orbite culturali - Gagarin Magazine
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6/10 gagarin n. 4<br />
quatici) e per adulti (ristoranti, negozi di souvenir)<br />
e ci si rende subito conto che per tre giorni<br />
non si metterà piede fuori dal villaggio, se non<br />
magari per fare la spesa al vicino supermercato<br />
Tesco. Ma, soprattutto, nel giro di pochi minuti<br />
si incontrano i veri padroni di casa, gli animali:<br />
leprotti che corrono spensierati, anatre grandi<br />
come oche (oppure oche colorate come anatre,<br />
non abbiamo ancora capito) che passeggiano<br />
pacifiche sotto le finestre delle camere;<br />
e poi i gabbiani, innumerevoli, che non contenti<br />
di aver nidificato su gran parte dei tetti a disposizione<br />
fungono da colonna sonora<br />
alternativa con i loro versi sempre<br />
differenti e di volta in volta simili<br />
al miagolio di un gatto o al<br />
pianto di un neonato. Basta<br />
girare gli occhi ed eccoli lì<br />
che ti guardano in maniera<br />
distaccata ma al tempo<br />
stesso, forti del loro numero,<br />
sottilmente inquietante. Scoprire<br />
che la tv a circuito chiuso<br />
del villaggio trasmette anche<br />
«Gli uccelli» di Hitchcock non rende<br />
certo la situazione più facile.<br />
Non siamo però venuti fin qui per pensare ai<br />
pennuti, ma alla musica, così dopo un po’ non<br />
vi facciamo più caso. Perché tra tutte e due<br />
le edizioni del festival (dal 7 al 9 e dal 14 al 16<br />
di maggio, rispettivamente) vedremo esibirsi<br />
quasi settanta tra solisti e gruppi: alcuni per<br />
pochi minuti, spinti dalla curiosità e dal dovere<br />
professionale; altri per tutta la durata delle<br />
loro esibizioni; altri ancora, più distrattamente,<br />
approfittando del loro set per mangiare un<br />
E se il connubio<br />
mare + musica<br />
+ divertimentificio vi fa<br />
pensare alla Romagna nella<br />
bella stagione, beh, non ci<br />
siete andati troppo<br />
lontani<br />
hamburger o una fetta di pizza al volo (grazie al<br />
fatto che i punti di ristoro si affacciano sull’area<br />
del palco principale). Qualche nome Protagonisti<br />
assoluti della tre-giorni curata da Groening<br />
sono stati gli Spiritualized, che accompagnati<br />
da coro e orchestra hanno riprodotto per intero<br />
il loro capolavoro «Ladies And Gentlemen<br />
We’re Floating In Space». Stando al report<br />
pubblicato qualche settimana più tardi dal New<br />
Musical Express, si sarebbe trattato di uno<br />
show in grado di emozionare soltanto chi quelle<br />
canzoni le ha vissute in diretta, al momento<br />
della loro uscita.<br />
Può essere; fatto sta che per noi,<br />
che il disco lo comprammo appena<br />
uscito, è stata un’esperienza<br />
mistica, epifanica,<br />
quasi metafisica nella sua<br />
magia avvolgente, con vuoti<br />
e pieni a inseguirsi in un<br />
flusso psichedelico di suoni<br />
e parole ripensando al quale<br />
continueremo ad aver la pelle<br />
d’oca per parecchio tempo. E<br />
poi, in ordine sparso, il classic rock<br />
dei Built To Spill, la sperimentazione<br />
dei vari Liars e Panda Bear, il retrofuturismo<br />
dei Broadcast, la classe immensa di Toumani<br />
Diabaté e le sonorità ipnotiche dei Konono No.<br />
1, il fascino notturno di Hope Sandoval, i deliziosi<br />
She & Him, la sincerità dolorosa e quasi<br />
commovente di Daniel Johnston e l’unicità dei<br />
Residents, fino agli Stooges, con un Iggy Pop<br />
che a tratti sconfina nel macchiettistico – ma,<br />
visto che l’intera estetica del r’n’r è costruita<br />
sulla reiterazione di determinati cliché, non lo<br />
Jason Pierce, Spiritualized (foto di Elena Morelli)<br />
cambieremmo per niente al mondo. Per quanto<br />
riguarda il secondo week end, invece, il ricordo<br />
più bello che abbiamo è la felicità sui volti<br />
dei Pavement, nel corso della loro performance<br />
(impeccabile) e di quelle dei progetti paralleli<br />
che li vedono coinvolti, ma anche durante le<br />
esibizioni dei colleghi, che sovente seguivano<br />
da bordo palco; per non parlare dell’improbabile<br />
seminario tenuto dal di loro batterista Steve<br />
West su un argomento di stretta attualità come<br />
il lavoro di scalpellino. Se poi vogliamo allargare<br />
il cerchio, basterà nominare le leggende<br />
dell’indie-rock neozelandese Clean, i nipponici<br />
Boris, il caos apparente dei Broken Social Scene,<br />
i giovanissimi Avi Buffalo e gli immarcescibili<br />
Fall per far capire che, anche in questo caso,<br />
il livello della proposta era impeccabile. Non è<br />
però – lo ripetiamo – una questione di nomi,<br />
ma di atmosfera, di aria che si respira, a pieni<br />
polmoni e con gli occhi luccicanti di gioia.<br />
Non vi fidate di noi Chiedere conferme a Paul<br />
Smith, il cantante dei Maxïmo Park, sempre<br />
presente all’appuntamento e, con la costanza<br />
e la passione di un fan dei più sfegatati, spesso<br />
in prima fila ad acclamare i propri artisti preferiti.<br />
In occasione del concerto dei Pavement<br />
sfoggiava orgoglioso una maglietta con scritto<br />
«Who The Fuck Is Stephen Malkmus». Lo salutiamo,<br />
l’ultimo giorno, sicuri che ci sarà anche<br />
la prossima volta che torneremo. Possibilmente<br />
molto presto.<br />
* è un giornalista musicale romagnolo trapiantato<br />
in Emilia. Scrive da anni sul Mucchio Selvaggio.<br />
Ha sempre in mente di fondare un’etichetta<br />
discografica vinyl only.<br />
musica arte gusto teatro libri shopping bimbi cinema<br />
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