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Sulle orme del Pellicano #5

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<strong>Sulle</strong> <strong>orme</strong> <strong>del</strong> <strong>Pellicano</strong><br />

Centro Documentazione Assoraider


<strong>Sulle</strong> <strong>orme</strong> <strong>del</strong> <strong>Pellicano</strong><br />

Lo Stile Raider<br />

di Aldo Marzot<br />

Ultimo numero<br />

di Raid <strong>del</strong> “primo ciclo”<br />

Vorrei che queste pagine fossero<br />

nastri magnetici capaci di registrare<br />

un mutuo scambio di pensiero,<br />

diventato frequenza udibile per<br />

tutti noi, nastri da far scorrere<br />

anche attraverso un ipotetico neutralizzatore<br />

di tempo e di spazio<br />

(qualcuno ha detto che questi due<br />

concetti sono limitazioni <strong>del</strong>la<br />

nostra natura fisica) e quindi farci<br />

trovare uniti, assieme, in quell’atmosfera<br />

di profonda sincerità e<br />

autentica amicizia che sono il fondamento<br />

etico <strong>del</strong>la nostra maniera<br />

di vivere.<br />

In attesa di teleconversazioni<br />

audiospaziali simultanee, queste<br />

conversazioni possono surrogarli<br />

e, provvisoriamente permettere<br />

questi scambi di vedute su argomenti<br />

diversi, dandoci modo di<br />

sentirci vicini, sintonizzare opinioni,<br />

arricchire reciprocamente le<br />

nostre esperienze, realizzare cioè un’aristocrazia <strong>del</strong>l’amicizia.<br />

Ho detto aristocrazia <strong>del</strong>l’amicizia (ma avrei voluto dire “aristamicizia”<br />

se lo Zingarelli me lo avesse permesso) perché si può stringere una<br />

bella amicizia anche per fare un buon colpo a una banca, o per fare una<br />

potente bevuta in appoggio a una partita a scopa. Il nostro tipo di amicizia<br />

-che disdegna il colpo in banca, ma non disdegna la sobria bevuta<br />

o l’intelligente partita - è l’amicizia che nasce dalla concomitanza di un<br />

impegno liberamente assunto e dalla stessa regola di vita adottata: è<br />

l’amicizia che si qualifica con lo scopo, che si palesa nelle circostanze<br />

ostiche, che si concepisce a senso unico, quello <strong>del</strong> dare, per tutti.<br />

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<strong>Sulle</strong> <strong>orme</strong> <strong>del</strong> <strong>Pellicano</strong><br />

Siamo nel 1967, al pari<br />

<strong>del</strong>l’Assoraider anche la<br />

rivista associativa compie<br />

due anni e con questo articolo,<br />

Aldo apre il numero<br />

1/2 di Raid.<br />

Siamo già entrati quasi inavvertitamente a considerare lo stile <strong>del</strong>l’amicizia,<br />

e quindi a trattare <strong>del</strong> “nostro” stile; mentre sul tema <strong>del</strong>l’amicizia<br />

ritorneremo, ecco il mio pensiero da un punto di vista generale. Come<br />

gli stili architettonici, sono tanto più espressivi, penetranti, ispiratori,<br />

quanto più sono figli di tempi forti, decisi, innovatori, così uno stile di<br />

vita lo sarà quanto più forte, decisa e originale è la personalità che lo<br />

esprime e lo genera.<br />

Mi pare, intanto, sia per noi ben chiaro che uno stile non è un abito che<br />

s’indossa e che dà quindi un’apparenza diversa a seconda <strong>del</strong>la scelta,<br />

in tutta incoerenza col carattere <strong>del</strong> contenuto.<br />

Uno stile di vita, per noi, è la naturale espressione esterna <strong>del</strong> modo<br />

interiore di pensare, di agire, di decidere, in risposta alle comunicazioni<br />

e agli urti che ci provengono dall’ambiente, così come il sorriso non<br />

deve essere una contrazione su commissione di certi muscoli facciali,<br />

ma la spontanea manifestazione di uno stato d’animo.<br />

Di fatto, tuttavia, il fenomeno è reversibile, per cui una disposizione<br />

muscolare improntata al sorriso finisce con l’influire sullo stato d’animo<br />

depresso e lo rende più sereno, analogamente al conduttore che, percorso<br />

da corrente elettrica, crea un campo magnetico e questo a sua<br />

volta induce una corrente elettrica in un conduttore che lo attraversi.<br />

Non solo, quindi, è lecito, ma costituisce una buona tecnica, l’imporre<br />

alle proprie azioni uno stile, pur non essendo<br />

spontaneo in un primo tempo, se (e solo se) esso<br />

rappresenta un metodo di vita che si intende<br />

adottare. Volendo dare, una definizione allo stile<br />

raider, mi piacerebbe che definizione e successivo<br />

profilo, uscissero anche col vostro contributo, per<br />

cui io attendo che qualcuno chieda la parola.<br />

Io, intanto da parte mia, affermo che lo stile raider<br />

è lo stile di vita <strong>del</strong>l’uomo libero: libero da formalismi,<br />

conformismi e pregiudizi, ma libero sopratutto<br />

da sè stesso.<br />

Chi si impegna a far propria quella regola di vita<br />

che è la Legge Scaut <strong>del</strong> Raider, traccia indirettamente<br />

il profilo <strong>del</strong> suo stile che scaturisce dall’aver<br />

conquistato le dieci libertà fuse nella libertà<br />

da sè stesso.<br />

Così, chi vuol essere libero dall’inganno non può<br />

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assumere che uno stile improntato alla più<br />

completa lealtà; lealtà anche a costo di perdere<br />

una buona occasione per fregare l’amico<br />

anche, quando, con un imbroglio di poco<br />

conto, si avrebbe un vantaggio, anche quando<br />

la convenienza, materiale o no, sta dall’altra parte. E poiché vivere<br />

con stile non è vivere con mezze misure, la lealtà và intesa con tutti,<br />

tanto con quelli che non si lascerebbero imbrogliare da nessuno (facile!),<br />

che con i semplicioni, ma soprattutto con sé stessi (molto meno<br />

facile).<br />

Chi vuole essere libero dall’egoismo e dall’odio ha uno stile di vita<br />

improntato evidentemente alla generosità e all’amore, è lo stile di quell’amicizia<br />

di cui parlavamo all’inizio (e che, infatti, ha la stessa radice di<br />

amore), di chi nell’ordine progressivo dei vantaggi, pone prima l’amico e<br />

poi se stesso, e lo fa sempre, ma con particolare piacere quando qualcuno,<br />

che non vede più in là dei propri piedi, gli dà <strong>del</strong> fesso. Sul piano<br />

individuale basterebbe questa libertà per conquistare anche molte <strong>del</strong>le<br />

altre libertà e, sul piano sociale, per risolvere i grossi problemi che<br />

angustiano l’umanità e per proteggerla da quelle calamità che si chiamano<br />

guerre.<br />

Chi vuol essere libero dalla paura, ha nel suo stile il coraggio; coraggio<br />

fisico di ricominciare dopo una sconfitta, di dire la verità quando nuoce;<br />

coraggio di esser semplice coi bimbi davanti agli adulti, di pregare<br />

davanti agli atei, e di amare la propria terra tra chi la insulta.<br />

Chi vuol essere libero dal materialismo, darà ad ogni suo atto, anche<br />

materiale, un tono, un lieve tocco, un soffio inavvertito, ma sufficiente<br />

per far capire che egli sa che “non è tutto quì” anzi che i suoi cinque<br />

sensi, anche potenziati da strumenti, non gli fan percepire che una<br />

parte, e la più povera, <strong>del</strong> tutto.<br />

Chi vuol essere libero dall’orgoglio, ha uno stile, deciso sì, ma consapevole<br />

dei dirizzoni che l’orgoglio può fargli prendere; uno stile per cui l’umiltà<br />

non è umiliazione, ma dignità. E per paura di dimenticarsene<br />

marca, con un segno rosso i propri limiti.<br />

Chi vuol essere libero dalla cru<strong>del</strong>tà, ha stile anche con il suo cane, non<br />

solo, ma uccellini o anitre, quercie o licheni, rispetta la vita<br />

nelle sue infinite f<strong>orme</strong>, proprio per quel soffio…<br />

Chi vuol essere libero dal pessimismo, dà anche un colore al<br />

proprio stile, un colore allegro, vivace, intonato al buon<br />

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umore, alla fiducia in se stesso e nell’umanità. Egli<br />

accoglie in letizia anche le avversità, perché sa che<br />

ogni sofferenza ha il suo compenso, ogni esperienza<br />

la sua richiesta. Se la morte è ineluttabile, perché non<br />

andarle incontro con letizia? Perché aggiungere alla<br />

morte anche la tristezza?<br />

Chi vuol esser libero dalla schiavitù, dei sensi, completa<br />

il suo stile con quel gesto, con quel “no”, con quel<br />

“tirar via” quando occorre, perché è lui il padrone di se<br />

stesso e non le varie qualità di fame, di sete, di voglie,<br />

di freddo o di caldo, tutte munite di giustificazioni, sì,<br />

ma rilasciate da un’autorità subalterna e quindi ai<br />

suoi ordini e non viceversa.<br />

In poche parole, e come dicevo, il tuo stile è lo stile <strong>del</strong>l’uomo libero da<br />

se stesso: e quando saranno tue tutte le libertà, “allora - come ci ha<br />

lasciato scritto Rudyard Kipling - i Re, gli Dei, la Fortuna e la Vittoria<br />

saranno per sempre i tuoi schiavi sottomessi e, cosa che vale ancor più<br />

dei Re e <strong>del</strong>la Gloria, sarai un Uomo”.<br />

Prima bandiera<br />

associativa<br />

Assoraider<br />

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Il nostro Scautismo<br />

Dopo aver preso conoscenza di quanto scrive Laszlo Nagy sui «due<br />

scautismi» sorge naturale nel lettore la domanda: «E gli “scautismi”<br />

italiani che “scautismi” sono? Spirituali o pragmatisti?».<br />

Già l’aver formulato la domanda così, presuppone trattarsi di più<br />

scautismi ossia presuppone l’esistenza di differenze fra l’indirizzo<br />

seguito da un’associazione e quello di un’altra.<br />

Vediamo di compiere un’analisi la più obiettiva possibile.<br />

Che vi siano <strong>del</strong>le differenze fra gli indirizzi dati da differenti associazioni<br />

nell’attuazione <strong>del</strong>lo scautismo è fuori di dubbio; non solo, ma<br />

saremmo portati a riconoscere indirizzi differenti, seppur simili,<br />

anche fra sezione e sezione <strong>del</strong>la stessa Associazione e perfino fra<br />

dirigente e dirigente <strong>del</strong>la stessa sezione nonché fra periodo e periodo<br />

di uno stesso dirigente.<br />

Siamo perfettamente consci che è praticamente impossibile stabilire<br />

una classificazione che costringa a porre un’associazione o una<br />

sezione al di qua o al di là, di un ipotetico diaframma discriminante.<br />

Tuttavia, confortati dallo stesso Nagy, che, pur perfettamente consapevole<br />

dei pericoli insiti in ogni semplificazione, ritenne di poter individuare<br />

i due indirizzi più sopra indicati, chiediamo al lettore di voler<br />

accettare l’approssimazione <strong>del</strong>la classificazione giustificandola con<br />

la necessità di spiegarci più facilmente.<br />

A parte quindi, tutte le variazioni riscontrabili in realtà, crediamo di<br />

poter riconoscere che l’Associazione Scaut Cattolici Italiani rientra<br />

piuttosto fra quelle che Nagy ha battezzato spiritualiste, mentre il<br />

Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani apparterrebbe ai pragmatisti.<br />

Ecco il momento giusto per confermare che non ci sono elementi per<br />

dichiarare uno migliore <strong>del</strong>l’altro: ci limitiamo solo a costatare e<br />

ammettiamo subito che ci sono alcune isole spiritualiste nel GEI,<br />

come ce ne sono di pragmatiste nell’ASCI.<br />

E il nostro — quello <strong>del</strong>l’Assoraider — che scautismo è?<br />

L’Assoraider, fin dalla fondazione si è naturalmente preoccupata di<br />

precisare l’indirizzo che intendeva dare allo scautismo realizzato<br />

dalle sue unità e ha fatto la sua scelta.<br />

E non ha avuto dubbi — come non li abbiamo ora — sulla supre-<br />

Questo scritto <strong>del</strong> marzo 1975 è<br />

una considerazione di Aldo<br />

Marzot in seguito alla lettura di<br />

un articolo di Laszlo Nagy<br />

(Segretario Generale <strong>del</strong>l’Ufficio<br />

Mondiale <strong>del</strong>lo Scautismo di<br />

Ginevra). L’articolo in questione<br />

era “I due Scautismi” (Raid n. 3<br />

– 1975), articolo in cui il Nagy<br />

analizzava il movimento scaut<br />

nei vari paesi <strong>del</strong> mondo per<br />

arrivare alla conclusione che<br />

l’oggetto <strong>del</strong> suo lavoro, ossia<br />

«lo scautismo mondiale» in<br />

quanto tale non esisteva. Le<br />

considerazioni di Aldo sono<br />

nell’articolo che segue.<br />

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<strong>Sulle</strong> <strong>orme</strong> <strong>del</strong> <strong>Pellicano</strong><br />

mazia dei valori spirituali di fronte a quelli materiali. Di ciò si potrebbe,<br />

se ce ne fosse bisogno trovare una controprova negli articoli di<br />

fondo di questa stessa rivista che ne è la voce. Ma anche dalla sintesi<br />

stessa fatta da Nagy, e cioè che gli uni vorrebbero fare le cose<br />

«giuste» e gli altri le cose «bene», si deve riconoscere che, all’estremo,<br />

è meglio fare imperfettamente una cosa giusta che perfettamente<br />

una cosa sbagliata.<br />

Fissato questo primo caposaldo e continuando ad utilizzare la stessa<br />

sintesi, l’Assoraider si propone di far «bene le cose giuste».<br />

Dopo questa affermazione degna <strong>del</strong> Marchese La Palisse necessita<br />

qualche seria considerazione.<br />

I valori spirituali, se sono di gran lunga più importanti, esigono tuttavia<br />

— come <strong>del</strong> resto afferma Nagy — un impegno personale<br />

imponente e, diciamo subito, pressoché impossibile da parte dei<br />

volontari.<br />

D’altro canto il ragazzo deve imparare a vivere in un mondo che è<br />

quello che è e dal quale non si può prescindere; ed ecco sorgere l’indirizzo<br />

definitivo che temperando un po’ I’aspetto spiritualista assume<br />

anche quello pragmatista, condizionando questo a quello, senza<br />

perdere di vista il carattere pratico <strong>del</strong>l’ambiente in cui il ragazzo —<br />

diventato adulto — sarà chiamato ad operare.<br />

In conclusione lo scautismo Assoraider tende a far acquisire al ragazzo<br />

quelle capacità pratiche che rispondano anzitutto alle sue motivazioni<br />

e lo mettano poi in grado di trarsi d’impaccio nella vita sempre<br />

alla luce dei valori spirituali o, se vogliamo, sempre «orientato» da<br />

essi.<br />

Superfluo, forse, ma non inutile per taluno, aggiungere che «valori<br />

spirituali» non significa necessariamente quelli di una data confessione.<br />

Queste precisazioni, probabilmente, rendono chiaro a tutti il perché<br />

di una terza associazione scaut in Italia.<br />

Questo — oltre rispondere ad un preciso indirizzo che riteniamo<br />

centrato proprio perché in mezzo a due estremismi, è confortato<br />

dalle conclusioni <strong>del</strong>lo stesso Nagy il quale perora iniezioni di spiritualismo<br />

in quelle pragmatiste; infine, cosa ancor più importante, è<br />

confortato dal fondatore che non ha mai perso di vista i valori spirituali<br />

a fianco d’ogni insegnamento pratico: basterebbe rileggere l’ultimo<br />

messaggio.<br />

Aldo MarzoT<br />

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Nel 1966 fonda la Rivista “Raid” testata storica <strong>del</strong>l’Assoraider che<br />

è inviata a Scaut adulti sia GEI sia ASCI.<br />

Raid<br />

Rivista Scaut per giovani n. 1 - 1966<br />

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1973-1974. Comunicazioni di Marzot sullo stato <strong>del</strong>l’Assoraider in cui spiega che i regolamenti <strong>del</strong>le<br />

varie Branche sono stati compilati ispirandosi: al “Policy, organisation and rules” <strong>del</strong>la “The Scout<br />

Association” - Inghilterra Ediz. 1964; al “Costitution and Bylaws of the Boy Scouts of America” ed i<br />

regolamenti degli “Scouts de France”, “Eclaireurs et Eclaireuses de France” e di altri paesi europei.<br />

Comunica, inoltre, che sono costituite Sezioni Assoraider a: Roma, Napoli, Torino, Cagliari.<br />

Sono in via di costituzione a Firenze, Pisa, La Spezia, Genova, Milano.<br />

1976. Il 13 luglio a Belluno, Aldo<br />

Marzot torna alla Casa <strong>del</strong> Padre.<br />

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