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Transparency International Italia presenta<br />
l’Indice Percezione Corruzione e servizio Alac<br />
Transparency International Italia, capitolo italiano dell’ONG<br />
leader nel mondo per la lotta alla corruzione, presenterà il<br />
3 dicembre 2014 a Roma l’Indice di Percezione della Corruzione<br />
2014 e il Servizio ALLERTA ANTICORRUZIONE | ALAC<br />
per le vittime o i testimoni di casi di corruzione. L’evento si terrà<br />
presso la sede di Unioncamere, Piazza Sallustio 21, alle ore 9.30.<br />
Ad intervenire Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International<br />
Italia, Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Nazionale<br />
Anticorruzione e Ferruccio Dardanello, Presidente di<br />
Unioncamere.<br />
Il CPI 2014 classifica 175 paesi sulla base del livello di corruzione<br />
percepita nel settore pubblico; ottenuto sulla base di valutazioni e<br />
opinioni di esperti del mondo degli affari e di prestigiose istituzioni,<br />
è l’indice di riferimento a livello globale per la corruzione del settore.<br />
Nella classifica relativa al 2013, l’Italia si era attestata soltanto alla<br />
sessantanovesima posizione con un punteggio pari a 43 in una<br />
scala da 0 (livello di corruzione percepito come massimo) a 100 (livello<br />
di corruzione percepito come minimo). Rispetto all’<strong>anno</strong> precedente,<br />
avanzava di 3 posti nella graduatoria (nel<br />
2012 occupava la settantaduesima posizione) e guadagnava un<br />
punto contro i 42 dello scorso <strong>anno</strong>. Nell’eurozona, soltanto Bulgaria<br />
(77) e Grecia (80) f<strong>anno</strong> peggio, mentre la Romania si piazza<br />
alla stregua dell’Italia. Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia,<br />
invece, come sempre, aprono la classifica con punteggi attorno a<br />
90. E, allargando lo sguardo oltre i confini europei, anche la Turchia<br />
e l’Arabia Saudita sono meglio di noi. Soffermandosi più attentamente<br />
sui punteggi ottenuti dai 177 Stati nella classifica di<br />
Transparency, si nota che nessuno di loro ha avuto il massimo,<br />
ossia 100, e che due terzi dei Paesi ha dei valori sotto il 50. Se ne<br />
deduce, dunque, che la corruzione è un male che accomuna la<br />
maggior parte delle nazioni del mondo, con implicazioni di carattere<br />
etico, economico e anche di tipo democratico.<br />
ALLERTA ANTICORRUZIONE | ALAC è invece l’innovativo servizio<br />
creato e gestito da Transparency International Italia per<br />
tutti i cittadini che vogliono segnalare in maniera confidenziale<br />
e anonima un caso di corruzione di cui siano a conoscenza. È<br />
il primo esempio in Italia di canale specifico per la segnalazione<br />
di episodi di corruzione, già attivo in versione beta da settembre<br />
ha raccolto una decina di segnalazioni. Per ulteriori informazioni<br />
cliccare qui: www.transparency.it/alac<br />
“Tutti gli studi sul tema ci dicono che i casi di corruzione vengono<br />
fuori grazie a segnalazioni interne all’ente in cui avvengono<br />
gli episodi”, ha commentato Davide Del Monte, project<br />
officer di Transparency Italia. “Ad esempio una ricerca sul sistema<br />
sanitario Usa ha evidenziato che più del 50 per cento<br />
dei casi emersi erano stati portati alla luce grazie a segnalazioni<br />
interne. Questo perché si tratta di un reato in cui spesso<br />
le due parti trovano un accordo comune e la vittima è in genere<br />
la collettività, e quindi è difficile individuarlo”.<br />
Tanto più che in Italia, ragiona Del Monte, esiste anche un problema<br />
di retaggio culturale. Persiste ancora l'idea che non si<br />
debba “fare la spia” e che sia meglio badare ai fatti propri. Lo<br />
dicono anche i sondaggi: secondo il Barometro globale della<br />
corruzione di Transparency International, l’Italia è il Paese UE<br />
con la più bassa propensione a segnalare (solo il 56 per cento<br />
degli italiani si dichiara disposto a farlo, contro una media europea<br />
del 71) proprio per via della “paura di ritorsioni”. Per i cittadini<br />
italiani intervistati la paura risulta, insieme alla sfiducia, la<br />
prima ragione per cui si preferisce rimanere in silenzio. “Sono<br />
percentuali simili a quelle ottenute nei Paesi dell’ex blocco sovietico”,<br />
commenta Del Monte.<br />
24novembre2014 a<strong>sud</strong>’<strong>europa</strong> 5