<br />
ovini. E dopo decenni di attento e scrupoloso lavoro, qui<br />
ci sono pecore che riescono a produrre oltre 450 litri di<br />
latte l’anno.<br />
Carlo Fadda<br />
ARBUS. AULA CONSILIARE<br />
Partecipazione, interventi e confronti<br />
al convegno su “Bullismo e dintorni”<br />
Sabato 27 aprile, nell’ Aula Consiliare, l’Associazione<br />
Angeli nel Cuore col patrocinio <strong>del</strong>le Politiche giovanili<br />
e Pubblica istruzione di Arbus e in collaborazione con<br />
Consulta Giovani, Us Arbus Calcio, Polisportiva Sporting<br />
Arbus, CS Basket, Pallacanestro Basket, Sunshine Dancefit<br />
A.S.D., A.S.D. Onda <strong>La</strong>tina, Arci Dance & Fitness, Gruppo<br />
Folk Pro Loco Città di Arbus,<br />
Associazione Culturale Folkloristica<br />
“Sant’ Antonio” Arbus, Arcuentu<br />
Tennis Club, ha proposto a ragazzi,<br />
giovani e adolescenti il Convegno<br />
“Bullismo e dintorni”, che<br />
voleva essere un momento di riflessione<br />
e confronto su questo importante<br />
tema. Un mese prima ai ragazzi<br />
erano stati distribuiti dei questionari,<br />
in cui in forma anonima<br />
dovevano esprimere le loro opinioni<br />
e idee sul bullismo che poi sono<br />
diventate oggetto di discussione durante il Convegno. Dopo<br />
i saluti <strong>del</strong> sindaco Francesco Atzori e <strong>del</strong>l’assessore alle<br />
Politiche Giovanili e Pubblica Istruzione Gianni <strong>La</strong>mpis,<br />
ha preso parola il presidente di Angeli nel Cuore che, come<br />
in altre occasioni, ha sottolineato l’importanza <strong>del</strong>la collaborazione<br />
e solidarietà tra tutte le Associazioni per il bene<br />
<strong>del</strong> paese. In seguito, rivolgendosi ai ragazzi, ha detto loro<br />
che, se si dovessero trovare coinvolti in episodi di prepotenza<br />
e violenza, devono subito parlarne con un adulto, che<br />
può essere anche un allenatore di calcio, basket, pallavolo<br />
o un insegnante di ballo, che non deve mai sminuire il gesto<br />
e aggredire il bullo, ma cercare di capire il perché <strong>del</strong> suo<br />
atteggiamento, che magari può essere causato anche da un<br />
disagio provato dal ragazzo. Successivamente sono intervenuti<br />
Danilo Caddeo, dirigente di Arbus Calcio, e Valentina<br />
Vinci, presidente <strong>del</strong>la Consulta Giovani, che hanno sot-<br />
tolineato l’importanza di collaborare tra associazioni e società<br />
per dare un bell’esempio ai ragazzi e mostrare loro che<br />
c’è unione e interesse nell’approfondire il modo di aiutarli<br />
ed educarli al meglio. I relatori <strong>del</strong>la serata, che ha avuto<br />
come moderatore eccellente il socio <strong>del</strong>l’Associazione William<br />
Collu, erano Carla Fantasia, psicologa, e Monia Marrocu,<br />
avvocato, entrambi socie <strong>del</strong>l’Associazione,<br />
e don Massimo Cabua, responsabile<br />
<strong>del</strong>la Pastorale Giovanile<br />
regionale e diocesana. L’intervento di<br />
Carla Fantasia, con l’ utilizzo di una<br />
presentazione in power point, si è<br />
basato principalmente sulle risposte<br />
date dai ragazzi nei questionari e sulla<br />
definizione data <strong>del</strong> bullismo in<br />
psicologia. Si sono quindi soffermati<br />
sulle caratteristiche <strong>del</strong> bullo, <strong>del</strong>la<br />
vittima e <strong>del</strong> gruppo, che ha un ruolo<br />
determinante nell’agevolare o bloccare<br />
le azioni dei bulli e sulla distinzione tra bullismo diretto e<br />
indiretto, per poi parlare <strong>del</strong> cyberbullismo, ovvero il bullismo<br />
mediante l’uso di mezzi elettronici. Don Massimo Cabua<br />
nel suo intervento, anch’esso avvenuto con l’utilizzo di<br />
power point, ha fatto presente che la religione va di pari passo<br />
con la psicologia e che i ragazzi che scelgono di fare i<br />
bulli esibiscono un livello di rabbia e di aggressività che sentono<br />
di dover scaricare su altri, scelti per la loro vulnerabilità<br />
che può essere vera o apparente e che non sanno difendersi o<br />
integrarsi col resto <strong>del</strong> gruppo. I ragazzi, poi, vanno aiutati,<br />
amati ed educati. Ma questo “educare” deve essere un cammino<br />
all’amore e citando don Bosco ha affermato che non è<br />
possibile educare senza un riferimento a Dio. Infatti, il santo<br />
dei giovani, attraverso il gioco, il teatro, il canto e la musica,<br />
radicava lo stile nel Vangelo e indicava come obiettivo ultimo<br />
la salvezza futura. Per combattere il bullismo bisogna<br />
avere educatori disponibili all’ascolto, alla comprensione, alla<br />
condivisione, insomma che seguano la misura <strong>del</strong>l’amore<br />
educativo, quello <strong>del</strong> Figlio di Dio, l’Educatore per eccellenza,<br />
che ha amato fino alla morte in croce.<br />
A concludere gli interventi Monia Marrocu, che in qualità di<br />
avvocato ha spiegato che nell’ordinamento giuridico italiano<br />
non esiste il reato di bullismo. Infatti ha sottolineato la differenza<br />
tra bullismo, che è una forma di prevaricazione in cui<br />
uno o più soggetti dominano su un altro, e reato, che invece<br />
è un atto che viola <strong>del</strong>le norme giuridiche. Può accadere, però,<br />
che durante episodi di bullismo si verifichino dei reati. Ha<br />
proseguito poi raccontando un episodio di bullismo. Per concludere<br />
William Collu ha ribadito la presenza <strong>del</strong> Centro di<br />
Ascolto “In ascolto con gli Angeli” <strong>del</strong>l’Associazione che è<br />
attivo via email, per telefono o in sede per qualsiasi problema<br />
anche sul bullismo. Una bella serata conclusasi con un<br />
rinfresco, all’insegna <strong>del</strong>la collaborazione tra tante Associazioni<br />
e Società e con un’importante presenza di tanti ragazzi,<br />
giovani e anche qualche adulto… Insomma il messaggio <strong>del</strong><br />
Convegno è chiaro: chiedere sempre aiuto e reagire uniti al<br />
fenomeno bullismo.<br />
A<strong>del</strong>e Frau
10 maggio 2013 13<br />
IN DISCUSSIONE IL NUMERO DELLE GIORNATE DA INSERIRE NEL CALENDARIO NAZIONALE<br />
Ippica: nuove opportunità di lavoro per l’isola<br />
ARoma è ripreso il tavolo<br />
tecnico tra i rappresentanti<br />
degli ippodromi,<br />
gli operatori <strong>del</strong> settore e i<br />
funzionari <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>le<br />
Politiche Agricole, Alimentari<br />
e Forestali. <strong>La</strong> situazione<br />
rimane grave e per il<br />
momento non è stata affrontata<br />
la questione degli ippodromi<br />
<strong>del</strong>la Sardegna. All’ordine<br />
<strong>del</strong> giorno, ancora una<br />
volta, l’assegnazione <strong>del</strong>le<br />
giornate di corsa per la stagione<br />
2013 e il numero di<br />
giornate in calendario, 231<br />
per l’esattezza. Sembra che,<br />
per raggiungere questi numeri,<br />
dal MIPAAF abbiano chiesto<br />
il taglio <strong>del</strong> 50% <strong>del</strong>le<br />
giornate che erano state assegnate<br />
agli ippodromi, al<br />
momento chiusi. A fronte di<br />
questa decisione, dato che<br />
ogni ippodromo ha una situazione<br />
diversa, per il momento<br />
si sarebbe deciso di fare un<br />
calendario bimestrale limitato<br />
a maggio e giugno. Nel<br />
frattempo, pare che siano stati<br />
inviati i primi 2500 mandati<br />
all’Ufficio Centrale di<br />
Bilancio per i premi di gennaio<br />
2013.<br />
Nel panorama ippico nazionale<br />
la Sardegna può dire di<br />
aver ricevuto sempre una considerazione<br />
marginale, quando<br />
si è trattato <strong>del</strong>l’assegnazione<br />
<strong>del</strong>le risorse finanziarie,<br />
nonostante gli allevatori e gli<br />
operatori <strong>del</strong> mondo ippico<br />
isolano abbiano tenuto alta la<br />
bandiera <strong>del</strong> cavallo sportivo.<br />
Ora che la condizione socio<br />
economica <strong>del</strong>la Sardegna è<br />
divenuta insostenibile, non si<br />
può rinunciare all’assegnazione<br />
di un congruo numero<br />
di giornate di corsa che si tradurrebbero<br />
nell’immediato in<br />
nuove opportunità di lavoro<br />
nei diversi settori <strong>del</strong>l’agricoltura,<br />
<strong>del</strong>l’artigianato, dei<br />
servizi e <strong>del</strong>le attività sportive,<br />
<strong>del</strong>la sanità. «Il nostro<br />
impegno - sostiene il presidente<br />
<strong>del</strong>la provincia Fulvio<br />
SANLURI. UN PROGETTO FINANZIATO DALLA REGIONE<br />
Tocco, che si è energicamente<br />
battuto per l’assegnazione<br />
<strong>del</strong>le corse all’ippodromo di<br />
Villacidro - deve continuare<br />
per ribadire ai rappresentanti<br />
ministeriali che quest’isola è<br />
terra di fantini e terra di cavalli,<br />
ed è proprio qui che tante<br />
famiglie possono lavorare<br />
grazie allo sviluppo <strong>del</strong>le professioni<br />
connesse al comparto<br />
ippico». (r.m.c.)<br />
SAN GAVINO. SCUOLE MEDIE<br />
<strong>La</strong> giornata <strong>del</strong>la creatività<br />
È stata una grande festa alle scuole medie la giornata <strong>del</strong>la<br />
creatività coordinata dalla professoressa Caterina Aresu. I<br />
ragazzi si sono divertiti creando bei murales e addirittura<br />
colorando termosifoni e ringhiere all’interno <strong>del</strong>la scuola.<br />
Grande successo ha avuto un laboratorio di graffiti tenuto<br />
dall’esperto Walter Piras: i ragazzi di alcune classi hanno<br />
abbellito il cortile esterno dipingendo il muro di recinzione.<br />
Docenti e genitori si sono complimentati con i ragazzi per<br />
le opere realizzate nelle pareti esterne. (g.l.p.)<br />
VILLACIDRO<br />
“Non ci scusiamo per il disturbo”<br />
Hanno visto il punto più nero <strong>del</strong> tunnel, hanno conosciuto<br />
il dolore e la paura. Poi piano piano hanno risalito la china,<br />
con le loro forze, imparando a credere in se stessi , nell’amicizia<br />
e nei sogni. Ma dietro ai progressi dei ragazzi<br />
<strong>del</strong>l’associazione<br />
Andalas di Villacidro,<br />
seguiti dall’Asl<br />
di Sanluri, c’è<br />
anche un grande<br />
psichiatra: Alessandro<br />
Coni, che ha<br />
ideato un nuovo<br />
percorso terapeutico,<br />
a contatto con la<br />
natura. I ragazzi<br />
hanno scalato i monti <strong>del</strong>la Sardegna, <strong>del</strong>la Corsica, <strong>del</strong><br />
Trentino e <strong>del</strong> Nepal per vincere la malattia e ricominciare<br />
una nuova vita. <strong>La</strong> loro voglia di reagire facendo squadra e<br />
convivendo esperienze ha portato grandi risultati. <strong>La</strong> loro<br />
storia è stata raccontata nel libro “Non ci scusiamo per il<br />
disturbo” presentato di recente nell’ex seminario. (sap)<br />
VILLACIDRO<br />
I pannolini amici<br />
<strong>del</strong>la natura<br />
e dei bambini<br />
Presso il Consultorio familiare di Sanluri, in viale Rinascita<br />
28, il 17 maggio si terrà la presentazione ufficiale <strong>del</strong> progetto<br />
“I pannolini amici <strong>del</strong>la natura e dei bambini”. L’iniziativa<br />
rientra tra le attività finanziate dall’Assessorato Regionale<br />
<strong>del</strong>la Difesa <strong>del</strong>l’Ambiente e sarà avviata nel prossimo<br />
mese di giugno. I pannolini usa e getta costituiscono circa il<br />
10% dei rifiuti urbani ed impiegano centinaia di anni per degradarsi,<br />
provocando un danno all’ambiente che può essere<br />
quantificato dal fatto che ogni bambino richiede un uso di<br />
circa una tonnellata di pannolini, mentre nell’arco di un anno<br />
(2011) in Sardegna sono nati circa 13.000 bambini. Con la<br />
comparsa sul mercato, intorno agli anni ’80, i pannolini usa e<br />
getta sono stati pubblicizzati per la loro comodità e praticità,<br />
anche per tenere il bambino “più asciutto” per prevenire<br />
dermatiti, favorendo però un cambio meno frequente che<br />
determina un contatto più prolungato con urine e feci, mentre<br />
la pellicola impermeabile esterna crea una sorta di impacco<br />
caldo umido in una parte <strong>del</strong>icata che potrebbe risentirne.<br />
Partendo da queste considerazioni l’Asl di Sanluri intende<br />
promuovere l’uso dei pannolini lavabili, in quanto oltre ad<br />
essere prodotti con materiali naturali, sono morbidi, assorbenti<br />
e privi di componenti chimici potenzialmente irritanti.<br />
Il progetto prevede la consegna presso i Consultori familiari<br />
di un kit di prova gratuito, composto di 5 pannolini lavabili,<br />
a tutte le famiglie residenti con bambini di età compresa entro<br />
i 18 mesi. Questa fornitura è sufficiente per una prova di<br />
circa una giornata, consente di testarne l’uso ed eventualmente<br />
decidere per un suo utilizzo nel futuro. Alle famiglie<br />
che partecipano al progetto sarà proposto un questionario per<br />
raccogliere impressioni e consigli. (r.m.c.)<br />
Giuseppe Batzella, scultore per passione<br />
Da carabiniere a scultore per passione. <strong>La</strong> seconda vita da<br />
pensionato per Giuseppe Batzella di Villacidro si svolge<br />
tutta con pennelli e attrezzi da scultore per dar sfogo ad un<br />
estro che lo accompagna da tempo. Frutto <strong>del</strong> suo ingegno<br />
le tante opere che ha donato alla chiesa, e quelle restaurate<br />
in tutto il circondario.<br />
Di recente Batzella ha provveduto anche al restyling <strong>del</strong>la<br />
fiamma <strong>del</strong>l’arma donata anni fa in occasione <strong>del</strong>l’inaugurazione<br />
<strong>del</strong>la nuova stazione dei carabinieri di San Gavino<br />
e alla caserma di Villacidro. Un regalo per gli ex colleghi<br />
con la firma di un artista che fugge dalla popolarità e da<br />
ogni interesse economico per godersi il significato più profondo<br />
<strong>del</strong> suo hobby. (sap)
14<br />
10 maggio 2013<br />
I prodotti<br />
<strong>del</strong> <strong>Medio</strong><br />
<strong>Campidano</strong><br />
in mostra alla Fiera<br />
Campionaria <strong>del</strong>la Sardegna<br />
di Gian Luigi Pittau<br />
Èstato uno degli stand più visitati alla fiera di Cagliari quello <strong>del</strong>la provincia <strong>del</strong> <strong>Medio</strong><br />
<strong>Campidano</strong> (nelle foto di Renato Sechi) che ha voluto puntare sull’agroalimentare ed in particolare<br />
su prodotti tipici e sull’artigianato locale. Oltre al pane e ai prodotti da forno, c’era il<br />
riso, la semola e la farina <strong>del</strong> grano Cappelli, lo zafferano, il formaggio fresco e stagionato,<br />
gli insaccati, il miele e i sott’olii. Tutti i giorni uno degli appuntamenti più affollati era quello<br />
<strong>del</strong>la degustazione curato dalla Pro Loco di Segariu con prodotti <strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong>.<br />
«L’identità <strong>del</strong>la Sardegna - spiega il presidente Fulvio Tocco - è segnata dalla straordinaria<br />
qualità dei cibi e dei prodotti che i contadini, gli allevatori e gli artigiani, quotidianamente,<br />
fanno confluire ai mercati isolani. Mettere in mostra tali prodotti nelle principali<br />
rassegne fieristiche non può che contribuire a valorizzare e promuovere un intero patrimonio<br />
culturale. Per tale motivo, la Provincia Verde, anche quest’anno, nonostante i pesanti<br />
tagli imposti dal governo di Roma, ha voluto garantire la sua presenza all’interno <strong>del</strong><br />
padiglione I. Investire sul rilancio <strong>del</strong>l’agroalimentare e sull’ambiente significa dare impulso<br />
a tutti gli altri settori. Il riavvio di un’economia che sia sobria e sostenibile, in assenza<br />
di investitori <strong>del</strong> settore industriale, non può che ripartire dal settore primario».<br />
Insomma per il numero uno <strong>del</strong>la provincia verde per rimettere in moto lo sviluppo <strong>del</strong>la<br />
Sardegna occorre incentivare la coltivazione <strong>del</strong>le campagne, attuando le regole <strong>del</strong>la normativa<br />
vigente, attraverso un piano quinquennale e con investimenti contenuti. «Sarebbe<br />
possibile, in tal modo, - sostiene Fulvio Tocco - svincolare la nostra isola dalle importazioni<br />
dai mercati esteri, per l’approvvigionamento dei mangimi da destinare al comparto<br />
zootecnico e degli alimenti in generale, e migliorare la tracciabilità garantendo ai consumatori<br />
cibi salubri e di altissima qualità. Con questa filosofia è possibile favorire l’ingresso<br />
<strong>del</strong>le imprese alimentari sarde in nuovi mercati, promuovendo qualità e tipicità dei<br />
prodotti. In un momento di arresto per i consumi nel mercato interno, l’internazionalizzazione<br />
di uno dei settori fondamentali <strong>del</strong>l’economia sarda è una priorità assoluta da sostenere».<br />
Tra i tanti artigiani e produttori era presente Efisio Piseddu di Gesturi, artigiano che si<br />
occupa <strong>del</strong> confezionamento e riparazione di cestini in fieno e giunco, i fratelli Statzu<br />
<strong>del</strong>la coltelleria artistica artigianale Boiccu, lo zafferano Itria di Turri <strong>del</strong>la famiglia Picchedda,<br />
lo zafferano di San Gavino Monreale di Valentina Saba ed ancora i<br />
cestini, le cassapanche, tavoli e sedie <strong>del</strong> centro artigianato sardo “Sanna” di Pabillonis.
10 maggio 2013 15<br />
SAN GAVINO. AL PARCO ROLANDI GLI STANDS BIOLOGICI LOCALI<br />
Riscoprire l’importanza dei prodotti locali, valorizzando<br />
gli antichi saperi. È stata questa la finalità <strong>del</strong>la biofesta<br />
di primavera <strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong> promossa dall’associazione<br />
Qedora in collaborazione con la Pro Loco di San Gavino,<br />
il Movimento per la decrescita felice, Sardegna in Transizione<br />
e l’Università <strong>del</strong> Saper Fare <strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong>.<br />
«<strong>La</strong> biofesta - spiega Daniela Inconis, la presidente di Qedora<br />
- è un momento in cui si concentrano le idee e le conoscenze<br />
relative a “Su Tempus Torrau”, un progetto di promozione<br />
e rivalutazione <strong>del</strong>le tradizioni e <strong>del</strong>le usanze passate<br />
finalizzate al superamento <strong>del</strong>la crisi attraverso l’ecosostenibilità,<br />
il rispetto <strong>del</strong>l’ambiente e degli antichi saperi».<br />
MOSTRE E DIBATTITI Così nella splendida cornice <strong>del</strong>la<br />
casa museo Dona Maxima in via Amsicora c’è stato un<br />
confronto sul tema “Superare la crisi partendo da noi. In<br />
transizione verso la decrescita”. Sono intervenuti: Maurizio<br />
Pallante, presidente e fondatore <strong>del</strong> Movimento <strong>del</strong>la Decrescita<br />
felice, Roberto Spano, Maurizio Fadda <strong>del</strong>l’associazione<br />
Biosardinia, Alessandro Massarelli di Sardegna in Transi-<br />
GRANDE INTERESSE<br />
PER LA BIOFESTA DI PRIMAVERA<br />
DEL MEDIO CAMPIDANO<br />
Tra i molti espositori alla Fiera<br />
anche imprenditori coraggiosi con novità<br />
Nonostante la crisi e<br />
le difficoltà per i commercianti<br />
la fiera <strong>del</strong>la<br />
Sardegna conferma<br />
come sempre la<br />
sua importanza. 450<br />
espositori complessivi<br />
hanno offerto al<br />
pubblico fino al 6<br />
maggio un ampio<br />
ventaglio di prodotti.<br />
Dieci i padiglioni<br />
aperti per la Campionaria,<br />
per un totale di<br />
superficie espositiva<br />
occupata pari a oltre<br />
24.600 metri quadri,<br />
più altri 10 mila metri<br />
quadri <strong>del</strong> piazzale e<br />
oltre il 5° per cento di<br />
presenze in più rispetto allo<br />
scorso anno. Le aziende leader<br />
in vari settori e gli imprenditori<br />
coraggiosi e tenaci<br />
continuano a credere nelle<br />
opportunità di appuntamenti<br />
come la fiera per farsi conoscere,<br />
fare affari e stringere<br />
nuovi accordi. Certo, non<br />
sono i tempi <strong>del</strong>le vacche<br />
grasse, ma qualche margine<br />
di guadagno ancora esiste,<br />
soprattutto per chi ha il coraggio<br />
di osare, come<br />
l’azienda Fratelli Saba di<br />
Guspini, molto apprezzata in<br />
tutta la Provincia per la vastissima<br />
offerta di arredo bagno,<br />
sanitari, rubinetterie,<br />
mobili e tanto altro.<br />
«Ho ricevuto la visita inaspettata<br />
di numerosi architetti<br />
interessati alla parete doccia<br />
in cristallo impreziosita di<br />
Swarovski, placata in oro e le<br />
nuove soluzioni con i led incastonati»,<br />
spiega Gian Paolo<br />
Floris. Seppur in tempi<br />
cosi difficili non si perde<br />
quindi l’interesse per le cose<br />
belle e il gusto per gli oggetti<br />
esclusivi ed eleganti<br />
che sanno cambiare<br />
l’atmosfera di casa.<br />
Con un pizzico di fantasia,<br />
affidandosi agli<br />
esperti, si può realizzare<br />
la casa dei sogni<br />
sfruttando le nuove<br />
soluzioni presenti sul<br />
mercato. Ed è proprio<br />
la fiera un luogo dove<br />
scoprire le ultime tendenze<br />
e trovare i professionisti<br />
da cui farsi<br />
guidare e consigliare.<br />
«Siamo molto soddisfatti<br />
per l’andamento<br />
<strong>del</strong>la fiera - precisano<br />
Fabrizio e Valerio<br />
Saba - abbiamo venduto<br />
articoli e soprattutto<br />
preso numerosi contatti con<br />
nuovi potenziali clienti. <strong>La</strong><br />
fiera per noi è da sempre<br />
un’ottima vetrina. Le persone<br />
guardano con interesse le<br />
nostre proposte. Oltre a fare<br />
affari, siamo certi che molte<br />
altre vendite si concretizzeranno<br />
successivamente».<br />
(sap)<br />
zione e Cristiano Floris <strong>del</strong>l’associazione Arca di Noè. L’ingegnere<br />
Roberto Spano e l’architetto Andrea Floris hanno<br />
presentato il progetto-mostra «Riannodare i fili <strong>del</strong>la memoria<br />
per un domani condiviso», realizzato in collaborazione<br />
con il regista Federico Rescaldani, e il supporto di Foto Studio<br />
Altea.<br />
BIOFESTA Poi per due giorni il parco Rolandi ha ospitato<br />
la biofesta con gli stand biologici locali, la mostra <strong>del</strong> giocattolo<br />
antico, l’esposizione <strong>del</strong>le piante grasse, <strong>del</strong> mercatino<br />
solidale. Entusiasta la presidente di Qedora Daniela Inconis:<br />
«Lo scopo <strong>del</strong>la Biofesta di Primavera <strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong><br />
era quello di mettere in rete i produttori <strong>del</strong> biologico<br />
e far conoscere meglio MDF il Movimento per la Decrescita<br />
Felice e tutto il progetto <strong>del</strong> Su Tempu Torrau.<br />
LABORATORI E PRODOTTI BIO Le 4 giornate sono state<br />
molto ricche e impegnative, ma la fatica è stata ripagata dall’attenzione<br />
e partecipazione <strong>del</strong>le persone che sono venute<br />
da Sassari, Carbonia, Calagonone, Nuoro, Cagliari sia per<br />
conoscere Maurizio Pallante ospite <strong>del</strong>la due giorni di conferenza<br />
Sardara-San<br />
Gavino, sia per partecipare<br />
ai laboratori<br />
<strong>del</strong>l’UNISF<br />
(Università <strong>del</strong> Saper<br />
Fare) di panificazione<br />
naturale,<br />
cosmesi naturale e<br />
lavorazione <strong>del</strong>la<br />
lana e per curiosare<br />
tra gli stand che<br />
nonostante il tempo<br />
incerto hanno partecipato<br />
alla Bio-<br />
Fiera (produttori di<br />
Olio di Lentischio<br />
da Carbonia, Spugne<br />
vegetali da Samassi,<br />
Uova Biologiche<br />
certificate da Villacidro, Oli <strong>del</strong>la tradizione Armena<br />
da Sassari, Crepes e succhi di frutta Bio da Calagonone,<br />
verdure e zafferano da San Gavino) oltre agli espositori<br />
<strong>del</strong>l’arte <strong>del</strong> riciclo e piante grasse ». (g.l.p.)<br />
SAN GAVINO 1° MAGGIO<br />
Con la riapertura <strong>del</strong>la fonderia<br />
nuove speranze per l’occupazione<br />
Dopo diversi anni il <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong> ha festeggiato nuovamente<br />
il primo maggio. Su iniziativa <strong>del</strong>la Cgil provinciale,<br />
nel parco Rolandi a San Gavino, si è tenuta la Festa<br />
dei lavoratori. Una giornata di allegria che non ha fatto<br />
dimenticare le problematiche di un territorio, il <strong>Medio</strong><br />
<strong>Campidano</strong> appunto, colpito dalla disoccupazione e da una<br />
crescente crisi <strong>del</strong>le piccole e medie imprese. «Con la<br />
riapertura <strong>del</strong>la fonderia, dobbiamo guardare al futuro con<br />
maggiore impegno e fiducia consapevoli che c’è ancora<br />
tanto da fare, ma con il sindacato unitario sarà possibile<br />
dare le risposte che il territorio si aspetta», ha affermato<br />
Efisio <strong>La</strong>sio segretario generale <strong>del</strong>la Cgil <strong>del</strong> <strong>Medio</strong><br />
<strong>Campidano</strong>. Ora c’è anche l’accordo per la ripresa produttiva<br />
<strong>del</strong>la Keller di Villacidro. «Per la fabbrica di materiale<br />
rotabile si intravede uno spiraglio positivo dopo la firma<br />
<strong>del</strong>l’accordo in Confindustria tra le organizzazioni sindacali<br />
e l’azienda per concedere in affitto per due anni lo stabilimento<br />
alla Nsr, che gestirà le commesse <strong>del</strong>le ferrovie<br />
egiziane», aggiunge il segretario provinciale <strong>del</strong>la Cgil.<br />
<strong>La</strong> Ceramica Mediterranea, dopo un periodo di crisi, sta<br />
cercando di abbattere i costi energetici con la costruzione<br />
di un impianto fotovoltaico e rilanciare la produzione<br />
di piastrelle. Obiettivo conseguito dalla 3A di Arborea<br />
che ha riavviato la produzione <strong>del</strong> caseificio di San<br />
Gavino con prospettive di sviluppo e diversificazione dei<br />
prodotti. (r.m.c.)
16<br />
10 maggio 2013<br />
Mostra<br />
sui Giornali<br />
Clandestini<br />
È stata presentata anche in paese la mostra sui 70 anni<br />
dalla Resistenza promossa dalla sezione zonale <strong>del</strong>l’Anppia<br />
di Guspini. L’associazione culturale, che si propone come<br />
obiettivo di combattere ogni tipo di fascismo, ha organizzato<br />
sabato 27 aprile una mostra che continua le manifestazioni<br />
<strong>del</strong> 25 Aprile. Nel centro di aggregazione di via<br />
Su Rieddu è stato possibile visitare, dalle 9 alle 19, un’esposizione<br />
dei giornali clandestini <strong>del</strong>la Resistenza e una serie<br />
di documenti che caratterizzarono gli scioperi degli<br />
operai a Torino nel marzo 1943.<br />
PABILLONIS<br />
<strong>del</strong>la Resistenza<br />
Per l’occasione sono<br />
state invitate le classi<br />
terze medie e la<br />
classe quinta <strong>del</strong>la<br />
scuola primaria. A spiegare agli alunni il significato e il valore<br />
<strong>del</strong>la stampa clandestina durante il periodo <strong>del</strong>la Resistenza<br />
sono stati la profesoressa Agnese Caddeo, segretaria Anppia<br />
sezione di Guspini, e professor Lorenzo Di Biase, vice presidente<br />
Anppia Sardegna.<br />
Dario Frau<br />
Che cos’è<br />
la stampa clandestina<br />
“In genere, si considerano “stampa clandestina” i periodici<br />
prodotti e diffusi, senza autorizzazioni, da organizzazioni<br />
ritenute illegali da regimi tirannici e dittatoriali, da<br />
occupanti dei territori nazionali o più semplicemente da<br />
poteri che negano la libertà di espressione e di stampa. Il<br />
caso più noto, per quantità e qualità, riguarda senza dubbio<br />
la Resistenza (sia italiana che europea) ai regimi fascisti<br />
e nazisti <strong>del</strong> secolo scorso e l’antifascismo in genere.<br />
Normalmente si identifica la stampa clandestina <strong>del</strong>la Resistenza<br />
con quella prodotta dal mondo <strong>del</strong>l’antifascismo<br />
(formazioni partigiane, partiti, sindacati, organizzazioni di<br />
massa giovanili e/o <strong>del</strong>le donne). Spesso i giornali erano<br />
semplici volantini o poverissime veline, dazebao (manifesti<br />
murali):i periodici clandestini <strong>del</strong>la resistenza hanno<br />
avuto tutte le forme possibili e immaginabili nelle condizioni<br />
in cui vennero prodotti. Firme di fantasia (nomi di<br />
battaglia) o semplici sigle, e generi disparati di senso degli<br />
articoli: dalla controinformazione alla poesia, dall’onoranza<br />
per i caduti all’analisi politica, dal racconto di invenzione<br />
al resoconto <strong>del</strong>l’azione militare. Numeri unici o<br />
numeri perduti, vere e proprie serie, diversità di ideali e<br />
obiettivi, configurano questo genere di stampa come un interessantissimo<br />
laboratorio di libertà: di espressione e di<br />
stampa appunto, in un contesto di costante pericolo. Leggere<br />
un giornale clandestino (<strong>del</strong> resto come ascoltare una<br />
radio non autorizzata), portarlo addosso, distribuirlo comportava<br />
pene durissime: dall’arresto alla deportazione alla<br />
morte. Se non in rarissimi casi non si hanno dati sulla tiratura<br />
e le modalità di sotterranea distribuzione (spesso affidata<br />
alle donne, alle staffette), ma certamente i giornali<br />
clandestini hanno rappresentato concretamente la prima e<br />
più efficace forma di alfabetizzazione alla democrazia oltre<br />
che efficaci strumenti di controinformazione”.<br />
SAN GAVINO<br />
MONUMENTI APERTI<br />
CON LA COLLABORAZIONE<br />
DI UN INTERO PAESE<br />
Chiese, musei, mostre, concerti e laboratori. Un intero paese<br />
con le sue associazioni e gli studenti <strong>del</strong>le diverse scuole<br />
ha partecipato in massa alla seconda edizione di “Monumenti<br />
aperti” che si è svolta il 4 e 5 maggio.<br />
MUSEO DEL CALCIO Per le strade si incontrano carovane<br />
di studenti che scoprono gli angoli più suggestivi <strong>del</strong><br />
paese. In via Roma l’edificio Civis ospita la collezione<br />
Nuccio Delunas (un grande giocatore <strong>del</strong>l’Italpiombo),<br />
un’esposizione permanente sul calcio. A fare da guida c’è<br />
il figlio Corrado che ha donato oltre 300 cimeli: «San Gavino<br />
- spiega - potrebbe diventare il paese dei musei con<br />
tante ricadute culturali e occupazionali». A fare da guida<br />
c’è il presidente <strong>del</strong>la Sangavinese Giovanni Zucca: «Questo<br />
museo -spiega - ha per me un grande valore affettivo».<br />
All’ingresso ci sono Luca Usai, Alessio Cotza, Mariano <strong>La</strong>si<br />
e Luca Vacca, alcuni volontari <strong>del</strong>l’associazione Stazione<br />
Culturale <strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong>.« Siamo presenti - informano<br />
- anche al Museo <strong>del</strong>le due fonderie, alla casa Corda<br />
e al museo Dona Maxima».<br />
LE CHIESE Ad illustrare le caratteristiche <strong>del</strong>le chiese di<br />
Santa Croce e di Santa Chiara ci pensano gli studenti <strong>del</strong><br />
liceo scientifico guidati dai professori Carla Farris e Calogero<br />
Militello: «I ragazzi - dice quest’ultimo - sono felicissimi,<br />
mettono in pratica quanto appreso». In piazza Marconi<br />
sono pronte ad accompagnare i visitatori in chiesa le studentesse<br />
<strong>del</strong>lo scientifico <strong>La</strong>ura Nonnis, Eleonora Muscas,<br />
Elena Marongiu, Marika Cogoni, Roberta Podda e Nicoletta<br />
Sanna: «Abbiamo già accolto alcune scolaresche - assicurano-<br />
ma anche turisti <strong>del</strong>la zona o provenienti da Cagliari».<br />
L’ARCHIVIO STORICO Vicino al Comune è visitabile<br />
l’archivio storico. A fare da guida c’è Carla Usai <strong>del</strong>la cooperativa<br />
Memoria storica e i giovani <strong>del</strong> servizio civile<br />
Alberto Serra, Alessandro Cabriolu e Ivana Lilliu che hanno<br />
curato la mostra “<strong>La</strong> scuola nel tempo”.<br />
È record di visitatori per la chiesa di San Gavino Martire. A<br />
fare da ciceroni gli studenti<br />
<strong>del</strong> liceo linguistico<br />
e pedagogico Lussu<br />
guidati dalle professoresse<br />
Aurelia Cocco e<br />
Anna Rosa Corda: «Lo<br />
scorso anno - spiega<br />
quest’ultima - ho proposto<br />
al Comune di<br />
aprire il sabato mattina: alla chiesa di San Gavino in poche<br />
ore sono arrivati 250 studenti».<br />
CONVENTO SANTA LUCIA Tanti visitatori anche per il<br />
Convento di Santa Lucia, che ha visto come guide gli studenti<br />
<strong>del</strong>le scuole medie, la Casa Museo “Dona Maxima”<br />
tipica casa padronale sangavinese, con “Sa Lolla”; il Museo<br />
e Centro di Documentazione “Due Fonderie” di recente inaugurazione<br />
e la “Casa Corda”, palazzetto in terra cruda tipico<br />
esempio di casa campidanese, in via Convento.<br />
MOSTRA SUI BOMBORDAMENTI All’interno di questo<br />
edificio era possibile visitare anche l’esposizione “Spazio<br />
Storia. Prima e dopo i bombardamenti <strong>del</strong> 1943”, curata<br />
da Manuela Ennas e Massimiliano Meloni,<br />
Tantissimi gli eventi: nel convento di Santa Lucia il concerto<br />
<strong>del</strong>le classi ad indirizzo musicale <strong>del</strong>l’Istituto Comprensivo;<br />
nella casa museo “Dona Maxima”, il laboratorio di apicoltura<br />
organizzato dall’Associazione Qedora, e sempre a “Dona<br />
Maxima”, la mostra fotografica “Riannodare i fili <strong>del</strong>la memoria”,<br />
con la trasmissione <strong>del</strong> cortometraggio “Su tempus<br />
torrau”. Molto suggestivo il concerto di chitarra <strong>del</strong> maestro<br />
Marco Meloni, nella Chiesa di Santa Croce. I visitatori hanno<br />
apprezzato anche le esibizioni itineranti <strong>del</strong>la Banda Musicale<br />
di San Gavino Monreale mentre nella sede di via Convento<br />
si è svolta l’iniziativa “A pranzo con gli Anziani Sempre<br />
Giovani”.<br />
I PARTECIPANTI <strong>La</strong> manifestazione ha visto la partecipazione<br />
degli studenti <strong>del</strong> Liceo Scientifico “Guglielmo Marconi”,<br />
<strong>del</strong> Liceo Linguistico e <strong>del</strong>le Scienze Umane “Emilio<br />
Lussu”, <strong>del</strong>l’Istituto Comprensivo Statale “San Domenico<br />
Savio” e diverse associazioni quali: Anziani Sempre Giovani,<br />
Anziani Solidali, Culturale Sa Moba Sarda, di Promozione<br />
Sociale Qedora, Euro 2001 Senza Confini, Stazione Culturale<br />
<strong>del</strong> <strong>Medio</strong> <strong>Campidano</strong>, Pro Loco San Gavino Monreale,<br />
Banda Musicale Città di San Gavino Monreale, Comitato<br />
San Gavino Martire, Commissione Comunale per le Pari<br />
Opportunità, Confraternita di Santa Croce, <strong>La</strong> Memoria Storica<br />
Soc. Coop., Unione Sportiva Dilettantistica Sangavinese,<br />
Università <strong>del</strong>la Terza Età Del Monreale, Volontari Servizio<br />
Civile Nazionale – Progetto “Volontari per il Progresso<br />
Sociale”.<br />
Gian Luigi Pittau
10 maggio 2013 17<br />
LA FIGURA DI FRA NICOLA DA GESTURI<br />
NEL FILM “SERVO DI DIO”<br />
DEL REGISTA TIZIANO PILLITU<br />
Tiziano Pillitu è un regista originario di Pimentel che dimostra<br />
con le sue pellicole la grande passione per la cultura sarda.<br />
Si sta dedicando al suo terzo film, un grande e importante<br />
progetto su Fra Nicola da Gesturi.<br />
Che cos’è il progetto ‘Servo di Dio’?<br />
Il film che ho intitolato “Servo di Dio” è un importante progetto<br />
cinematografico dedicato alla figura di Fra Nicola da<br />
Gesturi, al secolo Giovanni Angelo Salvatore Medda, proclamato<br />
Beato il 3 ottobre 1999 da Papa Giovanni Paolo II<br />
durante una solenne cerimonia in Piazza S. Pietro. Il film,<br />
tuttora in lavorazione, è giunto alla fase che riguarda gli anni<br />
di vita <strong>del</strong> Beato nel suo paese natale, là dove, in quel di<br />
Gesturi, hanno avuto luogo svariate riprese: nella Giara, nella<br />
Chiesa Parrocchiale, proseguendo, per esigenze<br />
scenografiche, nel centro storico di Austis, <strong>La</strong>coni e di<br />
Masullas. Da circa sei anni mi trovo impegnato in questo<br />
ambizioso quanto affascinante progetto, che va oltre l’arte e<br />
la cultura, perché tocca la grande e profonda devozione che i<br />
sardi hanno nei confronti di “Frate Silenzio”, com’è stato<br />
definito Fra Nicola.<br />
Come mai ha scelto come soggetto <strong>del</strong> suo film proprio la<br />
figura di Fra Nicola?<br />
Il film mi è stato proposto dal sindaco di Gesturi Gianluca<br />
Sedda, il quale, dopo una proiezione <strong>del</strong> mio ultimo film<br />
“Panas” nel teatro <strong>del</strong> suo paese, si confidava su ciò che era<br />
da tempo il suo sogno nel cassetto: Santuario e film sul Beato<br />
Cappuccino. Mentre il progetto Santuario era in programma<br />
da tempo e con tutte le carte in regola per la realizzazione,<br />
grazie ai fondi regionali, il film, che avrebbe dovuto coronare,<br />
con una proiezione di prima assoluta, l’inaugurazione <strong>del</strong>lo<br />
stesso, non godeva purtroppo <strong>del</strong>le stesse attenzioni di cui è<br />
stato fatto oggetto il progetto <strong>del</strong> luogo di culto. Le premesse<br />
e le promesse erano ottime, tanto da indurmi a mettere mano<br />
alle mie finanze in anticipo per avviare i lavori.<br />
E invece?<br />
Oggi mi trovo con un pugno di mosche, quanto ai fondi promessi<br />
dalla Regione e da pseudo politicanti, ma, in tanta <strong>del</strong>usione,<br />
ho acquisito altrettanto bagaglio culturale di fede aggiunta<br />
a quella che mi accompagna da sempre, e questo grazie<br />
agli studi su Fra Nicola da Gesturi il quale, anche dopo la<br />
morte, continua ad insegnarci la grande potenza <strong>del</strong>l’umiltà,<br />
<strong>del</strong>la speranza e di quel silenzio che urla alle ingiustizie, lo<br />
stesso silenzio che ha caratterizzato la sua vita.<br />
- Questo non è il suo primo film… Giusto?<br />
Ho realizzato due film, il primo una parodia <strong>del</strong> vecchio West<br />
dal titolo “Pimentown”, banco di prova per il secondo dedicato<br />
alla leggenda <strong>del</strong>le Panas; molto diversi fra loro ma comuni<br />
su un unico aspetto: pochi mezzi a disposizione e tanta<br />
passione per un lavoro lungo mesi, che si condensano in<br />
un’ora e mezza di immagini ciascuno. Panas è però il concentrato<br />
di suoni e parole, sogni dimenticati e speranze ritrovate,<br />
un film che ruota intorno alla figura mitica <strong>del</strong>le “Panas”,<br />
donne morte di parto, donne considerate impure che la tradizione<br />
sarda vuole scontino un’atroce pena; quella di lavare<br />
per sette anni i panni insanguinati dei propri figli mai<br />
conosciuti. Il film ha il notevolissimo pregio di non fermarsi<br />
alla sua entità didascalica, ma di narrare e mostrare attraverso<br />
suoni ed immagini una <strong>del</strong>le più belle tradizioni sarde che<br />
sono il nostro vero patrimonio di memoria, il nostro vero ed<br />
unico insostituibile bene prezioso, quello che va oltre ogni<br />
valore e che consentirà al popolo sardo di progredire ed avanzare<br />
nonostante ogni avversità. Girato in esterni e interni attinenti<br />
perfettamente alla storia centrale e alle vicende<br />
“collaterali” nel paese e nei circondari di Gesturi,<br />
Villanovafranca, Mandas e Pimentel, “Panas” propone la<br />
spontaneità di attori non professionisti ma che fanno intuire<br />
fra le righe un talento da sfruttare con principali figure. Curato<br />
minuziosamente in ogni singola inquadratura, le espressioni<br />
e le facies mimiche assolutamente profonde colpiscono<br />
per la loro sincerità. Le immagini scorrono accompagnate<br />
dalla musica composta dal maestro Bruno Noli e, in questo<br />
caso, si può dire che le immagini mo<strong>del</strong>lano il suono che a<br />
sua volta plasma le immagini. Centodieci attori di venti Comuni<br />
diversi, quindici armi e decine di vestiti d’epoca. Riprese<br />
effettuate con una sola telecamera digitale e un microfono<br />
professionale, nessun aiuto finanziario. Terminate le riprese<br />
ho ricevuto dei patrocini da parte di qualche Comune e<br />
svariati collaboratori. L’unico rammarico è quello di non aver<br />
potuto usufruire dall’inizio dei lavori di questi contributi per<br />
utilizzarli a beneficio <strong>del</strong> film stesso e migliorare così la qualità<br />
e tanti altri aspetti tecnici. Comunque Panas, aldilà dei<br />
sostegni economici, ha riscosso un ottimo successo in quanto<br />
richiesto in tutta l’isola, senza trascurare il fatto che, per<br />
circa venti giorni, è stato richiesto e proiettato al cinema, e<br />
precisamente presso la multisala <strong>del</strong> Galaxi Cinevillage di<br />
Sestu.<br />
Come sceglie le comparse per i suoi lungometraggi?<br />
Gli attori li scelgo in base al personaggio che dovrebbero<br />
interpretare; ognuno ha tutto di suo e tutto è ognuno di noi, è<br />
necessario che la presenza fisica sia pressoché identica, il<br />
resto è una mia scelta nel momento stesso <strong>del</strong> contatto, in<br />
quanto carattere e movenze hanno collimato con quanto io<br />
avevo in mente, insomma, è sufficiente che attori e attrici<br />
interpretino se stessi seguendo le mie direttive.<br />
Perché questo progetto cinematografico venga portato a<br />
compimento è necessario il sostegno morale, ma soprattutto<br />
economico di chiunque lo desideri. Ecco il motivo<br />
per cui il 21 aprile è stata organizzata un’iniziativa nel<br />
paese di Samassi. Potrebbe parlarcene?<br />
L’iniziativa di Samassi è nata dalle difficoltà economiche che<br />
non mi permettono di andare avanti, le mie risorse si sono<br />
praticamente esaurite, un vero peccato ,visto che il film è<br />
giunto a metà <strong>del</strong> suo percorso, lasciarlo decadere nel vortice<br />
<strong>del</strong>l’indifferenza <strong>del</strong>le istituzioni che, invece di salvaguardarlo,<br />
hanno preferito barricarsi nei loro stessi compromessi<br />
politici, sarebbe come arrendersi a ciò che Fra Nicola non<br />
avrebbe mai accettato: l’arroganza, la mala fede, la corruzione<br />
e non per ultimo lo sfregio all’uguaglianza dei diritti umani,<br />
diritti che non dovrebbero avere prezzo in denaro ma solo<br />
quello <strong>del</strong> sacrificio per il prossimo e per la pace. Per questo<br />
motivo ho dato un nome a questo evento che si è svolto a<br />
Samassi: “la questua di Fra Nicola continua per il suo film”,<br />
perché lui era per il popolo e il popolo per lui, lontano da ciò<br />
che il potere politico avrebbe potuto insegnare con la sua<br />
ipocrisia.<br />
Per la ricostruzione <strong>del</strong>la figura di fra Nicola a chi o cosa<br />
si è ispirato?<br />
Oltre a basarmi sulle testimonianze ufficiali e non, raccontate<br />
da persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e quindi<br />
usufruire <strong>del</strong> suo carisma, vengo guidato da Fra Lorenzo Pinna<br />
che, da circa tre anni, mi rende partecipe <strong>del</strong>le sue emozioni<br />
trascorse accanto al Beato. Fra Nicola taceva per ascoltarsi<br />
ed ascoltare, un silenzio mai indice di incomunicabilità giacché<br />
da frate cercatore divenne frate “cercato”. Il suo sarà un<br />
film concentrato sulla narrazione <strong>del</strong>le emozioni, pertanto<br />
riuscire a illustrare l’efficacia <strong>del</strong> silenzio non sarà un’impresa<br />
semplice. Dovrò scavare in quello che il suo pensiero<br />
trasmetteva, mettere in evidenza la sua grande umiltà nel semplice<br />
modo di concedersi al prossimo senza mai lamentarsi<br />
anche quando, stanco da una giornata di questua per le vie di<br />
Cagliari, ascoltava le suppliche dei fe<strong>del</strong>i che lo richiedevano<br />
al suo rientro in convento. Ho tenuto in grande considerazione<br />
questo suo aspetto distintivo e per rappresentarlo ho<br />
deciso di inserire dialoghi brevi ma incisivi, così come era il<br />
suo modo di trasmettere la fede e l’amore verso Dio. Altro<br />
fattore fondamentale era il suo sguardo profondo, più loquace<br />
di mille parole, che anche nel film sarà carattere distintivo,<br />
non solo mediante inquadrature strette ma anche e soprattutto<br />
grazie alla grande sensibilità e capacità degli attori<br />
scelti per rappresentare Fra Nicola lungo il corso <strong>del</strong>la sua<br />
vita. Inoltre giocherà un ruolo importante la colonna sonora,<br />
studiata appositamente per creare nel pubblico un forte<br />
coinvolgimento nelle scene rappresentate per dare un notevole<br />
impatto emotivo.<br />
A che punto sono le riprese?<br />
In questi ultimi mesi mi sono dedicato alle sequenze che vedono<br />
Fra Nicola durante gli ultimi mesi di vita; ho dato spazio<br />
alle ultime vicissitudini che lo hanno visto decadere giorno<br />
dopo giorno a causa di una lunga malattia. Temporalmente<br />
posso affermare che avrà maggiore spazio la sua vita a Cagliari,<br />
come cappuccino, ma nonostante ciò, anche la sua giovinezza<br />
verrà mostrata con grande cura in quanto ha giocato<br />
un ruolo fondamentale la sua educazione e gli avvenimenti<br />
che hanno caratterizzato la sua vita, in particolare la sua prima<br />
comunione; il primo passo verso la chiamata a Dio, quindi<br />
tutto il percorso che lo ha portato fino alla Beatificazione.<br />
Inoltre quest’opera si concentrerà sia sull’inclinazione alla<br />
santità <strong>del</strong> frate cappuccino sia su quella <strong>del</strong> giovane Giovanni<br />
Medda, a partire dai suoi cinque anni a quel 1958 in<br />
cui si arrese alla malattia.<br />
Oltre alle difficoltà economiche se ne sono presentate altre?<br />
In generale è difficile rappresentare la vita di una persona<br />
che è stata così importante, non solo per Cagliari, ma per<br />
tutta la Sardegna, infatti ci saranno grandi aspettative da parte<br />
<strong>del</strong> pubblico e in particolare per chi ha avuto la fortuna di<br />
conoscerlo. Un altro fattore che rende complessa la buona<br />
riuscita <strong>del</strong> film è legato al fatto che gli eventi rappresentati<br />
risalgono ad un periodo in cui la città di Cagliari, e non solo,<br />
era ben diversa da quella attuale e in particolare risulta complesso<br />
rappresentare scenograficamente i bombardamenti<br />
<strong>del</strong>la città durante la guerra ma, nonostante ciò, grazie alla<br />
collaborazione di professionisti <strong>del</strong> settore, queste<br />
complicanze, sono certo, verranno risolte con successo.<br />
Che obiettivi si è prefissato?<br />
Cercherò di interpretare e dare <strong>del</strong>le risposte a certi comportamenti<br />
e spiegare, oltre all’indiscutibile fede di Fra Nicola,<br />
cos’altro ha contribuito affinché lo stesso raggiungesse l’apice<br />
<strong>del</strong>la bontà, <strong>del</strong>l’altruismo e <strong>del</strong> sacrificio umano. A questo<br />
proposito mi soffermerò sulla rappresentazione <strong>del</strong>la prima<br />
comunione, dove porrò l’accento su quello che pochi hanno<br />
la fortuna di ricevere: la chiamata di Dio. È mia intenzione<br />
creare un evento scenografico fantastico durante la cerimonia<br />
definita “l’estasi di Giovanni Medda”. Essa sarà inserita<br />
nella parte fantastica <strong>del</strong> film considerando che non risultano<br />
testimonianze sulle quali io possa basarmi per quanto accadde<br />
realmente a Fra Nicola il giorno <strong>del</strong> Sacramento, lo<br />
stesso che cambiò radicalmente la sua vita. Metterò in atto<br />
una scenografia tratta dalle Sacre Scritture, senza peraltro cadere<br />
nel banale o invenzioni che nulla hanno a che fare con la<br />
religione.<br />
Che cosa vuole trasmettere con il suo film?<br />
Il film si propone di evidenziare e omaggiare, in chiave cinematografica,<br />
il sacrificio di una persona tuttora ricordata e<br />
amata da tutti i sardi e non solo; la sua devozione è diffusa in<br />
tutto il mondo: lo testimoniano i messaggi che arrivano in<br />
Convento, complici i tanti siti web, che parlano <strong>del</strong> nostro<br />
Beato.<br />
Vorrebbe ringraziare qualcuno?<br />
Ringrazio gli amici di Samassi per il loro impegno e il supporto<br />
che mi hanno offerto, senza chiedere nulla in cambio<br />
se non ciò, che gli renderà onore e grazia, nell’essere causa<br />
<strong>del</strong> contributo a favore <strong>del</strong> Beato Cappuccino da Gesturi.<br />
Carola Onnis
18<br />
10 maggio 2013<br />
“IS TRIGAS” DOVE LE PIETRE RACCONTANO…<br />
di un pastorello tredicenne trucidato nell’anno 1911<br />
Mai Diego aveva sentito<br />
di questa tragedia!<br />
E quando gli<br />
venne raccontata dall’amico<br />
Luigi Serru, più giovane di<br />
10 anni, conosciuto col giusto<br />
titolo di ingegner Serru,<br />
ne rimase impressionato e<br />
decise, dopo le dovute ricerche,<br />
di comporne un racconto<br />
da inserire tra quelli concepiti<br />
“Col Paradiso a Vista”.<br />
Tre coincidenze hanno indotto<br />
Diego a scrivere di questa<br />
tragedia, e riguardano il posto<br />
che ne fu teatro: la campagna<br />
de “Is Trigas”; la data<br />
in cui accadde il fatto: Il Venerdì<br />
Santo di un secolo fa”;<br />
e la trama: degna di un “Racconto<br />
Biblico”.<br />
Is Trigas è una campagna che<br />
gli è stata sempre cara, sia per<br />
i ricordi <strong>del</strong>la mamma che da<br />
fanciulla vi si recava a piedi,<br />
forse nudi, in comitiva per<br />
raccogliere le pere che in quel<br />
luogo non costavano niente,<br />
sia per le passeggiate fatte da<br />
giovane, spinto dalla passione<br />
per la caccia. Questa campagna<br />
dista da Guspini circa<br />
venti chilometri, e ci si arriva<br />
per la strada che conduce<br />
al mare in direzione di Sant’Antonio<br />
di Santadi. Adagiata<br />
in un pendio sotto Monte<br />
Mayore, che è una <strong>del</strong>le punte<br />
incastonate nella catena<br />
montagnosa di Arquentu, appartiene<br />
ai luoghi a lui più<br />
cari. In questo luogo il tempo<br />
sembra essersi fermato. Lo<br />
testimoniano gli alberi di perastro<br />
ignorati dall’uomo, le<br />
querce secolari, i corsi d’acqua<br />
da sempre rispettosi <strong>del</strong>la<br />
natura, le moltissime pietre<br />
segnate dal tempo, e le<br />
case in pietra abbandonate;<br />
custodi <strong>del</strong> respiro di un vissuto<br />
non molto lontano. In<br />
questo luogo ameno, le montagne<br />
sembrano più vicine al<br />
cielo, e rimandano Diego al<br />
ricordo <strong>del</strong>le passeggiate fatte<br />
da bambino quando, rassicurato<br />
dalla mano di quelli<br />
più grandi, osservava le cime<br />
che accarezzavano il cielo.<br />
Diego ricorda che camminando<br />
si proponeva di toccarlo<br />
quando sarebbe giunto su in<br />
alto, ma si dimenticava tutte<br />
le volte e rimandava l’impresa<br />
alla prossima cima. Quanta<br />
strada da allora! Ottanta<br />
anni di percorso attestano<br />
d’essere lì, vicino al cielo,<br />
come provava da bambino<br />
quando, sempre per voce di<br />
quelli più grandi, incominciava<br />
a sapere di Caino, di Abele<br />
e di Giuda.<br />
<strong>La</strong> tragedia avvenne il giorno<br />
<strong>del</strong> Venerdì Santo <strong>del</strong>l’anno<br />
1911, esattamente il 14 di<br />
aprile. Ecco la storia raccontata<br />
dall’amico Luigi, ben<br />
custodita nei suoi ricordi, per<br />
averla sentita ripetere da suo<br />
padre Attilio infinite volte.<br />
Attilio Serru nacque nell’anno<br />
1899, e quando la sua famiglia<br />
visse questa tragedia<br />
di anni ne aveva appena <strong>12</strong>.<br />
Il padre di Attilio si chiamava<br />
Luigi, e per la gente di allora<br />
era “ziu Luisu Serru”,<br />
che morì di carbonchio nell’anno<br />
1908, all’età di 51<br />
anni, lasciando la moglie Pasquala<br />
Vacca, vedova con<br />
cinque figli da allevare. Tra<br />
questi figli c’era anche Angelico,<br />
il protagonista di questa<br />
vicenda, che venne assassinato<br />
quando di anni ne ave-<br />
di Rolando Ruggeri<br />
va tredici, e già vigilava il bestiame<br />
<strong>del</strong>la famiglia nella<br />
campagna di proprietà. Anche<br />
il padre di Attilio, ziu Luisu,<br />
prima che morisse pascolava<br />
in quelle campagne, riparando<br />
la sera in un casolare<br />
sito a “Roja e Toguru”,<br />
sempre in quella zona. Ziu<br />
Luisu aveva governato la<br />
mandria pacificamente fino a<br />
quando non si insediarono in<br />
quei pressi, con le loro greggi,<br />
tre pastori: padre e figlio<br />
di Guspini, e un servo pastore<br />
di Gonnosfanadiga. Pare<br />
che tra Ziu Luisu e i tre pastori<br />
sopraggiunti avvenissero<br />
diverbi a causa di sconfinamenti<br />
di pascolo, e che<br />
questi diverbi, dopo la morte<br />
di “Ziu Luisu”, proseguissero<br />
anche col giovanissimo<br />
figlio Angelico. Questa consapevolezza<br />
metteva ansia<br />
nell’animo di mamma Pasquala,<br />
nonostante fosse al<br />
corrente, per tramite <strong>del</strong>le<br />
confidenze <strong>del</strong> figlio, <strong>del</strong>la<br />
manifestata intenzione da<br />
parte dei vicini di pascolo di<br />
fare pace, e anche di un loro<br />
invito a cena da consumarsi<br />
in quei giorni di festa. Con<br />
questa inquietudine chiese al<br />
più giovane Attilio di sostituire<br />
il fratello Angelico per<br />
qualche giorno, e lui, ubbidiente,<br />
il giorno antecedente<br />
il venerdì santo, salì in sella<br />
al cavallo, e da questo si fece<br />
guidare per raggiungere il<br />
fratello e dargli il cambio.<br />
Purtroppo, quando giunse<br />
nel luogo, trovò la mandria e<br />
non trovò Angelico. Per tutta<br />
la giornata errò cercando<br />
e facendo domande a quanti<br />
incontrava nei pressi e, quando<br />
perse ogni speranza, decise<br />
di fare ritorno a casa per<br />
comunicare la brutta notizia.<br />
Quando mamma Pasquala fu<br />
messa al corrente <strong>del</strong> fatto,<br />
cadde in disperazione e si<br />
precipitò presso la caserma<br />
dei carabinieri per esporre<br />
denuncia.<br />
Il giorno dopo, il comandante<br />
<strong>del</strong>la stazione, con due carabinieri<br />
e un fratello di lei,<br />
si recarono nel luogo dove<br />
stava il bestiame, alla ricerca<br />
<strong>del</strong> ragazzo e, quando anche<br />
loro persero ogni speranza<br />
e stavano per desistere, un<br />
carabiniere, scavalcando un<br />
muretto, fece rotolare un sasso<br />
macchiato di sangue con<br />
qualche capello appiccicato.<br />
Rovistando intorno notarono<br />
pure due scarpe nascoste sotto<br />
le pietre, e a quel punto<br />
decisero di fare rientro in<br />
sede col proposito di ritornare<br />
e farsi aiutare dal fiuto di<br />
un cane. Molti giorni dopo,<br />
nascosto sotto un cespuglio,<br />
in località Bragoscia, non distante<br />
dal luogo dove furono<br />
trovate le tracce, fu rinvenuto<br />
il corpo martoriato <strong>del</strong> povero<br />
Angelico in avanzato<br />
stato di decomposizione.<br />
L’amico Luigi raccontò che<br />
a seguito di laboriose indagini<br />
i colpevoli vennero individuati<br />
e condannati, e che<br />
questa vicenda indignò moltissimo<br />
la popolazione di Guspini,<br />
al punto che ci fu un<br />
tentativo di linciaggio nei<br />
confronti dei colpevoli,<br />
quando questi, con le manette<br />
ai polsi, attraversarono le<br />
vie <strong>del</strong> paese per essere rinchiusi<br />
in carcere.<br />
Quando Diego decise di mettere<br />
su carta questo racconto<br />
fece eseguire ricerche negli<br />
archivi di Cagliari, entrò in<br />
possesso di documenti relativi<br />
alle indagini espletate a<br />
suo tempo dalla magistratura,<br />
e poté disporre di dati decisamente<br />
attendibili.<br />
Ecco la relazione manoscritta, e sottoscritta da quattro inquirenti:<br />
“Il giovinetto tredicenne Serru Angelico, che stanziava in<br />
regione Bragoscia, alla custodia <strong>del</strong> bestiame di famiglia, e<br />
che già da quella località era mancato fin dal 15 aprile 1911,<br />
perché in quel giorno non fu trovato dal fratello, venne rinvenuto<br />
cadavere in avanzato stato di decomposizione il 3<br />
maggio, dentro un cespuglio di lentischio, sito nel terreno<br />
dove esiste l’ovile di <strong>La</strong>mpis Ignazio e <strong>del</strong> figlio Eugenio. A<br />
cento metri di distanza da quel punto, sempre dentro la proprietà<br />
dei <strong>La</strong>mpis, furono rinvenuti dei sassi macchiati di<br />
sangue, e uno di questi con dei peli attaccati, comprese chiazze<br />
di sangue nel terreno. Dagli accertamenti generici risultò<br />
che l’infelice giovinetto fu ucciso a colpi d’arma contundente<br />
e da taglio nel punto dove furono trovate le macchie di sangue,<br />
e di là trasportato per esservi nascosto nel cespuglio,<br />
dove fu più tardi rinvenuto. Appena fu scoperto il <strong>del</strong>itto,<br />
sorsero gravi sospetti contro i due <strong>La</strong>mpis e il loro servo<br />
Diana Giovanni, perché fra loro e il Serrru vi erano state<br />
<strong>del</strong>le continue questioni, in quanto egli difendeva energicamente<br />
i propri pascoli, mentre quelli tentavano sempre di<br />
consumarglieli abusivamente. Anzi, il Serru ebbe a denunziare<br />
i <strong>La</strong>mpis ai barracelli, e risulta che in occasione di uno<br />
di questi litigi, due giorni prima <strong>del</strong>la sparizione <strong>del</strong> Serru, il<br />
Diana Giovanni lo minacciò dicendogli che lo avrebbe fatto<br />
imputridire dentro un cespuglio. Tratti in arresto i due <strong>La</strong>mpis<br />
insieme al Diana, e sottoposti a interrogatorio, caddero in<br />
evidenti contraddizioni intorno alla spiegazione che ciascuno<br />
di essi ebbe a dare circa la presenza di macchie sulle pietre<br />
sopra accennate, e dei peli attaccati in alcune di esse,<br />
giacché, mentre la perizia biologica ebbe ad accertare che si<br />
trattava di sangue e di capelli umani, tutti e tre affermarono<br />
che provenivano da un montone che fu ucciso il giorno due o<br />
tre di maggio. Così affermava <strong>La</strong>mpis Eugenio, mentre invece<br />
<strong>La</strong>mpis Ignazio affermava che fu ucciso prima <strong>del</strong> 14 aprile.<br />
Oltre a ciò durante l’istruttoria il Diana e il <strong>La</strong>mpis Eugenio<br />
ebbero a lanciarsi gravi e reciproche accuse. Il Diana<br />
infatti, interrogato dal pretore dichiarò che <strong>La</strong>mpis Eugenio<br />
uscì verso la mezzanotte <strong>del</strong> 14 aprile dall’ovile, armato di<br />
bastone e di coltello, e che dopo un’ora e mezzo, dacché costui<br />
si era allontanato, il Diana sentì <strong>del</strong>le grida disperate<br />
provenienti dalla direzione ove furono rinvenute le macchie<br />
di sangue, e che riconobbe distintamente per essere <strong>del</strong> Serru<br />
Angelico. E fu dichiarato che grida e lamenti furono intesi in<br />
quella località dal teste Urracci Antioco, il quale più tardi le<br />
attribuì anche egli al Serru. A sua volta il <strong>La</strong>mpis Eugenio<br />
accusò il Diana, affermando che questi gli aveva confidato<br />
d’aver reciso la testa <strong>del</strong> Serru sul sasso che fu trovato macchiato<br />
di sangue. Vero è che il Diana ritrattò in seguito le sue<br />
accuse contro <strong>La</strong>mpis Eugenio, ma tale ritrattazione trova la<br />
sua spiegazione nel fatto che gli imputati poterono tra loro<br />
comunicare in carcere e quindi accordarsi sulla ulteriore condotta<br />
nel processo. Da ultimo non si può prestare fede all’alibi<br />
di <strong>La</strong>mpis Eugenio e di <strong>La</strong>mpis Ignazio, perché i testi<br />
indotti dal primo a dimostrare che egli passò in Guspini la<br />
notte <strong>del</strong> reato, non lo assecondarono, e un altro teste, certo<br />
Floris Antonio, affermò d’averlo visto passare verso le 22,30<br />
in contegno di chi non vuole compagnia d’altri, recarsi a<br />
cavallo all’ovile Bragoscia. Similmente <strong>La</strong>mpis Ignazio fu<br />
smentito nella circostanza da chi affermava di aver passato<br />
la notte <strong>del</strong> <strong>del</strong>itto in regione Genna Bruna, a custodia <strong>del</strong>le<br />
pecore, mentre invece in quella sera fu visto condurle in direzione<br />
<strong>del</strong> suo ovile Bragoscia, distante dal luogo <strong>del</strong> reato<br />
soltanto mezz’ora. Da quanto detto fin qui, sorgono gravi<br />
indizi di colpevolezza <strong>del</strong> <strong>del</strong>itto sopra rubricato a carico di<br />
tutti e tre gli imputati; e poiché si tratta di <strong>del</strong>itto di competenza<br />
<strong>del</strong>la Corte d’Assise, i medesimi devono esservi rinviati<br />
per risponderne”.<br />
Per questi motivi, visto l’art.437 p.p. Pronunzia l’accusa contro<br />
i tre imputati sopranominati in ordine al <strong>del</strong>itto ad essi<br />
ascritto come in rubrica. Ordina che i medesimi vengano rinviati<br />
al giudizio <strong>del</strong>la Corte di Assise <strong>del</strong> Circolo di Cagliari<br />
emettendo contro di loro ordinanza di cattura e di traduzione<br />
nelle carceri giudiziarie <strong>del</strong> luogo ove saranno giudicati.<br />
Cagliari 22 agosto 19<strong>12</strong>.<br />
Stralcio <strong>del</strong>la Sentenza sottoscritta dal Presidente Sanna<br />
Emanuele e dal Cancelliere E. Baldino il 15 aprile 1913:<br />
In nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele III Re D’Italia,<br />
il Presidente <strong>del</strong>la Corte D’assise <strong>del</strong> Circolo di Cagliari,<br />
condanna:<br />
<strong>La</strong>mpis Eugenio alla pena <strong>del</strong>l’ergastolo,<br />
Diana Giovanni alla pena <strong>del</strong>la reclusione per anni<br />
trenta, e alla vigilanza speciale <strong>del</strong>la pubblica sicurezza<br />
per anni tre.<br />
<strong>La</strong>mpis Ignazio alla pena <strong>del</strong>la reclusione per anni<br />
dieci.<br />
Condanna tutti e tre alla interdizione perpetua dai pubblici<br />
uffici e all’interdizione legale durante la pena; in<br />
solido alle spese <strong>del</strong> procedimento, ricadute ai danni <strong>del</strong>la<br />
parte civile.<br />
Cagliari udienza <strong>del</strong> 15 aprile 1913.
10 maggio 2013 19<br />
Nella seduta di martedì<br />
28 gennaio <strong>del</strong> 1969<br />
nel parlamento italiano<br />
si discuteva ancora di<br />
banditismo. Gli atti, tutt’ora disponibili,<br />
mostrano uno spaccato<br />
<strong>del</strong>la realtà di quell’epoca<br />
in Sardegna e <strong>del</strong>la visione dei<br />
briganti da parte <strong>del</strong> Governo<br />
di allora. Secondo quanto risulta<br />
dagli atti Gaspari, sottosegretario<br />
per il ministero <strong>del</strong>l’interno,<br />
quel giorno illustrava la situazione<br />
<strong>del</strong> banditismo in Sardegna<br />
e informava il parlamento<br />
<strong>del</strong>le operazioni compiute<br />
dai carabinieri che, nell’isola,<br />
stavano ancora tentando di stanare,<br />
catturare e uccidere tutti i<br />
banditi rimasti. È una guerra,<br />
quella che emerge, che si è protratta<br />
per decenni, una guerra<br />
sanguinosa che lo Stato ha deciso<br />
di ingaggiare con i banditi<br />
sardi inviando, tempo prima, i<br />
famosi “cacciatori” in Sardegna.<br />
Come per la famosa caccia al cinghiale questi uomini seguivano<br />
le tracce, compivano appostamenti e stanavano, con i fucili,<br />
le loro prede; peccato che al posto <strong>del</strong> cinghiale ci fossero uomini,<br />
uomini che vivevano alla macchia per motivi diversi, e che si nascondevano<br />
per sopravvivere.<br />
Ma torniamo agli atti parlamentari: leggendoli salta all’occhio un<br />
particolare ordine <strong>del</strong> giorno, richiesto dall’onorevole Pirastu che<br />
chiedeva al parlamento di discutere riguardo alcuni episodi di violenza<br />
verificatisi in Sardegna e alla morte di alcuni banditi latitanti<br />
da tempo, uccisi dai “cacciatori” arrivati sull’isola. A rispondere,<br />
a nome <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>l’Interno, il sottosegretario Gaspari.<br />
L’onorevole inizia illustrando la dinamica <strong>del</strong>la morte di alcuni<br />
banditi, intercettati dai carabinieri, fino a quando non arriva a citare<br />
anche un certo Pasquale Pau, un bandito sardo che da diversi<br />
anni si era dato alla macchia, ucciso dai carabinieri. “<strong>La</strong> morte <strong>del</strong><br />
latitante Pasquale Pau” si legge negli atti “è avvenuta nel corso di<br />
un conflitto a fuoco con una pattuglia di carabinieri, che gli aveva<br />
intimato di fermarsi in quanto colpito da ordine di carcerazione,<br />
perché condannato a 21 anni di reclusione per omicidio volontario.”<br />
Poche parole per descrivere una morte: Pasquale Pau, il bandito, è<br />
morto dopo uno scontro a fuoco quando è stato scoperto dai carabinieri.<br />
Ma è davvero tutta la verità? Come morì realmente quest’uomo,<br />
quale era la sua storia?<br />
Oggi , straordinariamente, abbiamo la possibilità di scoprire tutta<br />
la verità su Pasquale Pau, il temibile bandito ucciso dai “cacciatori<br />
di Sardegna”. Bruno Portas infatti, un abitante di Guspini, assistette<br />
in prima persona alla morte di quest’uomo e ne trasportò<br />
addirittura il cadavere fino al cimitero. Oggi, in esclusiva, il signor<br />
Portas può raccontarci tutta la verità sulla vita e la morte di<br />
uno degli ultimi banditi di Sardegna.<br />
Lei ha assistito in prima persona alla morte <strong>del</strong> bandito Pasquale<br />
Pau, che avvenne letteralmente davanti ai suoi occhi, ;<br />
prima di raccogliere la sua testimonianza vorrei sapere, all’epoca,<br />
quali erano a Guspini le conoscenze riguardo i banditi?<br />
All’epoca, parliamo <strong>del</strong> 1968, si sapeva poco e niente dei banditi.<br />
A quei tempi si stavano verificando i primi sequestri di persona,<br />
ma riguardo ai banditi non credevamo ce ne fossero ancora. Io,<br />
che ho sempre amato leggere testi di storia <strong>del</strong>la Sardegna, avevo<br />
letto qualche cosa a riguardo, ma non mi sarei mai aspettato, di li<br />
a poco, di trovarmi faccia a faccia con un bandito.<br />
Quando vide per la prima volta il bandito Pasquale Pau? Cosa<br />
accadde quel mattino <strong>del</strong> 4 ottobre 1968?<br />
In quegli anni lavoravo per una ditta che produceva ed installava<br />
elettrodi. Io e altri due operai ci trovavamo nei pressi di Torpè, fra<br />
la Gallura e il Logodoro. Avevamo il compito di elettrificare tutta<br />
quella zona per permettere alla corrente di raggiungere anche i<br />
pozzi rurali e le piccole case più isolate. L’ultima si trovava in una<br />
zona particolarmente impervia, in alta montagna, in un posto denominato<br />
su Cuccuru ’e luna. Era mattina quando arrivammo nella<br />
zona, forse le 9, 9.30 circa. Ci mettemmo in viaggio da Torpè<br />
per raggiungere quel luogo utilizzando l’Unimoc, un fuoristrada<br />
da montagna, l’unico mezzo in grado di portarci fino a Cuccuru ’e<br />
luna. Ricordo che partimmo alle 7.30 dal paese dove alloggiavamo<br />
e rimorchiammo il compressore per fare lo scavo e mettere a<br />
dimora un palo. Dovevamo raggiungere una casetta che si trovava<br />
in cima alla montagna, a Cuccuru ’e luna, allora non lo sapevo,<br />
ma dopo la morte di Pasquale Pau, scoprii che lì abitava proprio<br />
suo fratello che aveva un porcile con 4 o 5 scrofe.<br />
Una volta arrivati in quel punto cosa successe?<br />
Eravamo in tre, i due operai dovevano fare lo scavo, mentre io mi<br />
Il 4 Ottobre 1968 moriva il bandito Pasquale Pau<br />
Un cittadino di Guspini, Bruno Portas, era lì quel giorno<br />
“Ho visto morire un bandito”<br />
di Valentina Vanzini<br />
dovevo occupare <strong>del</strong> compressore. Stavamo per posizionare il<br />
compressore quando fummo interrotti da un crepitio di colpi di<br />
fucile. Subito dopo seguirono raffiche e colpi singoli. Ci siamo<br />
immediatamente voltati in quella direzione e a poca distanza è<br />
sbucato un uomo che correva giù dal monte. Aveva una giacca<br />
buttata sulle spalle e non era armato, scivolava velocemente verso<br />
il pendio in una zona in cui cresceva solo lentischio. Sono passati<br />
pochi istanti, abbiamo seguito l’uomo con lo sguardo, sorpresi<br />
e senza capire cosa stesse accadendo. L’abbiamo perso per un<br />
attimo di vista, poi un’altra raffica e lo abbiamo visto fermarsi di<br />
colpo come se avesse colpito un muro. È crollato a terra, a faccia<br />
in giù, senza un lamento.<br />
Cosa avete fatto dopo aver assistito a questa scena?<br />
Eravamo a circa quaranta metri e, non appena è crollato a terra,<br />
siamo corsi per vedere. Solo il tempo di osservare un attimo il<br />
cadavere di quel pover uomo, poi sono arrivati i cacciatori di Sardegna<br />
e ci hanno intimato di allontanarci.<br />
Cosa ricorda di lui? Cosa vide?<br />
Il viso non lo ricordo perché mi impressionò la ferita che aveva<br />
sul corpo, una raffica di fucile infatti lo aveva raggiunto fra la<br />
nuca e il collo. Da dietro sembrava non avere nulla, era integro, se<br />
non per un piccolo forellino sulla nuca, ma, quando l’hanno girato,<br />
aveva un foro enorme, largo almeno 4 centimetri, che gli deturpava<br />
il volto.<br />
Chi erano i cacciatori di Sardegna, coloro che spararono al<br />
bandito Pasquale Pau?<br />
Si trattava di carabinieri che venivano dal continente, ma sono<br />
certo che c’erano anche militari sardi, persone <strong>del</strong> luogo che conoscevano<br />
la zona e potevano guidare le pattuglie. <strong>La</strong> cosa che mi<br />
impressionò di più, e che ancora oggi non mi spiego, è il fatto che<br />
quegli uomini spararono al bandito senza nessun preavviso, ma<br />
alle spalle, mentre fuggiva via, e senza nessuno scontro a fuoco.<br />
Subito dopo la morte di Pasquale Pau arrivarono diverse autorità<br />
a Cuccuru ’e luna per certificarne la morte, lei fu mandato<br />
immediatamente via?<br />
No, gli altri operai che erano con me vennero allontanati mentre<br />
un carabiniere mi chiamò da parte e mi ordinò di presentarmi il<br />
giorno dopo alle 10 per trasportare a valle il cadavere. Come le ho<br />
spiegato la zona di Cuccuru ’e luna era irraggiungibile, se non<br />
con mezzi speciali e il mio Unimoc era l’unico in grado di arrivare<br />
fin lassù.<br />
Il giorno dopo quindi tornò in quella zona per portare via il<br />
cadavere?<br />
Il mattino seguente sono andato fino al punto in cui si trovava il<br />
cadavere. C’erano diversi ufficiali, carabinieri in divisa e in borghese,<br />
ma anche tanti curiosi e abitanti dei paesi vicini che, lo seppi<br />
solo dopo, conoscevano molto bene il bandito. Mi hanno fatto<br />
accostare lì accanto, dopo di che in quattro lo hanno sollevato da<br />
terra. Io sono sceso ad aiutare ed ho spostato le sponde per far<br />
entrare il cadavere, ma quando stavano per posizionarlo sul cassone<br />
mi sono indignato e ho chiesto “lo gettate su così senza mettere<br />
niente sotto”. Mi sembrava davvero poco rispettoso gettare il corpo<br />
di quell’uomo sul cassone, come una bestia morta.<br />
Loro come hanno reagito di fronte alle sue parole?<br />
Non hanno detto nulla, ma quando ho protestato uno dei cacciatori<br />
ha estratto dalle tasche un grosso rasoio a serramanico, sa leppa, ed<br />
ha iniziato a tagliare piccoli rami di lentischio. Poi ha gettato qualche<br />
ramo sul cassone tentando di creare una sorta di giaciglio, fino<br />
a quando, tutti e quattro, non si sono stufati e senza mezzi termini<br />
l’hanno afferrato e gettato sull’Unimoc. L’unico gesto di pietà è<br />
stato quello di coprire il cadavere con la giacca, che aveva in mano<br />
mentre fuggiva, e il tascapane. Subito dopo hanno chiuso il cassone,<br />
tre carabinieri si sono allontanati<br />
mentre uno di loro è salito<br />
sulla cabina prendendo posto<br />
nel sedile accanto a me.<br />
Dove eravate diretti?<br />
Siamo andati a Siniscola, il paese<br />
natale <strong>del</strong> bandito che si trovava<br />
a soli 6 chilometri da lì. Il<br />
carabiniere stava accanto a me<br />
con il mitra in mano e poca voglia<br />
di parlare. Mi ricordo che<br />
tentai di fargli qualche domanda<br />
e di capire meglio quanto era<br />
accaduto. Chiesi soprattutto<br />
come mai avevano deciso di<br />
sparare in mezzo alla selva di<br />
lentischio con il pericolo di uccidere<br />
qualche innocente. Il militare<br />
mi rivelò che seguivano<br />
Pasquale Pau da diversi giorni<br />
ed erano certi che fosse lui. Da<br />
due notti si trovavano in quel<br />
punto attendendolo con pazienza.<br />
Quella mattina il bandito era<br />
uscito dal rifugio di Cuccuru ’e<br />
luna per sparare alle pernici e<br />
loro avevano colto l’occasione per tentare di catturarlo. Dopo questo<br />
piccolo scambio di battute il militare non ha più voluto parlare,<br />
ma mi ha guidato sulla strada fino al cimitero <strong>del</strong> paese. Ricordo<br />
che fuori dal cimitero c’era una panca con sopra una bara aperta e<br />
diversa gente accalcata li attorno. Io sono rimasto seduto alla guida<br />
<strong>del</strong>l’Unimoc mentre il militare è sceso. I parenti si sono avvicinati,<br />
senza permettere a nessun altro di toccare il cadavere, l’hanno<br />
preso con <strong>del</strong>icatezza, come un bambino, e l’hanno adagiato<br />
nella bara.<br />
Il militare si è voltato verso di me dicendo che potevo andarmene,<br />
ho richiuso le sponde <strong>del</strong>l’Unimoc e mi sono allontanato. Dopo<br />
pochi chilometri mi sono accorto che nel fuoristrada era rimasto il<br />
tascapane <strong>del</strong> bandito ucciso, allora ho rigirato e sono tornato verso<br />
il cimitero dove ho consegnato il tascapane alle autorità per<br />
farlo arrivare ai parenti <strong>del</strong>la vittima.<br />
Poi finalmente se ne è andato?<br />
Si, sono tornato a casa, a Torpè, mi sono fermato presso Rio Posada<br />
e ho sciacquato il cassone <strong>del</strong>la macchina lavando via il sangue.<br />
Ovviamente ero scioccato da quanto era accaduto, un uomo era<br />
morto davanti ai miei occhi e avevo appena trasportato il suo cadavere<br />
fino al cimitero per riporlo nella bara. A Torpè non potei fare<br />
a meno di fare qualche domanda su quell’uomo e scoprii che la<br />
gente <strong>del</strong> luogo lo conosceva molto bene e che in molti lo reputavano<br />
una brava persona.<br />
Chi era davvero Pasquale Pau allora?<br />
Io posso parlare per quello che mi raccontarono e per quello che<br />
ho visto. Anni prima quattro uomini avevano organizzato una rapina,<br />
di questa banda faceva parte anche Pasquale Pau, che però<br />
all’ultimo aveva deciso di non partecipare al misfatto. Gli altri tre<br />
invece furono arrestati prima ancora di compiere la rapina e Pasquale<br />
Pau fu accusato di aver avvisato la polizia. Proprio per questo<br />
motivo Pasquale Pau era partito per due anni in Germania, rifugiandosi<br />
lì per sfuggire alla vendetta dei suoi vecchi compagni<br />
che, nel frattempo, erano usciti di prigione. Era poi tornato in occasione<br />
di una festa che si svolgeva nel suo paese, Siniscola, a<br />
pochi chilometri da Torpè. Secondo quanto mi hanno raccontato,<br />
una notte uno dei tre rapinatori, ex compagni di Pasquale Pau, fu<br />
ucciso dopo una violenta lite. Pasquale Pau non era colpevole, ma<br />
fuggì e si dette alla macchia convinto che sarebbe stato di certo<br />
catturato e ucciso. Da allora erano passati diversi anni e Pasquale<br />
Pau viveva alla giornata nascondendosi nella zona <strong>del</strong> monte Albo.<br />
Si rifugiava in quei monti, negli ovili dei pastori che lo conoscevano.<br />
Queste persone gli davano da mangiare e qualche soldarello<br />
per fare dei lavoretti e badare al bestiame. Aveva anche avuto due<br />
figli mentre era alla macchia, frutto di alcuni incontri con la moglie.<br />
Pasquale era di Siniscola, ma si nascondeva nei pressi di Torpè, un<br />
paesino vicino al mare alle falde <strong>del</strong> monte Albo, in una ricca pianura<br />
in cui scorre il rio Posada che, dopo pochi chilometri, sfocia<br />
in mare. Almeno a sentire quanto hanno raccontato i paesani, il<br />
bandito non era ricercato dai carabinieri locali, ma era conosciuto<br />
da tutti e non ritenuto affatto pericoloso. Solo oggi dunque, grazie<br />
alla testimonianza di Bruno Portas, possiamo scoprire la vera storia<br />
<strong>del</strong>la morte di uno fra gli ultimi banditi sardi, Pasquale Pau,<br />
ammazzato da un colpo di fucile sparato alle spalle mentre fuggiva,<br />
disarmato e indifeso. Di certo non possiamo sapere se quest’uomo<br />
fosse, come dicevano in molti, innocente, né se l’ordine<br />
dato a quei carabinieri che spararono contro di lui fu quello di<br />
uccidere o meno. L’unica cosa che possiamo fare, alla luce di quanto<br />
ascoltato da chi, quella mattina <strong>del</strong> 1968 era lì, è quella di restituire<br />
a Pasquale Pau, un uomo prima che un bandito, se possibile un<br />
piccolo frammento di giustizia e di verità.
20<br />
10 maggio 2013<br />
Su sadru chi seus pedrendu<br />
Sa Paschixedda de Artemiu, su beciu<br />
Contixeddu de Venanziu Tuveri furriau in sadru de tziu Arremundicu<br />
Nci fiat uota ua bidda abì is montis fiant àtus mèda, genti nd’adìat pagu e, tra cussus, u beciteddu<br />
chi stimàt mèda is animabis. Sa not’e xena nci fut u spitzu de lúa. Sa nìi abundanti iat anidàu<br />
domus e bias, ma totus, pagu primas de mesunotis, iant lassau domus e ziminèras allutas po andai<br />
a cresia a cantai is gocius po su nascimentu de Gesùsu. Fut bessiu Artemiu puru, su beciu,cumenti<br />
ddu tzerriànta, e poderendusì a su matzucu fut andau conc’a s’ab’e sa ‘idda, iat apetu s’èca de ua<br />
domixedda, si fiat acostau a ua gabia abì ddoi fiant inserraus duus cõilleddus e dd’is iat apetu<br />
s’ennixedda. «Seis liberus – dd’is iat nau – podeis andai.» Is bestieddas si fiant afurrungonadas<br />
pagu pagu in fundu pois, cun d’u sàtidu ndi fiant ‘essias de sa gabia e fuias a su padenti. Artemiu<br />
ddas iat sighìas cun sa castiàda, iat serrau sa gabia, fut torrau a domu sua e si fiat callentau pagu<br />
pagu anant’e sa ziminèra prim’e andai a si crocai. A chitzi, su mer’e is cõilleddus fut bessìu a<br />
pratza po ddis donai su mandiari, iat apetu s’ennixedda de sa gabia e… insaras si fut acatau ca no<br />
ddoi fiant prusu. Si fiant fuius? E cumenti chi s’enna fut serrada? Pois iat biu s’arrastu in sa nìi e<br />
iat cumprendiu: cuncunu at provau a nde ddus furai ma cussus, lestrus, no si funti lassaus pigài e<br />
si funti fuius. Ua cosa chi no sutzedìat fatu fatu,<br />
poita in sa biddixedda de Arrocadenìi nisciunus<br />
iat mai furau nudda. Sa nova fut andada de buca<br />
in buca, ma po pagu, poita ca nci fiat ua cosa<br />
prus importanti: ua coia, cosa rara po ua<br />
biddixedda aici pitica. A is su sposus iant<br />
arregallau pratus, pingiadas, tapètus e unus<br />
cantu cõillus aintr’e ua gabia longa duus metrus.<br />
Sa festa fut durada finas a tradu. Faci a is<br />
mesunotis Artemiu, su beciu, iat augurau bonu<br />
gosu a is sposus, fut torrau a domu e iat atzitzau<br />
su fogu. Iat pigau u liburu e si fut setziu acant’e<br />
sa ziminèra, ma no iat ligiu mancu u fueddu.<br />
Su cãi indromiscau acant’e issu. Cancu ora<br />
prim’e orbesci si ndi fut pesàu, s’iat postu su<br />
capòtu, su capeddu e nci fiat bessìu poderendusì a su matzucu. Fiat andau finas a domu de is<br />
sposus, iat apetu s’eca, si fut acostau a sa gabia de is cõillus e dd’is iat apetu s’ennixedda. «Seis<br />
liberus – iat nau – Podeis andai.» U momentu e is cõillus iant cutu cun sàtidus longus conc’a su<br />
padenti. Artemiu iat serrau s’enn’e sa gabia, s’eca e fiat torrau a domu sua, si fiat callentau u<br />
pagheddu acant’e sa ziminèra e pois fut andau a si crocai. A mangiãu mannu is su sposus si fiant<br />
acataus de sa gabia buida, iant biu s’arrastu, nd’iant fueddau cun is bixíus e custa nova fut torrada<br />
a bandai de buca in buca. «U ladrõi di averas pag’abistu – naràt sa genti – ndi oit furài is cõillus<br />
ma nu arrennescit a nde ddus pigài!» Nd’iant fueddau po disi e disi, e sa cida fut passada sen’e<br />
atras novas. Sa lúa, in su passillai suu me in is ceus imou nascìat a de dì, trotàt acant’e su sobi e<br />
a su nòti si nd’andàt a dromì. Is nòtis fiant nieddas cument’e su crabõi, scéti is ogus de su pisitu<br />
bandulèri luxiant u pagheddu. Artemiu si callentàt anant’e sa ziminèra, acant’e Farrunca, su cãi<br />
suu beciu cussu puru, e a su nòti andàt a si crocai. Dromìat pagu, cument’e totus is becius, e si ndi<br />
pesàt a chitzi. Una de cussas notis, mesunotis iat apenas sonàu, si ndi fut pesàu, s’iat postu su<br />
capotu, su capeddu, iat pigau su matzucu e ncì fiat bessìu. Sa nìi puru, cun su scuru, fiat niedda.<br />
Iat caminàu po u pagheddu finas a uantra domu, iat apetu s’eca e fut andau a sa gabia de is cõillus,<br />
ma a su scuru no si fut acatau de su latzu aprontau po is ladrõis. Iat atumbau ua fúi e campanas,<br />
pitaious e bòtus iant sonàu cument’e ua dì ‘e festa. Su mèri si fut incaràu in sa fantana e luegus iat<br />
connotu a Artemiu, su beciu. «Ah, ses tui» iat nau. «Seu deu» iat arrespostu Artemiu. Su mèr’e sa<br />
domu fut abarrau spantau. Possibili, si domandàt, chi siat cussu su ladrõi de cõillus? «Bah, imou<br />
est or’e dromì, ndi fueddaus crasi. Bai a ti crocai tui puru, Artemiu. Bonanoti.» «Bonanoti» iat<br />
arrespostu Artemiu. Fiat torrau abell’abellu a domu, poderendusì a su matzucu. Di dispraxìat su<br />
no essi arrennesciu a scapài is cõillus e ndi fueddat cun su cãi. «Cust’ota no est andada béi,<br />
Farrunca.» Cument’e donnia noti, si fut setziu anant’e sa ziminèra a castiai sa pampa. Farrunca<br />
iat frigàu su ‘runcu in sa mãu sua. Si fiat dromìu anant’e su fogu e su cãi ddi fut abarrau acanta.<br />
Pois fiat arribau s’orbescidroxu luxenti de nìi nida chi cabàt a bell’abellu. Artemiu iat apetu sa<br />
fentana e iat castiau conc’a su padenti. Murrudruci fut innì, a su costau ‘e su cucuru cun is corrus<br />
fòtis che nais de màta, curiosu e pagu pagu difidenti cument’e totus is xrebus. Artemiu s’iat<br />
trogàu is pabas cun sa manta chi potat asub’e is genugus, iat pigau ua sachitedda e nci fut bessìu<br />
sighìu de Farrunca. Su cãi puru, po s’edadi chi tenìat, caminàt asi’asiu. Si fiat acostau a su cucureddu<br />
cumenzend’a pesai a susu. Su xrebu ddu castiàt frimu. «Salludi a tui, Murrudruci – dd’iat saludau<br />
Artemiu – t’apu potau ua fit’e pãi.» Su xrebu iat moviu sa conca ainnantis e acou, cument’e chi<br />
obessat arringraziai, e si fiat acostau po nde dda pigài. Is corrus iant figuràu in s’airi xricus<br />
mannus. «Eh, Farrunca – iat nau pois a su cãi suu – su padenti est bellu ma seu seguru ca iast’ai<br />
agradessiu de prusu abarrai in domu, in su callenti. Fai coragiu, tui no téis norant’annus cument’e<br />
mimi!» Farrunca iat moviu sa cou. De seguru iat’ai punnau de prusu abarrai in domu, che andai<br />
scianca scianca asub’e sa nìi frida, iat fatu u sungutu de assebiu candu su mèri suu si fiat frimau.<br />
Artemiu s’intendìat stancu, is cambas ddi parriant grais, atésu… frotzis fiant infromigadas poita<br />
ca si fut dromìu in poltrona anant’e su fogu. Si fiat setziu in terra, cun is bratzus e su pitzu<br />
acotzaus a is genugus. Sa nìi chi cabàt fiat u spantu e is matas, imou bistias a nidu, in benau<br />
ant’essi crobetas de froris. Artemiu fut abarrau frimu, cun is bratzus e su pitzu apitzus de is<br />
genugus. Farrunca, tzabendu, iat scrafiu su ‘runcu apitzus de issu e Murrudruci si fiat acostau po<br />
cumprendi, ma de nisciunus iant tentu ua arresposta, e insaras fiant cùtus conc’a sa ‘idda tzabendu<br />
e fadendu sõus légius. Sa genti fut cuta a ddus atobiài, pedendusì poita cussus animabis fadìant<br />
totu cussu budrellu e poita Farrunca no fut cun su mèri suu. «Artemiu est in su padenti?» iat pedìu<br />
unu. Farrunca e Murrudruci no sciant fueddai sa lingua de is ominis ma iant sighìu a fai budrellu.<br />
«Depit’essi sutzediu cuncu dannu. Andaus!» Farrunca e Murrudruci fiant torraus acou e sa genti<br />
avatu. Artemiu fut frimu a bì dd’iant lassau e potàt sa nìi asub’e sa manta e is mãus. Agir’a giru<br />
ddoi fiant is cõillus ch’iat liberàu, u xrebu mannu e atrus animabis, frimus e no si cumprendìat chi<br />
fiant crosidadosus o dd’obiant agiudai. Sa gent’e sa ‘idda si fiat acostada ma is animabis no si<br />
fiant movius, fuendusì cument’e onni’ota. U omini si fiat incrubau anant’e Artemiu e dd’iat tocau<br />
sa mãu, pois su brutzu po intendi su tòcu de su coru, apustis u ‘oghidura a is atrus, citiu, dd’iat<br />
pigau in bratzus e nde dd’iat pesau de terra. Est berus, Artemiu fut langiu e pesàt de averas pagu.<br />
S’omini fut andau ainnantis, conc’a sa ‘idda e avatu suu, a brufessõi: Farrunca, Murrudruci, is<br />
atrus animabis e is ominis, totus citius, cument’e chi fessat sutzediu u dannu foras de contu.<br />
A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu.<br />
Scracàlius<br />
di Gigi Tatti<br />
Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu,<br />
custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus<br />
lègius chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si<br />
fai scaresci calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi<br />
funt innoi. Sciu puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu<br />
scòncius, ma apu circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus<br />
cun dd’unu pagheddu de aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu,<br />
circhendu de ddus ligi imparat prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa<br />
chi m’interessat de prus.<br />
Osvaldu e Irma funt crocaus.<br />
Osvaldu: ti pozzu fai una fotografia spollinca, da bollu po arregordu!<br />
Irma: insaras ti dda fatzu deu puru.<br />
Osvaldu: po arregordu?<br />
Irma: no, po un’ingrandimentu!<br />
………………………………………………………………………………………………..<br />
Osvaldu incontrat a s’amigu Zenobiu.<br />
Osvaldu: ti depu nai ca pobidda tua est veramenti brava contendi barzelletas.<br />
Zenobiu: ge ddu sciu, a tui candu ti ddas’at contadas?<br />
Osvaldu: arisenoti, e pensa ca de cantu fia arriendi, fia acanta de nci arrui de su letu!<br />
………………………………………………………………………………………………..<br />
Osvaldu andat a si comporai una giacca.<br />
Osvaldu: cantu costat custa giacca?<br />
Sa cumissa: custa est una giacca de marca, costat 150 eurus.<br />
Osvaldu: de ita marca est?<br />
Sa cumissa: facis.<br />
Osvaldu: a sa facis! ma nerimì signorina, chene màghias cantu costat?<br />
Sa cumissa: poita chene màghias?<br />
Osvaldu: poita, candu apu intèndiu su prètziu, mi ndi funt arrutus is bratzus!<br />
…………………………………………………………………………………………………<br />
Zenobiu incontrat a Crisponziu.<br />
Zenobiu: saludi Crisponziu, dd’as intèndiu ca in bidda nanca ant abertu unu locali, aundi<br />
dònnia noti si papat, si buffat e si fait s’amori a totu spianu!<br />
Crisponziu: e tui ddoi ses mai andau?<br />
Zenobiu: no, ancora no!<br />
Crisponziu: e insaras comenti fais a ddu sciri?<br />
Zenobiu: mi dd’at nau pobidda mia.<br />
Crisponziu: e issa comenti fait a ddu sciri?<br />
Zenobiu: ddu scit ca issa ddoi andat dònnia noti!<br />
……………………………………………………………………………………………………<br />
Irma incontrat s’amiga Vigetta.<br />
Irma: càstia, pobiddu miu est sempri contendi fabas.<br />
Vigetta: ita t’at contau?<br />
Irma: pensa ca ariseu est pinnicau a chitzi e m’at nau ca fiat totu sa noti in giru cun<br />
Crisponziu!<br />
Vigetta: e no fiat berus?<br />
Irma: certu ca no fiat berus, poita Crisponziu fiat totu sa noti crocau cun mei!<br />
…………………………………………………………………………………………………………<br />
Romualda est una bellissima picioca e andat a si fai visitai de su dotori.<br />
Su dotori: signorina, nerimì cali est su problema.<br />
Romualda: su problema est ca dònnia borta chi mi allù una sigareta mi benit gana de fai<br />
luegus s’amori!<br />
Su dotori: abarrit tranquilla! No est una cosa gravi. Imoi calmissì, spollissì e alluassì una<br />
bella sigareta!<br />
………………………………………………………………………………………………..<br />
Zenobiu incontrat Osvaldu.<br />
Zenobiu: de candu apu lìgiu in su giornali ca su fumu fait mali, apu smìtiu!<br />
Osvaldu: bravu! as smìtiu de fumai?<br />
Zenobiu:no! apu smìttiu de comporai su giornali!<br />
……………………………………………………………………………………<br />
Mundiccu telèfonat a sa pobidda Tinuccia.<br />
Mundiccu: pronto? seu Mundiccu.<br />
Tinuccia: si! ita bolis?<br />
Mundiccu: imoi, ita ses fadendi?<br />
Tinuccia: seu crocada.<br />
Mundiccu: nara, su falegnami, giai beniu est?<br />
Tinuccia: (assuppendi) no ancora! ma ge est acanta!<br />
………………………………………………………………………..<br />
Tinuccia sa prima noti de coja cun su pobiddu Mundiccu.<br />
Mundiccu: o tinuccia, berus ca seu su primu?<br />
Tinuccia: ufa! seu stufa! ma poita totus mi fadeis custa domanda?<br />
……………………………………………………………………………………..<br />
Battori e Terenziu andant a fai s’amori a pagamentu a Casteddu, in su pont’e “sa scaffa”.<br />
Terenziu: o Battori, scis ita ti nau? ca est mellus cun pobidda mia!<br />
Battori: tenis arraxoni o Terenziu! est mellus cun pobidda tua!
10 maggio 2013 21<br />
LA SARDEGNA NEL CUORE<br />
di Sergio Portas<br />
<strong>La</strong>urea honoris causa a Paolo Fresu:<br />
“per aver dedicato la sua arte<br />
alla promozione <strong>del</strong>la cultura”<br />
Un giorno debbo proprio trovare il coraggio di invitare<br />
Paolo Fresu e sua moglie Sonia a visitare il reparto<br />
di neuropsichiatria infantile <strong>del</strong> “Besta” dove il<br />
giovedì mattino vado a “far giocare” i bimbi ricoverati (vedi<br />
all’associazione ABIO), portandosi dietro i loro strumenti<br />
naturalmente, la tromba e il violino. Niente che non facciano<br />
già a Bologna col progetto “Nidi di note” (www.nidinote.it),<br />
e che siano ambedue particolarmente sensibili ai diritti dei<br />
più piccini (anche quello di avvicinarsi alla musica “seria” in<br />
tenera età) lo so perché ho conosciuto Andrea. Che da cinque<br />
anni è loro figlio. Per darvi un’idea: oggi qui all’università<br />
“Bocconi” di Milano conferiscono una laurea magistrale “honoris<br />
causa” a Paolo Fresu, in Psicologia dei processi sociali,<br />
decisionali e dei comportamenti economici. Lo addottorano<br />
quindi non già in grazia dei suoi oltre trecentocinquanta dischi<br />
registrati (di cui oltre ottanta a proprio nome) , dei premi<br />
che ha mietuto in mezzo mondo, <strong>del</strong>la sua attività artistica e<br />
di docente <strong>del</strong>la musica, dei numerosi progetti multimediali<br />
che ha coordinato con attori, scrittori, le sue musiche per film<br />
e balletti, per gli oltre duecento concerti che ogni anno va<br />
facendo in ogni parte <strong>del</strong> globo. No, la motivazione è che “...<br />
ha dedicato la sua arte alla promozione <strong>del</strong>la cultura nelle<br />
comunità e nei gruppi <strong>del</strong>la sua terra, attivando le relazioni<br />
sociali che si pongono a fondamento <strong>del</strong>la convivenza; ha<br />
così favorito il benessere di tali collettività, benessere che<br />
dipende da fattori psicosociali e non solo da fattori economici”;<br />
parole di Marcello Fontanesi rettore, ontologicamente<br />
magnifico.<br />
Naturalmente il contesto è assolutamente fantastico: aula<br />
magna affollata di pubblico e autorità, tanti i sardi di Milano<br />
e di Berchidda (anche un paio di sindaci), i sedici direttori<br />
dei dipartimenti <strong>del</strong>l’Ateneo in toga e tocco nero, il magnifico<br />
di prima cinto d’ermellino, gli altri con stole verdi e gialle<br />
e rosse. Paolo anche lui con toga e tocco neri, un colletto<br />
bianco tutto plissettato, il solito orecchino dorato che gli<br />
spunta dall’orecchio sinistro. Sonia in prima fila vicino a<br />
Caterina Caselli e Ornella Vanoni. Andrea Fresu, al solito, è<br />
affidato al vigile sguardo amicale di parenti, amici, conoscenti,<br />
giornalisti, come fosse in una botte di ferro, infatti si aggira,<br />
lieve e agile com’è, tra le poltrone <strong>del</strong>l’emiciclo, sorridente e<br />
fiero dei suoi aeroplanini di carta con cui l’ho visto giocare<br />
le ultime volte che sono andato a una manifestazione in cui<br />
suo babbo era protagonista.<br />
Naturalmente qui vanno avanti a dire cose assolutamente ricche<br />
di senso e di saperi, persino Francesco Paolo Colucci<br />
(docente di Psicologia Sociale) dice che il conferimento di<br />
questa laurea a un musicista jazz che si occupa anche di musica<br />
folklorica potrebbe apparire una bizzarria, ma solo a chi<br />
non conosca la disciplina e la sua storia. Infatti importanti<br />
radici <strong>del</strong>la psicologia sono intrecciate con la musica e, ancor<br />
più, con la musica folklorica. E quindi cita autori quali<br />
Wundt e Stumpf, che non ho mai sentito nominare, ma anche<br />
quello che chiama “conterraneo di Paolo Fresu” che, a proposito<br />
<strong>del</strong> problema <strong>del</strong> senso comune scriveva: “Non deve<br />
essere concepito come una bizzarria, una stranezza o un elemento<br />
pittoresco, ma come una cosa che è molto seria e da<br />
prendersi sul serio” (Gramsci, Quaderni dal carcere, Torino,<br />
Einaudi, 1975). E la cultura popolare e più generalmente il<br />
sentire comune (“su connottu” diremmo noi) cambiano ed<br />
evolvono se si crea un rapporto paritario tra élites, tra esperti<br />
e la gente cosiddetta normale.<br />
E come dice bene Eraldo Paulesu, ordinario di Psicologia<br />
Fisiologica a cui è stato dato il compito <strong>del</strong>la “laudatio”, una<br />
sorta di peana <strong>del</strong> laureando giustificativo per tanto onore<br />
che gli viene conferito: “<strong>La</strong> gente comune di un paesino ad<br />
economia agro-pastorale <strong>del</strong> nord Sardegna può essere talmente<br />
oppressa dalla tranquillità assoluta che gli viene dal<br />
suo isolamento, quindi più subita che scelta, che questa può<br />
benissimo mutarsi in tedio ( o dice per averlo visto, anche se<br />
nato a Como ha un cognome che lo abilita) che può uccidere,<br />
e portarsi a perdere tra lavoro in campagna e frequentazione<br />
di quelli che in logudorese si chiamano “sos zilleris”, dei<br />
“wine bar” li chiameremmo oggi”. Poi dice di Paolo nella<br />
banda di Berchidda a undici anni, la sua carriera, la sua ostinazione<br />
nel seguire l’intuizione di un destino, i suoi cinquanta<br />
concerti, tutti diversi, con 250 artisti coinvolti, per i paesi<br />
di Sardegna in occasione <strong>del</strong> suo cinquantesimo compleanno.<br />
Da Castelsardo a Barumini, dal Tempio di Antas a Fluminimaggiore,<br />
dalla Peschiera di San Teodoro alla miniera di<br />
Montevecchio. Molte cose le prende da “Musica dentro”, di<br />
Paolo Fresu, edito da Feltrinelli.<br />
Nel mentre si parla in maniera così aulica <strong>del</strong> padre suo, Andrea<br />
se ne è venuto su da me, in ultima fila, vicino alla telecamera<br />
<strong>del</strong>la TV, le mani piene di aeroplani cartacei vagamente<br />
sagomati, quelli semplici fatti da lui, che subito mi fa vedere<br />
come si fa a farne uno con la “coda corta” e uno con la “coda<br />
lunga”. Il foglio di carta utilizzato è di quelli che riserva le<br />
sedie alla stampa, splendido per consistenza e levigatezza,<br />
rettangolare quanto basta: se volete il velivolo lungo tocca<br />
fare la prima piega per il lato lungo! Poi torna giù dai parenti<br />
di suo padre e ne porta altri: “saranno trecento” mi dice orgoglioso,<br />
e pronuncia quel numero fantasticamente grande aumentandolo<br />
vieppiù, trecentoooo! “Li lanciamo tutti?”<br />
Paolo leggendo la sua “Tesi di <strong>La</strong>urea” inizia a parlare proprio<br />
di lui, Andrea, quando al mattino prima di accompagnarlo<br />
a scuola gli indica sul mappamondo luminoso, con il dito, il<br />
prossimo viaggio che farà. Questa tesi è talmente ricca di<br />
poesia che andrebbe tutta riportata; ne farò un copia-incolla<br />
di cui mi scuso preventivamente ma anche il mio spazio è un<br />
rettangolo dai lati determinati. Titola: “L’impossibile è possibile”,<br />
una piccola idea che si sviluppa in modo concentrico<br />
per diventare grande, concentricamente come fosse un sasso<br />
gettato in uno stagno, coi cerchi che si propagano toccando e<br />
interessando ciò che vi è intorno. <strong>La</strong> Sardegna è il sasso, il<br />
mare che la circonda è lo stagno. Quel Mediterraneo che “è<br />
un cuore che pulsa e alimenta gli organi che sono i Paesi che<br />
vi si affacciano”. “Cerchi di sardità, quel qualcosa di indecifrabile<br />
che, quando sono a Pechino, a New York o a Delhi, fa<br />
sì che alla fine <strong>del</strong> concerto ci sia sempre un corregionale che<br />
arriva per dire anche io sono sardo. Di Maracalagonis, Bitti,<br />
Santu Lussurgiu o Cagliari. Nascere in un’isola e crescere in<br />
quell’altra ‘isola nell’isola’ che è Berchidda è fondamentale.<br />
Come Tucconi, la campagna dove ho trascorso buona parte<br />
<strong>del</strong>la gioventù tra belati <strong>del</strong>le pecore e il soffio <strong>del</strong> maestrale<br />
che piega le querce. Tra la scoperta e l’apprendimento <strong>del</strong>la<br />
lingua madre che ha un suono tutto suo, metafora <strong>del</strong> dentro<br />
e <strong>del</strong> fuori, scuro e <strong>del</strong>icato, comunitario e condiviso, il sardo<br />
<strong>del</strong> Logudoro rappresenta la mia infanzia fra la campagna<br />
e il paese, tra i sapori, gli odori e i colori <strong>del</strong>la terra prima che<br />
<strong>del</strong> paese e <strong>del</strong>la comunità. <strong>La</strong> ‘limba’ universo senza tempo,<br />
anche se siamo abituati a pensare al piccolo come locale e al<br />
grande come globale, quando anche nel microcosmo <strong>del</strong>le<br />
cose esiste una globalità che è solo da vedere e da sentire.<br />
Come piacerebbe ad Andrea, che sa limba la apprende non<br />
da me ma dalla nonna che parla in sardo anche con chi non la<br />
capisce e che è affascinato da tutti gli strumenti di comunicazione”.<br />
E continua Paolo a raccontare la storia incredibile di “Time<br />
in Jazz”, i venticinque anni di un festival che “produce cultura<br />
che non significa solo generare economia, ma promuovere<br />
l’uomo, prima ancora di ciò che lui produce”. Nasce nel<br />
1988 come festival Jazz a Berchidda, da un piccolo gruppo<br />
di persone che ancora oggi credono nell’impossibile che diventa<br />
possibile. Non più solo Jazz ma anche Danza, Balletto,<br />
Teatro, Cinema, Pittura, Scultura, Fotografia.<br />
Fresu ha concluso la sua “lectio” con la performance musicale<br />
“A solo”, concerto per tromba, flicorno, e multi effetti.<br />
Alla fine l’ultima nota sembra non volersi interrompere mai.<br />
Una voce registrata, fuori campo, dice <strong>del</strong>le cru<strong>del</strong>tà che, a<br />
volte, i sardi sanno farsi l’un l’altro. “È un fantasma!” mi fa<br />
Andrea. Non ho cuore di dirgli che ho riconosciuto la voce di<br />
Lella Costa, una fantasma gli ribatto. Ce ne sono fantasme<br />
femmine? Ce ne sono, mi risponde sicuro. E gli brillano gli<br />
occhi per lo scherzo.
22<br />
10 maggio 2013<br />
Rubriche<br />
Nel maggio 1938 Totò, al secolo Antonio De Curtis, inaugura a Cagliari l’Arena “Odeon” con lo<br />
spettacolo “Dei due chi sarà”. Mentre in quel periodo si svolgevano a Cagliari le manifestazioni<br />
per salutare l’incontro a Roma tra Hitler e Mussolini, Totò, non ancora al culmine <strong>del</strong>la celebrità,<br />
disegna un personaggio solo in apparenza ossequiente alle mode diffuse, e la sua irrefrenabile<br />
carica eversiva sembra prendere in giro gerarchi e ducetti quando inaspettatamente spara la battuta<br />
in sardo: “T’appu frigau, o balossu!”<br />
AMBIENTE E SICUREZZA<br />
di Andrea Alessandro Muntoni<br />
Ingegnere ambientale<br />
RADIOATTIVITÀ NATURALE: IL RADON SI TROVA NEI MATERIALI DA COSTRUZIONE E NELLE ACQUE<br />
<strong>La</strong> radioattività naturale è principalmente imputabile, oltre<br />
che alla radiazione cosmica, a tre radioisotopi: il Potassio 40<br />
(K-40), all’Uranio 238 (U-238) e al Torio 232 (Th-232). I<br />
radioisotopi testé detti hanno un tempo di decadimento (t 1/2<br />
)<br />
di alcuni miliardi di anni e pertanto sono presenti sul pianeta<br />
Terra in grande abbondanza.<br />
<strong>La</strong> diffusione <strong>del</strong> Potassio 40 (presente anche nei sali disciolti<br />
nell’acqua di mare) è molto ampia: tutti gli organismi viventi<br />
ne incorporano una piccola quantità e, con essa, una modesta<br />
quantità di radioattività naturale, che peraltro non nuoce – a<br />
piccole dosi – all’organismo ma, anzi, è indispensabile per il<br />
metabolismo cellulare.<br />
L’Uranio 238 si trova in tutti i terreni e in tutte le rocce, in<br />
quantità variabili. Poiché molti terreni e rocce sono i costituenti<br />
dei materiali da costruzione, ne consegue che una piccola<br />
dose di radioattività naturale è presente all’interno di<br />
ciascun corpo di fabbrica in relazione alla natura e provenienza<br />
dei materiali stessi. Si stima che mediamente ciascun<br />
chilogrammo di materiale da costruzione contenga circa tre<br />
milligrammi di U 238; ne consegue che un corpo di fabbrica<br />
è costruito, tra gli altri, con piccole quantità di Uranio 238<br />
(variabili da un centinaiodi grammi a qualche chilogrammo<br />
di U-238) a seconda <strong>del</strong>le sue dimensioni.<br />
L’Uranio 238 è il precursore <strong>del</strong> gas radioattivo radon e in<br />
particolare <strong>del</strong> suo isotopo radioattivo Radon (R-222). Il Radon<br />
222 (alfa emettitore) è emesso dal sottosuolo (terreni e<br />
rocce, soprattutto di origine vulcanica effusiva e intrusiva) e<br />
in parte dai materiali da costruzione (essendo questi ultimi<br />
ottenuti dall’estrazione e lavorazione di terreni e materiali<br />
lapidei in genere). Ne consegue che il radon 222 è pressoché<br />
sempre presente negli edifici civili (abitazioni, scuole, ospedali,<br />
luoghi di culto, luoghi di lavoro) e viene inalato dalle<br />
persone che vi abitano o vi lavorano e in taluni casi da soggetti<br />
che semplicemente li frequentano (utenti).<br />
Vale la pena ricordare che il Radon si scioglie facilmente in<br />
acqua e la sua presenza è riscontrabile nelle acque minerali<br />
(nelle cui etichette, per inciso, non è presente – in quanto non<br />
obbligatorio – specificare la concentrazione <strong>del</strong>l’attività di<br />
Rn – 222); l’acqua proveniente dai bacini artificiali di raccolta<br />
(dighe, bacini collinari, invasi in genere) non contiene<br />
apprezzabili quantità di Radon.<br />
Le norme e le raccomandazioni internazionali per la protezione<br />
<strong>del</strong>la popolazione e dei lavoratori dalle radiazioni caldeggiano<br />
la misura <strong>del</strong>la concentrazione <strong>del</strong>l’attività di Radon<br />
negli edifici civili e nei luoghi di lavoro al fine di verificare<br />
che non siano superati i limiti di attenzione, fissati pari a<br />
100 Bq/m 3 dall’Organizzazione Mondiale <strong>del</strong>la Sanità (20<strong>09</strong>)<br />
e pari a 200 Bq/m 3 dall’Unione Europea (1990).<br />
Attualmente la legislazione italiana non prevede controlli nelle<br />
civili abitazioni né fissa valori massimi di concentrazione di<br />
Radon nelle case; occorre riferirsi a linee guida o disposizioni<br />
normative regionali per trovare dei riferimenti applicabili.<br />
Vale la pena ricordare che il D.Lgs. 230/1995 e s.m.i. fissa<br />
pari a 500 Bq/m 3 la concentrazione massima di gas radioattivo<br />
radon in taluni luoghi di lavoro, a tutela dei lavoratori e<br />
degli utenti o utilizzatori degli stessi e presuppone, in caso di<br />
superamento <strong>del</strong> valore di 400 Bq/m 3 , misurazioni annuali.<br />
Il Radon – 222 è stato inserito fra gli agenti cancerogeni ed è<br />
il principale responsabile <strong>del</strong> tumore al polmone fra i non<br />
fumatori. Il Radon attualmente contribuisce per circa il 40%<br />
<strong>del</strong>la dose da radiazioni alla popolazione; il restante 60% è<br />
imputabile alla radioattività artificiale conseguente al fall out<br />
(disastri nucleari ed esperimenti bellici), alle indagini biomediche<br />
mediante apparecchiature radiogene, alle radiazioni<br />
dovute agli isotopi radioattivi presenti sulla superficie terrestre<br />
e alle radiazioni cosmiche.<br />
IL DOLORE<br />
Ciao Adri, sono io, oggi vorrei parlare <strong>del</strong> dolore e<br />
<strong>del</strong>la “Signora”.<br />
Il dolore è un nemico con quale si convive e si fa amicizia,<br />
e che poi porta in un mondo dove si impara a<br />
morire. Lo accetti per settimane, mesi, o anni, finché<br />
ti auguri di sentirlo il meno possibile in attesa <strong>del</strong>la<br />
“camminata per l’aldilà”.<br />
<strong>La</strong> prima voce <strong>del</strong> primo respiro è la voce <strong>del</strong> dolore,<br />
per la gioia, la felicità, per il vivere, per il tutto compiuto.<br />
Si cresce, ci si innamora, si ama, si <strong>del</strong>ude o ci si lascia<br />
e il dolore è sempre grande come l’amore. Infe<strong>del</strong>tà,<br />
vizi, aggressività e bugie creano dolore che spesso<br />
con l’amore si perdonano. Ma restano le cicatrici e<br />
i torti non si scordano non perché non si vuole, ma<br />
perché si è persa la fiducia, e sono ancora più dolorosi<br />
quando uno tradisce senza riconoscere i torti fatti agli<br />
altri.<br />
Il tempo passa e giunge il momento in cui non si parla<br />
<strong>del</strong>la vita ma di malessere non solo nell’anima, ma<br />
anche nel concreto. Una condizione impercettibile e<br />
talora non contrastabile che deforma l’essere, lo riduce<br />
a un scheletro che fatica ad alzarsi per bere, lo blocca<br />
nel letto tra lenzuola fradice di sudore e lo strappa<br />
dalla quotidianità per fargli patire ancora più forte il<br />
peso <strong>del</strong>l’esistenza. Le palpebre si aprono a fatica, il<br />
respiro è difficile, la bocca non riesce spesso a pronunciare<br />
una parola per incoraggiare l’assistente. Le<br />
lesioni invadono il corpo, le flebo lottano con le vene<br />
e una carezza può lasciare lividi.<br />
Nulla di nuovo fin qui, c’è solo il dolore che ti storpia<br />
perché ami la vita e ami regalare quello che hai imparato<br />
con l’amore. Gli assistenti stanno accanto, mano<br />
nella mano fino all’ultimo secondo. Le loro voci sono<br />
basse e tenere: “Titi, bevi questo goccetto”, “Lica, solo<br />
questo pezzettino”, “Mimi, guarda chi è arrivato”…<br />
con tutti gli altri diminutivi per farti comprendere quanto<br />
sei prediletto. A volte si sentono inutili e abbattuti,<br />
a volte allontanati, ma l’amore non manca mai nei loro<br />
atti. Azzardano una timida e stonata canzone d’amore,<br />
una fischiettata di “vincerò”, una risata forzata per<br />
fermare un momento di felicità… e ci riescono con<br />
successo.<br />
Il dolore toglie le forze, l’entità, la gioia e regala lacrime,<br />
tristezza, debolezza, sonno profondo, tormento,<br />
dispiacere di non aver fatto abbastanza. <strong>La</strong> bocca<br />
si apre per ricordarti i momenti più belli <strong>del</strong>la vita e<br />
quanto è stata leggera in compagnia e con l’amore portato<br />
nel cuore. Parla di primo giorno di emozioni, <strong>del</strong>la<br />
gioia <strong>del</strong> primo bambino stretto nelle braccia ine-<br />
di Sandra Iordache<br />
sperte, <strong>del</strong>la contentezza quando il male è stato sconfitto<br />
per la prima volta e di tutte le altre esperienze,<br />
senza dimenticarne una.<br />
<strong>La</strong> mente fa sforzi estremi per ricordare il vissuto e,<br />
stanca, accetta quello che verrà dopo. Viaggia, viaggia<br />
nell’erba bagnata, nuda sotto la pioggia, nelle pianure,<br />
nella montagna, nella neve, sul mare, nei fiumi, e nei<br />
luoghi che le sono piaciuti. Coglie il profumo di rose<br />
sull’arcobaleno <strong>del</strong>l’orizzonte, sceglie l’aria fresca<br />
dopo la pioggia primaverile caduta un istante, viaggia<br />
nei boschi più fitti e nei cieli più lontani e sul fondo<br />
degli oceani. Viaggia, viaggia ancora sotto il sole rovente<br />
mietendo fiori di campagna e nel tramonto dove<br />
il mare incrocia il sole, nell’autunno addormentato nella<br />
culla <strong>del</strong>le foglie con il loro balsamo pungente e nel<br />
buio con la luna dietro masse di scuro per cercare la<br />
luce e la strada per rientrare. Nel suo percorso ha sempre<br />
tentato di trovare il nido <strong>del</strong> dolore per sradicarlo,<br />
ma non c’erano tracce.<br />
-Buon giorno, saluta il sanitario, come va oggi?<br />
-P e n s o b e n ma la b e s t i a no si è a n d a t…<br />
-Da 1 a 7 quanto è il dolore?<br />
-D i e c i.<br />
-Non è cosi, metteremo la pompa elastomerica quanto<br />
prima possibile.<br />
Si aspetta questa pompa come una sostanza letale per<br />
gli insetti. Si fa la l’armistizio con il dolore e con la<br />
“Signora”. Ma non si vince, la “Signora” si avvicina,<br />
il corpo si arrende, si accetta l’amicizia… e si ricomincia<br />
il viaggio. Si ripete il percorso fino alla prima<br />
sosta e si sentono le campane degli angeli impegnati<br />
nei preparativi per accogliere l’ultimo spirito in arrivo.<br />
<strong>La</strong> spossatezza lascia l’impronta appoggiando il soffio<br />
vitale sul lettuccio. Nell’aria si sente la carezza <strong>del</strong>le<br />
ali che volano nascoste nei profumi <strong>del</strong>la giornata tiepida<br />
e il fruscio <strong>del</strong>le stagioni, e che nessuno prema<br />
quella mano, potrebbe schiacciare l’amore che restava<br />
lì da una vita. Si deve lasciarla andare senza dissipare<br />
lacrime che facciano soffrire l’anima appena volata. Si<br />
deve raccogliere con tutta la forza <strong>del</strong> mare il coraggio<br />
per custodire il tesoro rimasto, per non far più avvicinare<br />
né il dolore né la “Signora” alla vita lasciata. Quella<br />
forza si chiama “amore” ed è la parola per arrivare<br />
tra gli angeli sorvolando l’inferno e il purgatorio. Sono<br />
angeli quei respiri sofferenti, incollati nel letto da tempo,<br />
quasi da un’eternità, che schiudono gli occhi per<br />
chiedere, forse per piangere, ma non hanno la forza.<br />
Padrona è la “Signora”, che custodisce le chiavi <strong>del</strong>la<br />
sofferenza.<br />
RICERCA SCIENTIFICA<br />
COME NASCE UN FARMACO<br />
Come nasce un farmaco: il primo step <strong>del</strong> drug discovery,<br />
è quello che riguarda la progettazione <strong>del</strong> farmaco,<br />
perché è un passaggio molto importante e va<br />
fatto con molta attenzione, attraverso una buona ricerca<br />
in letteratura scientifica, ovvero, bisogna consultare<br />
banche dati, come Pubmed, tanto per citarne<br />
una famosa, in quanto uno sbaglio in questo livello<br />
può compromettere tutti gli altri passaggi.<br />
Prima di tutto bisogna scegliere il target, ovvero la<br />
malattia per la quale si vuole progettare il nuovo farmaco. Dopo questi studi teorici,<br />
passati a consultare libri e banche dati, si può passare alla progettazione di molecole,<br />
che poi verranno sintetizzate; dopo averle sintetizzate, bisogna testarle. Prima si procede<br />
con i test in vitro, che servono a fare una sorta di scrematura tra le varie molecole<br />
che sono state sintetizzate e permette di selezionare quelle che effettivamente hanno<br />
una certa attività. Le informazioni che si ricavano sono solo parziali, in quanto non si<br />
può vedere la risposta che avrebbe un organismo completo. Questi test in vitro dicono<br />
solo se la molecola interagisce con il nostro recettore, ma non dicono se la molecola sia<br />
effettivamente attiva in vivo. Si passa al vivo solo quando si hanno sufficienti possibilità<br />
che la molecola abbia l’attività richiesta. Non ha senso testare direttamente sull’animale,<br />
anche perché questo avrebbe costi elevati. Anche i test in vivo procedono in<br />
vari stadi, ad esempio si inizia prima dai roditori e poi si passa a specie più complesse.<br />
Se tutti questi primi stadi sono andati bene (lo studio pre–clinico), si passa a compilare<br />
l’Investigational New Drug, cioè una domanda che viene fatta all’atutorità competente:<br />
in America è la Fda, in Europa invece, è l’EMA, che daranno o meno l’autorizzazione<br />
a passare a studi clinici. Questo è un passaggio estremamente <strong>del</strong>icato, che richiede<br />
l’aver eseguito una notevole mole di studi pre-clinici. Una volta ottenuto il permesso,<br />
si passa agli studi clinici, ovvero sull’uomo. Gli studi clinici sono suddivisi in 3 fasi<br />
che aumentano man mano il numero di soggetti umani coinvolti e permette di studiare<br />
sempre più approfonditamente l’efficacia e la sicurezza <strong>del</strong> nuovo farmaco. Se le tre<br />
fasi cliniche sono superate con successo, l’azienda dovrà compilare tutta una serie di<br />
dossier, per arrivare a far richiesta di registrazione <strong>del</strong> farmaco. Questa parte viene<br />
chiamata New Drug Application e ,quando l’azienda ottiene l’Nda, ha la possibilità di<br />
commercializzare il farmaco. Per fare questo, dovrà produrre una serie di volumi in cui<br />
saranno annotate tutte le ricerche effettuate. È un iter molto lungo, che riguarda un<br />
periodi di tempo dai <strong>12</strong> ai 13 anni. Una volta che il farmaco è stato messo sul mercato,<br />
si ha la fase 4, o fase di post-marketing, che prevede che il farmaco venga comunque<br />
monitorato nei primi anni dopo l’immissione sul mercato, perché il numero di pazienti<br />
che prenderà il farmaco sarà molto maggiore e quindi l’insorgenza di effetti collaterali,<br />
anche se estremamente rari, potranno essere rilevati.<br />
Cosa si può dedurre da tutto ciò? Che prima vengono usate tecnologie informatiche<br />
per creare virtualmente una molecola e poi si passa a testarla su cellule, quindi, su<br />
animali e infime sull’uomo. Utilizzare le colture cellulari è la possibilità per ritardare<br />
l’utilizzo degli animali, ma non si può arrivare completamente ad abolire la sperimentazione<br />
sugli animali, perché bisogna comunque vedere come risponde nel complesso<br />
il corpo al nuovo farmaco.<br />
Alice Michela Piras<br />
Studentessa e ricercatrice in Biotecnologie Farmaceutiche<br />
all’Università degli Studi di Milano