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LA FORTUNA DI GIOVANNI BOCCACCIO NELLE OPERE DI ...

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So inly fair and goodly as is she<br />

Whos I am al, and shal, tyl that I deye.<br />

And that I thus am hires , dar I seye,<br />

That thanked be the heighe worthynesse<br />

Of Love, and ek thi kynde bysynesse. 12<br />

(TC, Bk. III, vv.1604-1610)<br />

L’altro tipo dei prestiti consiste in versi o espressioni identiche, per<br />

esempio nella descrizione di Criseyde: “She nas nat with the leste of hire<br />

stature, /But alle hire lymes so wel answerynge /weren” (TC, Bk. I, vv. 281-283). 13<br />

Possiamo citare un altro esempio in una parte descrittiva: “But right as<br />

floures, thorugh the cold of nyght / iclosed” (TC, Bk. II, vv. 967-68), che è lo stesso<br />

nel testo italiano: “Quali i fioretti dal notturno gelo / chinati e chiusi”(Canto II. st.<br />

80). È interessante notare che quando Chaucer preannuncia che la felicità<br />

dei due amanti non durerà a lungo, usa un aggettivo simile ed anzi la stessa<br />

congiunzione (“But cruel day” (TC, Bk. III, l. 1694), “Ma il nemico giorno”<br />

(Canto III. st. 70)). A mio parere, gli esempi citati sopra sono prove<br />

abbastanza convincenti del fatto che Chaucer abbia conosciuto l’opera<br />

boccacciana e l’abbia usata durante il concepimento del Troilus.<br />

Diverse possibilità d’interpretazione nei due testi<br />

Come abbiamo visto, Chaucer usa quasi tutti gli elementi boccacciani, ma<br />

ne inserisce anche di nuovi. La maggior differenza è nella rappresentazione<br />

dei personaggi: quelli di Chaucer sono molto più dettagliatamente definiti.<br />

La Criseyde di Chaucer non è così indipendente: prima delle decisioni si<br />

tormenta, ma non cambia facilmente. Per il comportamento diverso delle<br />

due donne, John Fleming offre una possibile spiegazione, secondo la quale<br />

la velocità con cui i due amanti boccacciani si decidono è spiegabile con la<br />

spontaneità mediterranea (Fleming 1986:183).<br />

12<br />

Non vede il sol, che tutto il mondo vede,/ Sì bella donna nè tanto piacente,/ Se le parole<br />

mie meritan fede,/ Sì costumata, vaga ed avvenente,/ Quanto lei, la cui buona<br />

mercede,/ Più ch’altro i’ vivo allegro veramente;/ Lodato sia Amor che mi fe’suo,/ E<br />

similmente il buon servigio tuo. (Canto III, st. 58)<br />

13<br />

“Ell’era grande, ed alla sua grandezza/ Rispondean bene i membri tutti/ quanti;” (Canto I,<br />

st. 27)<br />

230

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