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newsletter14 - Gerusalemme - Ministero degli Affari Esteri

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n.14 - Marzo/Aprile 2011<br />

NEWSLETTER N.14 1


Questo primo numero del magazine della Cooperazione Italiana a <strong>Gerusalemme</strong><br />

esce in un momento triste per il nostro paese, in concomitanza<br />

con la morte di un concittadino italiano, Vittorio Arrigoni, da<br />

anni impegnato nella Striscia di Gaza.<br />

Tutti noi della Cooperazione Italiana a <strong>Gerusalemme</strong> siamo vicini<br />

alla famiglia di Vittorio ed esprimiamo profondo cordoglio per la sua<br />

tragica scomparsa, ringraziamo, inoltre, tutti coloro che nei Territori<br />

Palestinesi hanno manifestato la loro commossa solidarietà ad ogni<br />

livello.<br />

Non possiamo che dedicare al suo ricordo questa pubblicazione, le cui<br />

pagine raccontano in gran parte delle iniziative nella Striscia di Gaza,<br />

dove Vittorio viveva e si impegnava così a fondo a favore del popolo<br />

palestinese<br />

“Restiamo umani è l’adagio con cui firmavo i miei pezzi per il Manifesto e per il blog ed è un invito a ricordarsi<br />

della natura dell’uomo, io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo<br />

tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia<br />

umana.” (Vittorio Arrigoni)<br />

2<br />

NEWSLETTER N.14


COOPERAZIONE ITALIANA<br />

ALLO SVILUPPO<br />

GERUSALEMME<br />

2, Mujeer Eddin street - Sheik Jarrah<br />

Jerusalem<br />

Tel. 00972 - (0)2 - 5327447<br />

http://www.itcoop-jer.org<br />

Direttore: Silvano Tabbò<br />

• Supervisione della pubblicazione,<br />

raccolta dati e testi:<br />

Alessia Tibollo<br />

tibollo@itcoop-jer.org<br />

• Progetto Grafico:<br />

HMC Studio su design originale<br />

di Daniele Nicoletti<br />

• Parte del materiale fotografico della presente<br />

pubblicazione è stato gentilmente concesso<br />

dalle ONG italiane che hanno contribuito a<br />

questo numero, le altre foto fanno parte<br />

dell’archivio dell’Ufficio della Cooperazione<br />

Italiana allo Sviluppo di <strong>Gerusalemme</strong><br />

SHARING NEWS<br />

Cari lettori,<br />

E’ con grande piacere che presento il nuovo numero del magazine<br />

trimestrale della Cooperazione Italiana, un periodico fatto di<br />

testimonianze, interviste e riflessioni che ci condurrà per tutto il 2011<br />

tra le storie di successo della cooperazione italo-palestinese.<br />

La prima tappa di questo nostro percorso è a Gaza, sulle orme dei<br />

progetti di Emergenza che l’Italia sostiene e finanzia con particolare<br />

scrupolo e interesse. Prima dell’avvio del nuovo Programma<br />

Emergenza del 2011, ci è sembrato opportuno ripercorrere i successi<br />

del Programma 9310, dando spazio ai racconti di alcune delle ONG<br />

italiane impegnate nel 2010 nella gestione di 14 progetti che spaziano<br />

dall’istruzione all’ambiente, dall’agricoltura all’acqua.<br />

In questo nuovo numero approfondiamo un settore chiave quale quello<br />

dello “sviluppo umano”. Sanità, cultura e gender gli ambiti su cui<br />

andremo a restringere il campo, mettendo a fuoco storie di vita,<br />

racconti del personale impegnato nei progetti e interessanti dati su<br />

quanto abbiamo investito in tali settori.<br />

Per seguire l’impegno del nostro paese nel campo sanitario non<br />

possiamo che parlare del P.A.S.T., un ampio programma che, dal 2007<br />

a oggi, ha messo sul tavolo più di 7 milioni di euro a sostegno del<br />

sistema sanitario palestinese.<br />

Ci soffermeremo poi sulla cultura, con un’attenzione particolare al<br />

teatro. Grazie ad un’articolata intervista al Maestro Gabriele Vacis,<br />

uno dei consulenti italiani coinvolti nel progetto TAM: Teatro e Arti<br />

multimediali, racconteremo l’intenso e affascinante percorso di<br />

crescita artistica e umana <strong>degli</strong> allievi del Teatro Nazionale<br />

Palestinese.<br />

Infine, per parlare di “sviluppo umano”, è imprescindibile dare la<br />

parola alle donne, e lo facciamo raccontando un momento speciale: la<br />

giornata internazionale della donna al Mehwar, il primo e più grande<br />

Centro nazionale anti-violenza dedicato alla tutela delle donne<br />

palestinesi, realizzato grazie al sostegno della Cooperazione Italiana.<br />

Muovendoci sempre nell’ambito dello sviluppo umano, abbiamo<br />

ritagliato uno spazio per due importanti progetti finanziati dalla<br />

DGCS e gestiti dalle ONG Terre des Hommes Italia e DISVI, il primo<br />

socio-educativo, il secondo sanitario.<br />

Concludiamo con un focus specifico sul PEGASE, uno strumento<br />

finanziario messo a punto dall’UE a favore delle fasce sociali più<br />

indigenti della popolazione palestinese, cui l’Italia contribuisce, sin dal<br />

2008, con un dono di 27 milioni di euro.<br />

Il nostro paese ha dimostrato e continua a dimostrare impegno per lo<br />

sviluppo in Cisgiordania, a Gaza e a <strong>Gerusalemme</strong> Est e amicizia al<br />

popolo palestinese. Molte sono le cose che restano da fare e tanto<br />

ancora da raccontare nei prossimi numeri del nostro magazine.<br />

Buona Lettura.<br />

Luciano Pezzotti<br />

Console Generale d’Italia a <strong>Gerusalemme</strong><br />

NEWSLETTER N.14 3


SUL WEB<br />

La Newsletter della Cooperazione Italiana a<br />

<strong>Gerusalemme</strong> è disponibile sul sito:<br />

WWW.ITCOOP-JER.ORG<br />

Per iscriversi alla newsletter scrivere a :<br />

utl@itcoop-jer.org<br />

Cooperazione italiana<br />

allo sviluppo<br />

UTL <strong>Gerusalemme</strong><br />

Siti di riferimento:<br />

<strong>Ministero</strong> <strong>degli</strong> <strong>Affari</strong> esteri<br />

www.esteri.it<br />

Consolato d’Italia a <strong>Gerusalemme</strong><br />

www.consgerusalemme.esteri.it<br />

Cooperazione Italiana allo Sviluppo<br />

www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it<br />

EDITORIALE<br />

3<br />

FOCUS SULL’EMERGENZA<br />

2010 UN ANNO DI IMPEGNO A GAZA<br />

5<br />

4 SOMMARIO SANITÀ<br />

20PROGRAMMA P.A.S.T.<br />

CULTURA24<br />

TAM - TEATRO E ARTI MULTIMEDIALI<br />

ONG & PROGETTI<br />

I BAMBINI DI BEIT ULA - Terre des Hommes Italia<br />

31<br />

GENDER<br />

288 MARZO AL MEHWAR<br />

35<br />

ONG & PROGETTI<br />

CLIINICHE MOBILI NEL DESERTO - DISVI<br />

SPECIALE PEGASE37<br />

4<br />

NEWSLETTER N.14


FOCUS EMERGENZA<br />

NEWSLETTER N.14 5


FOCUS EMERGENZA<br />

La situazione sociale, politica ed<br />

economica dei Territori Palestinesi<br />

rende complessa la definizione del<br />

termine “emergenza”. In tale contesto<br />

l’emergenza può essere identificata<br />

come una situazione di bisogno<br />

permanente da parte di alcuni<br />

strati della popolazione, i più vulnerabili,<br />

rispetto alle difficoltà create<br />

quotidianamente dal conflitto<br />

israelo-palestinese. In particolare,<br />

l’emergenza a Gaza è dovuta al permanere<br />

di importanti restrizioni al<br />

passaggio in entrata e in uscita dalla<br />

Striscia di beni e persone. E’ in tale<br />

contesto che si situano gli interventi<br />

della Cooperazione Italiana.<br />

2010, UN ANNO DI IMPEGNO A GAZA<br />

I RISULTATI DEL PROGRAMMA EMERGENZA<br />

Lavorare a Gaza, è ben diverso dall’affrontare<br />

un’emergenza improvvisa<br />

dovuta ad una catastrofe naturale o affrontare<br />

un’emergenza procurata direttamente<br />

dall’uomo i cui effetti siano misurabili<br />

e finiti nel tempo. Per spiegare<br />

l’emergenza in questo contesto si parla,<br />

infatti, di “emergenza strutturale”, una<br />

condizione paradossale di emergenza<br />

permanente che mette a dura prova, non<br />

solo la vita quotidiana della popolazione<br />

palestinese, ma la sua stessa autonomia e<br />

identità. Gli effetti di questa particolare<br />

condizione non sono sufficientemente<br />

evidenziati dagli indicatori tradizionali,<br />

anche se questi ultimi, ad ogni modo,<br />

dimostrano chiaramente come in alcune<br />

aree la popolazione vive spesso al di sotto<br />

della soglia di povertà.<br />

Gli interventi identificati dall’emergenza,<br />

che hanno la priorità di difendere la<br />

vita umana e di supportare le fasce più<br />

disagiate della popolazione, si sviluppano<br />

lungo due direttrici: da un lato,<br />

l’identificazione di azioni durature che<br />

leghino l’intervento di emergenza allo<br />

sviluppo; dall’altro, l’integrazione e il<br />

supporto, dove possibile, delle azioni<br />

che la Cooperazione Italiana ha già avviato<br />

nei Territori Palestinesi, comprese<br />

quelle della Cooperazione Decentrata e<br />

<strong>degli</strong> Enti locali. Tutte le iniziative sono<br />

accomunate dall’obiettivo di fornire una<br />

risposta rapida ai bisogni più impellenti<br />

della popolazione, con particolare attenzione<br />

verso le donne e i minori. Valore<br />

aggiunto dell’operato del nostro paese<br />

consiste nella capacità di creare importanti<br />

sinergie tra i diretti beneficiari, le<br />

Associazioni palestinesi, le Autorità locali,<br />

le Agenzie internazionali, la società<br />

civile e gli Enti Locali italiani.<br />

L’Italia è da anni in prima linea per fronteggiare<br />

l’emergenza a Gaza, centinaia<br />

sono i programmi promossi dall’Ufficio<br />

Emergenze della DGCS, per un contributo<br />

totale che, dal 2000 a oggi, ammonta<br />

a circa 45 milioni di euro<br />

Nel corso del 2010 il programma Emergenza<br />

AID 9310 ha attivato iniziative, a<br />

sostegno della popolazione della Striscia<br />

di Gaza, per un valore di 4 milioni di<br />

euro.<br />

Scopo dell’intervento: proseguire nell’assistenza<br />

e nel supporto della popolazione<br />

della Striscia che, a tutt’oggi, subisce<br />

ancora le conseguenze del grave deterioramento<br />

socio-economico determinato<br />

dall’operazione Piombo Fuso del Dicembre<br />

2008. Ad incidere negativamente sulla<br />

situazione economica della Striscia, si<br />

aggiungono le restrizioni all’accesso di<br />

beni all’interno della stessa e l’impossibilità<br />

di avere un mercato esterno per le<br />

esportazioni.<br />

6<br />

NEWSLETTER N.14


FOCUS EMERGENZA<br />

14 progetti sono stati affidati a ONG italiane e 5 gestiti direttamente dall’UTL attraverso lo staff dell’Ufficio Emergenza. Sanità,<br />

acqua, ambiente, sostegno socio-educativo e supporto economico sono i settori nei quali il programma è intervenuto, a favore dei<br />

gruppi più vulnerabili.<br />

Il Sostegno alle autorità locali si è concretizzato nell’aiuto per l’erogazione dei servizi di base per la popolazione. Intervenire nel settore<br />

dell’acqua ha significato trovare soluzioni per la sua potabilizzazione e per assicurarne una fornitura adeguata per le persone,<br />

gli animali e per l’agricoltura. Con la fornitura di emergenza di beni e servizi per il sistema sanitario si sono ottenute la messa in sicurezza<br />

delle strutture, la realizzazione delle attività di formazione e gestione di servizi sanitari; la fornitura di medicinali essenziali,<br />

presidi medico-sanitari e materiali per l’igiene delle famiglie. In campo agricolo si è lavorato per migliorare l’utilizzo dei terreni in<br />

zone a rischio espropriazione e sostenere gli agricoltori e le loro famiglie, anche attraverso attività di miglioramento delle colture,<br />

gestione, conservazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Attraverso il supporto psico-sociale e la formazione siamo<br />

intervenuti per migliorare le condizioni di vita di donne e minori a rischio di esclusione sociale.<br />

Ognuna delle iniziative raccontate in questo dossier dedicato all’Emergenza è un piccolo ma significativo tassello per aiutare la<br />

popolazione gazawi nella difficile opera di ricostruzione di Gaza, del suo tessuto economico, infrastrutturale e, soprattutto, sociale<br />

e umano.<br />

I settori d'intervento a gaza<br />

Sanità<br />

694.000 EURO<br />

Agricoltura e sicurezza alimentare<br />

1.028.000 EURO<br />

Acqua e ambiente, territorio e gestione<br />

risorse naturali<br />

878.000 EURO<br />

Istruzione, tutela dei gruppi vulnerabili,<br />

promozione ruolo della donna<br />

1.130.000 EURO<br />

Costi di gestione<br />

270.000 EURO<br />

TOTALE 4.000.000 EURO<br />

NEWSLETTER N.14 7


FOCUS EMERGENZA<br />

LE ONG DEL PROGRAMMA EMERGENZA SI RACCONTANO<br />

Specialisti italiani e palestinesi a confronto: così AISPO fa cooperazione nel settore<br />

sanitario<br />

ONG<br />

Titolo<br />

Progetto<br />

Localizzazione<br />

Importo<br />

Progetto<br />

Settore<br />

AISPO<br />

Miglioramento dei servizi<br />

sanitari di base<br />

attraverso il potenziamento<br />

dell’Unità di<br />

Ingegneria Clinica della<br />

Striscia di Gaza<br />

Intera Striscia di Gaza 326.000 euro Sanità<br />

Oggetto dell’intervento di Emergenza di AISPO è stato<br />

il potenziamento del servizio ospedaliero a Gaza, da cui<br />

dipende la sicurezza e spesso la vita di ogni paziente.<br />

Tra le attività previste, il Capo Progetto Emilio Bagarella ha<br />

fatto sì che quattro ingegneri dell’Unità di Ingegneria Clinica<br />

della Striscia di Gaza potessero frequentare uno stage formativo<br />

e di aggiornamento professionale presso l’omologo servizio<br />

dell’Ospedale San Raffaele a Milano, di cui AISPO è emanazione<br />

diretta.<br />

Grazie alla rappresentante dell’AISPO in loco Alessandra Rossi<br />

e alla preziosa collaborazione fornita dal Consolato d’Italia<br />

a <strong>Gerusalemme</strong>, nei mesi di novembre e dicembre 2010 i quattro<br />

specialisti palestinesi sono finalmente giunti a Milano.<br />

Oggi, a progetto concluso, è interessante ripercorrere le sue<br />

tappe attraverso le parole di coloro che hanno quotidianamente<br />

collaborato con gli specialisti di Gaza nell’ospedale San<br />

Raffaele di Milano.<br />

Quale è stato il contatto umano con gli ospiti palestinesi<br />

Rosanna (Accompagnatrice/traduttrice): “L’anno scorso ave-<br />

8<br />

NEWSLETTER N.14


FOCUS EMERGENZA<br />

vo già avuto a che fare con tecnici palestinesi<br />

provenienti da <strong>Gerusalemme</strong> Est<br />

ma la differenza è notevole. La situazione<br />

di isolamento e stress in cui vivono a<br />

Gaza influisce sul fatto che i colleghi appaiano<br />

molto riservati, quasi intimiditi;<br />

a differenza dei precedenti, più aperti ed<br />

abituati al contatto interpersonale.”<br />

Anna Maria (Responsabile borse di<br />

studio dell’AISPO): “Anch’io condivido<br />

quest’impressione. Li ho trovati gentilissimi<br />

ma silenziosi, molto riservati”<br />

Ivo (Tecnico che a Gaza ha tenuto corsi<br />

di formazione a beneficio di quanti non<br />

si erano potuti recare a Milano ): “Sotto<br />

la scorza di apparente riservatezza io ho<br />

colto un grande entusiasmo per essere<br />

venuti a Milano; senza parlare dello<br />

stesso entusiasmo con cui mi hanno poi<br />

accolto a Gaza! Secondo me il prolungato<br />

isolamento non ha scalfito, se non in<br />

superficie, il tradizionale senso dell’ospitalità<br />

e della disponibilità palestinese.<br />

Margherita (Addetta al servizio ospiti):<br />

“Io ho anche avuto la possibilità di parlare<br />

con loro di società, di politica, di costume.<br />

Li ho trovati fortemente motivati<br />

a voler contribuire, con il loro lavoro, ad<br />

un futuro più sereno per il loro popolo.”<br />

E dal punto di vista professionale, invece<br />

Diego (Responsabile del servizio di<br />

Ingegneria Clinica del San Raffaele di<br />

Milano): “ Ho trovato gli ingegneri palestinesi<br />

preparati ed in grado di eseguire<br />

interventi complessi sulle macchine. A<br />

Gaza, invece, bisogna fare di ogni necessità<br />

virtù. Ho apprezzato in loro l’interesse<br />

a vedere e “toccare con mano” le<br />

nostre metodologie per risolvere i problemi.<br />

Rosanna e Ivo: “ Vi abbiamo riscontrato<br />

un’eccellente preparazione professionale,<br />

maturata nelle università egiziane, irachene<br />

e del Kuwait, ma anche l’impossibilità,<br />

per oggettiva carenza di risorse,<br />

di garantire la piena sicurezza di pazienti<br />

ed operatori. Da qui l’attitudine a lavorare<br />

in perenne stato di emergenza e a<br />

doversi inventare ogni giorno soluzioni<br />

diverse.”<br />

A questo proposito, quali sono state le<br />

maggiori problematiche emerse nel loro<br />

lavoro a Gaza<br />

Ivo: “ Senza dubbio la difficoltà di procurarsi<br />

i pezzi di ricambio in tempi ragionevoli,<br />

senza parlare delle continue<br />

interruzioni nella fornitura di energia<br />

e di acqua potabile. Davanti ad una situazione<br />

di questo genere, ho cercato di<br />

proporre loro le nostre soluzioni organizzative<br />

e gestionali di più agevole applicazione<br />

in quel contesto”.<br />

Quali sono le principali differenze nel<br />

modo di operare tra Milano e Gaza<br />

Rosanna: I Palestinesi di Gaza devono<br />

continuamente ovviare e “mettere pezze“<br />

al blocco di forniture regolari imposto<br />

dalla situazione politica ed anche alla<br />

mancanza di aiuto da parte delle ditte<br />

costruttrici che in Italia, invece, interagiscono<br />

costantemente con i loro ospedali<br />

clienti; ciò costringe spesso a tenere forzatamente<br />

ferme attrezzature costosissime<br />

ed utili ai pazienti per il mancato<br />

arrivo di banali pezzi di ricambio.<br />

Diego: “Il nostro è un lavoro fortemente<br />

caratterizzato da connotazioni gestionali<br />

ed organizzative al fine di assicurare a<br />

pazienti e colleghi la maggiore efficienza<br />

possibile di ogni apparecchiatura”<br />

Rosanna: “A Gaza, invece, sono quasi<br />

sempre costretti ad intervenire tecnicamente<br />

in maniera diretta per ovviare ai<br />

problemi di ordinaria manutenzione e di<br />

contrasto alla naturale usura.”<br />

Un bilancio complessivo dell’esperienza<br />

maturata <br />

Tutti: “Positiva, sicuramente positiva!<br />

In tutti è stato forte il desiderio di dare<br />

il nostro contributo, sia da Milano che<br />

recandoci nei Territori Palestinesi, per<br />

il miglioramento delle condizioni di lavoro<br />

dei colleghi e quindi della sanità<br />

palestinese.”<br />

Contributo di Giuliano<br />

Brumat - AISPO<br />

NEWSLETTER N.14 9


FOCUS EMERGENZA<br />

AHLAN WA SAHALAn! Il COSPE vi da il benvenuto al centro di risorse di genere per<br />

l’empowerment delle donne a Gaza City<br />

ONG<br />

Titolo<br />

Progetto<br />

Localizzazione<br />

Importo<br />

Progetto<br />

Settore<br />

COSPE<br />

Doing Gender: un<br />

Centro Risorse di Genere<br />

per L’Emporwerment delle<br />

Donne a Gaza<br />

Gaza City 186.100 euro Istruzione,<br />

Tutela dei<br />

gruppi vulnerabili,<br />

promozione<br />

del ruolo della<br />

donna.<br />

“Prima di venire qui ero disperata, ma grazie all’aiuto che ho trovato ora ho<br />

il sostegno psicologico di cui ho bisogno per migliorare la mia vita”: così<br />

Asmaa Badwa, 23 anni, un bel volto nascosto dal Niqab, il velo integrale,<br />

“che metto per uscire, dato che non voglio rinunciare a truccarmi: la mia famiglia<br />

me lo permette se però in pubblico mi copro”, spiega con un sorriso<br />

durante l’incontro avvenuto in Agosto, a Gaza City.<br />

Parole che riconoscono appieno l’utilità del progetto che il Cospe, insieme all’associazione<br />

Orlando e a Women - Rete delle donne del Mediterraneo, ha avviato a Gaza nel<br />

marzo 2010, aprendo un Centro Risorse di Genere per le donne in uno stabile in città,<br />

già sede del partner locale, la Working Women Society for Development.<br />

Il Centro è stato aperto nel maggio 2010, con il proposito di fare da ponte tra le donne<br />

e di offrire una serie di servizi collegati ad associazioni specifiche in materia di salute,<br />

assistenza legale e psicologica. In sostanza, un Centro che offre un servizio di ascolto<br />

e supporto, oltre a promuovere cultura e consapevolezza dei diritti delle donne nella<br />

Striscia.<br />

Nei primi tre mesi di attività sono state coinvolte 200 donne, e la richiesta maggiore<br />

dalle beneficiarie è quella di ascolto e di aiuto a risolvere i problemi del quotidiano.<br />

In un Open Day tenutosi per informare la popolazione sull’esistenza del Centro e<br />

sulle opportunità che offre “sono venute 60 donne, che abbiamo portato al mare, per<br />

dare loro l’opportunità di staccare dal quotidiano e di vivere una giornata particolare.<br />

Le abbiamo divise in 3 gruppi di lavoro cui a turno hanno partecipato tutte. Il<br />

primo gruppo era di disegno espressivo sul tema dei ruoli in famiglia: “ciò che mi ha<br />

10<br />

NEWSLETTER N.14


FOCUS EMERGENZA<br />

molto colpita è stato vedere come quasi<br />

tutte abbiano disegnato i mariti con il telecomando<br />

in mano distesi in poltrona”<br />

spiega Adriana Zega, la coordinatrice<br />

del Centro. Questi disegni sono il segno<br />

di una realtà, quella <strong>degli</strong> uomini disoccupati<br />

che ciondolano tra televisione e<br />

giochi di carte, che è sempre più attuale<br />

e problematica nella Striscia di Gaza ma<br />

non solo. La mancanza di lavoro e la grave<br />

situazione economica stanno creando<br />

dei cambiamenti sociali molto profondi<br />

nella società palestinese, che implicano<br />

la femminilizzazione del lavoro ma<br />

anche la messa in discussione dei ruoli<br />

all’interno della famiglia. Uno stravolgimento<br />

che, pur non ancora definito né<br />

definibile a pieno, è tuttavia sempre più<br />

un dato di fatto.<br />

Entusiaste dell’Open Day sono anche<br />

tutte le donne dello staff: “È stato magnifico,<br />

le donne erano felici; è importante<br />

creare dei momenti così perché<br />

hanno bisogno di essere incoraggiate e<br />

sostenute, sia economicamente che psicologicamente.<br />

Hanno bisogno di vivere<br />

in sicurezza, far crescere i figli in un<br />

paese tranquillo, avere la sanità e l’istruzione<br />

garantite” ci dice Néama Ibrahim<br />

un’operatrice del Centro.<br />

Najwa e Néama, ci parlano delle beneficiarie<br />

del progetto. “Sono donne che provengono<br />

da tutta la Striscia, con problemi<br />

legali, psicologici, economici. Hanno<br />

diverse età, ma maggiormente tra i 18<br />

e i 35 anni. Spesso lamentano violenza<br />

domestica, e se i problemi sono grossi<br />

le indirizziamo a chi può occuparsene<br />

nel dettaglio. Purtroppo però, le donne<br />

non denunciano molto, soprattutto legalmente,<br />

si preferisce risolvere le cose<br />

in famiglia, coinvolgendo gli uomini che<br />

nel clan hanno un certo potere”.<br />

Un aspetto molto importante del Centro è che raggiunge donne di diversa estrazione<br />

sociale: tra le meno agiate c’è Zahdeya, vedova, 52 anni, 20 figli, di cui 7 morti. Vive in<br />

un campo profughi a Gaza City, fa la casalinga, vende il cibo che cucina per mantenere<br />

la famiglia composta da 13 persone, di cui 4 figli disabili. “C’è una grande distanza<br />

tra ricchi e poveri. Potendo me ne andrei in un posto dove non ci sia così tanta povertà,<br />

ci sia elettricità e nessuna pressione psicologica, che è il problema maggiore per le<br />

donne”. Zahdeya è venuta al Centro in cerca di aiuto per le figlie, una sorda e una con<br />

problemi di dislessia. Dopo aver partecipato all’Open Day, è cresciuto in lei il desiderio<br />

di unirsi ad altre attività, coinvolgendo anche amiche e vicine di casa “perché qui<br />

ho trovato qualcuno che mi ascolta”.<br />

Ascolto e sostegno: gli obiettivi immediati del progetto sono stati raggiunti. “Ora -<br />

conclude Adriana Zega - bisogna centrare l’obiettivo a lungo termine: far diventare<br />

questo Centro un punto di riferimento per creare uno spazio stabile che proponga<br />

modelli di rafforzamento non solo economico ma anche politico e formativo, strumenti<br />

che durino e che siano riproducibili”.<br />

Contributo di Irene Panighetti per COSPE<br />

NEWSLETTER N.14 11


FOCUS EMERGENZA<br />

Essere disabili a Gaza: una sfida quotidiana per la normalità insieme a Terre des Hommes<br />

Italia<br />

ONG<br />

Titolo<br />

Progetto<br />

Localizzazione<br />

Importo<br />

Progetto<br />

Settore<br />

TDH<br />

Sostegno alla situazione<br />

sanitaria e nutrizionale in<br />

particolare dei bambini/e<br />

vulnerabili del<br />

governatorato di Gaza<br />

Nord – Fase II<br />

Governatorato Nord-Gaza 368.000 euro Sanità<br />

L’Ong Terre des Hommes Italia è intervenuta in supporto dei<br />

bambini maggiormente vulnerabili dei villaggi di Umm an-Nasser<br />

e Izbet Beit Hanoun e di una parte delle aree di Jabalia e Beit Lahiya,<br />

In questa intervista a Pia Cantini, Rappresentante Paese di<br />

Terre des Hommes Italia, approfondiamo le tappe di un progetto<br />

che è riuscito a portare assistenza a 5000 bambini e bambine di età<br />

inferiore ai 5 anni e a oltre 2000 famiglie nel governatorato nord<br />

di Gaza.<br />

Vivere nella Striscia di Gaza è difficile per ogni bambino, ma ancor più<br />

per chi quotidianamente convive con una disabilità cronica. Quanti sono<br />

i bambini in questa situazione e su quali casi intervenite maggiormente<br />

I dati ufficiali rivelano la percentuale di<br />

disabili nei Territori Palestinesi al 5,3%<br />

della popolazione totale, tra questi circa<br />

un terzo delle persone sarebbero affette<br />

da disabilità fisiche e un altro 25% circa<br />

da disabilità sensoriali.Con il nostro progetto<br />

siamo voluti intervenire presso tutte<br />

le famiglie con bambini disabili individuati<br />

senza prefissarsi un obiettivo in termini<br />

di tipologia di disabilità, solo in un<br />

secondo momento si è reso evidente che<br />

la maggior parte dei bambini con cui si è<br />

lavorato è affetta da paralisi cerebrale.<br />

12<br />

NEWSLETTER N.14


FOCUS EMERGENZA<br />

Come avete affrontato la sfida di rendere la disabilità un fattore<br />

di minore vulnerabilità per i bambini coinvolti nel progetto<br />

Come ha influito nella loro vita quotidiana il vostro apporto<br />

Il primo passo verso l’integrazione del bambino nella comunità,<br />

e contro la stigmatizzazione della disabilità è educare le<br />

famiglie e gli stessi bambini ai diritti del disabile, ai servizi disponibili<br />

e ad una migliore comprensione della condizione del<br />

bambino e delle sue potenzialità di sviluppo e miglioramento.<br />

A questo si abbina poi il lavoro di riabilitazione, per lo più<br />

svolto a domicilio, nel quale i membri della famiglia svolgono<br />

un ruolo determinante, aiutando i bambini nell’esecuzione<br />

<strong>degli</strong> esercizi di fisioterapia e logopedia prescritti e, dove possibile,<br />

nel raggiungimento di una maggiore autonomia.<br />

Sta aumentando la sensibilità sociale nei confronti del tema<br />

della disabilità Qual è stato il contributo del vostro progetto<br />

in questo senso<br />

Dal 1999 esiste nell’ordinamento palestinese una legge a tutela<br />

dei diritti dei disabili che sancisce l’accesso ai servizi di salute,<br />

educazione e riabilitazione, promovendone l’integrazione nel<br />

mondo del lavoro. La strada per la reale applicazione di tali<br />

leggi appare tuttavia ancora lunga. Ad esempio solo il 20% dei<br />

disabili in età adulta ha un’occupazione, mentre più della metà<br />

dei disabili non ha ricevuto alcun tipo di educazione, e meno<br />

del 70% accede a servizi di riabilitazione.<br />

Abbiamo lavorato con campagne di sensibilizzazione e informazione<br />

per influire sulla percezione del disabile e sulla conoscenza<br />

dei temi legati alla disabilità. Nel mese di dicembre,<br />

abbiamo fatto partecipare un gruppo di bambini coinvolti<br />

nel progetto alle manifestazioni pubbliche che si sono svolte<br />

a Gaza in occasione della giornata mondiale della disabilità.<br />

I bambini hanno così avuto la preziosa opportunità di uscire<br />

dalla propria casa e incontrare i loro coetanei con cui hanno<br />

trascorso una giornata di gioco e divertimento.<br />

Contributo di Pia Cantini - TdH Italia<br />

NEWSLETTER N.14 13


FOCUS EMERGENZA<br />

Sostenere gli allevatori beduini a Gaza con Oxfam Italia<br />

ONG<br />

Titolo<br />

Progetto<br />

Localizzazione<br />

Importo<br />

Progetto<br />

Settore<br />

OXFAM ITALIA<br />

(UCODEP)<br />

Sostegno <strong>degli</strong> allevatori<br />

della Striscia di Gaza<br />

Khan Younis 354.000 euro Agricoltura e<br />

sicurezza<br />

alimentare<br />

Obiettivo dell’intervento di Ucodep<br />

(da agosto 2010 divenuta Oxfam<br />

Italia) è stato il rafforzamento della<br />

sicurezza alimentare <strong>degli</strong> allevatori<br />

attraverso il miglioramento della<br />

nutrizione, salute e produzione animale.<br />

Le comunità beduine che vivono di pastorizia<br />

sono, infatti, tra le fasce più vulnerabili<br />

della popolazione residente nelle<br />

Striscia di Gaza e tra quelle più duramente<br />

colpite dall’ultimo intervento militare<br />

israeliano “Piombo Fuso” (che ha provocato<br />

la distruzione <strong>degli</strong> allevamenti<br />

e l’uccisione di molti capi nelle greggi) e<br />

dalle chiusure imposte dalle stesse autorità<br />

israeliane a tutta la Striscia.<br />

Si registra una diminuzione dell’estensione<br />

delle aree di pascolo, con conseguente<br />

aumento della dipendenza <strong>degli</strong><br />

allevatori dall’acquisto di granaglie per<br />

la nutrizione animale. L’assenza di un<br />

servizio di veterinaria efficace e le cattive<br />

pratiche diffuse tra gli allevatori hanno<br />

peggiorato le condizioni igieniche <strong>degli</strong><br />

allevamenti, ulteriormente aggravate<br />

dall’ingresso di nuovi capi di bestiame<br />

nella Striscia attraverso i tunnel con<br />

l’Egitto, senza essere sottoposti ad alcun<br />

preventivo controllo veterinario. Tutto<br />

ciò ha inciso notevolmente sulle capacità<br />

produttive <strong>degli</strong> allevamenti, sia in<br />

termini quantitativi che qualitativi, minando<br />

le possibilità di sussistenza <strong>degli</strong><br />

allevatori della Striscia.<br />

L’intervento realizzato da Oxfam Italia<br />

in collaborazione con l’ONG palestinese<br />

UAWC ha coinvolto quattro comunità<br />

beduine del Distretto di Khan Younis:<br />

Al Mawasi Khan Younis, Al Matahen,<br />

Qizan An Najjar e Qizan Rashwan. 234<br />

famiglie con 1.520 beneficiari diretti<br />

hanno potuto usufruire delle varie attività<br />

previste all’interno del progetto.<br />

L’assistenza tecnica e veterinaria è stata<br />

fornita tramite un’unità mobile: si sono<br />

effettuate, tra l’agronomo e il veterinario,<br />

oltre 900 field visit, durante le quali lostaff<br />

tecnico locale ha fornito assistenza e<br />

formazione presso ciascun allevamento,<br />

distribuendo mangimi e kit veterinari.<br />

Sulla base delle esigenze emerse nel corso<br />

delle visite di campo si sono fatti interventi<br />

più mirati: sono stati installati<br />

serbatoi per acqua, nuovi ricoveri per<br />

animali e altri sono stati riabilitati presso<br />

gli allevamenti beneficiari.<br />

Si è voluto intervenire anche dando importanza<br />

alle donne della comunità di Al<br />

Matahen, migliorando le loro capacità<br />

produttive: sono stati distribuiti materiali<br />

e attrezzature per la produzione casearia<br />

per avviare una prima produzione<br />

di latticini di qualità sia per l’auto consumo<br />

che per la vendita presso le comunità<br />

limitrofe.<br />

Si è inoltre sperimentata la creazione a<br />

livello familiare di foraggere per l’alimentazione<br />

<strong>degli</strong> animali. Al fine di<br />

massimizzare i risultati, Oxfam Italia ha<br />

promosso l’instaurarsi di sinergie tra i<br />

vari attori del settore e le differenti realtà<br />

locali. Un esempio concreto: lo scambio<br />

di competenze nella produzione di latticini<br />

di qualità tra i partner di Oxfam<br />

Italia nelle attività realizzate a Tubas,<br />

in Cisgiordania. Data l’impossibilità<br />

per i tecnici esperti di Tubas di entrare<br />

a Gaza, sono state realizzate numerose<br />

videoconferenze che, abbattendo le barriere,<br />

hanno permesso di valorizzare le<br />

specifiche esperienze.<br />

Contributo di Matteo<br />

Crosetti - Oxfam Italia<br />

14<br />

NEWSLETTER N.14


FOCUS EMERGENZA<br />

Il lavoro di Overseas per risollevare la produzione agricola nel Nord di Gaza<br />

ONG<br />

Titolo<br />

Progetto<br />

Localizzazione<br />

Importo<br />

Progetto<br />

Settore<br />

OVERSEAS<br />

Riabilitazione del capitale<br />

agricolo e sviluppo di<br />

un’agricoltura integrata<br />

nel Nord della Striscia di<br />

Gaza<br />

Governatorato Nord-Gaza 190.000 euro Agricoltura e<br />

sicurezza<br />

alimentare<br />

Overseas è intervenuta nel Nord e nel centro della striscia di Gaza per<br />

permettere ai contadini residenti di ritornare a coltivare i terreni colpiti<br />

dall’operazione Piombo Fuso del Dicembre 2008. L’Obiettivo del progetto è<br />

stato di migliorare le condizioni di vita delle famiglie rurali palestinesi sotto<br />

il profilo della sicurezza alimentare incrementando la produzione agricola<br />

nelle aree del Nord e del Centro della Striscia di Gaza e di supportare le<br />

famiglie rurali nel recupero ed utilizzo del capitale agricolo (terreni aperti<br />

e serre) e delle relative strutture irrigue distrutte durante l’ultima guerra e<br />

le successive incursioni.<br />

Quali sono per i contadini le condizioni di accesso alla terra nella Striscia di Gaza, a<br />

due anni dall’operazione Piombo Fuso<br />

Le condizioni dei contadini nella Striscia di Gaza rimangono critiche. L’accesso alle<br />

terre limitrofe alla buffer zone continua ad essere vietato per centinaia di metri oltre il<br />

limite stabilito dall’IDF di 300m, numerosi sono stati i casi di contadini colpiti e uccisi<br />

da proiettili israeliani mentre lavoravano le loro terre; l’insicurezza ha obbligato centinaia<br />

di famiglie ad allontanarsi dalle proprie case e dalle proprie terre, con la conseguenze<br />

di ritrovarsi sfollati senza alcun mezzo di sostentamento. Molti per paura che<br />

la no go area possa estendersi ulteriormente continuano a coltivare in aree a rischio.<br />

Sicuramente migliore la condizione di chi abita e lavora le terre interne. La comunità<br />

internazionale, e in prima linea la Cooperazione Italiana, ha in questi due anni supportato<br />

la riabilitazione delle strutture agricole prime fra tutte le serre per la produzione<br />

intensiva di vegetali, ma ancora centinaia sono i dunum * di terra improduttivi a<br />

causa dei danneggiamenti provocati dalla guerra e dalle invasioni dell’esercito.<br />

*Un donum corrisponde a circa 1000 m 2<br />

NEWSLETTER N.14 15


FOCUS EMERGENZA<br />

Che tipo di problemi e quali criticità avete incontrato durante l’anno nella realizzazione del progetto<br />

La criticità maggiore è stata il coinvolgimento delle donne contadine nella formazione, nel Sud soprattutto. L’interesse per la produzione<br />

orticola intensiva ha riguardato più gli uomini che le donne. Un’altra criticità è stata l’accesso ad alcune terre ad Est della<br />

Striscia, questo ha comportato l’impossibilità di sostenere i contadini con le terre troppe vicine alla buffer zone. Solo in un caso si è<br />

potuto intervenire riabilitando però solo 4 dei 47 dunum distrutti dalle incursioni.<br />

Come siete riusciti a coinvolgere i giovani e le donne nella realizzazione delle diverse attività<br />

Il coinvolgimento nelle attività è stato soprattutto per le donne ed i giovani che avevano interesse nella produzione orticola intensiva.<br />

I risultati maggiormente soddisfacenti sono arrivati proprio dai giovani contadini impegnati nella coltivazione di pomodori e<br />

cetrioli. L’impegno dimostrato per sconfiggere il baco della tuta absoluta, che ha devastato le coltivazioni del mediterraneo nell’estate<br />

2010, è stato molto alto e quindi anche i risultati sono stati ottimi. Il coinvolgimento è stato attivo fin dal principio ed ha garantito<br />

che le attività venissero seguite con costanza e attenzione.<br />

Spazi verdi e orti domestici a Gaza: il duplice intervento di ACS<br />

Contributo di Rosella Bonarrigo - Overseas<br />

ONG<br />

Titolo<br />

Progetto<br />

Localizzazione<br />

Importo<br />

Progetto<br />

Settore<br />

ACS<br />

Intervento di riabilitazione di<br />

orti botanici (homegardens)<br />

a favore di nuclei familiari<br />

vulnerabili<br />

Gaza City e Deir al-Balah 222.000 euro Agricoltura e<br />

sicurezza<br />

alimentare<br />

ACS<br />

Recupero e riabilitazione di<br />

spazi verdi pubblici<br />

Gaza City e Rafah 161.000 euro Acqua e<br />

ambiente, Territorio<br />

e gestione<br />

risorse naturali<br />

Il progetto Spazi Verdi è stato pensato da ACS per rispondere all’emergenza in cui versano alcune aree della Striscia:<br />

la qualità dell’ambiente pubblico sta subendo un costante peggioramento negli anni, dovuto alle conseguenze delle<br />

incursioni militari, all’incapacità <strong>degli</strong> enti locali di provvedere ai servizi di pulizia e alla scarsità di risorse (acqua<br />

ed elettricità).<br />

A pagare il prezzo più alto di questo degrado e della nocività che ne scaturisce sono le fasce più povere della popolazione e gli<br />

individui più vulnerabili come i bambini, che in alcune aree come i campi profughi, non dispongono di alcuno spazio salubre e<br />

confortevole per giocare.<br />

16<br />

NEWSLETTER N.14


FOCUS EMERGENZA<br />

fresco e un’alimentazione varia dal punto di vista nutrizionale.<br />

Convertendo a piccole attività agricole i cortili domestici in<br />

base ai metodi della produzione integrata – che ottimizza la resa<br />

delle risorse disponibili prediligendo soluzioni a contenuto impatto<br />

ambientale - e includendo la distribuzione di unità di produzione<br />

animale (pollame), gli orti realizzati hanno contribuito<br />

al raggiungimento della soglia di sicurezza alimentare delle famiglie<br />

per una percentuale stimata tra il 50% e il 70%.<br />

ACS è intervenuta recuperando alcune aree urbane e rendendole<br />

luoghi meno pericolosi oltre che ambienti di piacevole<br />

ricreazione. Tre le aree coinvolte: Gaza City, Shoka (nel sud<br />

est della Striscia) e il campo profughi di Shabura (Comune di<br />

Rafah). A questi si è aggiunto un quarto intervento nel giardino<br />

della scuola Sukaina di Deir al Balah. Dopo aver provveduto<br />

alla preparazione del terreno con lavori di pulitura e livellamento<br />

si è provveduto all’installazione di mobilio urbano<br />

(panchine, pergole in legno, cestini per i rifiuti) e giochi per<br />

bambini (scivoli, altalene, girelle, bilance).<br />

Il progetto ha interessato le aree semi-urbane dei distretti di<br />

Gaza City e Deir al-Balah, aree particolarmente devastate delle<br />

operazioni militari israeliane. In fase di selezione dei nuclei<br />

beneficiari ha accordato priorità a quelli a direzione femminile,<br />

cioè quelli in cui, venuta a mancare la componente maschile,<br />

l’onere di provvedere ai fabbisogni della famiglia ricade esclusivamente<br />

sulla donna. Le attività di agricoltura domestica sono,<br />

di fatto, occupazione soprattutto femminile, non solo a Gaza o<br />

in Cisgiordania, e contribuiscono a riscattare le donne dall’isolamento<br />

patito in certi contesti, poiche’ consentono loro di contribuire<br />

al reddito familiare.<br />

Contributo di Marina Errico – ACS<br />

Alberi da frutta e ortaggi con il duplice obiettivo di valorizzare<br />

il giardino ed istruire le alunne sulle pratiche dell’agricoltura,<br />

sono stati piantati nella scuola Sukaina di Deir al BAlah, mettendo<br />

in piedi una sorta di “fattoria didattica”. Gli agronomi<br />

del PARC, partner locale di ACS, hanno così svolto diverse<br />

lezioni, coinvolgendo studentesse e insegnanti, su agricoltura,<br />

ambiente e acqua.<br />

Il progetto <strong>degli</strong> Orti Domestici è invece partito da una<br />

verità certa: l’accesso ad un’alimentazione sana e varia<br />

è prerequisito indispensabile per una vita dignitosa.<br />

La Striscia di Gaza negli ultimi anni ha registrato tassi<br />

allarmanti di malnutrizione e insicurezza alimentare.<br />

Il sostegno all’auto-produzione di cibo, anche a livello<br />

dei singoli nuclei domestici, è una strategia che consente<br />

di incidere nella disponibilità di risorse alimentari<br />

dei beneficiari.<br />

ACS ha realizzato 150 orti domestici per famiglie a rischio di<br />

insicurezza alimentare, garantendo loro accesso duraturo a cibo<br />

NEWSLETTER N.14 17


FOCUS EMERGENZA<br />

Save the Children: tanti sono gli ostacoli ad una crescita sana dei bambini a Gaza<br />

ONG<br />

Titolo<br />

Progetto<br />

Localizzazione<br />

Importo<br />

Progetto<br />

Settore<br />

Save the<br />

Children<br />

Sostegno educativo e<br />

protezione dei minori a<br />

rischio fondata sul<br />

coinvolgimento delle<br />

comunità locali nella<br />

Striscia di Gaza<br />

Rafah e Khan Younis –<br />

Qarara e Khoza’a<br />

266.000 euro Istruzione, Tutela dei<br />

gruppi vulnerabili,<br />

promozione del ruolo<br />

della donna<br />

Save the Children Italia lavora a<br />

Gaza per assicurare la protezione<br />

dei bambini e delle bambine che<br />

vivono nelle zone della Striscia più<br />

colpite dal conflitto, dalla violenza,<br />

dall’abuso, dall’abbandono e dallo<br />

sfruttamento. Degli ostacoli affrontati<br />

quotidianamente dai bambini e<br />

del delicato lavoro di sostegno psicologico<br />

e socio-educativo, parliamo<br />

con Sara Valerio, che ha seguito<br />

per tutto il 2010 un progetto per la<br />

tutela dei diritti fondamentali dei<br />

ragazzi e delle ragazze a Gaza.<br />

A due anni di distanza da “Piombo Fuso”,<br />

cosa vuol dire crescere a Gaza<br />

Nonostante gli innumerevoli sforzi<br />

compiuti dalle organizzazioni umanitarie<br />

e della società civile, l’impatto della<br />

guerra sulle condizioni psico-sociali dei<br />

bambini rimane ancora vivo. Sono ancora<br />

troppi gli ostacoli che impediscono,<br />

di fatto, la loro crescita e il loro sviluppo.<br />

Crescere a Gaza significa continuare<br />

a sognare tutto quello cui un’infanzia<br />

avrebbe diritto ma che a Gaza viene negato:<br />

il diritto alla vita, al gioco, all’educazione, alla libera espressione di pensiero, e<br />

alla protezione. La quotidianità è segnata dalla sopravvivenza. Solo qualche mese fa,<br />

3 ragazzi di 14 anni beneficiari del progetto che Save the Children Italia ha realizzato<br />

nella Striscia, sono rimasti feriti nello scoppio di un ordigno inesploso all’ingresso<br />

della loro scuola a Khoza’a, mentre festeggiavano la fine del primo semestre.<br />

Quali sono le fasce di età più a rischio e gli interventi specifici secondo l’età dei ragazzi<br />

coinvolti nel progetto<br />

La fascia di età più a rischio è quella adolescenziale, tra i 14 e i 18 anni. La problematica<br />

è riconducibile a un alto tasso di abbandono scolastico dovuto a matrimoni precoci<br />

e alle difficoltà economiche delle famiglie che spingono i ragazzi/e a lavorare, oltre<br />

alla totale assenza di centri di aggregazione giovanili e programmi extra-curriculari.<br />

La maggior parte <strong>degli</strong> adolescenti che vivono in questi villaggi non ha accesso a programmi<br />

di studio o di svago al di fuori della scuola e trascorre gran parte del tempo<br />

libero in strada o in casa. Questo conduce ad un alto rischio di esposizione alla violenza,<br />

abuso e sfruttamento. Il nostro intervento mira ad aumentare il rendimento<br />

scolastico, prevenire il rischio di abbandono e la promozione della loro partecipazione<br />

all’interno delle comunità in cui vivono con l’organizzazione di campagne di<br />

advocacy, per renderli attivamente partecipi nella promozione dei diritti dell’infanzia.<br />

Trasversalmente è stato assicurato un supporto psicologico all’interno dei due Centri<br />

di Protezione creati nella prima fase del progetto nel 2009, mettendo a disposizione<br />

quattro punti di consulenza aperti ai giovani e a tutta la comunità. La necessità di<br />

mantenere attivo il servizio è stato dettato da un numero ancora crescente di accessi ai<br />

Centri e ai quattro psicologi che hanno ricevuto nel 2010 oltre 400 casi di bambini/e,<br />

famiglie e membri della comunità.<br />

Quali sono le attività che vi permettono di aiutare i ragazzi e le ragazze ad affrontare<br />

18<br />

NEWSLETTER N.14


FOCUS EMERGENZA<br />

abbiano bisogno di cure specifiche, si<br />

provvede ad indirizzarli verso istituti<br />

professionali.<br />

Quali attività svolgete per sensibilizzare<br />

la comunità riguardo ai diritti dei minori<br />

Che riscontri avete<br />

una realtà difficile come quella di Gaza Che cosa emerge dai ragazzi durante le attività<br />

che organizzate<br />

Le attività previste dal progetto sono state disegnate per proteggere gli adolescenti<br />

da violenza, abuso, abbandono e sfruttamento. Le attività mirano da un lato ad offrire<br />

supporto psicologico, per aiutarli a superare i traumi nati a seguito della guerra<br />

(perdita di familiari, di amici, della casa ecc), dall’altro a promuovere la loro partecipazione<br />

attiva all’interno delle comunità mediante l’organizzazione di campagne di<br />

advocacy per il rispetto dei loro diritti. Dalle attività realizzate emerge chiaramente<br />

una situazione psico-sociale ancora instabile, poiché i traumi, secondo gli educatori<br />

e gli psicologi, sono chiaramente percepibili. Traspare molto anche da disegni: la<br />

casa, simbolo di ambiente protetto, è un elemento ricorrente nei disegni prodotti dai<br />

ragazzi/e. I disturbi comportamentali sono frequenti in tutte le fasce di età, manifestandosi<br />

in iperattivismo e scarsa concentrazione soprattutto a livello scolastico.<br />

La tipologia delle campagne è legata<br />

all’utilizzo di metodologie partecipative<br />

e ricreative, quali il teatro, il disegno,<br />

la scrittura, lo sport. Ciascun’attività<br />

si è incentrata su temi specifici quali il<br />

diritto al gioco, il diritto all’educazione<br />

e alla partecipazione. Il riscontro avuto<br />

dalla valutazione finale ha visto l’80%<br />

dei membri comunitari che hanno partecipato<br />

alle campagne e alle sessioni di<br />

sensibilizzazione aumentare la loro consapevolezza<br />

e conoscenza sui diritti dei<br />

bambini.<br />

Contributo di Sara Valerio -<br />

STC Italia<br />

Come agite riguardo al sostegno educativo in modo da prevenire i rischi di abbandono<br />

scolastico<br />

Il sostegno educativo si è sviluppato su due direttrici: selezione e formazione di 6<br />

insegnanti e lezioni di sostegno di quest’ultimi ai ragazzi/e selezionati. A seguito della<br />

valutazione finale del progetto, oltre il 30% dei ragazzi/e coinvolti ha raggiunto il livello<br />

accademico sufficiente per accedere all’anno accademico successivo.<br />

In cosa consiste, invece, il vostro lavoro di sostegno psicologico<br />

Il meccanismo prevede il coinvolgimento di membri influenti della comunità (insegnanti,<br />

avvocati, leader religiosi, assistenti sociali ecc) che si occupano di riferire casi<br />

di violazione dei diritti dei bambini ai due Centri di Protezione. Qualora i bambini/e<br />

NEWSLETTER N.14 19


Sanità<br />

20<br />

NEWSLETTER N.14


Sanità<br />

P.A.S.T.: un lavoro di squadra per sostenere il sistema sanitario palestinese<br />

Lo sviluppo del sistema sanitario<br />

palestinese dipende direttamente<br />

dalle contingenze politico-economiche<br />

in cui versano i Territori<br />

Palestinesi. Gli ostacoli principali<br />

ad un corretto ed efficace funzionamento<br />

della sanità palestinese sono<br />

riscontrabili nella frammentazione<br />

del territorio, nella separazione tra<br />

Cisgiordania, Gaza e <strong>Gerusalemme</strong><br />

Est, nella dipendenza del settore<br />

dagli aiuti internazionali e nel pervasivo<br />

senso di insicurezza e difficoltà<br />

di movimento determinati<br />

dall’occupazione.<br />

Tutto ciò influisce indubbiamente in<br />

maniera negativa sulla salute della popolazione<br />

e sulle possibilità di intervento<br />

sanitario sul territorio.<br />

Il <strong>Ministero</strong> della salute fornisce soltanto<br />

circa la metà dei servizi, mentre i rimanenti<br />

sono assicurati da UNRWA, che<br />

interviene a favore di coloro ai quali è<br />

riconosciuto lo status di rifugiati, e dal<br />

settore privato sia organizzazioni non<br />

governative (ONG) sia privato for profit.<br />

A Gaza la situazione si aggrava ulteriormente<br />

a causa del controllo da parte delle<br />

autorità isaraeliane sull’ingresso nella<br />

Striscia di farmaci e materiale sanitario<br />

e al transito di pazienti e personale sanitario.<br />

I servizi sanitari risentono quindi<br />

della mancanza di attrezzature, personale<br />

costantemente aggiornato e strutture<br />

adeguate.<br />

In tale contesto opera la Cooperazione<br />

Italiana, impegnata dal 2007<br />

al 2010, nella gestione del P.A.S.T.<br />

(Programma di Aiuto Sanitario ai<br />

Territori Palestinesi), indirizzato al<br />

rafforzamento del settore sanitario<br />

palestinese in Cisgiordania e a Gaza.<br />

Finanziato nel 2006 dal <strong>Ministero</strong><br />

<strong>degli</strong> <strong>Esteri</strong> con 7 milioni e 700.000<br />

Euro, il progetto è stato realizzato<br />

in cooperazione diretta bilaterale<br />

tra governo italiano e autorità palestinese.<br />

All’azione di supporto del bilancio generale<br />

del <strong>Ministero</strong> della Salute palestinese,<br />

si è affiancato il sostegno al<br />

coordinamento tra il <strong>Ministero</strong> e la<br />

comunità internazionale (componente<br />

definita Shepherdship) e il rafforzamento<br />

dei servizi sanitari. Nello specifico si<br />

è intervenuti con azioni mirate nel distretto<br />

di Hebron ed a Gaza City, dove si<br />

è sviluppato un programma di controllo<br />

delle malattie neoplastiche e un programma<br />

di salute ambientale.<br />

La componente Shepherdship, nella<br />

sua dimensione di rafforzamento delle<br />

capacità locali, ha contribuito ad accrescere<br />

l’efficienza della programmazione<br />

sanitaria e una più efficace elaborazione<br />

delle politiche sanitarie palestinesi.<br />

La Cooperazione Italiana è stata leader<br />

dei paesi donatori nel settore sanitario,<br />

passando da quest’anno le consegne a<br />

USAID in qualità di nuovo coordinatore<br />

della comunità internazionale. Dal 2009<br />

l’Italia aveva anche ricoperto il ruolo di<br />

Lead Donor nel settore sanitario per gli<br />

Stati membri dell’Unione Europea.<br />

L’azione di rafforzamento del sistema<br />

sanitario nei distretti di Hebron e della<br />

città di Gaza (ospedale di Shifa) ha portato<br />

al potenziamento delle strutture, al<br />

perfezionamento della capacità tecnica<br />

del personale sanitario nella raccolta e<br />

analisi dei dati clinici e al miglioramento<br />

della qualità dei servizi offerti. Si sono<br />

ristrutturati e potenziati gli edifici ospedalieri<br />

e, secondo le specifiche necessità,<br />

sono state fornite attrezzature sanitarie<br />

sia diagnostiche (apparecchi radiologici)<br />

sia terapeutiche (moderno strumentario<br />

chirurgico). Sono state introdotte<br />

presso l’ospedale di Hebron, e potenziate<br />

in quello di Gaza, moderne tecniche<br />

chirurgiche (mini-invasive e laparoscopiche)<br />

e attreazzature specialistiche, con<br />

l’obiettivo di ridurre i tempi di degenza e<br />

accelerare quelli di guarigione.<br />

NEWSLETTER N.14 21


Sanità<br />

Il Programma Controllo Tumori ha migliorato<br />

e potenziato l’attività di identificazione<br />

e la diagnosi precoce del tumore<br />

al seno. Nella sola Beit-Jala da gennaio<br />

2009 a ottobre 2010 sono state sottoposte<br />

a screening 2700 donne, di cui 32 identificate<br />

come positive. Grazie a campagne<br />

di sensibilizzazione, nella popolazione<br />

si sta diffondendo, nonstante le barriere<br />

culturali, la consapevolezza dell’importanza<br />

della prevenzione di questa malattia<br />

letale.<br />

Grande importanza è stata data infine<br />

alle attività di formazione nel Laboratorio<br />

Centrale di Sanità Pubblica per l’identificazione<br />

e l’analisi dei fattori di rischio<br />

ambientali per la salute (metalli pesanti,<br />

residui di pesticidi, parassiti negli alimenti<br />

e nell’acqua). Grazie a campagne<br />

mirate di sensibilizzazione si è perseguito<br />

l’obiettivo di accrescere la consapevolezza<br />

dell’impatto negativo dell’uso corrente di<br />

pesticidi tra agricoltori, professionisti e<br />

l’intera popolazione.<br />

L’aspetto più significativo dell’intervento<br />

italiano con il programma P.A.S.T.<br />

è stato indubbiamente il suo approccio<br />

di sistema perseguito attraverso azioni<br />

svolte su livelli e dimensioni diverse, affiancando<br />

interventi infrastrutturali ad<br />

una cooperazione tecnico-professionale<br />

ampiamente apprezzata anche dalla comunità<br />

internazionale<br />

INTERVENTO<br />

EURO<br />

SHEPHERDSHIP 982,000<br />

INTERVENTI NELLA REGIONE DI HEBRON 2,232,000<br />

CONTROLLO TUMORI 1,098,000<br />

CONTROLLO RISCHI AMBIENTALI 1,123,000<br />

CANALE MULTILATERALE 2,277,000<br />

TOTALE 7,712,000<br />

INTERVISTA AD ANGELO STEFANINI, Coordinatore del Programma PAST<br />

La Cooperazione Italiana, dopo molti anni, si avvicenda con USAID nel ruolo<br />

di Shepherd del gruppo di coordinamento dei Donatori del settore sanitario,<br />

uscendo a testa alta. A conclusione del progetto, dopo tre anni di intensa<br />

attività, come commenta i risultati raggiunti<br />

Dipende su quali fronti. Su quello dei miglioramenti dei servizi sanitari e del<br />

rafforzamento delle capacità locali, possiamo essere soddisfatti per i risultati a<br />

cui abbiamo contribuito. Sul fronte del dialogo tra <strong>Ministero</strong> della sanità e comunità<br />

internazionale, molto resta ancora da fare, anche per l’atteggiamento<br />

di quest’ultima, concentrata quasi soltanto sugli aspetti tecnici dell’intervento.<br />

L’efficacia <strong>degli</strong> aiuti può essere accresciuta da una maggiore conformità tra<br />

assistenza tecnica e azione diplomatica sugli effetti dell’occupazione.<br />

Quali sono le prospettive future per la sanità Palestinese Il sistema sanitario<br />

inizia ad avere prospettive di autonomia<br />

Non c’è dubbio che il sistema sanitario palestinese stia crescendo nelle sue<br />

capacità di servire la popolazione. La principale debolezza rimane la sua<br />

frammentazione che è ancora difficile da risolvere in assenza di una forte<br />

leadership da parte del <strong>Ministero</strong> della sanità.<br />

In questi tre anni le è rimasto impresso un episodio che le ha dato particolare<br />

soddisfazione<br />

Più che un episodio singolo, a gratificarci è la crescente consapevolezza<br />

dell’eccellente lavoro compiuto dalla Cooperazione Italiana nel settore sanitario<br />

negli ultimi 15 anni, i cui effetti tuttavia rischiano di essere vanificati se<br />

non viene il prima possibile ripreso il filo del discorso portato avanti finora; per<br />

questo è necessario continuare ad investire in questo settore<br />

22<br />

NEWSLETTER N.14


Sanità<br />

Intervista al Dottor Asad Ramlawi, Direttore del Dept Public Health and Primary Health Care.<br />

Quali sono stati i principali risultati negli ultimi tre anni all’interno del suo dipartimento di medicina preventiva<br />

Abbiamo lavorato su molti settori, principalmente sulla prevenzione del cancro al seno e sulla salute ambientale. Sono<br />

davvero felice dei passi da gigante che sono stati fatti in 3 anni. Fino a qualche anno fa, per prendere l’esempio della<br />

prevenzione del cancro al seno, potevamo intervenire solo nelle fasi avanzate della malattia. Adesso invece abbiamo sottoposto<br />

oltre 10.000 donne sopra i quarant’anni allo screening nel primo anno. Siamo riusciti a diagnosticare precocemente<br />

oltre 80 casi.<br />

Ora possiamo, inoltre, intervenire contro gli effetti negativi del largo uso di pesticidi grazie alle nuove capacità di diagnosi<br />

che abbiamo sviluppato. Sono davvero tanti altri i risultati che abbiamo raggiunto: training per medici e infermieri, rinnovamento<br />

delle strutture, nuove attrezzature. Vogliamo continuare su questa strada adesso e in futuro.<br />

Riguardo allo screening al seno (necessario per prevenire il tumore alla mammella), vi sono state resistenze da parte delle<br />

pazienti a sottoporsi a tali visite Sta aumentando la consapevolezza dei rischi tra le donne palestinesi<br />

Non ci sono stati problemi di barriere culturali. La campagna educativa che abbiamo svolto in tutti i distretti ci ha permesso<br />

di sensibilizzare le donne palestinesi che avrebbero beneficiato delle cure. La campagna ha coinvolto anche il personale<br />

medico e gli infermieri. Comunque, per evitare ogni problema, le visite di screening sono state effettuate solo da personale<br />

medico femminile.<br />

Lei è quotidianamente a diretto contatto con i pazienti beneficiari del P.A.S.T. Quale bilancio trae alla luce dei diversi casi<br />

medici affrontati dal Programma<br />

Le soddisfazioni sono tante e vanno oltre i singoli casi. Sono orgoglioso che in Palestina ci sia stato questo avanzamento,<br />

che non ha precedenti negli altri paesi arabi del Medio Oriente, ad esempio relativamente alla lotta al tumore al seno.<br />

Pensate che in un solo anno abbiamo raggiunto le percentuali della Giordania per la copertura delle donne oltre i 40 anni.<br />

E siamo solo all’inizio!<br />

NEWSLETTER N.14 23


CULTURA<br />

TaM - Teatro e Arti Multimediali<br />

24<br />

NEWSLETTER N.14


CULTURA<br />

“Perché io qui sono pieno di dubbi e non so chi ha ragione in tutto<br />

questo”, l’Amleto in scena a <strong>Gerusalemme</strong><br />

Lavorare per lo sviluppo dei Territori<br />

Palestinesi significa anche<br />

sostenere l’arte e la cultura. La Cooperazione<br />

Italiana lo fa con un<br />

progetto unico a <strong>Gerusalemme</strong> Est,<br />

un progetto che guarda al teatro e<br />

alle arti multimediali come strumenti<br />

di pace mirati alla formazione<br />

dei giovani palestinesi in campo<br />

artistico e al loro inserimento sociale<br />

e lavorativo.<br />

Il Progetto “TAM – Teatro e Arti Multimediali:<br />

Strumenti di Pace”, avviato nel<br />

2008 con un finanziamento pari a 355<br />

mila euro, è quest’anno giunto alla sua<br />

seconda fase, TAM 2, anch’essa interamente<br />

finanziata dalla DGCS per un valore<br />

di 396 mila euro e che arriva a completare<br />

ed arricchire la prima edizione<br />

pilota del TAM.<br />

In questa intervista al Maestro Gabriele<br />

Vacis, uno dei consulenti italiani coinvolti<br />

nelle attività del TAM, ripercorriamo<br />

le varie tappe del progetto e il percorso<br />

di crescita dei 32 allievi della scuola. Una<br />

crescita artistica, ma soprattutto umana<br />

e personale, un percorso a piu’ tappe: la<br />

prima timida comparsa sul palco per le<br />

audizioni, il ruolo di protagonisti dello<br />

spettacolo “On the footsteps of Hamlet” e,<br />

infine, per alcuni di loro, la scommessa<br />

di diventare presto, essi stessi formatori.<br />

autonomi i ragazzi e fare in modo che siano loro in prima persona a continuare il progetto<br />

affiancando gli esperti e gli attori professionisti, responsabilizzandoli sull’esito<br />

delle attività.<br />

D. Che cosa ha significato per te approdare a <strong>Gerusalemme</strong> Come è iniziata l’avventura<br />

del Progetto TAM<br />

R. Sono arrivato per curiosità, per la voglia di vedere che cosa succede veramente qui.<br />

Più volte mi hanno raccontato della spiritualità di <strong>Gerusalemme</strong>, della Terra santa,<br />

e sono arrivato fin qui per scoprire in realtà che è esattamente l’opposto, una città<br />

umana, uno dei posti più pop del mondo. Prima di mettermi in viaggio ero un po’<br />

di titubante, sono piuttosto restio alle partenze, un po’ come Salgari, che non è mai<br />

andato da nessuna parte e ha scritto tutto il ciclo dei pirati della Malesia, inventandosi<br />

una Malesia che non ha mai visto. E poi invece mi capitano queste avventure. Sono<br />

arrivato qua nel 2008 e ho conosciuto tutti, il direttore del Teatro, Jamal Ghosheh, il<br />

direttore artistico Kamel El Basha, attori professionisti come Husam Abu Esheh, Saleh<br />

Bakri, Reem Talhami. Devo dire che mi hanno fatto un’impressione straordinaria.<br />

Intanto sono molto bravi, mi piacciono molto poiché hanno una solida tradizione<br />

narrativa, loro non declamano, dicono. Mi sono subito reso conto che tutto quello che<br />

succede qua non è raccontato. Il mondo è molto informato sulla situazione israelopalestinese,<br />

ma c’è una grande differenza tra informazione e racconto. Nessuno sa<br />

veramente le condizioni in cui vivono i palestinesi, e di questo ti rendi conto soltanto<br />

vivendo qui e lavorando con le persone.<br />

L’obiettivo del TAM 2, che nel corso del<br />

2011 porterà alla nascita di un nuovo<br />

gruppo di allievi e di nuove inedite<br />

produzione teatrali, è quello di rendere<br />

NEWSLETTER N.14 25


CULTURA<br />

D. Perché Amleto Che significato ha assunto per gli allievi recitare l’Amleto in arabo<br />

R. Il primo giorno che sono arrivato qua ho incontrato Saleh Bakri, e gli chiesi: se<br />

dovessimo fare una scuola per poi mettere in scena uno spettacolo dimmi tu che testo<br />

faresti. Hussam mi aveva detto: dobbiamo mettere in scena Brecht, la riscossa del popolo<br />

palestinese. E Saleh, tra i più giovani attori professionisti coinvolti nella scuola,<br />

mi disse, io metterei in scena l’Amleto, perché io qui sono pieno di dubbi, non so se<br />

devo andare via, non so chi ha ragione in tutto questo.<br />

Insomma, mi aspettavo dei chiari bianco-nero, destra-sinistra, sopra-sotto, e ho invece<br />

trovato dei ragazzi con un sacco di interrogativi. A partire da Amleto, abbiamo<br />

estratto dei temi: l’eredità dei padri, l’elezione, nel senso che Amleto è un eletto, perché<br />

lui ha la verità , è l’unico ad aver visto lo spettro del padre che gli ha rivelato il<br />

suo assassinio, la vendetta, il coraggio, il rapporto uomo-donna, madre-figlio. Si sono<br />

improvvisate scene a partire dalla vita quotidiana dei ragazzi. Ci sono stati molti confronti<br />

nel corso del lavoro e poi c’è una tale varietà. Sono stato colpito dal continuo<br />

tentativo dei ragazzi di specificare al massimo le proprie differenze per istituire dei noi<br />

variabili e parziali. Quando sono sul palco, invece, sono un NOI unico.<br />

D. Vendetta, odio, guerra, eredità dei padri sono concetti che hanno un peso particolare<br />

nel delicato contesto in cui si svolge il progetto. E’ emerso spesso il tema del<br />

conflitto israelo-palestinese<br />

in cambio. Quello che invece abbiamo<br />

cercato di fare con questo progetto è di<br />

renderli autonomi. Lo spettacolo di lunedì<br />

14 marzo, con tutto il teatro pieno,<br />

è stato un grande risultato, perché quello<br />

spettacolo l’hanno fatto loro, allievi e<br />

formatori del PNT e io non c’entro.<br />

L’idea di creare una scuola di teatro in un<br />

posto in cui i ragazzi rischiano la vita per<br />

partecipare mi ha sconvolto. Ho insegnato<br />

per tanti anni alla Scuola del Piccolo<br />

di Milano, e non avevo più voglia,<br />

era tutto dovuto. In Italia nulla costa più.<br />

Qui ho trovato un’energia unica, ragazzi<br />

intensi e tenaci. Come Abdel, appena<br />

l’ho visto entrare in scena ho detto, questo<br />

lo voglio, perché ha un buffo naturale<br />

pazzesco, piccolino, naso storto, uno di<br />

quegli attori che cattura subito il pubblico.<br />

Appena è entrato, noi eravamo tutti<br />

li, un po’ stanchi per le selezioni, alzammo<br />

lo sguardo dai fogli dei nostri appun-<br />

R. Molto meno di quanto pensassi, i ragazzi in realtà volevano parlare di Ofelia e Amleto.<br />

Raccontare Ofelia e Amleto con uno spettacolo in cui tutti i ragazzi sono Amleto<br />

e tutte le ragazze sono Ofelia è molto interessante come ipotesi drammaturgica e permette<br />

di scavare nelle storie quotidiane dei ragazzi. Quando si raccontano delle storie,<br />

ci accorgiamo che persone che credevamo lontanissime, vivono circostanze invece<br />

molto vicine alle nostre. Le storie ci liberano dalla contrapposizione ideologica, non<br />

“la” storia, ma “le” storie.<br />

D. Durante le prove mi ha colpito molto vedere Kamel El Basha, richiamare più volte i<br />

ragazzi dicendo loro: “Schiera”. Una tecnica che hai portato tu al TNP ed è bello vedere<br />

come Kamel l’abbia fatta sua.<br />

R. La schiera è un metodo teatrale e pedagogico che utilizzo da tanti anni. è un luogo<br />

spazio-temporale, fondamentale per creare un Noi unico sul palco. I ragazzi hanno<br />

molto bisogno di disciplina, di rigore. Molti, nel documentario “TAM Strumenti di<br />

Pace” girato da Pietro Bellorini sul Progetto, dicevano di aver imparato la puntualità e<br />

il rigore del lavoro, per loro anche questa è una grossa conquista.<br />

D. Come è stato lavorare con i ragazzi e le ragazze di qui E vederli ora sul palco<br />

R. All’inizio i ragazzi e gli stessi professionisti del PNT erano piuttosto diffidenti. I<br />

palestinesi ricevono molti aiuti e pensano ormai che tali aiuti siano sempre interessati,<br />

li ricevono da persone ed enti che vogliono spesso, anche implicitamente, qualcosa<br />

26<br />

NEWSLETTER N.14


CULTURA<br />

ti, lo guardammo e a tutti ci si stampò sul volto un sorriso. Gli altri insegnanti<br />

erano imbarazzati e dicevano, questo arriva da Hebron, non può venire, è<br />

vietato. E io, come non può venire, è venuto, è qui. Infatti era arrivato per le<br />

selezioni, ma passando dalle fogne, sotto il check point. Abdel ha rischiato la<br />

vita per il tetro e come lui, Ahmad, anche lui di Hebron. Vederli tutti sul palco<br />

ora fa effetto, sono <strong>degli</strong> attori, e molti di loro erano dei ragazzini quando hanno<br />

cominciato. Sono fantastici, in tre mesi di scuola estiva hanno imparato<br />

velocemente, li vedi che ti rubano tutto quello che possono, sono anche molto<br />

critici, o gli passi roba buona o se ne accorgono subito. Riconoscono quelli<br />

bravi da quelli non bravi, perché loro sono bravi. Faccio fatica a pensare a un<br />

gruppo di ventenni in Italia cosi autorevoli in scena, un gruppo di ragazzi cosi<br />

giovani e cosi preparati.<br />

D. Quali le novità del TAM 2 e quale i risultati più importanti dal punto di vista umano e artistico raggiunti finora dal progetto<br />

R. Con il progetto TAM 2 alcuni <strong>degli</strong> allievi della prima fase del TAM diventeranno formatori. Non voglio più portare miei assistenti,<br />

i ragazzi qui sono benissimo in grado di dirigere il lavoro autonomamente con la supervisione <strong>degli</strong> esperti e dei professionisti<br />

palestinesi. A maggio 3 ragazzi verranno in Italia, a Polverigi, per uno stage per affinare alcune tecniche teatrali e pedagogiche. Giugno,<br />

luglio e agosto saranno invece i mesi della nuova scuola estiva e agli insegnanti della prima fase si affiancheranno Ivan, Firas<br />

e Baha, ex- allievi del TAM che ora insegneranno il lavoro fisico, posturale e di presenza scenica. L’ obiettivo del progetto è stato<br />

fornire <strong>degli</strong> strumenti che poi i ragazzi avrebbero potuto utilizzare autonomamente. Il risultato fondamentale è stato proprio il<br />

raggiungimento di questa autonomia. Credo che i ragazzi abbiano qualcosa di molto originale da dire. A differenza dei loro maestri<br />

che hanno la mia età e che sono cresciuti in un clima di isolamento culturale, dove non era facile ottenere informazioni, le giovani<br />

generazioni, trovano tutte le informazioni che vogliono e questa loro condizione di vita quotidiana, contrapposta alla conoscenza<br />

di quello che succede nel mondo è molto feconda. Da ciò può nascere qualcosa di importante e non ci resta che aspettare.<br />

NEWSLETTER N.14 27


GENDER<br />

28<br />

NEWSLETTER N.14


Gender<br />

“Siete una più bella dell’altra”: le donne del Mehwar celebrano l’8 marzo<br />

L’ 8 marzo, è stato un giorno di festa<br />

anche per le donne del Mehwar, il<br />

primo e più grande Centro nazionale<br />

anti-violenza per la tutela delle<br />

donne palestinesi e della famiglia,<br />

realizzato a Beit Sahour, ai piedi di<br />

Betlemme, grazie al sostegno della<br />

Cooperazione Italiana e del <strong>Ministero</strong><br />

<strong>Affari</strong> Sociali dell’ANP.<br />

In occasione della giornata della donna,<br />

il Comune di Betlemme ha promosso<br />

un’iniziativa pubblica invitando tutte le<br />

organizzazioni di donne che fanno parte<br />

del TAWASOL del governatorato, centri<br />

per l’empowerment femminile istituiti<br />

dalla Cooperazione Italiana grazie al<br />

Programma WELOD – Women Empowerment<br />

and Local Development.<br />

Già dal 5 marzo, le donne ospiti del Mehwar<br />

hanno iniziato a respirare un’aria<br />

fresca e leggera, con la visita all’interno<br />

del centro di un piccolo gruppo formato<br />

da giovani attori e dal burattinaio del<br />

Teatro Nazionale Palestinese e alcune<br />

rappresentanti dell’UTL di <strong>Gerusalemme</strong>.<br />

E’ stata una festa a porte chiuse,<br />

perchè per ragioni di sicurezza le possibilità<br />

di accesso al centro sono limitate,<br />

ma calorosa, dove, per un giorno le donne<br />

ospitate, si sono sentite sollevate dal<br />

peso delle loro storie difficili, hanno riso,<br />

scherzato e sono state coinvolte in attività<br />

ludiche e teatrali, giochi e workshop<br />

artistici totalmente nuovi per la maggior<br />

parte di loro.<br />

“Il Mehwar non è un carcere e voi<br />

siete una più bella dell’altra”, grida<br />

con il sorriso una delle ragazze del<br />

centro durante il laboratorio teatrale.<br />

“Le donne attualmente ospitate nel centro<br />

sono 17”, spiega Linda Jarayseh, responsabile<br />

delle attività di comunicazione<br />

del Mehwar, “chi è qui ha veramente<br />

bisogno di aiuto, sono per lo più donne<br />

giovani, spesso adolescenti che subiscono<br />

abusi in famiglia e che rischiano la<br />

vita. 202 i casi trattati finora, 55 i bambini<br />

ospitati insieme alla loro madri e<br />

150 i casi presentati di fronte alla corte<br />

di giustizia.”<br />

L'idea di costruire un centro antiviolenza<br />

nasce nel 2001, quando la<br />

Cooperazione Italiana ha deciso di<br />

fare propria l'esigenza espressa da<br />

diverse associazioni di donne palestinesi<br />

presenti sul territorio, di<br />

trovare soluzioni e risposte efficaci<br />

per aiutare le donne vittime di violenza<br />

e abusi.<br />

Un lavoro lungo e duro che dopo 6 anni<br />

ha visto nascere il Centro Mehwar per la<br />

protezione e l'empowerment delle donne<br />

e delle famiglie. L'implementazione<br />

della prima fase e' stata affidata a Differenza<br />

Donna, ONG italiana specializzata<br />

in violenza di genere. Nella convinzione<br />

che la violenza alle donne è un problema<br />

sociale del quale la politica e la società<br />

devono farsi carico, la Cooperazione<br />

italiana e Differenza Donna, in sinergia<br />

con le controparti palestinesi coinvolte,<br />

sono riusciti a realizzare un centro<br />

anti-violenza pilota, facendo uscire dalle<br />

mura domestiche il problema della violenza,<br />

restituendo dignità e speranza per<br />

il futuro alle donne vittime di violenza.<br />

Il supporto della Cooperazione Italiana e’<br />

stato determinante fin dall’inizio, con un<br />

NEWSLETTER N.14 29


Gender<br />

primo contributo di 2.500.000 dollari mediante la Banca Mondiale. Per garantire continuità ai<br />

numerosi servizi offerti dal centro (assistenza psicologica e legale alle donne e ai bambini vittime<br />

di violenza domestica, formazione, attività di sensibilizzazione rivolte alla comunità per<br />

diminuire l’incidenza di tale fenomeno) la Cooperazione italiana ha investito nuovamente nel<br />

progetto con un nuovo contributo multilaterale a Unifem nel 2007 di 2.000.000 di dollari.<br />

In questa seconda fase del progetto Differenza Donna, continua il suo impegno attraverso la<br />

presenza di un'esperta che fornisce allo staff del centro assistenza tecnica e supporto. “Lavoriamo<br />

in un contesto complesso, caratterizzato da una forte cultura patriarcale e stiamo facendo<br />

numerose attività per cercare di cambiare un’impostazione culturale improntata all’esaltazione<br />

del maschio e una legislazione che riconosce il delitto d’onore come attenuante” racconta<br />

Caterina Becchi, la responsabile per l'assistenza tecnica di Differenza Donna, che è arrivata a<br />

lavorare nel centro da poco più di tre mesi, dopo una lunga esperienza nei centri anti-violenza<br />

della provincia di Roma.<br />

Il Mehwar funziona sia come centro di prima accoglienza, sia come luogo in cui vengono<br />

portati avanti progetti, percorsi d vita e attività a lungo termine. Le donne ospitate ne centro<br />

si fermano in genere per un anno, anche se ve ne sono alcune che restano per un periodo più<br />

lungo a causa del delicato e difficile processo di reintegrazione. Il centro oltre ad offrire assistenza<br />

psicologica tramite sessioni individuali e di gruppo, è impegnato anche a sostenere le<br />

donne da un punto di vista legale, aiutando coloro che decidono di portare avanti un percorso<br />

legale contro l'abusante, scelta tutt’altro che semplice e scontata.<br />

“Il nostro obiettivo è quello di ricostruire un quotidiano per le ragazze che ospitiamo. Ogni<br />

giornata inizia con il Goodmorning Mehwar, un momento in cui le donne esprimono le loro<br />

sensazioni ed esternano paure, sentimenti e riflessioni. – spiega la Sig.ra Jarayseh – Tutte sono<br />

coinvolte nella gestione del centro, cucinando e contribuendo alla manutenzione alla pulizia<br />

<strong>degli</strong> spazi comuni.”<br />

Alla domanda su quale sia la percezione che la comunità locale ha del Mehwar, Caterina,<br />

confida “ dobbiamo combattere contro alcuni pregiudizi nei confronti di questo centro, visto<br />

da alcuni come un luogo in cui confluiscono ragazze considerate poco di buono. Però non è<br />

sempre così, ad esempio le guardie che lavorano qui sono uomini e si rendono perfettamente<br />

conto che il Mehwar è un posto importante per la comunità, dove vengono ospitate ragazze<br />

che hanno subito violenze atroci e viene data loro la possibilità di riscattarsi”.<br />

“Il lavoro da fare è tanto – conclude<br />

Caterina- e ogni giorno cerchiamo<br />

di trasmettere alle donne che sono<br />

qui nuovi input per aiutarle a recuperare<br />

la fiducia in loro stesse e<br />

incoraggiarle a credere che un’alternativa<br />

alla violenza esiste".<br />

30<br />

NEWSLETTER N.14


ONG & PROGETTI<br />

NEWSLETTER N.14 31


ONG & PROGETTI<br />

Una seconda casa per i bambini di Beit Ula<br />

L’importante traguardo di Terre des Hommes Italia<br />

Un centro di aggregazione che ospita i numerosi bambini<br />

di Beit Ula, questo il grande successo del Progetto<br />

di Terre des Hommes Italia, “Sviluppo delle risorse sociali<br />

ed educative a favore della popolazione minorile<br />

di Beit Ula, nel Distretto di Hebron AID8556 TDH/<br />

TOC” co-finanziato dalla Cooperazione Italiana per<br />

un valore di circa 260 mila euro. Il Porgetto, che si conclude<br />

nel mese di aprile, lascia nelle mani della comunità<br />

locale un centro in pieno fermento e attività, una<br />

seconda casa per i bambini del paese.<br />

Beit Ula si trova a nord ovest di Hebron, è un villaggio di 11<br />

mila abitanti, piuttosto povero dal punto di vista economico e<br />

culturale dove né i bambini né gli adolescenti hanno a disposizione<br />

luoghi di incontro e di aggregazione. Per loro è difficile<br />

potersi esprimere liberamente e potersi spostare autonomamente<br />

in un contesto caratterizzato da violenza e costrizione,<br />

dove i movimenti sono molto limitati a causa della presenza di<br />

check point e barriere che frammentano i Territori Palestinesi<br />

e riducono la mobilità di tutta la popolazione.<br />

Tre intensi anni di lavoro per creare il centro, un processo<br />

partecipato in cui i ragazzi di Beit Ula hanno avuto un ruolo<br />

fondamentale fin dall’inizio. Sono stati i giovani, ad esempio,<br />

a definirne il design e insieme ad alcuni architetti hanno disegnato<br />

il centro che avrebbero voluto. All’inizio c’era solo un<br />

garage e ora l’edificio è accogliente e colorato, ospita una biblioteca,<br />

un’aula computer e una sala polivalente con tavoli da<br />

pingpong e biliardino. Alle pareti i numerosi lavori dei bambini:<br />

disegni, foto, pupazzi di carta pesta, realizzati durante i<br />

numerosi campi estivi e workshop artistici dedicati al fumetto,<br />

al teatro, al disegno, alla danza, che per tre anni si sono svolti<br />

nel centro.<br />

“La cosa bella è che il nostro lavoro è un continuo work in<br />

progress. Ogni anno è un’avventura diversa e si sono fatte<br />

numerose e varie attività. Siamo partiti con pochissimi<br />

bambini, 7, e ora siamo arrivati a 1000. Abbiamo previsto<br />

un programma settimanale all’interno del quale i bambini<br />

possono sia seguire dei corsi, sia trascorrere qui il loro tempo<br />

libero. I ragazzi vanno e vengono liberamente; il centro è<br />

una seconda casa per loro.”, racconta la Capo Progetto, Leonor<br />

Crisostomo.<br />

7 educatori con ruoli diversi, ragazzi e ragazze giovani, di Beit<br />

Ula o della vicina Hebron. Chi segue il website, il data base e<br />

l’aula informatica, chi coordina le attività sportive, teatrali e<br />

di sostegno scolastico, chi segue i ragazzi durante il tempo<br />

libero, chi ancora si occupa di coordinare i laboratori artistici<br />

e di scrittura creativa.<br />

Il centro è quindi una grande opportunità di crescita sia per i<br />

bambini che lo frequentano sia per i giovani che lo gestiscono.<br />

32<br />

NEWSLETTER N.14


ONG & PROGETTI<br />

Jihad, 26 anni, logista e educatore, racconta “sono tre anni che lavoro qui, ho visto questo centro nascere. Ho imparato<br />

tanto da questa esperienza e ora che il progetto è in chiusura siamo riusciti a trovare nuovi fondi per continuare<br />

a sostenere il centro tramite finanziamenti del network NDC – Ngo Development Center e di alcuni privati. Siamo<br />

un po’ preoccupati e allo stesso tempo abbiamo una grande energia. A fine aprile il progetto chiuderà e vogliamo<br />

farlo nel modo migliore, assicurando la sopravvivenza del centro anche negli anni che verranno.”<br />

Beit Ula si anima tra foto, musica e passi di danza<br />

Prendi tre giovani ragazze che hanno studiato danza fin da piccole e la insegnano con passione, aggiungici due ragazzi,<br />

uno che fa magie con la fotografia, l’altro che si sbizzarrisce con suoni e ritmi, portali a Beit Ula insieme a 30<br />

ragazzine entusiaste e il gioco è fatto: uno spettacolo divertente in cui lo spettatore viene rapito dalle coreografie<br />

delle bambine che, tra scenografie surreali, ballano sorridenti.<br />

Milla Koistinen è finlandese, ha studiato danza presso la “Theatre Accademy” di Helsinky, ha lavorato a Bruxelles, in Francia, in Austria,<br />

in Giappone e ora vive a Berlino dove frequenta un master in coreografia. Stessa provenienza e simile percorso formativo anche<br />

per Esete Sutinen e Vera Tegelman. Tre giovani artiste brave e motivate, alle quali si uniscono, Lennart Laberenz, abile fotografo<br />

e movie maker, che arriva dalla Germania, e David Lipp, creativo tecnico del suono, dall’Austria. Li incontriamo in UTL, qualche<br />

giorno prima dello spettacolo “Garden” che si svolge nel giardino del Beit Ula Cultural Center, accompagnati da Leonor Crisostomo,<br />

Capo progetto di Terre des Hommes Italia, che, con caparbio impegno, gestisce da tre anni il Centro.<br />

“L’idea di fare un laboratorio artistico di danza e arti multimediali è nata nel 2009 dopo un piccolo workshop di tre giorni che ho<br />

NEWSLETTER N.14 33


ONG & PROGETTI<br />

svolto qui, -racconta Milla- i bambini<br />

erano entusiasti e per un anno abbiamo<br />

lavorato per organizzare un nostro ritorno,<br />

definire le attività e ottenere finanziamenti<br />

per coprire i costi del viaggio.”<br />

“Quando sono arrivata qui per la prima<br />

volta e ho visto il Bir Al Qus Garden, ho<br />

subito pensato che sarebbe stato il luogo<br />

ideale per la performance delle ragazze.<br />

Così, alla fine abbiamo creato due spettacoli<br />

diversi: oltre all’idea iniziale di<br />

fare uno spettacolo al Teatro di Hebron<br />

con solo 5 bambine, abbiamo deciso di<br />

realizzare una performance nel giardino<br />

del Centro, alla quale partecipano tutte le<br />

allieve del workshop, anzi il doppio, perchè<br />

al momento dell’iscrizione c’erano 16<br />

bambine e alla fine sono diventate 30!”<br />

“Le persone qui vivono in condizioni<br />

estremamente povere, ma ci ha stupito la<br />

serenità che vediamo anche nei bambini,<br />

curiosi, intelligenti, pieni di domande.<br />

Hanno tanta voglia di imparare, ma anche<br />

di insegnare. Durante il laboratorio<br />

abbiamo, infatti, appreso alcuni passi di<br />

Dabke, ballo tradizionale palestinese”,<br />

raccontano Milla, Esete e Vera.<br />

by Lennart Laberenz<br />

“I bambini qui sono molto pazienti”,<br />

sottolinea Lennart, che ha portato a Beit<br />

Ula lo Stop Motion, una tecnica perfetta<br />

per lavorare con i bambini, realistica ed<br />

immediata, con cui li ha coinvolti sia durante<br />

gli scatti che in fase di montaggio.<br />

“Hanno scarso senso del ritmo e poco<br />

controllo del proprio corpo, perché al<br />

di fuori delle due ore di educazione fisica<br />

a scuola a settimana, lo sport non e’<br />

praticato - prosegue Lennart- ed è bello<br />

vedere come in poco tempo, solo tre settimane,<br />

i miglioramenti siano enormi.<br />

Molte ragazzine all’inizio erano timide e<br />

impacciate e ora ridono e scherzano con<br />

naturalezza.”<br />

by Lennart Laberenz<br />

Fra le piccole ballerine, una bimba di otto<br />

anni, “arrivata” al Beit Ula Cultural Center<br />

da pochissimo, attirata dai bambini<br />

che aveva visto entrare e uscire dal centro<br />

con un libro di storie in mano. “Si trattava<br />

del prestito di libri, ma lei non lo sapeva -<br />

racconta Leonor - e la curiosità l’ha spinta<br />

ad entrare da sola. Aveva iniziato la sua<br />

esplorazione ormai da qualche giorno:<br />

vestita da maschietto, con indosso sempre<br />

la stessa giacca a vento blu e nera più<br />

grande di lei, sguardo severo e attento di<br />

chi si sta sondando un terreno nuovo. Per<br />

qualche giorno, pur non parlando con<br />

nessuno, con la scusa del libro, entrava,<br />

stava un po’ in biblioteca ad osservare<br />

cosa facevano gli altri bambini e dopo un<br />

po’ se ne usciva con un libro in mano che<br />

riportava il giorno dopo.”<br />

L’arrivo di Milla e del gruppo ha coinciso<br />

con i suoi primi giorni al centro. Un’educatrice<br />

le ha proposto di provare a unirsi<br />

alle sue coetanee che ballavano, e lei, con<br />

un’alzata di spalle, ha acconsentito. “I primi<br />

giorni partecipava al laboratorio un<br />

po’ intimidita, spalle incassate, testa bassa,<br />

capelli sul volto. Era rimasta forse perché<br />

si sentiva protetta dal gruppo numeroso<br />

e non giudicata. All’inizio della seconda<br />

settimana, - prosegue Leonor- mi affaccio<br />

alla lezione, non la scorgo, cerco immediatamente<br />

la sua giacca a vento blu e nera e<br />

la sua testa arruffata, ma nulla. Questione<br />

di un attimo,gli sguardi si incrociano, un<br />

sorriso. C’era. Non l’avevo riconosciuta,<br />

era per mano ad un’altra bambina: volto<br />

sorridente, spalle aperte e rilassate, capelli<br />

puliti e pettinati e, al posto della giacca a<br />

vento, una maglietta colorata.”<br />

Il laboratorio si è concluso con due<br />

spettacoli. L’11 marzo tutte le bambine<br />

erano in scena, nel Bir Al Qus Garden,<br />

concentrate e fiere di mostrare alle loro<br />

famiglie e al pubblico il lavoro di tre settimane.<br />

La performance al Yes Theatre<br />

di Hebron, svoltasi il 14 marzo, ha visto,<br />

invece, sul palco, insieme a Milla, Vera e<br />

Esete, 5 bambine e una platea numerosa<br />

con ben 280 persone.<br />

Dopo Hebron, lo spettacolo sarà a<br />

Berlino, Helsinky, Potsdam..e noi,<br />

insieme ai bambini di Beit Ula aspettiamo<br />

speranzosi che Milla, Esete,<br />

Vera, Lennart e David tornino qui,<br />

ancora una volta, per chissà quale<br />

altra avventura.<br />

34<br />

NEWSLETTER N.14


ONG & PROGETTI<br />

Sostenere la popolazione beduine palestinese: la sfida del DISVI e della<br />

Cooperazione Italiana<br />

In macchina con Stefania Caratti, responsabile del Progetto<br />

dell’Ong DISVI “Sostegno alla popolazione beduina<br />

residente nei distretti di Betlemme e di Hebron<br />

- AID 8820/DISVI/TOC”, viaggiamo da <strong>Gerusalemme</strong><br />

a sud di Hebron, nei villaggi di Ramadin e Anab al Khabir,<br />

seguendo le orme di un progetto che si concluderà a<br />

fine aprile e che in due anni è riuscito ad assicurare assistenza<br />

sanitaria alle popolazione beduina palestinese,<br />

favorendone l’accesso alle strutture mediche, a servizi<br />

sanitari mobili e la diffusione di conoscenze di base in<br />

campo medico-sanitario. Nel progetto ha creduto fin<br />

dal primo momento la DGCS che lo ha sostenuto con<br />

un co-finanziamento pari a circa 560 mila euro.<br />

11 cliniche aperte e ristrutturate<br />

in 11 villaggi beduini<br />

nell’area di Betlemme<br />

e Hebron sud. A queste si<br />

affiancano due innovative<br />

cliniche mobili, ambulanze<br />

attrezzate, ognuna con un<br />

team di 4 persone: un autista,<br />

un medico e due infermiere. Una squadra tutta al femminile:<br />

esclusi gli autisti, infatti, lavorano nel progetto solo<br />

medici e infermieri donne.<br />

La scelta di intervenire proprio a favore delle comunità beduine,<br />

è dettata dalle difficili condizioni in cui queste sono costrette<br />

a vivere. La popolazione araba beduina, presente sia in<br />

territorio israeliano che palestinese, è stata infatti progressivamente<br />

obbligata a rinunciare al diritto di proprietà delle terre<br />

coltivate intorno agli accampamenti, diventando forzatamente<br />

stanziale, limitata in territori in cui servizi pubblici sanitari,<br />

acqua potabile ed elettricità sono carenti.<br />

“La popolazione beduina vive in condizioni di grande difficoltà,<br />

costretta alla stanzialità e con l’incubo perenne di vedersi<br />

demolire la propria casa o tenda. Alcuni dei nostri villaggi<br />

sono in Area C e affrontano quotidianamente questi problemi.<br />

Con i miei occhi ho visto un convoglio di ruspe arrivare in un<br />

villaggio e demolire una scuola e 17 case”, racconta Stefania.<br />

NEWSLETTER N.14 35


ONG & PROGETTI<br />

“Quando siamo arrivati,<br />

c’erano pochissimi servizi,<br />

nessuno di questi regolare.<br />

La gente dei villaggi non<br />

aveva una copertura medica<br />

su cui poter contare. Non vi<br />

erano apparecchiature sanitarie<br />

adatte, le gravidanze,<br />

ad esempio, non potevano essere controllate adeguatamente<br />

con le ecografie, non vi era nessuno preposto a fare esami<br />

dell’emoglobina, molto importanti considerata l’elevata percentuale<br />

di bambini anemici.”<br />

Nel nostro viaggio visitiamo Anab El Kabir, un agglomerato<br />

di pochi shelter in cui vivono più di 600 persone, per le quali<br />

l’appuntamento bisettimanale con la clinica mobile del DISVI<br />

è l’unico momento per usufruire di un servizio di assistenza<br />

medico-sanitaria. Una sosta più lunga viene fatta a Ramadin, la<br />

comunità più grande del progetto, con circa 5000 abitanti. 32 i<br />

pazienti visitati nella giornata, molti di questi bambini. “Stefania<br />

è una nostra compaesana, - esordisce il capo villaggio Ahmad<br />

Suleiman - nel paese siamo tutti felici dei servizi offerti dal<br />

DISVI e dalla Cooperazione Italiana. La clinica è sempre aperta<br />

e riceve ogni volta tutti i pazienti senza limiti di orario.”<br />

“Il lavoro è ben stabilizzato ed è un peccato che il progetto<br />

sia arrivato a conclusione, ora che si potrebbe continuare a lavorare<br />

per accrescere l’efficienza delle cliniche. Ciononostante<br />

la sostenibilità del progetto sarà assicurata – spiega Stefaniapoiché<br />

le cliniche fisse e mobili saranno assorbite dal <strong>Ministero</strong><br />

della Sanità palestinese e alcune di queste già appartengono<br />

alla comunità locale”. E poi ci sono gli abitanti dei villaggi<br />

pronti a far sentire la loro voce, “lotteremo e manifesteremo<br />

se alla fine del progetto il Dipartimento della Sanità - Primary<br />

Health Care di Hebron non manterra’ il suo impegno ad<br />

assicurare tali servizi, indispensabili per la nostra comunità”,<br />

annuncia con fermezza il capo villaggio di Ramadin.<br />

36<br />

NEWSLETTER N.14


speciale pegase<br />

speciale pegase<br />

NEWSLETTER N.14 37


speciale pegase<br />

27 milioni di euro in 3 anni, il contributo italiano alle<br />

famiglie vulnerabili palestinesi<br />

Nel suo abito intarsiato di ricami<br />

colorati, tipico delle donne palestinesi,<br />

Safa, come tanti altri, è in fila a<br />

uno sportello della Bank of Palestine<br />

di Salfit. Ha una famiglia molto<br />

numerosa, 9 figli, e suo marito è disoccupato<br />

a causa di una grave malattia<br />

che l’ha reso invalido. Aspetta<br />

di ritirare un assegno trimestrale di<br />

1600 NIS, sussidio di cui beneficia<br />

grazie al “Programma di sostegno<br />

alle famiglie palestinesi vulnerabili”<br />

(VPF) realizzato tramite il PEGASE,<br />

cui l’Italia contribuisce quest’anno<br />

donando 7 milioni di euro.<br />

In fila insieme a Safa, c’è Alia, di Kifel Hares,<br />

piccolo villaggio vicino a Salfit. 10 figli,<br />

alcuni di loro all’Università, un sussidio<br />

di 750 NIS che spera possa aumentare<br />

in futuro.<br />

Mohammad Adjali, del villaggio di Al Zaweya,<br />

invece, è in banca per ritirare l’assegno<br />

per conto di suo padre, invalido.<br />

Tante le persone in attesa di ricevere quello<br />

che per molte di loro è l’unica fonte di<br />

sostentamento.<br />

Sabato 26 marzo, nelle filiali della Cairo<br />

Amman Bank e della Bank of Palestine,<br />

in Cisgiordania e Gaza, si è dato così il via<br />

ai pagamenti a favore delle famiglie palestinesi<br />

più svantaggiate grazie ai fondi<br />

veicolati tramite il PEGASE, meccanismo<br />

finanziario messo a punto dall’Unione<br />

Europea a sostegno diretto del bilancio<br />

dell’ANP.<br />

I versamenti attraverso il PEGASE, che<br />

dal 2008 vengono erogati su base trimestrale,<br />

ammontano per questa tranche ad<br />

un totale di 10 milioni di euro per circa<br />

58.000 nuclei familiari equamente ripartiti<br />

tra Cisgiordania e Striscia di Gaza.<br />

In particolare, il pagamento di marzo<br />

2011 vede un ingente contributo da parte<br />

dell’Italia, pari a 7 milioni di euro, cui si<br />

sommano il contributo austriaco di 1 milione<br />

di euro e svizzero di circa 2 milioni<br />

di euro.<br />

Alla quota assicurata dal PEGASE, si aggiungono<br />

contributi veicolati attraverso<br />

altri meccanismi di protezione sociale,<br />

messi in atto dall’ANP (2,5 milioni di<br />

euro) e della Banca Mondiale (circa 1<br />

milione di euro) che permettono di prestare<br />

assistenza ad altre 4500 famiglie<br />

indigenti.<br />

La cerimonia di avvio dei pagamenti si è<br />

svolta a Salfit alla presenza del Console<br />

Generale d’Italia a <strong>Gerusalemme</strong>, Luciano<br />

Pezzotti, del Capo Delegazione della<br />

Commissione Europea a <strong>Gerusalemme</strong><br />

Christian Berger, del Rappresentante<br />

dell’Austria, Leonhardt Moll, del Ministro<br />

per gli <strong>Affari</strong> Sociali dell’ANP, Majeda Al<br />

Masri (una delle tre donne che compongono<br />

l’esecutivo dell’ANP) e del governatore<br />

di Salfit, Issam Abu Baker. “Siamo<br />

contenti della vostra visita in questo governatorato<br />

che vive una situazione particolarmente<br />

difficile a causa della presenza<br />

di numerosi insediamenti. - afferma il<br />

Ministro Majeda Al Masri - Ringraziamo<br />

Italia, Austria e Svizzera per la collaborazione<br />

con noi in questo importante programma<br />

e un grazie particolare va pro-<br />

38<br />

NEWSLETTER N.14


speciale pegase<br />

prio al governo italiano per il suo significativo contributo.”<br />

Attraverso tale finanziamento, il Governo Italiano prosegue e<br />

consolida pertanto gli investimenti effettuati nel recente passato<br />

dalla Cooperazione italiana che ha visto nel 2008-2010 l’Italia<br />

quale primo partner della Commissione Europea in aiuto alle<br />

famiglie palestinesi indigenti.<br />

“Con questo finanziamento, - ricorda il Console Pezzotti - l’Italia<br />

raggiunge un totale di 27 milioni di euro, elargiti negli ultimi<br />

3 anni, confermando il nostro impegno per la protezione sociale<br />

dei palestinesi. Nel 2006, in veste di Direttore della Direzione<br />

generale per il Mediterraneo e Medio Oriente del <strong>Ministero</strong><br />

<strong>Affari</strong> <strong>Esteri</strong> avevo partecipato ai colloqui a Bruxelles nei quali<br />

si stava dando forma al PEGASE. Sono stato quindi testimone<br />

della nascita di questo Programma a favore delle famiglie indigenti<br />

e sono ora qui a sostenere l’avvio di questa nuova fase di<br />

pagamenti.”<br />

Il PEGASE, perfettamente in linea con i principi di efficacia <strong>degli</strong><br />

aiuti, fu presentato dalla Commissione Europea in occasione<br />

della Conferenza dei Donatori di Parigi a dicembre 2007 con<br />

l’obiettivo di sostenere le finanze pubbliche dell’ANP e rafforzare<br />

il sistema di protezione sociale palestinese, così come previsto<br />

dal programma di Sviluppo Sociale del Piano di Riforme e Sviluppo<br />

Nazionale (PRDP 2008-2010) dell’ANP, e come ripreso<br />

nel Piano programmatico del 13° Governo 2010-2011. Obiettivo<br />

ultimo di tale programma è sostenere la stabilizzazione delle<br />

istituzioni volta alla costituzione del futuro Stato palestinese.<br />

Sociali, Commissione Europea e Banca Mondiale, e prevede un<br />

solido sistema di monitoraggio, valutazione e controllo delle<br />

erogazioni, al fine di assicurare che i fondi siano accreditati in<br />

piena trasparenza e in conformità con gli accordi stabiliti tra il<br />

PEGASE, i donatori e l’Autorità Palestinese. “Un sistema efficiente<br />

- come ha rilevato il Rappresentante UE Christian Berger<br />

-, grazie all’eccellente azione in Cisgiordania e a Gaza <strong>degli</strong> assistenti<br />

sociali incaricati di verificare i casi di povertà selezionati<br />

dal <strong>Ministero</strong> <strong>degli</strong> <strong>Affari</strong> Sociali palestinese”.<br />

Così come a Salfit, in una filiale della Cairo Amman Bank di<br />

Ramallah, le condizioni delle persone in attesa di ritirare il sussidio<br />

sono di estrema povertà. Aisha di Beit Suriq, racconta che<br />

è da sola, ha perso il marito tanti anni fa e il suo unico figlio,<br />

ormai, lavora sempre meno. Prima della costruzione del muro,<br />

infatti, poteva facilmente andare a lavorare in Israele, a giornata<br />

in cantieri edili, ora, non avendo il permesso necessario, non<br />

può più uscire dalla Cisgiordania.<br />

L’utilità del PEGASE e’ confermata dall’elevato numero di persone<br />

che ne traggono beneficio. Negli ultimi anni, inoltre, alla luce<br />

di un aumento <strong>degli</strong> indici di povertà e del tasso di disoccupazione<br />

nei Territori Palestinesi, soprattutto tra i giovani laureati,<br />

si e’ assistito a un aumento considerevole di persone che fanno<br />

domanda per questo programma di assistenza finanziaria.<br />

Il programma applica una rigida selezione dei beneficiari verificata<br />

congiuntamente da <strong>Ministero</strong> palestinese <strong>degli</strong> <strong>Affari</strong><br />

NEWSLETTER N.14 39


DIRECTOR: Dr. Silvano Tabbò<br />

Executive Secretary: Clara Borio<br />

COOPERATION PROGRAMS<br />

HEALTH<br />

Program Coordinator: Angelo Stefanini<br />

Health Expert: Marco Barone<br />

Health Policy Development Officer: Sawsan Batato<br />

Health Policy Development Officer-Gaza Office: Yehia Abed<br />

Health Program Administrator: Nivine Massou<br />

EMERGENCY<br />

Program Coordinator: Gian Pietro Testolin<br />

Logistic Officer: Angelo Fratini<br />

Program Administrator: Vito Chiacchiaretta<br />

Administration Assistant: Cristina Zuccarello<br />

Field Officer - Gaza: Yousef Alburei<br />

Program Officer - NGOs Emergency Program: Francesco Tropea<br />

Program Officer - Emergency Liaison Officer with UN Agencies: Letizia Montecalvo<br />

Program Officer - NGOs Office and Mediterranean Area Projects: Emanuela Pilati<br />

COMMUNICATION<br />

Project Officer: Alessia Tibollo<br />

AGRICULTURAL CREDIT, WATER, ENVIRONMENT<br />

Senior Program Manager: Ibrahim Matar<br />

CULTURAL HERITAGE<br />

Program Manager: Marianna Bianchetti<br />

GOOD GOVERNANCE<br />

Project Officer - Capacity Development: Letizia Beltrame<br />

Project Officer - Human Rights: Nadia Harhash<br />

WELOD - Women's Empowerment and Local Development<br />

Program Officer: Giorgia Baldi<br />

Assistant to Local Staff: Rossella Ferrari<br />

Participatory planning Expert: Federica Lomiri<br />

Gender based violence Expert: Anna Rita Ronzoni<br />

Program Administrator: Tommaso Ceramelli<br />

STAFF & CREDITS<br />

ADMINISTRATION & ARCHIVES<br />

Administration and Accounting: Paola Tartaglia<br />

Administration Assistant and Archivist: Lucia Marchetti<br />

LOGISTICS<br />

Logistics Officer: Tareq Salameh<br />

UN FELLOW<br />

Francesca Cioni<br />

DRIVERS & SUPPORT STAFF<br />

Jamal Ghanem<br />

Khaled Ellian<br />

Michel Abu Issa<br />

Rami Habash<br />

Ayman Ellian<br />

Johnny Asfura<br />

Un grazie particolare va allo staff dell’UTL, alle ONG italiane e ai tirocinanti Michele<br />

Teodori e Mirko Leo che hanno gentilmente contribuito alla realizzazione di questa<br />

pubblicazione.<br />

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NEWSLETTER N.14

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