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roberta lanfredini - scienzaefilosofia.it

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S&F_n. 2_2009<br />

integrare la tecnosfera nell’ecosfera in maniera tale da preservare (per quanto possibile)<br />

il pianeta in vista della riproducibil<strong>it</strong>à del cap<strong>it</strong>ale.<br />

In origine il movimento ecologista nasceva da esigenze culturali più che specificamente<br />

socio‐economiche, connesse a una determinazione del mondo vissuto come quel luogo in<br />

cui si orientano le proprie att<strong>it</strong>udini in maniera spontanea: «la “natura” per la quale il<br />

movimento esige protezione non è la Natura dei naturalisti né quella dell’ecologia<br />

scientifica: è fondamentalmente l’ambiente, che appare “naturale” perché le sue<br />

strutture e il suo funzionamento sono accessibili a una comprensione intu<strong>it</strong>iva» (p. 50).<br />

Ciò che questo movimento cr<strong>it</strong>icava era la distruzione di tale mondo vissuto attraverso<br />

tecnologie di trasformazione e ristrutturazione dell’ambiente – umano, naturale, sociale<br />

– ai fini della estensione del cap<strong>it</strong>ale. Il punto centrale era quello di un’autoregolazione<br />

della propria v<strong>it</strong>a di contro a un’eteroregolazione dei comportamenti e delle att<strong>it</strong>udini: in<br />

poche parole una via d’usc<strong>it</strong>a dall’alienazione crescente nelle società industriali.<br />

In un primo momento, il movimento ecologista risultava anti‐pol<strong>it</strong>ico in quanto si<br />

richiamava a dinamiche culturali e aveva come oggetto la necess<strong>it</strong>à di cambiare la v<strong>it</strong>a<br />

nella sua organizzazione relazionale profonda; ma quando, poi, studi scientifici hanno<br />

dimostrato l’impossibil<strong>it</strong>à per il cap<strong>it</strong>alismo di una “cresc<strong>it</strong>a senza fine”, allora l’ecologia è<br />

potuta divenire pol<strong>it</strong>ica in quanto proposta di ristrutturazione della v<strong>it</strong>a in vista di un<br />

programma di sopravvivenza collettiva. Il programma dell’ecologia pol<strong>it</strong>ica deve fondarsi<br />

sul principio dell’autolim<strong>it</strong>azione e dell’autogestione in maniera tale da «arb<strong>it</strong>rare […] tra<br />

l’estensione dei bisogni e dei desideri che essi si augurano di soddisfare e l’ent<strong>it</strong>à dello<br />

sforzo che giudicano accettabile dispiegare» (p. 56). E Gorz si richiama in questo senso a<br />

Weber e a Marx: Weber in quanto ha mostrato come l’operaio espropriato non aveva<br />

alcuna intenzione di aumentare la produzione e di guadagnare di più in quanto la sua v<strong>it</strong>a<br />

era regolata dalla norma del sufficiente; Marx in quanto ha mostrato che, per ottenere<br />

un lavoro costante dagli operai, non era bastato il fatto che essi fossero espropriati dei<br />

mezzi di produzione ma era necessaria una vera e propria tecnologia di espropriazione<br />

che permettesse di gestire la v<strong>it</strong>a degli operai in tutte le operazioni, costruendo una sorta<br />

di seconda natura, e ciò era avvenuto con la meccanizzazione della produzione. «Il<br />

cap<strong>it</strong>alismo», afferma Gorz, «ha abol<strong>it</strong>o tutto ciò che, nella tradizione, nel modo di v<strong>it</strong>a,<br />

nella civiltà quotidiana, poteva servire da ancoraggio a una norma comune del<br />

sufficiente», per cui è necessario «ristabilire pol<strong>it</strong>icamente la correlazione tra minor<br />

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