La protezione ed i trattamenti con lenti e filtri oftalmici (parte I) - PO ...
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<strong>La</strong> <strong>protezione</strong> <strong>ed</strong> i <strong>trattamenti</strong><br />
<strong>con</strong> <strong>lenti</strong> e <strong>filtri</strong> <strong>oftalmici</strong> (<strong>parte</strong> I)<br />
Antonio Madesani, optometrista S.Opt.I; docente Istituto B.Zaccagnini - Bologna<br />
Andrea B<strong>ed</strong>ei, oculista, responsabile UO oculistica - Casa di Cura M. Barbantini - Lucca<br />
Francesca Madesani, studente in M<strong>ed</strong>icina e Chirurgia - Università di Pisa<br />
Sommario<br />
Gli Autori prendono in esame il problema della<br />
<strong>protezione</strong> dell’occhio e dei suoi annessi tramite<br />
<strong>lenti</strong> oftalmiche o <strong>filtri</strong> solari. Si proc<strong>ed</strong>e per gradi,<br />
dall’esame degli elementi che costituis<strong>con</strong>o un rischio<br />
per l’integrità dei tessuti, all’individuazione<br />
dei <strong>trattamenti</strong> che possono eliminare o ridurre le<br />
carenze dei materiali, a quelli che eliminano effetti<br />
<strong>con</strong>seguenti all’interazione tra materia e radiazioni<br />
nell’ambito del visibile.<br />
Introduzione<br />
Se provassimo ad elencare le caratteristiche che<br />
una lente deve poss<strong>ed</strong>ere per adempiere in maniera<br />
completa alle proprie funzioni, ci troveremmo inevitabilmente<br />
a dover ri<strong>con</strong>oscere che è necessario accettare<br />
compromessi in quanto ogni materiale usato<br />
per costruire questi strumenti, siano essi protettivi o<br />
compensativi, possi<strong>ed</strong>e dei limiti che ci costringono<br />
a prendere atto che non esiste il materiale ideale.<br />
Per ovviare a questi limiti, l’industria, sotto la spinta<br />
della richiesta dei professionisti e dei potenziali utilizzatori,<br />
ha via via proposto delle soluzioni tese a<br />
rim<strong>ed</strong>iare alle inefficienze dei materiali; è nato <strong>ed</strong><br />
ha preso pi<strong>ed</strong>e l’utilizzo di <strong>trattamenti</strong> di superficie<br />
<strong>con</strong> lo scopo di rendere più efficienti e gradevoli le<br />
soluzioni oftalmiche utilizzate. Abbiamo indicato,<br />
sia la finalità dell’efficienza, sia quella del miglioramento<br />
estetico in quanto, a <strong>con</strong>ti fatti, questi sono i<br />
due motori che alimentano la ricerca. Per affrontare<br />
l’argomento dei <strong>trattamenti</strong> di superficie e gli effetti<br />
che hanno sul sistema visivo, è necessario suddividerlo<br />
in tre parti:<br />
1. l’ambiente esterno e gli elementi che possono interagire<br />
<strong>con</strong> il sistema visivo;<br />
2. le capacità visive che vengono coinvolte nell’uso<br />
di una lente oftalmica;<br />
3. le soluzioni adottate <strong>ed</strong> adottabili <strong>con</strong> finalità<br />
protettiva.
dossier<br />
L’ambiente esterno<br />
Lo spazio fisico che frequentiamo e nel quale viviamo<br />
è permeato di radiazioni elettromagnetiche<br />
che si differenziano in relazione alla lunghezza<br />
d’onda <strong>ed</strong> all’energia ad esse associata.<br />
Molte di queste radiazioni provengono dallo spazio,<br />
dal nostro sole in particolare, altre vengono prodotte<br />
sulla terra e dall’uomo.<br />
Il nostro sistema visivo è sensibile ad alcune di queste:<br />
quelle che ap<strong>parte</strong>ngono al così detto range del<br />
visibile che grosso modo si estende dai 380 nm ai<br />
780 nm. Limitrofe a questo intervallo del visibile<br />
vi sono due famiglie di radiazioni che, entro certi<br />
limiti, possono <strong>con</strong>tribuire alla visione, ma esigono<br />
attenzione soprattutto per l’integrità del nostro sistema<br />
visivo: gli ultravioletti e gli infrarossi (Tab.<br />
1 e Tab. 2).<br />
Tabella 1<br />
Denominazione Lunghezza d’onda (nm)<br />
UV-C 100-280<br />
UV-B 280-315<br />
UV-A1 315-340<br />
UV-A2 340-400<br />
Tabella 2<br />
Denominazione Lunghezza d’onda (nm)<br />
IR-A 780-1.400<br />
IR-B 1.400-3.000<br />
IR-C 3.000-1.000.000<br />
L’energia associata ad un’onda elettromagnetica è<br />
legata in rapporto inverso alla lunghezza d’onda.<br />
Questo significa che una radiazione è tanto più<br />
significativa in termini energetici quanto più è ridotta<br />
la sua lunghezza d’onda.<br />
Sotto questo punto di vista, gli UV sono a <strong>con</strong>tenuto<br />
energetico maggiore degli infrarossi e quindi<br />
più dannosi.<br />
L’atmosfera costituisce il naturale filtro che ci difende<br />
dalle radiazioni pericolose provenienti dalla<br />
nostra sorgente di riferimento: il sole.<br />
Prendendo in <strong>con</strong>siderazione l’emissione spettrale<br />
del sole, per le tre componenti a cui facciamo riferimento,<br />
abbiamo che l’irraggiamento oltre l’atmosfera<br />
è:<br />
UV 8%<br />
VISIBILE 39%<br />
INFRAROSSO 53%<br />
Lo strato di ozono filtra la totalità della banda C<br />
dell’UV <strong>ed</strong> una <strong>parte</strong> della fascia B.<br />
Noi ci ritroviamo dunque ad interagire <strong>con</strong> una piccola<br />
<strong>parte</strong> della fascia B e la totalità della fascia A.<br />
L’ozono, gas costituito da tre atomi, è una delle<br />
forme allotropiche dell’ossigeno.<br />
<strong>La</strong> radiazione elettromagnetica, proveniente dal<br />
sole, lo produce dissociando l’ossigeno molecolare<br />
biatomico in due atomi liberi; quando uno di<br />
questi atomi, particolarmente reattivi da un punto<br />
di vista chimico, si lega <strong>con</strong> una molecola di ossigeno<br />
biatomico si forma una molecola triatomica:<br />
l’ozono. L’ozono assorbe nell’ambito dell’ultravioletto,<br />
<strong>ed</strong> il trasferimento di energia <strong>con</strong>seguente,<br />
lo dissocia di nuovo in ossigeno biatomico <strong>ed</strong> ossigeno<br />
monoatomico.<br />
Questo fenomeno è attivo in particolare tra i 15 <strong>ed</strong> i<br />
25 Km di altezza dalla superficie terrestre, in quella<br />
<strong>parte</strong> di atmosfera terrestre chiamata stratosfera.<br />
Il ciclo di produzione e di dissociazione dell’ozono,<br />
sotto l’effetto della radiazione UV, <strong>con</strong>tinua assorbendo<br />
e producendo energia che <strong>con</strong>tribuisce<br />
al mantenimento della temperatura presente nella<br />
<strong>parte</strong> alta dell’atmosfera che, proprio per la presenza<br />
di queste reazioni, subisce un innalzamento<br />
rispetto agli strati sottostanti.<br />
L’ozono stratosferico ha quindi un ruolo molto importante<br />
nella <strong>protezione</strong> degli organismi terrestri<br />
dall’eccessivo irradiamento dei raggi ultravioletti.<br />
<strong>La</strong> distribuzione dell’ozono varia in relazione all’attività<br />
solare, alle stagioni, alla latitudine, ma subisce<br />
anche delle modificazioni in relazione alla reattività<br />
chimica <strong>con</strong> molte sostanze presenti nell’atmosfera<br />
ad opera delle attività dell’uomo.<br />
Queste sostanze derivano da processi industriali,<br />
dalle esplosioni nucleari, dai sistemi utilizzati per<br />
il riscaldamento, dagli incendi delle foreste, dai gas<br />
di combustione dei veicoli (auto <strong>ed</strong> aerei), dai clorofluorocarburi,<br />
dagli idroclorofluorocarburi, dalle<br />
sostanze chimiche clorate <strong>ed</strong> azotate che a vario<br />
titolo vengono utilizzate dall’uomo e disperse nell’ambiente.<br />
OPTOMETRIA<br />
28
Il risultato è che l’efficacia di questo naturale filtro<br />
è ridotta dalla sregolata attività umana <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza<br />
di ritrovarci a doverci difendere da eventi<br />
radianti che non dovrebbero arrivare sulla superficie<br />
terrestre.<br />
L’ozono risulta dannoso a tutti gli organismi viventi<br />
e lo troviamo prodotto dall’uomo nelle aree<br />
urbane particolarmente inquinate, il tutto aggravato<br />
dal processo di desertificazione e riduzione<br />
delle aree verdi.<br />
Esaminiamo ora quelli che sono i fattori che incidono<br />
sulla quantità di presenza di radiazioni UV<br />
nell’ambiente.<br />
Gli elementi che influis<strong>con</strong>o sono:<br />
- altezza del sole;<br />
- latitudine;<br />
- copertura del cielo;<br />
- altitudine;<br />
- ozono;<br />
- riflessione della superficie.<br />
In <strong>con</strong>siderazione dell’esigenza di tenere sotto <strong>con</strong>trollo<br />
l’irraggiamento solare in termini di UV, è<br />
stato introdotto un fattore numerico ad essi legato<br />
detto “indice UV” che serve appunto per sapere<br />
l’entità dell’irraggiamento nelle varie aree geografiche<br />
del mondo, nel vari periodi dell’anno. Si tratta<br />
di un’indicazione utile per programmare viaggi,<br />
escursioni o quant’altro pr<strong>ed</strong>isponendo i necessari<br />
strumenti di <strong>protezione</strong>.<br />
Un buon punto di <strong>parte</strong>nza, per chi risulta interessato<br />
a questi argomenti è, come spesso accade, internet,<br />
utilizzando un motore di ricerca attraverso<br />
opportune parole chiave.<br />
Per coloro che non sono sufficientemente avvezzi<br />
a questo tipo di ricerca, forniamo un indirizzo di<br />
<strong>parte</strong>nza:<br />
http://www.epa.gov/sunwise/uvindex.html<br />
<strong>La</strong> scala proposta si estende da 0 a 16, e la pericolosità<br />
della presenza di radiazioni UV è la seguente:<br />
fino a 2: rischio basso;<br />
da 3 a 5: rischio moderato;<br />
da 6 a 7: rischio alto;<br />
da 8 a 10: rischio molto alto;<br />
da 11 in poi: rischio estremo.<br />
Facendo riferimento alla figura 1, possiamo indicare<br />
alcuni valori che possono essere utili ai fini<br />
quantitativi:<br />
1. le nubi sottili lasciano passare oltre il 90%<br />
dell’UV;<br />
2. la neve fresca riflette fino all’80% della radiazione<br />
UV;<br />
3. il 60% della dose giornaliera di UV arriva a terra tra<br />
le ore 10 e le 14;<br />
4. l’intensità della radiazione UV aumenta del 4% per<br />
ogni incremento di altitudine di 300m;<br />
5. la dose annuale di UV dei lavoratori al coperto è il<br />
10-20% di quella dei lavoratori all’esterno;<br />
6. l’ombra riduce l’intensità dell’UV di oltre il 50%;<br />
7. nell’acqua, a mezzo metro di profondità, l’intensità<br />
dell’UV è del 40% del valore di superficie;<br />
8. la sabbia riflette UV fino al 25%.<br />
Figura 1 - Fattori di variabilità che influis<strong>con</strong>o sull’ irraggiamento<br />
UV (v<strong>ed</strong>i testo per la spiegazione sul significato dei numeri in figura).<br />
Come esempio sulle informazioni <strong>con</strong>nesse agli indici<br />
UV possiamo osservare la figura 2 che si riferisce<br />
alla distribuzione m<strong>ed</strong>ia di irraggiamento in<br />
relazione alle <strong>con</strong>dizioni metereologiche che vanno<br />
dal cielo sereno al coperto.<br />
Nella figura 3 si v<strong>ed</strong>e il quantitativo di UV nell’arco<br />
della giornata, dal sorgere del sole al tra-<br />
dossier<br />
OPTOMETRIA<br />
29
Figura 2 - Indici UV delle varie zone geografiche del pianeta in <strong>con</strong>dizioni metereologiche diverse: dal cielo sereno al nuvoloso.<br />
dossier<br />
Figura 3 - Indice UV e quantitativo di radiazione nell’arco della giornata, dall’alba al tramonto del sole.<br />
OPTOMETRIA<br />
30
Figura 4 - Indici UV<br />
sull’Europa. I dati si<br />
riferis<strong>con</strong>o alla giornata<br />
del 6/2/2006.<br />
monto. Nella figura 4 v<strong>ed</strong>iamo il dettaglio della<br />
situazione in Europa.<br />
Fino ad ora abbiamo <strong>con</strong>siderato il sole come l’unica<br />
sorgente di radiazione UV, tuttavia anche l’uomo<br />
fornisce il suo valido <strong>con</strong>tributo ad aumentare la<br />
presenza di queste radiazioni <strong>ed</strong> in particolare pensiamo<br />
alla ben diffusa abitudine dell’uso delle lampade<br />
abbronzanti.<br />
Senza entrare nel dettaglio di questo argomento, ci<br />
limitiamo a fornire al lettore alcuni spunti di m<strong>ed</strong>itazione.<br />
Il primo riguarda la regolamentazione di questi<br />
apparecchi e la qualifica del personale incaricato<br />
di gestirli: esistono dei regolamenti sia a livello nazionale<br />
che a livello regionale che dovrebbero garantire<br />
gli utilizzatori, ma rimane il dubbio che gli<br />
enti preposti a garantire l’applicazione di queste<br />
regolamentazioni abbiano tempo e personale da<br />
destinare a questo incarico; i centri che utilizzano<br />
i sistemi abbronzanti si assumono la responsabilità<br />
del loro corretto uso, ma rimane il legittimo<br />
dubbio che il personale impiegato sia sempre <strong>ed</strong> in<br />
ogni caso all’altezza del compito assegnato.<br />
Vi è poi il problema della qualità delle attrezzature<br />
che dovrebbe essere elevata non solo quando sono<br />
appena uscite dalla fabbrica, ma per tutta la loro<br />
vita e qui possiamo pensare alle lampade che, come<br />
tutte le sorgenti radianti di questo tipo, hanno un<br />
ciclo di vita che bisognerebbe rispettare. Il problema<br />
si complica in caso di guasti e di interventi tecnici<br />
in quanto, a riparazione avvenuta, vi sarebbe la necessità<br />
di ritarare il tutto per garantirne un nuovo<br />
perfetto funzionamento.<br />
Il problema maggiore potrebbe tuttavia essere la<br />
gestione di queste attrezzature e chi dovrebbe <strong>con</strong>trollarne<br />
il corretto uso e funzionamento. Se nei<br />
centri estetici la cosa può essere gestita in maniera<br />
ottimale, nell’autogestione degli apparati collocati<br />
nelle abitazioni degli utilizzatori, il problema esiste<br />
<strong>ed</strong> è, a nostro avviso, della massima importanza,<br />
dal momento che si può facilmente indulgere nella<br />
tentazione di accelerare i tempi di esposizione per<br />
ottenere più rapidamente i risultati desiderati.<br />
Effetti dell’esposizione<br />
Tornando alla naturale esposizione alla luce solare,<br />
sappiamo che vi sono molti effetti positivi, accompagnati<br />
tuttavia anche da <strong>con</strong>seguenze negative per<br />
la nostra salute. Tra gli effetti positivi: il riscaldamento<br />
che <strong>con</strong>tribuisce a mantenere le attività vitali<br />
degli organismi; l’esposizione alla luce solare ha<br />
un effetto antidepressivo; agisce sui meccanismi di<br />
sintesi della vitamina D e quindi possi<strong>ed</strong>e un effetto<br />
antirachitico. Ma vi sono anche rovesci della<br />
dossier<br />
OPTOMETRIA<br />
31
m<strong>ed</strong>aglia: la possibilità che si verifichino scottature<br />
e colpi di sole; fotosensibilizzazione <strong>con</strong> la comparsa<br />
di fotoallergie e fototossicità; invecchiamento<br />
della pelle <strong>con</strong> possibilità di innescare meccanismi<br />
mutageni; alterazioni del sistema immunitario.<br />
Per quanto riguarda il sistema visivo <strong>ed</strong> i suoi annessi,<br />
facendo riferimento alla banda del visibile e<br />
dell’infrarosso, possiamo avere un danno:<br />
- retinico di natura termica <strong>con</strong> irraggiamento da<br />
380 a 1500 nm;<br />
- retinico di natura fotochimica <strong>con</strong> esposizione da<br />
380 a 550 nm;<br />
- al cristallino di origine termica per esposizione<br />
agli infrarossi sia in fascia A che in fascia B;<br />
- termico alla cornea <strong>con</strong> lunghezze d’onda tra<br />
1400 nm a 1 mm.<br />
<strong>La</strong> possibilità che si verifichi un danno è legata<br />
all’intensità dello stimolo <strong>ed</strong> al tempo di esposizione.<br />
Nell’intervallo di lunghezze d’onda da 380 nm a<br />
2500 nm, la <strong>protezione</strong> di cornea e cristallino si ha<br />
limitando l’irradianza, ovvero l’intensità del flusso<br />
radiante per unità di superficie (W/m 2 ):<br />
- 10 m W/m 2 <strong>con</strong> stimoli di durata superiore a<br />
1000 se<strong>con</strong>di;<br />
- 1,8 t -3/4 W/m 2 <strong>con</strong> stimoli inferiori a 1000 se<strong>con</strong>di.<br />
Le due relazioni ci di<strong>con</strong>o che più l’intensità è<br />
elevata e più ridotto deve essere il tempo di esposizione.<br />
Si tratta di una <strong>con</strong>siderazione abbastanza<br />
ovvia che tuttavia, nel pratico, può essere facilmente<br />
disattesa dal momento che il nostro sistema<br />
visivo ha capacità di adattamento molto ampie e di<br />
<strong>con</strong>seguenza la sensazione di disagio <strong>con</strong>nessa ad<br />
una luminanza ambientale molto alta, viene spesso<br />
superata in tempi brevi <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguente impressione<br />
che <strong>con</strong> la scomparsa della sensazione di<br />
fastidio iniziale sia superato anche il rischio esposizione.<br />
Osservando la figura 5 v<strong>ed</strong>iamo che la retina ha un<br />
picco di sensibilità alle radiazioni tra i 300 nm <strong>ed</strong><br />
i 400 nm; questo intervallo viene indicato come<br />
range della luce blu ad indicare il posizionamento<br />
nello spettro.<br />
dossier<br />
Figura 5 È indicato il rapporto percentuale di assorbimento tra i vari tessuti dell’occhio e lunghezza d’onda nell’ambito degli ultravioletti.<br />
OPTOMETRIA<br />
32
Figura 6 - A sinistra uno pterigio <strong>ed</strong> a destra un melanoma <strong>con</strong>giuntivale.<br />
<strong>La</strong> pericolosità in queste radiazioni è dovuta al loro<br />
maggior <strong>con</strong>tenuto energetico rispetto alle altre a<br />
cui è sensibile la retina e che danno origine al meccanismo<br />
della visione.<br />
Il cristallino è sensibile all’UV sia in fascia A che<br />
in fascia B, mentre cornea e tessuti anteriori sono<br />
esposti a tutto l’intervallo del radiante ultravioletto.<br />
Il rischio all’esposizione è relativo alle caratteristiche<br />
individuali dell’individuo, pensiamo alla varietà<br />
dei fototipi cutanei, per cui abbiamo soggetti<br />
detti melano-compromessi che non hanno nessuna<br />
capacità di abbronzarsi e risultano molto sensibili<br />
all’esposizione e, all’estremo opposto, i soggetti melano-protetti<br />
che hanno la pelle naturalmente scura<br />
e risultano molto resistenti al rischio scottatura.<br />
Nell’ambito dei soggetti potenzialmente a rischio,<br />
maggiore è l’esposizione e maggiore è il danno che<br />
può verificarsi in termini, ad esempio, di fotocherato<strong>con</strong>giuntivite<br />
che può interessare naviganti,<br />
sciatori, persone che soggiornano o vivono a quote<br />
elevate per periodi più o meno lunghi.<br />
Vi è tuttavia un rischio significativo anche per<br />
chi lavora in <strong>con</strong>dizioni di esposizione prolungata<br />
come agricoltori, stradini, lavoratori esposti a lampade<br />
o a strumenti <strong>con</strong> emissione nell’UV prossimo<br />
e non: citiamo a titolo di esempio i saldatori.<br />
Non torniamo ovviamente sull’argomento di chi<br />
si espone alle lampade abbronzanti di cui abbiamo<br />
già trattato.<br />
In generale, è la banda degli UV-B la più pericolosa,<br />
Figura 7 - Assorbimento<br />
del cristallino per le<br />
varie radiazioni dall’UV<br />
all’IR.<br />
dossier<br />
OPTOMETRIA<br />
33
dossier<br />
tra quelle che ci provengono dal sole, dal momento<br />
che rappresenta la radiazione a più alta energia; i<br />
tessuti anteriori risultano particolarmente sensibili<br />
al danno per esposizione a lunghezze d’onda tra<br />
180 nm <strong>ed</strong> 330 nm.<br />
Lo spettro UV è stato ri<strong>con</strong>osciuto come uno dei<br />
più importanti fattori ambientali, responsabile<br />
dell’insorgenza di modifiche strutturali dell’epitelio<br />
dovuto a trasformazione morfologica della<br />
cellula; la modificazione può avere caratteristiche<br />
di gravità relativa e citiamo lo pterigio, oppure di<br />
situazioni molto pericolose come l’insorgenza di<br />
tumori (Fig. 6).<br />
Sotto questo punto di vista, vi sono soggetti più a<br />
rischio di altri:<br />
- persone melano-compromesse (fototipo I e II);<br />
- bambini e soggetti <strong>con</strong> meno di 18 anni;<br />
- persone <strong>con</strong> un alto numero di nevi;<br />
- persone che all’esposizione, manifestano la tendenza<br />
a divenire <strong>lenti</strong>gginose;<br />
- persone <strong>con</strong> storia clinica di frequenti scottature<br />
solari.<br />
Nella figura 7, v<strong>ed</strong>iamo il comportamento del cristallino<br />
nei <strong>con</strong>fronti delle radiazioni che vanno<br />
dall’UV in fascia B all’Infrarosso: vi è un notevole<br />
picco di assorbimento tra i 290 <strong>ed</strong> i 340 nm e poi<br />
si notano gli assorbimenti <strong>con</strong> possibile danno termico<br />
tra i 780 nm <strong>ed</strong> i 1800 nm.<br />
<strong>La</strong> tipica alterazione del cristallino è certamente la<br />
cataratta delle persone anziane.<br />
Le radiazioni UV sono tuttavia responsabili di modificazioni<br />
a livello dei tessuti del cristallino che<br />
accelerano la formazione di aggregati proteici <strong>ed</strong><br />
esercitano una inibizione delle attività metaboliche<br />
e della permeabilità, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>seguenza di creare le<br />
premesse per un’accelerazione del processo di riduzione<br />
della trasparenza.<br />
Il danno termico al cristallino, ri<strong>con</strong>ducibile a sorgenti<br />
radianti nell’ambito dell’infrarosso, è evidente<br />
in alcune categorie di lavoratori come i soffiatori di<br />
vetro, nei quali la presenza di cataratta risulta statisticamente<br />
più significativa in relazione all’età. Particolare<br />
attenzione, a livello retinico, necessitano le<br />
alterazioni quali la degenerazione maculare senile e<br />
l’<strong>ed</strong>ema maculare cistoide.<br />
Soprattutto la prima, negli ultimi anni, si è rivelata<br />
più presente di quanto fosse preventivamente immaginato.<br />
Le modificazioni biochimiche associate alle<br />
energie di sorgenti radianti che superano le naturali<br />
difese dell’occhio possono favorire e accelerare i<br />
processi che portano a queste pericolose alterazioni<br />
dell’occhio <strong>con</strong> compromissione significativa della<br />
funzionalità visiva. Le radiazioni a bassa lunghezza<br />
d’onda, come evidenziato prec<strong>ed</strong>entemente sono,<br />
per il loro <strong>con</strong>tenuto energetico, quelle che possono<br />
provocare più danni; se da un lato queste radiazioni<br />
vengono filtrate in maniera efficace da tessuti<br />
posti anteriormente alla retina (cristallino in particolare),<br />
i soggetti che hanno subito l’asportazione<br />
del cristallino si trovano in <strong>con</strong>dizioni di rischio<br />
maggiore. Oggi le moderne tecniche di intervento<br />
per asportazione della cataratta prev<strong>ed</strong>ono l’utilizzo<br />
di <strong>lenti</strong> intracamerulari (IOL) che hanno, o<br />
dovrebbero avere, un effetto di filtraggio che sostituisce<br />
validamente i tessuti che sono stati asportati,<br />
rimane tuttavia la necessità di avere la certezza di<br />
questa <strong>protezione</strong>. Nei soggetti in cui non sia impiantata<br />
una IOL, vi è l’assoluta necessità di provv<strong>ed</strong>ere,<br />
tramite la correzione diottrica, a fornire il<br />
necessario filtro protettivo, per garantire alla retina<br />
la sicurezza necessaria. Le radiazioni nell’ambito<br />
dell’IR non hanno energie elevate come gli UV,<br />
ma possono aumentare l’energia vibrazionale delle<br />
molecole <strong>con</strong> innalzamento dell’energia cinetica di<br />
alcuni legami e <strong>con</strong>seguente rischio dell’integrità<br />
delle relative strutture molecolari: il calore è tipicamente<br />
un agente denaturante.<br />
OPTOMETRIA<br />
34
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dossier<br />
OPTOMETRIA<br />
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