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UNA LINGUA DI VELLUTO - Cascina Macondo

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<strong>Cascina</strong> <strong>Macondo</strong><br />

Centro Nazionale per la Promozione della Lettura Creativa ad Alta Voce e Poetica Haiku<br />

Borgata Madonna della Rovere, 4 - 10020 Riva Presso Chieri - Torino - Italy<br />

info@cascinamacondo.com - www.cascinamacondo.com<br />

<strong>UNA</strong> <strong>LINGUA</strong> <strong>DI</strong> <strong>VELLUTO</strong><br />

di Pietro Tartamella<br />

<strong>Cascina</strong> <strong>Macondo</strong> - Scritturalia, domenica 7 novembre 2010<br />

Cinque più quattro uguale nove.<br />

Quattro più cinque uguale nove.<br />

Invertendo l’ordine degli addendi il risultato dell’addizione non cambia.<br />

La lingua non è come la matematica.<br />

“Una lingua di velluto” ha un significato; “un velluto di lingua” ha un altro<br />

significato, che in questo caso non vuol dire niente.<br />

A volte invece, invertendo l’ordine delle parole, le parole si comportano come se<br />

fossero matematica, anche se cambiano significato: “la casa della mamma” ha un<br />

significato, “la mamma della casa” ha anche un significato, ma diverso.<br />

“Il filo del rasoio” sappiamo tutti cos’è.<br />

“Il rasoio del filo” vuol dire quasi la stessa cosa, ma è diverso.<br />

La lingua è corpo.<br />

Il velluto è stoffa.<br />

La lingua, zingarellianamente parlando, è un organo muscolare ricoperto di<br />

mucosa, posto nella cavità boccale, che partecipa al meccanismo della<br />

masticazione, della deglutizione e della fonazione, ed è sede dell’organo del<br />

gusto.<br />

Il velluto, garzantinamente parlando, è un tessuto ricoperto di pelo corto, fitto, e<br />

molto morbido.<br />

“Una lingua di velluto” è dunque una metafora.<br />

La relazione di “somiglianza” tra i due universi semantici sta nell’essere entrambi<br />

“ricoperti di qualcosa” (l’una di mucosa/l’altro di pelo) ed entrambi sono<br />

“morbidi”.<br />

La mente riesce ad abbandonare gli altri elementi estranei alla somiglianza<br />

(masticazione, deglutizione, fonazione). Solo quei pochi elementi “in comune”<br />

sono sufficienti a stabilire un nesso fra ciò che è carne e ciò che è stoffa, creando<br />

una metafora che ha senso.<br />

Dunque una lingua morbida come il velluto.<br />

Uno stadio anteriore alla metafora, esistendo la relazione di “somiglianza”, è la<br />

similitudine.<br />

Poiché il velluto è stoffa, tessuto, la percezione della sua morbidezza si ha<br />

soprattutto al tatto. Con la mano o sulla pelle.<br />

“Una lingua di velluto”, richiamando l’idea del tatto, ci fa immancabilmente<br />

vedere una lingua che sta toccando una pelle. Quindi una lingua che lecca.<br />

1


L’immagine non può che caricarsi di valenze sensuali, erotiche, pornografiche.<br />

L’escalation da una valenza all’altra, la velocità stessa di questa escalation,<br />

dipende dal contesto, dai pensieri pregressi dell’ascoltatore, dai pensieri pregressi<br />

del parlante.<br />

Poiché la mente è in grado, in maniera subliminale, di riprendere in<br />

considerazione gli elementi estranei alla somiglianza che prima aveva scartato,<br />

ecco che si accinge a dare spazio all’idea di “deglutizione”, che richiama la saliva.<br />

L’espressione “una lingua di velluto”, grazie ai nuovi accostamenti semantici,<br />

slitta verso il territorio dell’erotismo.<br />

Ma una volta entrata in questo territorio la mente va a ripescare altre<br />

“somiglianze”, anche se apparentemente lontane, e così l’idea di “organo del<br />

gusto” rimbalza nei meandri della psiche richiamando, attraverso la parola<br />

“organo”, non lo strumento a canne corte e lunghe posto nelle arcate delle chiese,<br />

ma uno strumento più opportuno e carnoso e consono: “l’organo sessuale” che<br />

può anche essere musicale con un nesso logico e di somiglianza che, volendo,<br />

puoi sicuramente trovarci.<br />

E la mente è entrata nel territorio della pornografia.<br />

Ora, ne sono sicuro, se mi di-lungo troppo nel parlare e dissertare, direte di me<br />

che ho la lingua lunga (involontariamente esprimendo il desiderio di restare nel<br />

terreno dell’erotismo e della pornografia… ). E ora direte di me che sono una<br />

malalingua.<br />

Quando ero militare, alla fine degli anni sessanta, il nostro reparto di artiglieria<br />

contraerea leggera di Sabaudia si recò a fare una vera esercitazione. Disponemmo<br />

tutte le mitragliatrici contraeree su una lunga lingua di terra, sulla spiaggia del<br />

Circeo.<br />

Anche “lingua di terra” è una metafora.<br />

Si intende una striscia di terra. Qui la somiglianza sta nella dimensione stretta e<br />

lunga della lingua boccale, che assomiglia alla dimensione stretta e lunga della<br />

lingua di terra.<br />

Un aereo militare avrebbe da lì a poco sorvolato il Circeo. Era un aereo speciale<br />

cui era stato legato un lunghissimo cavo d’acciaio, lungo circa 200 metri, alla cui<br />

estremità avevano legato una grande rete metallica, un rettangolo con lati di circa<br />

15 metri per 40.<br />

Sulla spiaggia le mitragliatrici automatiche della nostra artiglieria contraerea<br />

leggera erano pronte a sparare davvero su quella grande rete metallica.<br />

Il radar avrebbe captato la rete metallica e, alla sua comparsa nel monitor, sarebbe<br />

arrivato dalla stazione di comando l’ordine di aprire il fuoco.<br />

Anche “aprire il fuoco” è una metafora.<br />

Normalmente si apre una porta, uno sportello, una saracinesca. La relazione di<br />

somiglianza sta nell’azione dell’aprire che consente a qualcosa o a qualcuno di<br />

passare ed entrare in un’altro spazio. “Aprire il fuoco” sottintende una<br />

similitudine di questo tipo: il fuoco (i proiettili - metafora nella metafora) sono<br />

chiusi nella mitragliatrice, noi apriamo la mitragliatrice come se fosse una casa<br />

piena di proiettili; aprendo la porta di questa casa strana, di metallo, tutti i<br />

proiettili escono all’impazzata e scintillano e fischiano come fuochi d’artificio<br />

verso l’alto, verso la rete metallica trascinata nel cielo dall’aereo militare.<br />

Abbiamo “aperto il fuoco”.<br />

“Chiudere il fuoco” si usa poco però, come metafora.<br />

Si preferisce dire “cessare il fuoco”.<br />

2


Sinceramente non capisco la relazione di somiglianza tra il fuoco, i proiettili… e il<br />

water.<br />

La lingua non è come la matematica.<br />

Forse è piuttosto come l’alchimia che vuole trasformare in oro ogni metallo.<br />

A proposito di metallo: sulla spiaggia del Circeo tutto è pronto!<br />

Come capoposto del mio pezzo di artiglieria con quattro militari addetti (due<br />

lateralmente a sostenere e guidare le grandi e lunghe bandoliere dei proiettili, uno<br />

all’interno dell’abitacolo, dietro lo schermo di ferro, che fisicamente preme il<br />

grilletto per far partire i colpi) avevo il compito di dare gli ordini ricevuti e tenevo<br />

in mano una cordicella, come tutti i capiposto, che avrei dovuto tirare per bloccare<br />

il grilletto, se l’addetto nell’abitacolo non avesse sentito la voce del cessate il<br />

fuoco.<br />

A breve sarebbe stato un gran baccano di fuoco e di ferraglie.<br />

Ecco l’aereo! È comparso laggiù dietro il monte Circeo.<br />

Il colonnello e lo stato maggiore nella casamatta di paglia con i binocoli scrutano<br />

il volo e controllano il radar.<br />

La rete metallica è finalmente inquadrata nel radar…… FUOCO!<br />

Tutti i pezzi cominciano a sparare.<br />

Il cielo si colora di incandescenze e fischi e il baccano è infernale e la<br />

concitazione è colonnella e generale e se all’inizio tutto quel fischiare e sibilare e<br />

rombare fa impressione, dopo qualche minuto si entra in un ritmo che ti prende la<br />

mano e l’orecchio e ti diverte perfino e ti piace e non vorresti più uscire da quel<br />

ritmo incalzante e frenetico.<br />

Notavo come si stava divertendo a sparare il commilitone che stava rannicchiato<br />

nell’abitacolo della nostra mitragliatrice.<br />

Ma ciò che più mi colpì quel giorno fu quando arrivarono con concitazione e<br />

terrore negli occhi e nella voce i capitani che urlavano “cessate il fuco”, “cessate il<br />

fuoco”.<br />

Perfino il colonnello gridava e sbraitava ininterrottamente terrorizzato “cessate il<br />

fuoco”, “cessate il fuoco”.<br />

Fui costretto a tirare la cordicella per bloccare il grilletto della mitragliatrice.<br />

Il mio collega sparatore non ne voleva sapere di smetterla. Eppure mi aveva<br />

sentito dare l’ordine del cessate il fuoco e lo avevo perfino più volte martellato<br />

sulla spalla con la mano per farmi ascoltare. Ma ormai era caduto come in trance,<br />

e sparava sparava sparava…. Strattonai appena in tempo la cordicella! Le<br />

bandoliere dei proiettili si bloccarono, finalmente!<br />

Era accaduto qualcosa di veramente incredibile!<br />

Il radar aveva captato la rete metallica e, all’inizio, nessuno problema: si sparava<br />

alla rete. Ma lentamente il radar aveva cominciato a scorrere lungo il filo<br />

metallico che collegava la rete all’aereo, e scorrendo, scorrendo, stava arrivando<br />

all’aereo!<br />

Dunque, guidati dal radar, stavamo sparando in un’altra direzione, a mano a mano<br />

avvicinandoci sempre più all’aereo. Avremmo colpito l’aereo se non avessimo<br />

cessato il fuoco in tempo!<br />

Ce la cavammo tutti con una gran paura quel giorno.<br />

Ma non potei fare a meno di paragonare la nostra mente a quel radar che,<br />

ingannato dal segnale metallico, scivolava senza accorgersene verso un altro<br />

bersaglio.<br />

È lo stesso rischio che corriamo noi esseri umani quando tentiamo di “ragionare”.<br />

Si parte da un concetto che esprimiamo con parole, ma quelle parole sono porte<br />

3


che possono condurre ad altri universi semantici e il pensiero, scorrendo come un<br />

radar ingannato dalle parole, finisce col confondere concetti e a sbagliare<br />

bersaglio.<br />

L’esperienza del Circeo è stata eccezionale.<br />

L’esperienza del nostro ragionare è quotidiana.<br />

“Una lingua di velluto”, se i pensieri pregressi dell’ascoltatore fossero diversi,<br />

potrebbe essere sì una metafora, ma semplicemente potrebbe significare una<br />

striscia di stoffa di velluto, nella stessa accezione con cui usiamo “lingua” nella<br />

espressione “una lingua di terra”. Ma qui non c’è nessun pantano erotico né<br />

pornografico.<br />

Recentemente ho conosciuto diversi belgi che parlavano italiano. Mi ha sorpreso<br />

sentir dire loro che amano tantissimo l’italiano. Per loro la nostra lingua italiana<br />

potrebbe essere “una lingua di velluto”. Una lingua dolce e sonora, calda e<br />

carezzevole; sempre una metafora che genera un significato dove potrebbe starci<br />

un po’ di sensualità.<br />

“Una lingua di vitello” invece è semplicemente una lingua di vitello, forse in<br />

salmì.<br />

“Una lingua biforcuta” è una metafora.<br />

La lingua biforcuta ce l’hanno gli uomini bianchi, è una lingua che sembra una<br />

forca con due denti che vanno in direzioni diverse (lingua qui sta per parlare).<br />

Quindi un parlare ambiguo, non diretto, non sincero.<br />

“Non avere peli sulla lingua”, nel senso di dire le cose come stanno, senza timore<br />

e chiaramente, è una metafora. Non avere peli sulla lingua vuol dire che la lingua,<br />

l’organo zingarelliano, è naturale, ricoperta di morbida mucosa come di fatto è.<br />

Una lingua che avesse peli sulla lingua, sarebbe una lingua di stoffa. O di<br />

orangotango. In questo caso sarebbe necessario l’intervento del “filo del rasoio”.<br />

L’espressione “frena la lingua” è una metafora. Come se la lingua fosse un cavallo<br />

o un’automobile che parte in quarta e non essendo capace di fermarsi rischia di<br />

andare a sbattere e di commettere errori quando parla. Quando usiamo la parola<br />

“lingua” con il significato di “parlare” stiamo usando una metonìmia; una figura<br />

retorica basata su una relazione di “dipendenza”. Il parlare “dipende” dalla lingua.<br />

Siamo di fronte a una metonimia quando usiamo espressioni tipo: “ho letto tutto il<br />

Leopardi”. In realtà ho letto le opere del Leopardi, non il Leopardi! Relazione di<br />

dipendenza.<br />

“Ti offro un bicchiere”: ti offro il contenuto del bicchiere, non il bicchiere:<br />

relazione di “dipendenza”, quindi metonìmia.<br />

Le lingue di fuoco del camino o dell’incendio sono metafora. La similitudine è nel<br />

movimento sinuoso delle fiamme che ricordano la lingua umana quando è mossa<br />

dalla libidine.<br />

Ti offro “una lingua di velluto in un bicchiere” è espressione complessa,<br />

decisamente suggestiva, foriera di immagini erotiche; è come se offrissi una<br />

lingua che lecca, calda e morbida come un velluto, in un bicchiere (in senso<br />

metonimico “che si beve” quindi, e si “deglutisce”), che vuole anche dire, per altri<br />

accostamenti semantici, in un “vassoio d’argento”.<br />

“Una lingua di velluto biforcuta” è espressione diabolica, ricorda il rosso<br />

dell’inferno, le corna del diavolo e, se immagini pornografiche richiama, sono<br />

immagini luciferine e sataniche. Ma sempre secondo il contesto, perché la stessa<br />

espressione potrebbe semplicemente dire che chi sta parlando parla con lingua<br />

4


iforcuta, mente, e mente con parole dolci e carezzevoli per ingannare più a<br />

fondo.<br />

Se invece dicessimo: “sulla lingua di terra in un bicchiere apre il fuoco biforcuto<br />

una lingua di velluto”.<br />

Beh, allora sarèbbe una glabra esercitazione della glòttide, una glòria per i glàuchi<br />

òcchi del gladiatore, un artificio di glèba, un geroglìfico poliglòtta che con<br />

profumo di glìcine e glòbuli rossi si inglòssa e inglòssa per glo-ri-fli-ca-re la<br />

lingua e la stoffa e il mòrbido velluto che tocca appena e scalda e si sfalda la<br />

globale glassa che avvòlge e arròtola eloquènte in lingue di fuòco la primordiale<br />

lingua fluènte che èra lingua di carne mòrbida e mòlle in una bocca apèrta a<br />

imbuto dove la lingua di velluto vive, s’àgita, s’adagia, e batte, batte la lingua di<br />

velluto là dove il clito ride e il dito indica la luna.<br />

<strong>Cascina</strong> <strong>Macondo</strong><br />

Centro Nazionale per la Promozione della Lettura Creativa ad Alta Voce e Poetica Haiku<br />

Borgata Madonna della Rovere, 4 - 10020 Riva Presso Chieri - Torino - Italy<br />

info@cascinamacondo.com - www.cascinamacondo.com<br />

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