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roberta lanfredini - scienzaefilosofia.it

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RECENSIONI&REPORTS recensione<br />

raccomanda in apertura, espone a cr<strong>it</strong>iche severe il suo ottimismo mil<strong>it</strong>ante, riabil<strong>it</strong>ando<br />

inavvert<strong>it</strong>amente, proprio quel neopos<strong>it</strong>ivismo che, in buona fede, immagina di<br />

combattere.<br />

Per Morin occorre comprendere le connessioni interne degli oggetti, affidandosi, talvolta,<br />

all’intuizione “emozionale” contro la steril<strong>it</strong>à dell’empiriocr<strong>it</strong>icismo e propone, dunque,<br />

un cr<strong>it</strong>erio esteso di sostenibil<strong>it</strong>à ambientale, economicamente e socialmente equo: il<br />

cap<strong>it</strong>ale naturalistico vanifica se stesso e produce – nientemeno – sottosviluppo se non<br />

rispetta le aree ambientali a rischio, la biodivers<strong>it</strong>à e la riciclabil<strong>it</strong>à energetica. Il flusso di<br />

informazioni generato dai biosistemi, disponendo di entropia negativa (neg‐entropia, p.<br />

21), introduce ordine e contrasta il dissiparsi energetico degli oggetti meramente fisici<br />

(non viventi). I bi(o)ggetti, viceversa, in virtù della loro capac<strong>it</strong>à di diminuire il consumo<br />

un<strong>it</strong>ario di energia disponibile quanto maggiore è la loro compless<strong>it</strong>à, manifestano<br />

efficienza grazie alla loro storia filogenetica, alla loro compless<strong>it</strong>à che nessun sistema di<br />

indagine anal<strong>it</strong>ico potrebbe tradurre in efficienza e qual<strong>it</strong>à ambientale, in omeostasi<br />

culturale e, infine, nell’auspicata adozione di pratiche economiche virtuose, sostenibili.<br />

La lettura della piana penna di Morin fa venire in mente le prime, accese, diatribe tra due<br />

scuole di pensiero che, dagli anni Sessanta, già si contrapponevano duramente quando<br />

tentavano di definire cosa fosse il Paesaggio. In Europa (segnatamente in Italia) ha da<br />

sempre la meglio quella posizione (malamente) defin<strong>it</strong>a come “psicologica”, esteticopercettiva,<br />

che nega realtà oggettuale al paesaggio e rende conto invece della risposta<br />

emozionale nel vedere (apprezzandolo o meno) un intorno visivo (scuola p<strong>it</strong>torica) da<br />

parte del soggetto percipiente (kantianamente) mentre, dall’altra, l’accezione di<br />

Paesaggio risponde alle qual<strong>it</strong>à dell’oggetto geografico, scientificamente definibile per<br />

mezzo delle discipline quant<strong>it</strong>ative dure (chimica, geologia, meteorologia, zoologia e<br />

botanica innanz<strong>it</strong>utto), ecologista in senso stretto, materialista e pos<strong>it</strong>ivista. Quella di<br />

Morin, è in effetti la vecchia argomentazione di una scienza giovane, l’Ecologia del<br />

Paesaggio, paesaggio inteso come processo evolutivo della biosfera, aggregazione di<br />

organismi autonomi ma parziali (ecotessuti) che definiscono l’insieme eterogeneo di tutti<br />

gli elementi che cost<strong>it</strong>uiscono l’ecosfera. Morin, parallelamente, vorrebbe veder svanire<br />

la speciosa assimilazione tra ambiente e mondo esterno, sbarazzarsi dell’opposizione<br />

uomo‐natura. L’ambiente è quindi inappellabilmente relazionale, dipendente dal<br />

soggetto mentre è reale, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o di oggetti. Il mondo esterno è allora classificabile solo<br />

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