Intervento di Alfredo Carlo Moro - Azione Cattolica Italiana
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c) Guardando al mondo a cui apparteneva Vittorio rilevò la particolare funzione delle<br />
professioni nella costruzione della casa comune. In un intervento a un Congresso dei<br />
Laureati ( in “Le professioni e il Movimento Laureati”, 1959) rilevò che «nell'esercizio<br />
della professione il professionista collabora con il suo servizio al progresso e al<br />
benessere della società (insegnando, costruendo, curando ecc.) ma soprattutto,<br />
come portatore <strong>di</strong> valori spirituali che si trasformano in opere, è forse l'operatore che<br />
più efficacemente influisce sul costume della collettività e può in<strong>di</strong>rizzarlo nell'uno o<br />
nell’altro senso... Tutto ciò non è azione specificatamente sociale o politica: è azione<br />
al servizio dell'uomo, impostata in modo da educarlo ai valori essenziali della sua<br />
<strong>di</strong>gnità. Ma adesso <strong>di</strong>viene azione essenziale per la costruzione della società e<br />
particolarmente <strong>di</strong> quella società libera in cui gli uomini sono abituati ad essere<br />
consapevoli della loro <strong>di</strong>gnità e a esercitare gli essenziali <strong>di</strong>ritti. La prima e più<br />
pericolosa, “trahison des clercs” non è stata tanto quella <strong>di</strong> aver rifiutato, all'ultimo<br />
momento, un pur doveroso impegno politico per salvare la società dalla minaccia<br />
totalitaria e da regimi negatori dei valori dell’uomo: è stata quella <strong>di</strong> avere rinunciato a<br />
insegnare ogni giorno attraverso la propria azione professionale al cliente, allo<br />
studente, all'imputato ad essere uomini». Nell'attuale declino delle professioni, in cui<br />
I’aspetto meramente tecnico va <strong>di</strong> gran lunga sopravanzando l'aspetto sociale e <strong>di</strong><br />
servizio ed in cui l’asservimento al potente <strong>di</strong> turno ottunde libertà e responsabilità, le<br />
riflessioni riportate dovrebbero far tornare ad un soprassalto <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità per non<br />
legittimare un nuovo tra<strong>di</strong>mento dei clerici.<br />
d) Infine Vittorio ha voluto ripetutamente sottolineare come per essere<br />
compiutamente uomini e per poter costruire intorno a se una autentica comunità <strong>di</strong><br />
uomini liberi – capaci <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>re in pie<strong>di</strong>, come Vittorio <strong>di</strong>sse in un in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong><br />
omaggio a Paolo VI – sia in<strong>di</strong>spensabile un supplemento <strong>di</strong> coscienza in<strong>di</strong>viduale.<br />
Tra le moltissime citazioni possibili mi limito a quella tratta dalla relazione ai convegni<br />
nazionali delle presidenze <strong>di</strong>ocesane del maggio 1971 in cui commentò che «la<br />
doverosa e benedetta liberazione dalle strettoie <strong>di</strong> certa casistica morale sia stata<br />
interpretata da alcuni come una sorta <strong>di</strong> “rompete le righe” in cui tutto è consentito,<br />
ognuno possa farsi del suo arbitrio regola alla propria coscienza. Mentre il richiamo<br />
alla coscienza che il cristianesimo ha sempre fatto, ma che il Concilio ha rinnovato,<br />
richiede – semmai – una più rigorosa ricerca <strong>di</strong> ciò che è doveroso secondo il piano<br />
<strong>di</strong> Dio piuttosto che secondo i propri momentanei umori, e quin<strong>di</strong> una più esigente<br />
formazione della coscienza cristiana sollecitata a nuove responsabilità. È questo un<br />
punto essenziale: la nuova legge cristiana dell’amore e della speranza è<br />
infinitamente libera e misericor<strong>di</strong>osa, ma proprio per questo più esigente. La<br />
rettitu<strong>di</strong>ne del cuore, la purezza dello Spirito e perciò del corpo, la carità verso i<br />
fratelli, la povertà, il <strong>di</strong>sinteresse, la generosità, la fame e sete <strong>di</strong> giustizia sono i frutti<br />
dello Spirito <strong>di</strong> Dio presente in noi, fragili vasi <strong>di</strong> creta. Ma neanche in noi il seme<br />
porterà frutto senza macerazione e morte. La legge cristiana dell'amore e della<br />
speranza passa inevitabilmente attraverso la Croce». Mi sembra importante<br />
sottolineare come quest'ultimo richiamo alla Croce sia stato costante nella vita <strong>di</strong><br />
Vittorio: da giovanissimo aveva scritto «Dal giorno in cui Cristo è morto in croce noi<br />
possiamo conquistare la nostra liberazione. Da quel giorno abbiamo appreso che la<br />
liberazione è nella Croce. Perché se la Resurrezione è la manifestazione della<br />
vittoria, la liberazione è l'effetto della Croce. Noi dobbiamo imparare che solo il<br />
sacrificio totale è quello che ci libera, solo l'obbe<strong>di</strong>enza totale, fino alla morte e alla<br />
morte <strong>di</strong> croce, è quella che ci dà la liberazione. la liberazione cioè definitiva» (<br />
Ricerca 1° aprile 1948).