orbite culturali - Gagarin Magazine
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musica 6/10 gagarin n. 4<br />
16<br />
Minehead è una ridente – più o meno, ma<br />
più più che meno – cittadina di diecimila<br />
e rotti abitanti sulle coste del Somerset,<br />
nel sud-ovest dell’Inghilterra.<br />
Un posto tranquillo, con una high street nella<br />
quale si possono trovare i negozi che si trovano<br />
in ogni high street britannica degna di tal nome<br />
(supermercati, fornai, gli immancabili WH Smith<br />
e Boots, un KFC), oltre a un buon numero di<br />
botteghe di articoli da regalo e artigianato vario,<br />
piene di oggettini deliziosi, specie sotto Natale.<br />
La classica località turistica per pensionati, detto<br />
nell’accezione più neutra possibile.<br />
Qui, nel 1962, il futuro Sir Billy Butlin<br />
decise di costruire uno dei suoi<br />
Holiday Camp, villaggi vacanze<br />
ideati con lo scopo di offrire<br />
villeggiature complete e<br />
a poco prezzo alle famiglie<br />
dei ceti medio-bassi. Detto<br />
fatto, ben presto Minehead<br />
ha cominciato ad attirare<br />
ogni anno migliaia di visitatori,<br />
che all’interno della struttura<br />
possono trovare alloggio, vitto e<br />
attrazioni di ogni tipo. Ciò che però<br />
neppure un imprenditore lungimirante<br />
come lui poteva prevedere è che, proprio grazie<br />
al resort, a partire dall’inizio del nuovo millennio<br />
Minehead sarebbe diventata una delle<br />
mete più amate dagli appassionati di sonorità<br />
indie-rock/alternative di tutta Europa – e non<br />
soltanto perché ai suoi tempi l’indie-rock/alternative<br />
non esisteva.<br />
Tutto ha inizio nel 1999, quando la band scozzese<br />
dei Belle And Sebastian decide di organizzare<br />
un festival denominato «Bowlie Weekender»,<br />
chiamando alcune delle proprie<br />
band preferite a suonare in un villaggio turistico<br />
a Camber Sands, nel’East Sussex, all’interno<br />
del quale avrebbero alloggiato tanto i musicisti<br />
quanto il pubblico. Un’idea ripresa un anno<br />
più tardi dal secondo lungimirante imprenditore<br />
della nostra storia, il promoter Barry Hogan,<br />
che decide di farla propria, appoggiandosi prima<br />
al resort di Camber Sands e quindi, venendo<br />
a noi, al Butlins di Minehead.<br />
Un’intuizione semplice, se vogliamo, ma tutt’altro<br />
che scontata: offrire un pacchetto completo,<br />
che preveda non soltanto la musica ma anche<br />
l’alloggio – non in campeggio, attenzione,<br />
ma in camere o mini-appartamenti con cucina<br />
– e la possibilità di trascorrere, di fatto, alcuni<br />
giorni immersi nella musica e a stretto contatto<br />
con gli artisti (non esiste infatti un’area vip o<br />
riservata a ospiti e stampa, ché gli spazi sono<br />
tutti condivisi e comuni). Nasce così l’«All Tomorrow’s<br />
Parties», dal titolo di una canzone dei<br />
Velvet Underground. E se il connubio mare +<br />
Tutto inizia<br />
nel ‘99: i Belle and<br />
Sebastian organizzano un<br />
festival chiamando le proprie<br />
band preferite a suonare in<br />
un villaggio turistico<br />
musica + divertimentificio potrebbe farvi pensare<br />
alla Romagna nella bella stagione, beh,<br />
non ci siete andati troppo lontani: provate a<br />
immaginare di concentrare in un fine settimana<br />
la programmazione dell’Hana-Bi di Marina<br />
di Ravenna o del festival Strade Blu e il gioco<br />
è fatto. Con in più una differenza, piccola ma<br />
sostanziale: il cartellone non viene deciso dai<br />
gestori o da qualche direttore artistico, bensì<br />
dai musicisti stessi. Una delle caratteristiche<br />
dell’ATP è infatti quella di invitare ogni volta un<br />
artista diverso e di lasciare a lui il compito di<br />
assemblare la line-up, con il risultato di ottenere<br />
programmi vari e all’apparenza<br />
assolutamente schizofrenici – proprio<br />
come la collezione di dischi<br />
di ogni appassionato degno di<br />
tal nome.<br />
Col tempo, visto il successo,<br />
la formula è stata esportata<br />
anche negli Stati Uniti e in<br />
Australia, mentre in Inghilterra<br />
il numero di appuntamenti<br />
annuali è salito da uno a<br />
quattro: due a dicembre e due a<br />
maggio.<br />
Il che ci porta, finalmente, a noi.<br />
Dopo aver già vissuto un ATP da esterni, alloggiando<br />
al di fuori del resort, nel momento in cui<br />
abbiamo deciso di tornare sia per l’edizione curata<br />
da Matt Groening (il creatore dei Simpson)<br />
che per quella con protagonisti i riformati Pavement,<br />
non abbiamo avuto dubbi al riguardo:<br />
avremmo vissuto la full experience, dormendo<br />
cioè dentro al Butlins, a due passi dai palchi<br />
(tre) e completamente immersi nell’atmosfera<br />
del festival. Perché alla fine, ancor prima dei<br />
nomi dei protagonisti, è questa che fa la differenza<br />
in un evento del genere: quella sorta<br />
di vibrazione di sottofondo che viene prodotta<br />
dall’amore che nutriamo per la musica e che<br />
risuona nel momento in cui ci si trova fianco<br />
a fianco con alcune – poche, meno di cinque:<br />
anche questo è un dettaglio non trascurabile<br />
– migliaia di persone che vivono la nostra passione<br />
allo stesso modo. Che, detta così, sembra<br />
una sbrodolata poetica da due soldi, ma<br />
a trovarcisi in mezzo vi assicuro che è esattamente<br />
ciò che si prova. Se poi si pensa che il<br />
tutto è calato in un contesto pensato per fini<br />
completamente diversi ecco spiegato il senso<br />
di piacevole familiarità e insieme straniamento<br />
che rende l’ATP qualcosa di unico. Si arriva il<br />
primo giorno, e dopo aver ritirato le chiavi della<br />
propria stanza (o del proprio appartamento) si<br />
inizia a fare conoscenza col territorio, si percorrono<br />
i vialetti circondati dal verde e da mille attrazioni<br />
per bambini (dalla pista per go kart alle<br />
pareti da scalare, dalle giostre agli scivoli ac-<br />
Dall’alto: Zooey Deschanel, She & Him; Kevin Drew, Broken Social Scene; The Residents (foto di Elena Morelli)