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Intervento di Alfredo Carlo Moro - Azione Cattolica Italiana

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<strong>di</strong>ritti fondamentali della persona ma anche per saperli coniugare con i corrispettivi<br />

doveri inderogabili <strong>di</strong> solidarietà politica, economica e sociale.<br />

Un insegnamento particolarmente significativo, questo, in una stagione politica in cui<br />

la politica con la “P”, maiuscola è stata sostituita da una politica che cede alla<br />

tentazione <strong>di</strong> risolversi in mero spettacolo teso a catturare consenso più che a<br />

risolvere problemi; da una politica ridotta a pubblicità e per lo più a una pubblicità<br />

ingannevole in cui il carisma della immagine è a tutto scapito del carisma delle idee;<br />

da una politica che tende a sviluppare perennemente lo scontro cercando una<br />

propria identificazione più nell'essere contro qualcuno che nel proporre programmi<br />

propri; da una politica che tutela prevalentemente interessi <strong>di</strong> un gruppo<br />

contrabbandandoli come interessi <strong>di</strong> tutti e si ra<strong>di</strong>ca sullo scambio tra consenso e<br />

privilegi; da una politica incurante <strong>di</strong> realizzare, attraverso la legalità, l'effettiva<br />

eguaglianza <strong>di</strong> tutti i citta<strong>di</strong>ni.<br />

Sin da giovane – in un contesto in cui si enfatizzava la politica dei partiti e il momento<br />

parlamentare come unico strumento <strong>di</strong> sviluppo della comunità – Vittorio ci<br />

ammoniva: “<strong>di</strong> politica possono darsi due accezioni fondamentali: la politica come<br />

attività o vita propria della polis cioè come collaborazione attiva, dei singoli o delle<br />

organizzazioni, alla vita sociale e la politica come meccanismo <strong>di</strong> funzionamento<br />

degli organi e degli uomini che <strong>di</strong>ventano summa rerum in un certo or<strong>di</strong>namento<br />

statale... Questo secondo tipo <strong>di</strong> politica è compreso nel primo come la specie nel<br />

genere ma non si può con quello confondere senza cadere in una concezione cara a<br />

tutte le <strong>di</strong>ttature perché totalitaria nel senso deteriore” (Ricerca, 1949 “Università e<br />

politica”). E sottolineava nel 1976 (Coscienza, Ritrovare una profonda ispirazione)<br />

che «non c’è democrazia, non c’è vitalità politica se le forse politiche non sanno farsi<br />

interpreti delle attese, delle speranze e delle angosce dei citta<strong>di</strong>ni, se non sanno<br />

proporre linee capaci non <strong>di</strong> subire ma <strong>di</strong> guidare lo sviluppo del paese e le<br />

trasformazioni necessarie per rendere l’or<strong>di</strong>namento della società adeguato ai<br />

mutamenti che hanno profondamente mo<strong>di</strong>ficato la sua composizione, la sua cultura,<br />

il suo assetto territoriale e sociale, la sua mentalità, il suo costume» aggiungendo,<br />

sempre nello stesso articolo, «si tratta <strong>di</strong> sapere se nella intricata e mutevole vicenda<br />

della nostra Storia, vi è un ideale <strong>di</strong> uomo e società capace d’incidere in questa storia<br />

e <strong>di</strong> orientarla a servizio dell'uomo, capace <strong>di</strong> costituire un punto <strong>di</strong> riferimento e una<br />

forza traente al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> vittorie e sconfitte, <strong>di</strong> successi e soluzioni subite; capace <strong>di</strong><br />

confrontarsi su altre proposte e altri valori senza intolleranze ma senza lasciarsi<br />

intimi<strong>di</strong>re; capace <strong>di</strong> affrontare non con operazioni <strong>di</strong> piccolo cabotaggio ma con<br />

animo grande i temi essenziali della vita dell’uomo, della <strong>di</strong>fesa della sua <strong>di</strong>gnità,<br />

della sua famiglia, del suo lavoro, della sua cultura, della sua responsabilità, della<br />

sua libertà nella giustizia e nella pace».<br />

E nel 1954 su Civitas (Uomini e masse) – dopo aver riaffermato la funzione dei partiti<br />

«per contribuire a fare delle “masse” un popolo cioè una comunità non più soggetta e<br />

spesso miserevole ma <strong>di</strong>venuta responsabile e attiva nella conquista del proprio<br />

avvenire» – riaffermava che «la vita sociale e politica richiede... – più che mai<br />

l'articolarsi <strong>di</strong> quei “corpi interme<strong>di</strong>” che, se sono necessari per ogni or<strong>di</strong>nata<br />

convivenza, lo sono in modo evidente in una società così vasta e così potente da<br />

minacciare ad<strong>di</strong>rittura la personalità stessa dell'in<strong>di</strong>viduo ove questo non si renda<br />

conto della necessità <strong>di</strong> riunire sforzi comuni, idee comuni, iniziative comuni in<br />

organizzazioni sociali che rafforzino e garantiscano la sua possibilità <strong>di</strong> esistenza e <strong>di</strong><br />

azione». Avvertiva lucidamente anche il pericolo che le organizzazioni interme<strong>di</strong>e<br />

«<strong>di</strong>vengano talmente serrate e forti da costituire piuttosto una minaccia che un

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