Opuscolo scuola di italiano per migranti 2012/2013 - CGIL Brianza
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Questo esercizio non è solo un modo <strong>per</strong> imparare a formulare una frase compiuta e<br />
arricchire il proprio lessico, <strong>per</strong>ché un’immagine come questa stimola domande, attiva<br />
l’immaginazione e suscita emozioni. Può portare molto lontano: fa pensare alle proprie<br />
feste, agli oggetti, ai propri cibi, ai propri paesaggi. Induce a guardare avanti, oltre la<br />
barca, verso l’altra sponda del fiume. E, come ha detto Hicham, “dà un senso <strong>di</strong> pace,<br />
<strong>di</strong> serenità”.<br />
In classe ho visto nascere amicizie, costruirsi legami, scambiarsi i compiti. Qualche volta<br />
anche la battutina spiritosa in <strong>italiano</strong>! Come <strong>di</strong>ce Santi: “Loro sono i miei amici, noi<br />
parliamo lingue <strong>di</strong>fferenti, <strong>per</strong>ò in Italia parliamo <strong>italiano</strong>”. In questi mesi ho imparato<br />
a conoscerli bene a uno a uno, i nostri studenti, con le loro storie, le loro provenienze<br />
così <strong>di</strong>verse e la loro vita qui, così <strong>di</strong>fferente e così uguale a quella <strong>di</strong> tanti - e <strong>di</strong> tanti<br />
noi italiani. “Lavoro, non c’è lavoro”: questa la frase che più ho sentito ripetere e questa<br />
la cosa che più mi ha fatto sentire impotente. Lo <strong>di</strong>ce Abdelaziz nella lettera che scrive<br />
all’amico: “Io sono in Italia ormai da un anno e otto mesi e sto bene. In questo <strong>per</strong>iodo<br />
ho lavorato solo 5 mesi”. È la storia <strong>di</strong> quasi tutti quelli che frequentano il nostro corso,<br />
tanto che quando sono assenti s<strong>per</strong>iamo sia <strong>per</strong>ché hanno trovato un lavoro. Lo scrive<br />
anche Alam: “L’Italia è un grande paese, ci sono tante fabbriche, c’è tanto lavoro. Però<br />
a me <strong>di</strong>spiace <strong>per</strong>ché non ho lavoro. Io cerco lavoro. Io amo l’Italia”.<br />
Ho pensato all’assurdo sacrificio <strong>di</strong> <strong>per</strong>sone che lasciano il loro paese e le loro famiglie,<br />
che si trovano in un luogo totalmente <strong>di</strong>verso (“bellissimo” come scrivono loro, ma<br />
anche duro e incomprensibile), mosse dalla s<strong>per</strong>anza <strong>di</strong> una vita migliore... <strong>per</strong> cosa?<br />
Alcuni <strong>di</strong> loro si chiedono se sia meglio rimanere qui o cercare fortuna altrove. Eppure,<br />
eccoli, ogni giovedì mattina, con il libro, il quaderno, le loro domande e quella qualità<br />
che noi stiamo <strong>di</strong>menticando: la <strong>di</strong>gnità.<br />
C’è una canzone <strong>di</strong> Ivano Fossati che non ho ancora fatto ascoltare loro, <strong>per</strong> una forma<br />
mia <strong>di</strong> pudore, ma che mi piace poter trascrivere qui e de<strong>di</strong>care a tutti loro:<br />
Mio fratello che guar<strong>di</strong> il mondo<br />
e il mondo non somiglia a te<br />
mio fratello che guar<strong>di</strong> il cielo<br />
e il cielo non ti guarda.<br />
Se c’è una strada sotto il mare<br />
prima o poi ci troverà<br />
se non c’è strada dentro al cuore degli altri<br />
prima o poi si traccerà.<br />
Sono nato e ho lavorato in ogni paese<br />
e ho <strong>di</strong>feso con fatica la mia <strong>di</strong>gnità<br />
Sono nato e sono morto in ogni paese<br />
e ho camminato in ogni strada del mondo che ve<strong>di</strong>.<br />
Mio fratello che guar<strong>di</strong> il mondo