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Intervento di Alfredo Carlo Moro - Azione Cattolica Italiana

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efficace strumento della convivenza civile. Nella società <strong>di</strong> vaste <strong>di</strong>mensioni il<br />

feudalesimo – nelle forme più <strong>di</strong>verse e impensate – è sempre un pericolo reale».<br />

E, in una intervista al Mattino nella sua qualità <strong>di</strong> vicepresidente del CSM ( 30 luglio<br />

1979) riba<strong>di</strong>va che «a <strong>di</strong>fesa della libertà <strong>di</strong> tutti e soprattutto dei più deboli non potrà<br />

non esserci un comune impegno <strong>di</strong> tutte le forze sociali e politiche non per sra<strong>di</strong>care<br />

– come taluni vorrebbero – il <strong>di</strong>ritto e la funzione del giu<strong>di</strong>ce ma piuttosto per avere<br />

leggi sempre più giuste e magistrati che per umanità, rigore morale, capacità<br />

professionale, imparzialità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio sappiano essere corretti interpreti <strong>di</strong> quelle leggi<br />

nella concreta realtà sociale. Magistrati <strong>di</strong> questo tipo ne ho conosciuti molti in questi<br />

anni <strong>di</strong> esperienza».<br />

Non sono drammaticamente attuali queste riflessioni?<br />

4. Era convinto Vittorio che per realizzare una migliore casa comune non<br />

bastasse la politica ma che fosse fondamentale anche lavorare profondamente<br />

nel sociale. Del resto fu questa una scelta che Vittorio fece negli anni della<br />

giovinezza, quando la FUCI del suo tempo non solo volle riaffermare la propria<br />

autonomia assoluta da ogni organizzazione politica, per preservare il suo specifico<br />

ruolo nella vita della società, ma volle che i suoi giovani si preparassero più alla vita<br />

sociale che a quella politica, convinta che la vita comunitaria non si esaurisce nel<br />

momento politico ed in una sorta <strong>di</strong> omnicomprensività della politica. Non era una<br />

preconcetta sfiducia nello strumento politico, non era il desiderio <strong>di</strong> non sporcarsi le<br />

mani: era invece la consapevolezza che la crescita della comunità andava promossa<br />

attraverso una azione nelle Università, nelle professioni, nel tessuto variegato delle<br />

molteplici relazioni sociali, nei corpi interme<strong>di</strong> che costruiscono la società. Ricordava<br />

Vittorio (Relazione al Convegno nazionale ACI del 1966) che «L’or<strong>di</strong>ne temporale<br />

non riguarda solo la più appariscente facciata della politica ma anche la realtà<br />

complessa e mutevole che costituisce il retroterra del tessuto sociale».<br />

a) Per operare proficuamente nel sociale è, per Vittorio, innanzi tutto necessario<br />

essere rispettosi delle leggi e valori che sono propri delle realtà terrene e riconoscere<br />

che tale autonomia è conforme al volere del Creatore, come affermava un<br />

documento conciliare, perché è proprio dalla loro stessa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> creature che<br />

le cose tutte ricevono la propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi e il loro<br />

or<strong>di</strong>ne. Già dopo il 18 aprile 1948 – e quin<strong>di</strong> molto prima del Concilio – su Ricerca<br />

(del maggio) scriveva «vi è il pericolo che per qualcuno o per molti questo reciproco<br />

collegamento (tra cattolico e citta<strong>di</strong>no) naturale e necessario <strong>di</strong>venga in questa<br />

ancora eccitata atmosfera post elettorale una <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata confusione <strong>di</strong> fini e <strong>di</strong><br />

mezzi. ... Non è improbabile che singoli uomini e singole organizzazioni cattoliche –<br />

<strong>di</strong>mentiche che se la separazione dello spirituale dal temporale è un assurdo la<br />

<strong>di</strong>stinzione tra i due campi è basata invece sulla natura umana e come tale non solo<br />

accettata ma <strong>di</strong>fesa e propugnata dalla Chiesa – ritengano, per santo zelo, doveroso<br />

dopo la potente affermazione dei cattolici italiani, intervenire <strong>di</strong>rettamente in campi e<br />

materie che una elementare prudenza riserva alle organizzazioni politiche». E nel<br />

1966 come Presidente dell'ACI affermava decisamente «Una presenza <strong>di</strong>retta,<br />

tuttavia in questi campi non rientra nel nostro compito or<strong>di</strong>nario essendo nostro<br />

dovere mantenere il rispetto delle competenze <strong>di</strong> quanti operano nelle strutture<br />

temporali secondo le regole ad esse proprie e con specifica e principale<br />

responsabilità in scelte che sono spesso complesse e talora drammatiche. Nostro

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