Intervento di Alfredo Carlo Moro - Azione Cattolica Italiana
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intento è <strong>di</strong> avere sempre nei confronti <strong>di</strong> tali istituzioni un atteggiamento rispettoso<br />
così della loro competenza come dei loro valori propri».<br />
Se sono da rispettare i valori propri delle realtà terrene deve essere rispettata anche<br />
la alterità della proposta religiosa che non può essere né declassata a ideologia né<br />
tanto meno ridotta a struttura <strong>di</strong> sostegno <strong>di</strong> una determinata società: <strong>di</strong>ceva Vittorio<br />
(Relazione al Convegno dei Presidenti ACI del maggio 1972) «La Chiesa è impastata<br />
nella storia ma deve <strong>di</strong>fendersi a ogni stagione dalla tentazione <strong>di</strong> confondersi con la<br />
società civile. Pur essendo ra<strong>di</strong>cata nel cuore <strong>di</strong> ogni generazione la Chiesa tanto più<br />
contribuisce alla trasformazione dell'umanità quanto maggiore sarà l’autenticità del<br />
suo annuncio evangelico. Esperta in umanità essa può avere una funzione profetica<br />
in or<strong>di</strong>ne a momenti o valori essenziali della vita dell’umanità: ma il suo compito<br />
essenziale rimane quello <strong>di</strong> rispondere al bisogno che c’è nel cuore <strong>di</strong> ogni uomo <strong>di</strong><br />
incontrarsi con il Dio che salva».<br />
Non è questo un avvertimento estremamente attuale in un momento in cui, da parte<br />
<strong>di</strong> molti, si tende a ridurre la proposta evangelica ad una ideologia religiosa che<br />
dovrebbe assicurare identità a specifiche società che oltre tutto <strong>di</strong> cristiano hanno<br />
molto poco?<br />
b) operare nel sociale significa porsi al servizio dell’uomo. Ed ha sempre riaffermato,<br />
Vittorio, che non si costruisce in sé la pienezza umana se ci si <strong>di</strong>sinteressa dello<br />
sviluppo umano degli altri fratelli, se non si pone se stessi al servizio degli altri,<br />
specie se feriti sulle strade della vita. Ricordava che «idea suprema presente nel<br />
nostro mondo è la convinzione <strong>di</strong> questo necessario servizio alla vita dell’in<strong>di</strong>viduo,<br />
non però dell’in<strong>di</strong>viduo importante, del superuomo ma dell'in<strong>di</strong>viduo comune: servizio<br />
alla vita elementare dell'uomo elementare... E questo non solo o non tanto perché<br />
l'uomo comune cerchi il benessere ma perché vuole che si allarghi al massimo<br />
possibile la sfera degli in<strong>di</strong>vidui che non sono oppressi o mortificati dalla insicurezza,<br />
dalla <strong>di</strong>soccupazione, dalla mancanza del senso della propria partecipazione... Vuole<br />
che la società sia fondata sulla volontà degli in<strong>di</strong>vidui comuni e non ostacolata, per lo<br />
sviluppo della propria vita, da con<strong>di</strong>zioni negative; e che ci sia pareggio per tutti tra<br />
como<strong>di</strong> e incomo<strong>di</strong>, fra sacrifici e vantaggi» ( La pianificazione e i <strong>di</strong>ritti della<br />
persona... in Riv Trim. <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico, 1954). E nel saluto conclusivo<br />
all'Assemblea dell'ACI del 1973 affermava che tutti con Tagore «dovremmo <strong>di</strong>re alla<br />
fine della nostra esistenza “Io dormivo e sognavo che la vita non era che gioia; mi<br />
svegliai e ho visto che la vita non era che servizio. Io ho servito e ho visto che il<br />
servizio era gioia. E ho visto che la vita non era che servizio. Io ho servito e ho visto<br />
che il servizio era gioia”. Che tutti sappiamo davvero scoprire che il servizio è la<br />
gioia. Questo è l'augurio del vostro servitore, il campanaro della Domus Paci».<br />
Un insegnamento, questo, profondamente antitetico alla realtà <strong>di</strong>, oggi: in cui il<br />
piacere è più rilevante che la gioia; in cui predomina l'idea che l'uomo senza ideali e<br />
senza valori può vivere meglio la sua vita; in cui si è convinti che la vita deve essere<br />
depredata più che servita, che solo i <strong>di</strong>ritti – o meglio le esigenze più banali –<br />
contano e i doveri relazionali costituiscono un inceppo e non un accrescimento<br />
dell'io, che ogni limite posto alla mia onnipotenza sia <strong>di</strong> per ciò solo castrante. E<br />
sembra che le virtù umane non abbiano più senso in una società che riduce la<br />
giustizia a mero <strong>di</strong>ritto, la fortezza ad aggressività, la prudenza a opportunismo, la<br />
temperanza a <strong>di</strong>ete alimentari per rendere più bello il corpo, la tolleranza a<br />
compromesso o in<strong>di</strong>fferenza.