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le mille e una lirica - Cascina Macondo

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Le mil<strong>le</strong> e <strong>una</strong>…<strong>lirica</strong><br />

(Rif<strong>le</strong>ssi classici nella <strong>lirica</strong> orienta<strong>le</strong>)<br />

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6. Topoi e metafore riscontrati come tratti peculiari nella <strong>lirica</strong> del mondo greco e latino trovano sorprendenti affinità<br />

con l‟altrettanto ampia produzione in versi araba e, di rif<strong>le</strong>sso, neopersiana. Quest‟ultima nasce nel IX secolo<br />

come esperimento <strong>le</strong>tterario di <strong>una</strong> élite di corte, volto a creare composizioni in lingua persiana secondo<br />

modelli arabi. La prima tra <strong>le</strong> corti ad attrarre attorno a sé <strong>una</strong> grande p<strong>le</strong>iade di poeti è la corte<br />

ghaznavide di Sultân Mahmud: ad essa appartengono, fra gli altri, il “re dei poeti” 'Onsori (m. 1040 o<br />

1049), il ce<strong>le</strong>bre Farrokhi (m. 1038) e il poeta epico Ferdousi 1 . I primi due portano alla perfezione<br />

soprattutto la forma poetica della qaside, composizione monorime di lunghezza variabi<strong>le</strong> tra i 15 e i 200<br />

versi e dai contenuti preva<strong>le</strong>ntemente panegiristici. La struttura tipica di questa composizione prevede un<br />

insieme di sezioni trattanti ciasc<strong>una</strong> temi diversi: di esse la più interessante dal punto di vista estetico è<br />

senz'altro la prima, il nasib, in cui il poeta solitamente descrive la primavera o <strong>le</strong> feste (come il<br />

Capodanno - Nouruz), loda il vino o piange la separazione dall'amato 2 . Le qaside di poeti, quali 'Onsori e<br />

Farrokhi, sono ricche di descrizioni del mondo natura<strong>le</strong>, ma queste si caratterizzano soprattutto per<br />

staticità e mancanza di va<strong>le</strong>nze simboliche. Il paesaggio natura<strong>le</strong>, che consiste per lo più nel<strong>le</strong> immagini<br />

di un giardino di corte, si arricchisce di metafore preziose, di valore per lo più esornativo: si paragonano,<br />

ad esempio, il giardino alla seta, <strong>le</strong> foglie d'autunno a tavo<strong>le</strong>tte di rubino, lo stagno ad uno specchio, ecc.<br />

Immagini che restano per ora entro i limiti interpretativi della pura denotazione, estranee ad<br />

approfondimenti psicologici da esprimere attraverso al<strong>le</strong>gorie. A offrirne un esempio il nasib di Farrokhi,<br />

che descrive un giardino all'arrivo della fredda stagione in <strong>una</strong> fantasiosa gamma di colori:<br />

Ha sol<strong>le</strong>vato l'aria un velo azzurro,<br />

l'orto ha piegato il tappeto di seta,<br />

lo stagno ha fatto turchine <strong>le</strong> guance,<br />

1 Ferdousi (Khorasan, 935 -1020) fu autore di componimenti in versi e dedicò 35 anni della propria vita alla scrittura di <strong>una</strong><br />

grandiosa opera epico-<strong>le</strong>tteraria chiamata “Shāhnāmeh” ("Libro dei Re"), ovvero la storia dell‟ impero persiano, con i suoi valori<br />

culturali, <strong>le</strong> sue antiche religioni (Zoroastrismo), e il suo profondo senso naziona<strong>le</strong>. I suoi lavori sono annoverati come <strong>una</strong><br />

componente crucia<strong>le</strong>della sopravvivenza della tradizione linguistica della Persia, in quanto tali opere hanno permesso a buona<br />

parte della lingua di rimanere intatta e codificata.<br />

2 Già nella qasida originaria, come si vede anche dal<strong>le</strong> Mu‟allaqat, la più famosa raccolta di questa antica forma poetica, erano<br />

l‟amore, il viaggio e l‟encomio intrecciati a motivi diversi quali la descrizione e la satira. Motivi rappresentati, in massima parte,<br />

non nel momento dell‟accadimento bensì vissuti nella memoria: il poeta rievoca l‟amore per la sua donna ricordando incontri e<br />

situazioni passate, rievoca il viaggio compiuto, i luoghi attraversati, <strong>le</strong> esperienze vissute, gli animali incontrati, la sua cavalcatura e<br />

conclude, in linea di massima, esaltando se stesso o un capo (sayyid) tribù o un re arabo, lakhmide o ghassanide che fosse, o<br />

denigrando i nemici. Era proprio quest‟ultima sezione, secondo alcuni studiosi, il vero scopo della composizione poetica. Dopo il X<br />

secolo, infine, si cominciarono a comporre qaside anche in persiano, ebraico, turco osmanli e ancora in urdu, curdo, pashto, ma<strong>le</strong>se,<br />

indonesiano e nel<strong>le</strong> lingue dell‟Africa occidenta<strong>le</strong> quali il swahili e il hausa.


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il cielo è diventato argenteo in volto.<br />

[…] L'erba converte in limatura d'oro!<br />

Che fa, se gialla è diventata l'erba?<br />

Rosea e florida guancia ha il mio signore!<br />

Nel XII secolo la poesia persiana inizia però un nuovo corso grazie all'incontro con il sufismo. I poeti<br />

sufi, tra cui il ce<strong>le</strong>bre Hâfez, 3 sin dall'inizio adattano ai loro scopi <strong>le</strong> forme poetiche preesistenti, cui si<br />

aggiungono, nel corso di più generazioni, il masnavi, poema più o meno lungo di natura didattica o<br />

narrativa, la quartina o robâ'i, ed infine il ghazal, componimento di circa 5-15 versi dedicato in preva<strong>le</strong>nza<br />

a tematiche amorose. Un esempio di masnavi, opera di Sana‟i, è il “Seyr al-'Ebâd ela 'l-Ma'âd” (Viaggio<br />

dei servi di Dio nel regno dei fini), dove il poeta esorta il vento, simbolo del messaggio divino, artefice<br />

del<strong>le</strong> mil<strong>le</strong> metamorfosi in cui consiste la vita del mondo, ad ascoltare <strong>le</strong> sue stesse paro<strong>le</strong>, quel<strong>le</strong> che<br />

raccontano, come spiega Sanâ'i, la “visione” della propria “creazione”:<br />

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Salve o messaggero imperia<strong>le</strong>,<br />

che trono hai d'Acqua e di Fuoco corona!<br />

Sei il Tappezziere della terra, ma di terra non sei,<br />

e sei il Pittore dell'acqua, ma non sei fatto d'acqua.<br />

Nella sorte fausta e nell'infausta,<br />

tu <strong>le</strong> nubi sospingi e guidi i vascelli.<br />

[…] Per tua virtù il fuoco è come messe corallina<br />

e l'acqua è simi<strong>le</strong> a corazza di smeraldo.<br />

[…] T'innalzi sino all'Etere ma non lo superi,<br />

vagabondi per l'Oceano ma senza bagnarti.<br />

[…] Sei calamo che disegna il moto della conoscenza.<br />

[…] Per te il manto si schiude sul corpo della rosa,<br />

il col<strong>le</strong>tto dei cipressi e la veste dei fiori.<br />

Innalzi padiglioni sulla superficie del mare<br />

e il capo sol<strong>le</strong>vi al<strong>le</strong> altezze dell'Etere.<br />

A primavera i germogli trai dalla terra,<br />

l'inverno dall'acqua trai cristalli di ghiaccio.<br />

[…]Or s'è vero che voli agilmente<br />

tra <strong>le</strong> vette e gli abissi dell'orbe terrestre,<br />

libera, o natura angelica,<br />

dalla morsa dell'Acqua e del Fuoco,<br />

a calci prendi e l'Etere e il Mare,<br />

e innalza <strong>le</strong> tue tende sulla corona del<strong>le</strong> P<strong>le</strong>iadi!<br />

Come il vento, calamo del mondo, libero si diffonde tra gli abissi e gli spazi ce<strong>le</strong>sti, e l‟amore si fa<br />

danza, attesa, armonia, così l‟acqua, il fuoco, gli alberi e i fiori che “corrono” sui rami si innalzano,<br />

compagni dell‟aria, in <strong>una</strong> eterna e divina melodia:<br />

3 Hafez (Shiraz, 1320 - 1389) frequentò soprattutto l'ambiente della corte di Shiraz, città da cui pare si sia allontanato solo per un<br />

breve periodo. Un motivo dominante informa tutti i versi di Hafez: l'amante respinto, con il cuore infranto, tormentato dalla<br />

crudeltà del fato e dall'indifferenza di un'amata lontana. Deluso dal mondo, cerca conforto fra i reietti della taverna, vagheggiando<br />

la propria estinzione. Assai noti i versi tratti da “Go<strong>le</strong>stan” (= Roseto), adottati come motto del<strong>le</strong> Nazioni Unite: .


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L'acqua del mare è tutta agli ordini Tuoi;<br />

tuoi, o Signore, sono l'Acqua e il Fuoco.<br />

[...] Rami e foglie si sono liberati dalla prigione della terra,<br />

alto han <strong>le</strong>vato il capo e sono diventati compagni dell'aria.<br />

Quando <strong>le</strong> foglie erompono dalla scorza del ramo<br />

e s'affrettano alte sull'albero,<br />

con la lingua del germoglio cantano la lode di Dio,<br />

ogni frutto e ogni foglia, <strong>una</strong> per <strong>una</strong>.<br />

Gli spiriti <strong>le</strong>gati entro l'acqua e la terra,<br />

quando lieti si liberano dalla prigione del fango,<br />

si <strong>le</strong>vano alti a danza nell'aria, ebbri d'amore di Dio,<br />

puri e limpidissimi come il disco bianco della L<strong>una</strong>.<br />

Danzano i corpi loro; quanto al<strong>le</strong> anime,<br />

quel che esse provano non chiederlo neppure!<br />

Ma è soprattutto nella <strong>lirica</strong> del “ghazal” che la mistica persiana trova la sua più alta espressione. 4 La<br />

fusione comp<strong>le</strong>ta di fede e poesia si esprime ivi in immagini cariche di senso, anelli che congiungono<br />

mondi e valori tracciati dalla pura fantasia. Simboli, talora, polisemici e comp<strong>le</strong>ssi, ma sempre rapportati,<br />

nell‟animo dell‟uomo, al mondo natura<strong>le</strong> e a necessarie e superiori realtà 5 . La notte (shab) rappresenta, ad<br />

esempio, il regno del Mistero ma anche il regno della Potenza Divina (jabarut), che divide l'Essere (vojud)<br />

dal Nulla (adam); la rosa (gol) indica invece la conoscenza al suo manifestarsi nel cuore, laddove il<br />

tulipano (lâla) il risultato della più perfetta gnosi (ma'âref). Un medesimo percorso ascensiona<strong>le</strong> guida il<br />

devoto, attraverso il deserto (biyâbân) e la brezza (nasim), alla Grazia Divina ('enâyat), al tesoro prezioso<br />

della perla (gouhar), come luce di suprema verità. Può però accadere, similmente al<strong>le</strong> correnti poetiche<br />

4 Il ghazal, il cui nome arabo significa “canzone o e<strong>le</strong>gia d'amore”, oscilla tra i 5 ed i 15 versi ma può arrivare ad averne anche più di<br />

30; in essa ogni verso rima con gli altri e inoltre, nel primo, detto “matla”, anche il primo emistichio segue la rima genera<strong>le</strong> (a-a-b-ac-a-d-a-ecc.).<br />

L'ultimo verso, il “maqta”, contiene solitamente lo pseudonimo poetico, o “nom de plume” dell'autore, inserito con<br />

qualche abi<strong>le</strong> giro di parola nel contesto del verso. La tradizione <strong>le</strong>tteraria persiana identifica Sanâ'i come l' "inventore" o<br />

l'iniziatore del ghazal sufi. In realtà i suoi ghazal sono ancora “acerbi” riguardo ai contenuti mistici e molto spesso <strong>le</strong> loro immagini<br />

paiono più <strong>le</strong>gate alla dimensione cortese/terrena che non a quella mistico/metaforica. È quasi sicuro però che i suoi ghazal<br />

venissero recitati e musicati durante i “samâ”, <strong>le</strong> riunioni mistiche con canti, suoni e danze che si svolgevano all'interno del<strong>le</strong><br />

confraternite sufi, ed è molto probabi<strong>le</strong> che <strong>le</strong> immagini in essi descritte servissero ad illustrare e simbo<strong>le</strong>ggiare dei concetti<br />

religiosi. Dell'usanza di recitare e cantare ghazal durante <strong>le</strong> riunioni mistiche abbiamo testimonianza sin dall'XI secolo, grazie al<br />

primo trattato sul sufismo scritto in persiano, il Kashf al-mahjub (Disvelamento dell'occulto) di 'Ali Ebn 'Osman Hojviri (m. 1057). In<br />

esso, parlando del sama', l'autore si sofferma su quanto viene recitato durante queste sedute. Oltre al Corano, egli scrive, alcuni<br />

mistici sono soliti recitare poesie in lingua persiana che fanno largo uso di metafore ed al<strong>le</strong>gorie. Queste, per loro, ricordano Dio, e<br />

permettono a colui che ascolta di entrare in uno stato d'estasi e di comunicare con Lui. Hojviri però considera sconveniente questo<br />

genere di poesia e si direbbe memore del<strong>le</strong> correnti ascetiche del primo sufismo, affermando che solo la poesia «di saggezza,<br />

d'edificazione e rif<strong>le</strong>ssione sul<strong>le</strong> manifestazioni divine» può essere considerata '”buona” e <strong>le</strong>cita. Di opinione diversa è però un<br />

altro autore d'origine persiana, il grande teologo e mistico Mohammad Ghazâli (m. 1111), che tratta la questione in <strong>una</strong> vasta<br />

discussione, sempre sul sama', contenuta sia in Ihya' 'olum al-din (Ravvivamento del<strong>le</strong> scienze religiose, in arabo) sia in Kimiyâ-ye<br />

sa'âdat (L'alchimia della felicità, in persiano). Egli ritiene che <strong>le</strong> poesie d'amore o “bacchiche”, recitate dai sufi o dai partecipanti al<br />

sama, non siano sconvenienti, poiché ogni Concetto (ma'ni) espresso in esse si riferisce a Stati mistici (hâl) ben determinati; egli<br />

afferma inoltre che


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cortesi, siciliane e soprattutto dello Stilnovo, che al centro della poesia vi sia la bel<strong>le</strong>zza, contingente e<br />

fenomenica, di <strong>una</strong> donna o di un uomo, la cui contemplazione equiva<strong>le</strong> per il mistico all‟ accostarsi alla<br />

suprema realtà suprema. In questo vario e fantasioso inventario, i riccioli dell'Amato, ad esempio,<br />

diventano metafora degli intricati ed imperscrutabili misteri divini, il suo volto come la rivelazione di<br />

essi, <strong>le</strong> labbra come la compassione e la misericordia con cui Dio accorda l'unione, l‟occhio come il<br />

distacco con cui Dio osserva a mantiene al loro posto i suoi servi, e così via. Metafore desunte dal mondo<br />

natura<strong>le</strong> intervengono in questo quadro, arricchendolo ulteriormente: il volto può essere così sostituito<br />

dall'immagine del so<strong>le</strong> o della l<strong>una</strong>, il ricciolo da quella del<strong>le</strong> tenebre, <strong>le</strong> labbra dal rubino, la bocca dal<br />

pistacchio, l'occhio dal narciso, il corpo dell'Amato dal cipresso.<br />

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La gioia che può nascere dalla semplice contemplazione cede il passo, ben presto, al tormento della<br />

passione. Così scriveva, ad esempio, la poetessa araba Rabia Balkhi 6 , accostandosi inconsapevolmente a<br />

Saffo, Catullo o Properzio, testimoni, in diverse vicende, di <strong>una</strong> stesso –e ricercato- dolore:<br />

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Sono prigioniera nella infida ragnatela dell‟Amore,<br />

nessuno dei miei sforzi porta frutto.<br />

Quando cavalcavo la volontà sanguinante,<br />

io non sapevo che più forte tiravo <strong>le</strong> redini<br />

e meno mi ascoltava.<br />

L‟Amore è un oceano così vasto<br />

che nessun uomo saggio lo può attraversare a nuoto.<br />

[…] Quando vedi cose insopportabili,<br />

immagina<strong>le</strong> sp<strong>le</strong>ndenti,<br />

Bevi il ve<strong>le</strong>no,<br />

ma senti la dolcezza dello zucchero.<br />

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6 Rabia Balkhi (Balkh, 914 -943) fu <strong>una</strong> famosa principessa di grande fascino, amante della poesia. L‟incontro con Baktash, un<br />

servo di suo fratello governatore della città, e il conseguente innamoramento determinarono la sua tragica fine: il fratello,infatti,<br />

disapprovando il loro comportamento, allontanò e fece uccidere il servo. Alcuni dicono che fece uccidere anche Rabia, altri che la<br />

principessa cadde in <strong>una</strong> profonda depressione e si suicidò tagliandosi <strong>le</strong> vene. Con il sangue scrisse i suoi ultimi versi sul muro<br />

della sala da bagno diventando così la prima poetessa del mondo islamico.


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Il travaglio passiona<strong>le</strong> si riscatta, tuttavia, nella catartica adesione a <strong>una</strong> forma superiore di Amore, quello<br />

che investe e permea di sé l‟universo e <strong>le</strong> sue forme di vita. Della mistica unione, cui la natura fa da<br />

sfondo e proiezione, è un esempio, tra i primi, un ghazal di „Attar:<br />

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È‟ un mare l'Amore e l'intel<strong>le</strong>tto sta sul<strong>le</strong> sue sponde,<br />

può solo guardare chi rimane sul<strong>le</strong> sponde.<br />

Se fosse l'intel<strong>le</strong>tto <strong>una</strong> guida nel mare dell'Amore<br />

mai troverebbe l'approdo,<br />

il mare dell'Amore tocca l'anima e il cuore<br />

è muto l'intel<strong>le</strong>tto, è un lattante la ragione.<br />

Come puoi sapere tu com'è il dolore d'Amore<br />

se mai la sua spada ti ha trafitto al cuore?<br />

Ogni mil<strong>le</strong> anni, però, alla costellazione del cuore<br />

giunge dal cielo dell'Amore <strong>una</strong> simi<strong>le</strong> stella!<br />

E come l‟uomo si volge a Dio in <strong>una</strong> eterna e inappagata tensione, così è Dio stesso, altrove 7 , a porgergli la mano, a<br />

condurlo, come lieve primavera, in palazzi al di là del<strong>le</strong> stel<strong>le</strong>, nella eterea <strong>le</strong>tizia di trascendenti armonie:<br />

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Sono venuto a prenderti, a tirarti per l'orecchio<br />

a privarti del tuo cuore e di te stesso e a metterti nel Cuore e nell'Anima!<br />

Son venuto qual lieve primavera da te, o cespo di rose,<br />

ad abbracciarti a me stretto, e a sfogliarti dolcemente!<br />

Son venuto a darti posto sp<strong>le</strong>ndente in questo sublime palazzo<br />

per portarti, come preghiera d'amanti, al di là del firmamento!<br />

Son venuto perché hai rapito un bacio a un bell'Idolo:<br />

restituiscilo allora in <strong>le</strong>tizia, ché son pronto a prenderlo io!<br />

7 I versi sono tratti dal<strong>le</strong> “Poesie mistiche” di Rumi, edite da A. Bausani.


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Lascia il Fiore (gol), ché tu sei il Tutto (kol),<br />

sei colui che ordina la divina parola (qol),<br />

Se gli altri non ti conoscono, poiché sei me, ti conosco!<br />

Scenari naturali diventano, come visto, lo schermo di tensioni emotive e spirituali, il quadro in cui si traccia, in forma<br />

di metafora, l‟innata aspirazione a più e<strong>le</strong>vate e infinite realtà. Ma se nella <strong>lirica</strong> persiana maggiore e più fine è la<br />

capacità immaginifica, è nella <strong>lirica</strong> araba, in origine, che immagini simili o di poco variate, compaiono in forme più<br />

lineari e stilizzate. Come infatti dimostrato in un saggio di Shafi„i Kadkani 8 , dal momento in cui prende vita la poesia<br />

dari (III-IV sec.d.C.), <strong>le</strong> due tradizioni tendono sempre più spesso a fondersi in <strong>una</strong> sorta di koiné <strong>le</strong>tteraria, favorita,<br />

tra l‟altro, da <strong>una</strong> certa affinità cultura<strong>le</strong> nonché territoria<strong>le</strong>, la stessa che avvicina ai poeti orientali quelli andalusi,<br />

della Siria e dell‟Irak. Tra i temi più diffusi, affidati a metafore arricchite talora da artifici di sti<strong>le</strong> 9 , il vino e la gioia<br />

convivia<strong>le</strong>. Originali nel loro vigore espressivo i versi del poeta arabo Ghazayeri, per il qua<strong>le</strong> il vino è (Dissi: “E’ amore?” Rispose: “L’amore l’ha al<strong>le</strong>vato”, / dissi: è l<strong>una</strong>? Rispose: “La l<strong>una</strong> l’ha<br />

generato”). Con Ibn al-Mu„tazz, imitato a sua volta da poeti persiani, al termine “vino” si sostituisce il più<br />

indeterminato “calice”, l<strong>una</strong> d‟argento, nella trasposizione metaforica, in cui il vino risp<strong>le</strong>nde come il so<strong>le</strong> (Giorno e<br />

notte abbevera da quel calice: / in <strong>una</strong> l<strong>una</strong> che è come la figlia del so<strong>le</strong>) o come un bacio e un sorriso di stel<strong>le</strong> (porgendo<br />

sulla bocca un calice pieno di vino / sembra la stella che bacia la l<strong>una</strong>).<br />

Echi oraziani, che inneggiano al vino come fonte di gioia e di poesia, si colgono altresì nel<strong>le</strong> quartine di Omar<br />

Khayyam 10 , lieto abbandono a un‟ebbrezza soave che fa del mondo, come accadeva in Li Po e in genera<strong>le</strong> nella <strong>lirica</strong><br />

cinese, un piccolo e segreto paradiso:<br />

Voglio un carico di vino di rubino, e un libro di versi.<br />

Mi occorre appena lo stretto necessario, e un pezzo di pane.<br />

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Poi io e te seduti in un luogo deserto...<br />

Questa e' <strong>una</strong> vita superiore al potere d'ogni sultano.<br />

[…] Per quanto d'ogni lato io volga lo sguardo,<br />

scorre nel giardino un rivo di paradiso.<br />

La piana e' divenuta un paradiso, non parlare d'inferno!<br />

Siedi qui in paradiso, assieme a un volto di paradiso 11 .<br />

8 Mohammad Re_a Shafi„i Kadkani, nato nel 1939 in Iran, docente di <strong>le</strong>tteratura persiana, è un autorevo<strong>le</strong> critico, filologo e poeta,<br />

che svolge <strong>una</strong> intensa attività di ricerca nell‟ambito della <strong>le</strong>tteratura mistica, della critica <strong>le</strong>tteraria e stilistica. Il testo, a cui si fa<br />

riferimento, è un importante capitolo (L’influsso del<strong>le</strong> forme dell’immaginario poetico arabo) dell‟opera “Sovar-e khiyal dar she„r-e<br />

farsi” (=Forme dell‟immaginario nella poesia persiana), Agah,Teheran 2004, pp. 327-374.<br />

9 Frequente il ricorso a <strong>le</strong>ttere o segni grafici per evidenziare un concetto o <strong>una</strong> metafora. Ad es., il nome di <strong>una</strong> <strong>le</strong>ttera dell‟alfabeto<br />

arabo-persiano composta da <strong>una</strong> linea ricurva e un punto possono richiamare<br />

rispettivamente un ricciolo e un neo: U.<br />

10 Omar Khayyam (Nishapur, 1048 - 1131) fu scienziato e teologo, esperto in matematica e astronomia, iniziato a circoli esoterici,<br />

condiscepolo di Hasan-e Sabbah, il famoso "Veglio della Montagna" capo della famigerata setta degli Assassini. Le sue<br />

"Quartine"(in arabo” Rubayyāt”), sono incentrate, in particolare, sul motivo del vino ma contengono pure altri temi, assai più<br />

profondi, come ad esempio: <strong>una</strong> meditazione origina<strong>le</strong> sulla morte e sui limiti della ragione umana "impotente" di fronte al mistero<br />

dell'esistenza.<br />

11 La medesima associazione tra donna e banchetto è uno dei <strong>le</strong>it -motiv della <strong>lirica</strong> oraziana (cfr . Carm. 1,6, 17-19: ). Per Orazio la donna deve essere anzitutto buona amica, poi<br />

ottima conversatrice, dolce, disponibi<strong>le</strong> tanto all'amp<strong>le</strong>sso amoroso quanto alla buona tavola, graziosa quanto basta, giovane (ma<br />

neppure tanto); deve inoltre saper suonare e cantare ed essere libera da preoccupazioni che intristirebbero il poeta, alieno da <strong>le</strong>gami<br />

duraturi. Notevo<strong>le</strong> è infatti l'impegno del poeta nel cercare di eliminare alla radice stessa del sentimento, per così dire, amoroso (e<br />

non solo di quello), ogni traccia di asperità; lo scrittore, in tal modo, conferisce ad esso la <strong>le</strong>vigatezza necessaria perché il sentimento<br />

risulti armonizzato, integrato nella temperie spiritua<strong>le</strong> di stampo epicureo da cui deriva l‟equilibrata "Weltanschauung"(P.<br />

Ba<strong>le</strong>strieri).


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Nell‟ebbrezza di <strong>una</strong> lieta primavera, al poeta cantore si unisce l‟usignolo melodioso 12 , mentre nel vino<br />

risp<strong>le</strong>nde il “rubino” di un fiore:<br />

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Da quando ha mostrato il volto la rosa color di rubino,<br />

mai non si stanca di cantar la sua gioia l'usignolo.<br />

E‟ lungo tempo che, come me, l'usignolo<br />

è stato innamorato del giardino.<br />

Schiavo son io della lingua di quell'usignolo,<br />

che ieri lodava cantando la rosa color di rubino.<br />

O Coppiere! È tempo di fiori, e tu porgi il vino fiorito 13 .<br />

Dalla metafora del vino scintillante come un astro, fragrante e colorato come un fiore, si passa ben presto a un più<br />

esplicito accostamento tra il topos convivia<strong>le</strong> e l‟effimera e preziosa armonia di giardini e paesaggi naturali.<br />

Frequenti <strong>le</strong> immagini di fiori, accostati come in epigrammi el<strong>le</strong>nistici, a limpide costellazioni (ad es., <strong>le</strong> “rosee”<br />

P<strong>le</strong>iadi) o ai bagliori incandescenti del fuoco, come in <strong>una</strong> <strong>lirica</strong> di Manjik (>).<br />

Ma la gioia è come sempre fugace, mera illusione come il tempo che passa, tra un presente che è già passato e un<br />

domani che appena ci sfiorerà:<br />

(XXIX)<br />

Ah, riempi la coppa, come devo ripeterti<br />

che il tempo scivola via sotto i nostri piedi:<br />

il domani non è ancora nato e ieri è già morto,<br />

perché preoccuparti di loro se l‟oggi è dolce?<br />

Vengono alla mente <strong>le</strong> paro<strong>le</strong> di Orazio, che invitava, nell‟ode 9 14 , a pensare a ogni giorno come a un dono prezioso,<br />

a reagire alla morte che incombe nella gioia dell‟istante. Legato al suo mondo, in cui si scopre inevitabilmente<br />

“polvere ed ombra”, l‟uomo oraziano non trova in credenze religiose conforto o spiegazione, rimuove l‟ angoscia<br />

della morte nell‟amore per la vita. Una vita che ignora passioni durature, dove tutto si livella e si equilibra in<br />

un‟aurea medietas, e che affida la certezza di <strong>una</strong> sopravvivenza al ricordo e al miracolo della poesia.<br />

Diversamente i poeti orientali, nutriti di dottrine neoplatoniche, che vedono nel mondo imperfetto il gradino più<br />

basso di un‟ascesa, il primo anello di un ciclo esistenzia<strong>le</strong> che risp<strong>le</strong>nde > 15 :<br />

Sono passato attraverso i regni dei minerali e dei<br />

vegetali, poi lo strumento della mia mente mi ha<br />

condotto nel regno anima<strong>le</strong>.<br />

12 Da notare che, nella mistica persiana, la rosa e l‟usignolo rappresentano la coppia di amanti, ovvero dell‟uomo e di Dio.<br />

13 Similmente in questa <strong>lirica</strong> dell‟afghano Zaher , nato a Mazar i Sharif nel 1991 e morto minorenne il 10/12/08 in un incidente<br />

strada<strong>le</strong> a Mestre().<br />

Ancora un usignolo, alla vana ricerca del suo nido, è nel<strong>le</strong> paro<strong>le</strong> della figlia di Tsura-yuki, come si <strong>le</strong>gge in un romanzo giapponese, a cui<br />

l’imperatore ordinò di trapiantare il susino del suo orto nei giardini delpalazzo. La ragazza non si oppose, ma fece accompagnare l’albero da<br />

questi versi:.<br />

14 Cfr. Ode 9, I, vv.14-15: . Le immagini del vino e della rosa, associate alla caducità<br />

della vita e della primavera, compaiono altresì in numerose liriche europee moderne e contemporanee. Così, ad es., nei versi della poetessa<br />

finlandese Sirkka Turkka (Helsinki, 1939): >.<br />

15I versi sono tratti da uno dei più noti componimenti di Khwaja Abdullah Ansari (Herat, 1006-1088). Non fu un autore molto<br />

considerato dai contemporanei, ma aprì la strada a molti discepoli che seguirono <strong>le</strong> sue orme e ne trascrissero gli insegnamenti. Ci<br />

sono giunti così i suoi libri di filosofia e misticismo islamico scritti in persiano e in arabo. I suoi versi rappresentano un intimo<br />

colloquio tra l‟anima e Dio sotto forma di monologhi.


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Arrivato fin qui, sono passato oltre,<br />

poi nella conchiglia di cristallo del cuore umano<br />

ho avvolto la goccia di consapevo<strong>le</strong>zza in <strong>una</strong> Perla.<br />

In compagnia di uomini buoni<br />

ho vagato intorno alla Casa della preghiera,<br />

e fatta questa esperienza, sono passato oltre.<br />

Poi ho imboccato la strada che conduce a Lui<br />

e sono diventato uno schiavo presso il suo cancello.<br />

Allora è scomparso il dualismo<br />

e sono stato assorbito in Lui.<br />

L‟occhio del poeta, arabo, afghano o persiano, si volge altresì agli spazi ce<strong>le</strong>sti, ne scorge, e la rende parola, la limpida<br />

e profonda armonia. Nascono così metafore, estranee al mondo greco, che vedono nella l<strong>una</strong> <strong>una</strong> barca in un fiume di<br />

stel<strong>le</strong> 16 o un prezioso braccia<strong>le</strong>tto d‟argento che adorna la più sp<strong>le</strong>ndida tra <strong>le</strong> costellazioni 17 .<br />

E come in ogni forma di <strong>lirica</strong>, la parola si fa immagine, il colore melodia.<br />

Come nella <strong>lirica</strong> di Abu Nuwas 18 :<br />

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Così rossa è la rosa che sulla gota sp<strong>le</strong>nde<br />

che sa ingannare il cuore.<br />

[…] Che importa se poi il cuore si fa liuto<br />

e in musica convertono <strong>le</strong> dita il suo lamento?<br />

Poesia universa<strong>le</strong>, questa come ogni forma di liricità, in cui si scorge come in filigrana il mondo<br />

contingente e persona<strong>le</strong>, singola espressione di un cosmo tropologico, in cui voci e tradizioni arrivano<br />

distinte (L. Capezzone). Poesia che si fonde con la vita, come nell‟ aneddoto che si<br />

narra di Nuwas (>), metafora metapoetica, a<br />

indicare che il sapere poetico confluisce per poi svanire, si rinnova per sopravvivere all‟oblio. (L. Capezzone).<br />

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16 Così in <strong>una</strong> <strong>lirica</strong> del persiano Farrokhi ().<br />

17 Si può citare ad esempio la similitudine di Manuchehri (),<br />

che ricorda quella usata da Ibn al-Mu„tazz ().<br />

Simi<strong>le</strong> l‟immagine dell‟arcoba<strong>le</strong>no, in <strong>una</strong> poesia di _aher ibn Fal Chaghani, .<br />

18 Nato ad Ahvaz in Persia nel 756, da madre persiana e padre arabo, operò in preva<strong>le</strong>nza a Baghdad, crogiuolo all‟epoca di diverse<br />

culture. Pur avendo coperto quasi tutto lo spettro dei generi allora praticati, dalla qasida tradiziona<strong>le</strong>, al<strong>le</strong> satire, dai panegirici alla<br />

poesia ascetica, a detta dei più grandi storici e critici, non esenti, nel loro giudizio da un certo moralismo, Abu Nuwas avrebbe<br />

trovato <strong>le</strong> sue espressioni più mirabili nella poesia bacchica e nella <strong>lirica</strong> erotica e soprattutto omoerotica, in uno sti<strong>le</strong> chiaro e<br />

diretto, che accoglie e impone termini dal<strong>le</strong> più importanti lingue dell‟impero.

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