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Dispense della seconda settimana - Dipartimento di Filosofia

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<strong>Dispense</strong> <strong>di</strong> <strong>Filosofia</strong> del Linguaggio<br />

Vittorio Morato<br />

II <strong>settimana</strong><br />

Gottlob Frege (1848 – 1925), un matematico e filosofo tedesco, è unanimemente<br />

considerato come il padre <strong>della</strong> filosofia del linguaggio contemporanea.<br />

Ciò è vero almeno per due motivi fondamentali: il primo è che la sua teoria<br />

del linguaggio permette <strong>di</strong> accettare le tesi più plausibili <strong>della</strong> teoria lockeana,<br />

senza dover anche accettare ciò che invece è implausibile <strong>di</strong> tale teoria. In<br />

secondo luogo, la sua teoria è sistematica, ossia offre gli strumenti per sviluppare<br />

una vera e propria teoria del significato.<br />

Frege con<strong>di</strong>vide con Locke le sue prime tre tesi, la tesi secondo cui il linguaggio<br />

è definito dalla sua funzione, quella secondo cui la funzione del linguaggio<br />

è quella <strong>di</strong> comunicare e quella secondo cui ciò che il linguaggio comunica è il<br />

pensiero.<br />

Egli però non accetta la quarta e la quinta tesi <strong>di</strong> Locke (almeno per come<br />

sono espresse nella teoria lockeana), ossia la tesi secondo cui le parole significano<br />

le parti <strong>di</strong> ciò che il linguaggio comunica e la tesi secondo cui i componenti del<br />

pensiero sono le idee.<br />

Per quanto riguarda la quarta tesi, Frege rigetta la tesi <strong>di</strong> Locke secondo cui<br />

le parole stanno per idee e che le parole sono combinate in enunciati per mezzo <strong>di</strong><br />

un’azione del parlante. Per Frege, sono gli enunciati ad essere le entità <strong>di</strong> base<br />

dotate <strong>di</strong> significato e le parole hanno significato solo all’interno degli enunciati.<br />

Frege ritiene che la visione lockeana <strong>della</strong> relazione tra parole ed enunciati sia<br />

sbagliata, proprio perchè essa implica che le parole significhino idee. Per Frege<br />

le parole non stanno per idee.<br />

Il maggior punto <strong>di</strong> scontro tra Frege e Locke riguarda la tesi che le parole<br />

servano ad esprimere le nostre rappresentazioni mentali, ossia riguarda la quinta<br />

tesi <strong>della</strong> teoria <strong>di</strong> Locke. Questa tesi – la tesi secondo cui il linguaggio e le<br />

parole in particolare servano ad esprimere i nostri specifici stati psicologici – è<br />

solitamente chiamata psicologismo; Frege è solitamente considerato il maggior<br />

avversario dello psicologismo.<br />

La prima è più caratterizzante tesi dell’approccio fregeano è quin<strong>di</strong> la seguente:<br />

Non è vero che tutte le parole significano idee<br />

Frege offre due argomenti a favore <strong>di</strong> questa tesi:<br />

Primo argomento: Se 2 persone comprendono una certa parola, allora conoscono<br />

il significato associato alla parola in questione. Tuttavia, sembra<br />

che sia possibile che tali persone associno alla parola in questione due idee<br />

(nel senso <strong>di</strong> “rappresentazioni mentali”) <strong>di</strong>verse. Ma se è vero che due<br />

1


persone comprendono la stessa parola pur avendo rappresentazioni mentali<br />

<strong>di</strong>verse, allora la comprensione <strong>di</strong> una parola sarà in<strong>di</strong>pendente dalle<br />

idee ad essa associata. Se poi è anche vero che il significato <strong>di</strong> una parola<br />

è proprio ciò che è conosciuto da chi la comprende, allora anche il significato<br />

<strong>di</strong> una parola è in<strong>di</strong>pendente dalle rappresentazioni mentali collegate<br />

ad essa. L’argomento <strong>di</strong>pende dalla tesi che la comunicazione sarebbe<br />

impossibile se i parlanti non associassero alle parole lo stesso significato.<br />

Secondo argomento: Qualunque cosa sia il significato <strong>di</strong> una parole, il suo<br />

significato avrà a che fare con quello <strong>di</strong> cui ci interessa parlare; quello <strong>di</strong><br />

cui ci interessa parlare non sono sicuramente le nostre specifiche rappresentazioni<br />

mentali. Ad esempio, se fossimo dei matematici, quello <strong>di</strong> cui<br />

ci interesserebbe parlare con parole tipo “uno”, “due” “tre”, etc. sono<br />

i numeri non le idee <strong>di</strong> numero. Quando un matematico comunica un<br />

risultato scientifico ai colleghi quel che gli interessa non è comunicare un<br />

proprio stato psicologico ma una reale proprietà dei numeri.<br />

Questi due argomenti ci forniscono una visione del linguaggio orientata al<br />

mondo e non, come la teoria <strong>di</strong> Locke, alla nostra vita psicologica.<br />

Lo specifico <strong>della</strong> posizione <strong>di</strong> Frege consiste nel fatto che sebbene egli abbia<br />

una concezione del linguaggio secondo cui il linguaggio esprime pensieri (ve<strong>di</strong><br />

il primo argomento), egli ha anche una visione dei pensieri orientata al mondo<br />

(ve<strong>di</strong> il secondo argomento).<br />

Un altro principio che caratterizza la posizione <strong>di</strong> Frege è conosciuto come<br />

Principio del Contesto:<br />

Principio del Contesto: le parole non hanno significato in isolamento; il loro<br />

significato non è altro che il contributo che danno al significato degli<br />

enunciati <strong>di</strong> cui fanno parte<br />

Come già detto, il motivo principale per cui Frege accetta il Principio del<br />

Contesto è che, altrimenti, saremmo costretti a sostenere che le parole significano<br />

idee. L’argomento è, più o meno, il seguente:<br />

se il principio del contesto fosse falso, allora le parole avrebbero<br />

un significato in virtù <strong>di</strong> qualche isolabile correlazione tra esse e<br />

qualcosa <strong>di</strong> non linguistico (i loro significati). Se poi si ritenesse<br />

che il linguaggio serva a comunicare i pensieri, la tentazione sarebbe<br />

quella <strong>di</strong> cercare qualcosa “dentro” la nostra mente da correlare alle<br />

parole. Se, invece, il Principio del Contesto fosse vero, saremmo<br />

portati a sostenere la tesi che sono i significati degli enunciati ad<br />

essere basilari; questo eliminerebbe la tentazione <strong>di</strong> sostenere la tesi<br />

per la quale le parole hanno significato in isolamento.<br />

Un altro motivo per accettare il Principio del Contesto è che esso sembra darci<br />

buoni motivi per risolvere il problema dell’unità degli enunciati (ve<strong>di</strong> <strong>di</strong>spense<br />

<strong>della</strong> I <strong>settimana</strong>). Tale problema consisteva, sostanzialmente, nell’impossibilità<br />

(data la tesi che le parole significano, in isolamento, idee) <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere enunciati<br />

da liste <strong>di</strong> parole. Come abbiamo visto, per Locke il problema era generato dal<br />

fatto che le parole sono autonomamente collegate ad entità extra-linguistiche.<br />

2


Il Principio del Contesto, invece, risolve il problema affermando che l’unità<br />

dell’enunciato non è qualcosa <strong>di</strong> “generato dal basso” ma è qualcosa <strong>di</strong> basilare.<br />

Ciò che non è basilare, invece, è il significato delle parole.<br />

I problemi nascono dal fatto che Frege sembra anche sostenere un principio<br />

che sembra essere il converso del principio del contesto; tale principio, che<br />

abbiamo già incontrato, sembra essere del tutto plausibile.<br />

Principio <strong>di</strong> Composizionalità: il significato <strong>di</strong> un enunciato è determinato<br />

dal significato delle parole che lo compongono e dal modo in cui sono<br />

combinate<br />

Da certi punti <strong>di</strong> vista, questo è un principio ovvio; la semantica, lo stu<strong>di</strong>o del<br />

significato linguistico, può essere considerata proprio come la spiegazione sistematica<br />

<strong>di</strong> come i significati delle parole determinano il significato degli enunciati<br />

da esse composti.<br />

Il problema è che mentre il Principio del Contesto sembra suggerire l’idea che<br />

i significati degli enunciati sono basilari, il Principio <strong>di</strong> Composizionalità sembra<br />

invece suggerirci l’idea che ad essere basilari sono i significati delle parole.<br />

La soluzione consiste nel qualificare il significato <strong>di</strong> “basilare” e specificarne<br />

due sensi <strong>di</strong>stinti.<br />

• il significato degli enunciati è basilare per comprendere il rapporto tra il<br />

linguaggio e il mondo<br />

• il significato delle parole è basilare nel comprendere il rapporto tra un<br />

enunciato ed il resto del linguaggio<br />

1 Frege e la logica<br />

La teoria del linguaggio <strong>di</strong> Frege è fortemente intrecciata con i suoi interessi<br />

logici. Per comprendere appieno la teoria <strong>di</strong> Frege, quin<strong>di</strong>, è necessario conoscere<br />

– ad un livello elementare – alcune nozioni <strong>di</strong> logica.<br />

La logica è lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una particolare proprietà degli argomenti, ossia la la<br />

vali<strong>di</strong>tà.<br />

Quando si <strong>di</strong>ce che un argomento è valido Intuitivamente:<br />

Un argomento è valido quando la conclusione segue veramente dalle<br />

premesse<br />

Se questa è una concezione abbastanza intuitiva <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà, va innanzitutto<br />

notato che ciò che è importante per un argomento valido è che vi sia un certo<br />

rapporto tra premesse e conclusione, non tanto che le premsse o la conclusione<br />

siano <strong>di</strong> fatto vere (o false). Vi sono, cioè, argomenti vali<strong>di</strong> che, però hanno<br />

premesse e/o conclusioni false. La loro vali<strong>di</strong>tà, però, <strong>di</strong>pende dal fatto che c’è<br />

un certo tipo <strong>di</strong> rapporto tra premesse e conclusioni. Questo è, ad esempio, un<br />

argomento valido:<br />

1. Tutti gli uomini sono belli<br />

2. Mario è un uomo<br />

3. Quin<strong>di</strong>: Mario è bello<br />

3


L’argomento è valido (ossia la conclusione segue dalle premesse) ma le premesse<br />

e la conclusione potrebbero essere tutti falsi.<br />

Un modo un po’ più raffinato <strong>di</strong> definire la vali<strong>di</strong>tà è il seguente:<br />

Vali<strong>di</strong>tà: un argomentazione è valida se e solo se è impossibile per le premesse<br />

essere vere e la conclusione falsa.<br />

questo è il modo canonico in cui la vali<strong>di</strong>tà viene definita (informalmente)<br />

in logica.<br />

Quel che c’è da notare in questa definizione è che quel che conta per stabilire<br />

la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un certo argomento è la verità o la falsità <strong>di</strong> premesse e conclusione.<br />

Attenzione: quel che conta non è l’effettiva verità ma che, nell’ipotesi che le<br />

premesse siano vere, non possa succedere che la conclusione lo sia.<br />

La logica è, grosso modo, composta <strong>di</strong> due parti:<br />

• la logica enunciativa: stu<strong>di</strong>a le argomentazioni che <strong>di</strong>pendono dalle relazioni<br />

tra gli enunciati<br />

• la logica pre<strong>di</strong>cativa: stu<strong>di</strong>a le argomentazioni che <strong>di</strong>pendono dalle relazioni<br />

tra le parti degli enunciati<br />

Quel che è importante per la logica pre<strong>di</strong>cativa è quin<strong>di</strong> capire come gli<br />

enunciati si <strong>di</strong>vidono in parti. Ad un livello basilare, Frege riconosce due tipi <strong>di</strong><br />

componenti degli enunciati. Gli enunciati più semplici (quelli a partire dai quali<br />

tutti gli altri possono essere “generati”) sono composti da Frege:<br />

• da espressioni che si riferiscono a particolari oggetti (“Mario”, “il mio<br />

migliore amico”) ⇒ termini singolari<br />

• pre<strong>di</strong>cati<br />

Che cos’è un pre<strong>di</strong>cato Frege fornisce un metodo per specificare un pre<strong>di</strong>cato<br />

che ci permette (per il momento) <strong>di</strong> non specificare quale sia il suo<br />

significato:<br />

Un pre<strong>di</strong>cato è ciò che risulta da un enunciato una volta che da esso<br />

(l’enunciato) siano stati rimossi i termini singolari (e sostituiti con<br />

variabili)<br />

Si prenda, ad esempio, l’enunciato “Socrate è simpatico”: in questo enunciato<br />

riconosciamo un termine singolare “Socrate”; si supponga <strong>di</strong> eliminare<br />

“Socrate” dall’enunciato e <strong>di</strong> sostituirlo con una variabile x; il risultato sarebbe:<br />

x è simpatico<br />

“x è simpatico” è un pre<strong>di</strong>cato.<br />

I componenti <strong>di</strong> base del linguaggio per Frege sono quin<strong>di</strong> enunciati, termini<br />

singolari e pre<strong>di</strong>cati.<br />

La domanda fondamentale per un logico come Frege era:<br />

qual’è, per ciascuno dei componenti <strong>di</strong> base del linguaggio, l’aspetto<br />

che conta <strong>di</strong> più, al fine <strong>di</strong> valutare se una certa argomentazione è<br />

valida<br />

4


La risposta è la seguente:<br />

• per gli enunciati ciò che conta è sapere se essi siano veri o falsi<br />

• per i termini singolari ciò che conta sapere è a quale oggetto essi si riferiscano<br />

(in modo da sapere se un enunciato in cui compaiano è vero o<br />

falso)<br />

• per i pre<strong>di</strong>cati ciò che conta è sapere è a quali oggetti il pre<strong>di</strong>cato si applica<br />

con verità. Questo al fine <strong>di</strong> conoscere la <strong>di</strong>fferenza che fa, per la verità o<br />

falsità <strong>di</strong> un certo enunciato, il fatto che io sostituisca la variabile con un<br />

certo termine singolare piuttosto che un altro.<br />

2 La teoria <strong>della</strong> Bedeutung<br />

Frege chiamò quella parte del significato <strong>di</strong> un’espressione rilevante per determinare<br />

la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> una certa argomentazione bedeutung (pronuncia: “bedoitung”)<br />

che in italiano potremmo chiamare “riferimento” o “denotazione”. La<br />

Denotazione (che scriverò con la “D” maiuscola per in<strong>di</strong>care che si tratta del<br />

termine tecnico introdotto da Frege) potrebbe essere caratterizzata come quella<br />

parte del significato delle espressioni linguistiche che interessa a fini logici.<br />

Come vedremo più avanti, per Frege esiste anche un’altra parte del significato<br />

delle espressioni che egli chiamerà Sinn che in italiano potremmo chiamare<br />

“senso”.<br />

Per Frege, quin<strong>di</strong>:<br />

• la bedeutung <strong>di</strong> un enunciato è il suo valore <strong>di</strong> verità<br />

• la bedeutung <strong>di</strong> un termine singolare è l’oggetto a cui tale termine singolare<br />

si riferisce<br />

• la bedeutung <strong>di</strong> un pre<strong>di</strong>cato è ciò che determina se, sostituendo la variabile<br />

che costitiuisce un pre<strong>di</strong>cato con un nome, l’enunciato che ne risulta è vero<br />

o falso.<br />

Se traduciamo bedeutung con “riferimento”, sembra abbastanza naturale sostenere<br />

che un termine singolare come “Socrate” si riferisce a Socrate; sembra<br />

invece piuttosto strano sostenere che un enunciato come “Socrate è simpatico”<br />

si riferisca al falso o abbia come Denotazione il falso. Ugualmente strana è la<br />

caratterizzazione <strong>della</strong> bedeutung o Denotazione dei pre<strong>di</strong>cati.<br />

Quel che cerchiamo, nel caso dei pre<strong>di</strong>cati, è un’entità che determini se un<br />

certo enunciato sia vero o falso, a <strong>seconda</strong> <strong>di</strong> quale oggetto scegliamo come Denotazione<br />

del termine singolare destinato a sostituire la variabile che costituisce<br />

il pre<strong>di</strong>cato.<br />

In analogia con l’uso matematico, Frege chiamò questo genere <strong>di</strong> entità funzioni.<br />

Normalmente si <strong>di</strong>ce che una funzione è un’entità che prende un certo<br />

valore, dato un certo argomento. Normalmente le operazioni matematiche come<br />

+ sono considerate funzioni. Quando, ad esempio, scrivo 5 + 3 = 8, quel che<br />

scrivo vuol <strong>di</strong>re che la funzione + prende come argomenti 5 e 3 e dà, come valore<br />

8. L’argomento <strong>di</strong> una certa funzione sono i termini dell’operazione, il valore è<br />

il risultato.<br />

5


I pre<strong>di</strong>cati, per Frege, denotano, quin<strong>di</strong>, un particolare tipo <strong>di</strong> funzioni.<br />

Le funzioni matematiche sono funzioni che, avendo come argomenti numeri,<br />

danno come valore numeri; i pre<strong>di</strong>cati si riferiscono a funzioni particolari, le<br />

quali prendono come argomenti oggetti, ossia denotazioni <strong>di</strong> termini singolari e<br />

danno come valore valori <strong>di</strong> verità, “vero” o “falso”, ossia danno come valore la<br />

Denotazione degli enunciati.<br />

Assumete che l’enunciato “Socrate è simpatico” sia vero. Il motivo per cui<br />

tale enunciato è vero, secondo quello che abbiamo appena visto, è che il pre<strong>di</strong>cato<br />

<strong>di</strong> cui è composto l’enunciato – “x è simpatico” – è una funzione che, prendendo<br />

come argomento Socrate (l’in<strong>di</strong>viduo, non il nome “Socrate”) dà come valore<br />

il vero; detto in altri termini, la funzione “x è simpatico” ci <strong>di</strong>ce che se ad<br />

x sostituiamo “Socrate”, l’enunciato risultante (“Socrate è simpatico”) è un<br />

enunciato vero.<br />

Frege chiamò quelle particolari funzioni i cui valori possibili sono la verità<br />

e la falsità, Concetti. Nel proseguio, userò il termine “Concetto” (con “C”<br />

maiuscola) in questo “senso tecnico” <strong>di</strong> Frege.<br />

Riassumendo: per Frege, i pre<strong>di</strong>cati denotano un particolare tipo <strong>di</strong> funzioni:<br />

i Concetti. Il Concetto “x è simpatico” è una funzione che ha come valore il<br />

vero se e solo se l’oggetto che prende come argomento è simpatico.<br />

Le denotazioni delle espressioni <strong>di</strong> base del linguaggio per Frege sono:<br />

• enunciati ⇒ valori <strong>di</strong> verità<br />

• pre<strong>di</strong>cati ⇒ Concetti<br />

• termini singolari ⇒ oggetti<br />

Questo sforzo <strong>di</strong> Frege <strong>di</strong> associare ad ciascuna espressione del linguaggio<br />

una Denotazione sembra essere in contrasto con lo spirito che lo aveva spinto<br />

a postulare il Principio del Contesto. Quel principio sembrava andare contro<br />

l’idea che, per comprendere il significato delle espressioni linguistiche, dovessimo<br />

sforzarci <strong>di</strong> istituire delle connessioni tra singole parole (o, più in generale, tra<br />

singoli “pezzi” <strong>di</strong> linguaggio) e i loro significati.<br />

Vi ricordo che la conseguenza più sgradevole che derivava dalla tesi secondo<br />

cui le parole hanno significato in isolamento era che tutte le <strong>di</strong>fferenze grammaticali<br />

tra le parole andavano perdute giacchè tutte le espressioni erano destinate<br />

a <strong>di</strong>ventare nomi delle entità con cui stavano in una relazione <strong>di</strong> significato.<br />

Diventava quin<strong>di</strong> impossibile spiegare il problema dell’unità enunciativa.<br />

Frege tenta <strong>di</strong> recuperare le <strong>di</strong>fferenze grammaticali tra le espressioni enfatizzando<br />

una <strong>di</strong>fferenza tra le denotazioni delle espressioni. Per Frege, infatti, la<br />

<strong>di</strong>fferenza tra termini singolari e pre<strong>di</strong>cati consiste nel fatto che mentre la Denotazione<br />

<strong>di</strong> un termine singolare è un oggetto, quella <strong>di</strong> un pre<strong>di</strong>cato è un Concetto,<br />

ossia un’entità che, come abbiamo visto, prende oggetti come argomenti.<br />

Per Frege, gli oggetti sono entità complete o, per usare la sua espressione, sature,<br />

mentre i Concetti sono entità incomplete, insature; un pre<strong>di</strong>cato come “x è<br />

simpatico” ha come Denotazione un’entità insatura perchè esso contiene una variabile,<br />

la quale non è altro (almeno nelle intenzioni <strong>di</strong> Frege) che un segnaposto<br />

per un termine singolare. I Concetti sono quin<strong>di</strong> oggetti da completare.<br />

Da notare che un “concetto completato”, un concetto che ha preso un determinato<br />

valore, non è altro che un valore <strong>di</strong> verità; ciò deriva dal fatto che è<br />

vero che:<br />

6


x è simpatico, Socrate > = Vero<br />

Questo è del tutto analogo a quanto avviene in matematica; un’espressione<br />

come x + 1 è una funzione; se tale funzione prende come valore il numero 2, il<br />

risultato è 2 + 1 e il valore sarà 3. Come <strong>di</strong>ciamo che x + 1 è uguale a 3, nel<br />

caso l’argomento sia 2 così dobbiamo <strong>di</strong>re che la funzione “x è simpatico” è il<br />

Vero, nel caso l’argomento sia Socrate.<br />

Inoltre, il risultato <strong>di</strong> completare un Concetto con un oggetto, generà un’entità<br />

satura e quin<strong>di</strong> un oggetto; visto che il risultato <strong>della</strong> combinazione <strong>di</strong> un<br />

Concetto con un oggetto sarà un valore <strong>di</strong> verità, Frege è costretto a sostenere<br />

che i valori <strong>di</strong> verità (il vero ed il falso) sono oggetti.<br />

Nonostante Frege associ a pre<strong>di</strong>cati e termini singolari delle denotazioni, egli<br />

riesce a spiegare perchè essi svolgano ruoli <strong>di</strong>versi all’interno <strong>di</strong> un enunciato.<br />

Un enunciato formato da un termine singolare e da un pre<strong>di</strong>cato è unitario<br />

perchè esso è il risultato <strong>della</strong> “saturazione” <strong>di</strong> un’entità “insatura”.<br />

Per Frege, quin<strong>di</strong>, il ruolo grammaticale <strong>di</strong>fferente tra pre<strong>di</strong>cati e termini<br />

singolari è spiegato per mezzo <strong>della</strong> ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong>stinzione tra due tipi <strong>di</strong> entità<br />

oggetti e concetti. Il modo in cui oggetti e concetti si combinano è spiegato per<br />

mezzo <strong>della</strong> nozione <strong>di</strong> funzione.<br />

C’è comunque un problema che <strong>di</strong>pende proprio dal fatto che Frege abbia<br />

assegnato ai pre<strong>di</strong>cati una Denotazione proprio come ai termini singolari.<br />

Abbiamo appena visto che per Frege c’è una <strong>di</strong>fferenza “metafisica” importante<br />

tra oggetti e concetti; per Frege, queste due categorie sono assolutamente<br />

<strong>di</strong>stinte: le prime sono entità sature, le seconde insature. Si consideri, ad esempio,<br />

il concetto “x è un cavallo”; per Frege tale concetto non è un oggetto. Si<br />

supponga, però, che Frege voglia esprimere tale tesi per mezzo <strong>di</strong> un enunciato<br />

come:<br />

(1) Il concetto cavallo non è un oggetto<br />

in tale enunciato “il concetto cavallo” (forma abbreviata <strong>di</strong> “il concetto ‘x è<br />

un cavallo’) è <strong>di</strong>ventato un termine singolare e come tutti i termini singolari avrà,<br />

come Denotazione, un oggetto. Ma allora il nostro enunciato sarà falso. Pur<br />

postulando una <strong>di</strong>fferenza ra<strong>di</strong>cale tra oggetti e concetti, non sembra possibile,<br />

all’interno <strong>della</strong> teoria <strong>di</strong> Frege, esprimere (un’esemplificazione <strong>di</strong>) questa tesi.<br />

L’altro aspetto poco intuitivo <strong>di</strong> questa parte <strong>della</strong> filosofia del linguaggio <strong>di</strong><br />

Frege è che le Denotazioni degli enunciati siano il Vero o il Falso. Tralasciamo la<br />

“stranezza” tutte fregeana <strong>di</strong> considerare la verità e la falsità come degli oggetti<br />

e concentriamoci piuttosto su questa questione:<br />

Perchè Frege riteneva che quel che importa del significato <strong>di</strong> un<br />

enunciato è il suo valore <strong>di</strong> verità<br />

Egli sembra offrire due argomenti al riguardo:<br />

Primo argomento: Chie<strong>di</strong>amo innanzitutto: Perchè è importante sapere se<br />

un certo nome abbia un riferimento, denoti veramente un oggetto L’importanza<br />

che attribuiamo alla conoscenza del fatto che un nome abbia<br />

Denotazione <strong>di</strong>pende dal fatto che riteniamo importante sapere se gli enunciati<br />

in cui il nome compare sono veri o falsi. Ma allora sapere quale sia<br />

il valore <strong>di</strong> verità <strong>di</strong> un enunciato è tanto importante sapere se un nome<br />

abbia una Denotazione. È, quin<strong>di</strong>, naturale considerare la verità o falsità<br />

<strong>di</strong> un enunciato come le Denotazioni degli enunciati.<br />

7


Secondo argomento: questo argomento <strong>di</strong>pende dal Principio <strong>di</strong> Composizionalità.<br />

Una delle conseguenze del Principio – forse quella più importante<br />

– è che il significato <strong>di</strong> un enunciato rimane invariato se al suo interno si<br />

sostituisce una parola con un’altra che abbia il medesimo significato. Applichiamo<br />

questo principio a quell’aspetto del significato che Frege chiama<br />

bedeutung, ossia alla Denotazione. In questo caso il Principio ci <strong>di</strong>ce che se<br />

all’interno <strong>di</strong> un enunciato sostituiamo un termine singolare con un altro<br />

che abbia la stessa Denotazione, il significato dell’enunciato rimane invariato.<br />

L’unica cosa che rimane invariata in caso <strong>di</strong> sostituzione, però, è il<br />

valore <strong>di</strong> verità dell’enunciato. Se in un enunciato sostituiamo un termine<br />

singolare o un pre<strong>di</strong>cato con un altro termine singolare o pre<strong>di</strong>cato con la<br />

stessa Denotazione, l’enunciato rimarrà vero, se vero, falso, se falso. Ma<br />

se ciò che non cambia è il valore <strong>di</strong> verità, allora sarà proprio il valore<br />

<strong>di</strong> verità <strong>di</strong> un enunciato ad essere il significato (la Denotazione) <strong>di</strong> un<br />

enunciato.<br />

8

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