Untitled - Il Portale Regionale della Cultura
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la cartiera Miliani a Pioraco, 1996<br />
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PAGINE SUCCESSIVE<br />
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veduta prospettica <strong>della</strong> Manifattura dell’Angolo, presso Montargis<br />
parte più bassa, è presente una struttura in<br />
legno.<br />
L’ex cartiera, dunque, successivamente<br />
trasformata in industria tessile, rappresenta<br />
in modo esemplare la consuetudine<br />
ampiamente diffusa nella nostra regione,<br />
comune ai due opifici di Esanatoglia, che<br />
vedremo in seguito: quella del riuso, per<br />
secoli, di un edificio preesistente e già<br />
ospitante un’attività produttiva analoga.<br />
In questo caso, infatti la struttura esisteva<br />
probabilmente già nel Trecento, e di certo<br />
nel Seicento aveva una configurazione<br />
simile a quella attuale; solo nel Novecento<br />
ai due corpi di fabbrica più antichi (il secondo<br />
e il quarto), ne vengono affiancati<br />
altri, a formare una successione continua<br />
tra il limite dell’abitato storico e il fiume, e si<br />
aggiunge, in seguito alle nuove esigenze<br />
dell’attività produttiva, la ciminiera. Ciò<br />
viene reso possibile dal fatto che la dimensione<br />
produttiva e le tecniche utilizzate non<br />
necessitano, nonostante l’ampiezza dell’arco<br />
temporale, di trasformazioni<br />
sostanziali dell’edificio.<br />
<strong>Il</strong> complesso, sorto originariamente in quel<br />
luogo per meglio sfruttare l’energia idraulica<br />
derivante dalle acque del Metauro,<br />
acquista una interessante valenza urbana,<br />
grazie alla vicinanza di due emergenze<br />
monumentali, la torre medievale ed il ponte<br />
di origine romana, al doppio salto del fiume<br />
che, conclusa la sua funzione reale,<br />
inserisce l’insieme in una dimensione paesistica<br />
di innegabile valore, e alla presenza,<br />
sullo sfondo, di una torre campanaria.<br />
In tale contesto la ciminiera, segno distintivo<br />
<strong>della</strong> fabbrica, individua nel paesaggio<br />
urbano la presenza di un’attività produttiva,<br />
in una sorta di stratificazione e continuità<br />
storica, accostandosi ai simboli di passate<br />
organizzazioni sociali; l’equilibrio viene<br />
mantenuto, grazie anche all’uso di forme e<br />
materiali in armonia con le preesistenze<br />
architettoniche, fino alla metà del<br />
Novecento, quando venne aggiunto il<br />
corpo di fabbrica a ridosso del fiume.<br />
La prima notizia riguardante l’attività cartaria<br />
ad Esanatoglia è del 1486 37 .<br />
Nel 1506 esistevano 4 cartiere, delle quali<br />
ebbe più fortuna la cartiera posta in contrada<br />
Giardini di proprietà <strong>della</strong> famiglia Vitali.<br />
Negli anni successivi la guida <strong>della</strong> cartiera<br />
viene assunta da Fabio di Simone, il quale,<br />
essendo ormai la cartiera un edificio fatiscente,<br />
affidò la sua demolizione e riedificazione<br />
al Maestro Antonio Lombardo e a<br />
Martino Battista nel 1539 38 .<br />
Questa, dunque, è la data di origine dell’opificio,<br />
che si è mantenuto fino ai nostri<br />
giorni.<br />
Delle quattro cartiere esistenti nel XVI secolo,<br />
sopravvissero fino al XVII soltanto le<br />
due poste nella zona a monte, oltre la<br />
Porta <strong>della</strong> Pieve. La prima era posta<br />
immediatamente fuori dalle mura, a sinistra<br />
nella località detta Sant'Ubaldo e <strong>della</strong><br />
Fonte; la seconda poco più a monte, nella<br />
località detta di Sasso Giardino, di proprietà<br />
<strong>della</strong> famiglia Vitali.<br />
I due edifici sono l'oggetto di questa trattazione,<br />
ovvero le due cartiere, in attività<br />
fino all'inizio di questo secolo, visibili ancora<br />
oggi ad Esanatoglia.<br />
Alla fine del Settecento Mattia Fantini-<br />
Buscalferri risulta proprietario non solo<br />
delle cartiere di Sant’Ubaldo, bensì anche<br />
di quelle di Sasso Giardino (ex Vitali e<br />
Pongelli).<br />
Successivamente egli concede in affitto a<br />
Filippo Mataloni 39 e a suo figlio Giuseppe<br />
entrambe le cartiere. La prima di<br />
Sant'Ubaldo con «due valchiere ed una pila in<br />
buono stato in ogni loro parte, il tinello e secchia<br />
di mattoni, sopprescia, torchio e ruota da alzare<br />
la suddetta sopprescia ed altro necessario per<br />
la fabbrica <strong>della</strong> carta».<br />
La seconda posta a Sasso Giardino con<br />
«due valchiere andanti e valcanti, con due<br />
spanditori uno posto al primo piano sopra le pile<br />
[...] item un ordegno nuovo all'olandese andante<br />
e valcante con tutto il necessario per il suo<br />
andamento ed uso con la sua fabbrica che lo<br />
contiene unito alla suddetta cartiera di<br />
Sassogiardino».<br />
Le cartiere rimarranno in attività fino<br />
all'inizio del Novecento.<br />
L'architettura dei due opifici è, praticamente,<br />
identica; uno dei due, però, quello<br />
più vicino alle mura urbane, è in condizioni<br />
precarie: il tetto esiste solo in minima parte,<br />
la struttura muraria presenta gravi lesioni.<br />
Si tratta, comunque, per entrambi, di una<br />
tipologia che non manifesta esternamente<br />
il suo carattere essenziale, ovvero quello di<br />
essere edifici per la produzione, ma piuttosto<br />
trae spunto dai caratteri dell'architettura<br />
residenziale vernacolare. Le due manifatture<br />
cinquecentesche nella dimensione,<br />
adeguata ai processi ed ai numeri<br />
dell'attività antica, e nella forma - fino<br />
all'Ottocento non esiste una forma architettonica<br />
<strong>della</strong> fabbrica -, sono molto differenti,<br />
ad esempio, dal caso fabrianese.<br />
La struttura è molto semplice: si tratta di<br />
edifici a capanna, a muratura continua portante<br />
in pietra.<br />
La distribuzione vede al pianterreno gli<br />
ambienti che ospitano le gualche (in una<br />
sono ancora presenti le vasche di pietra<br />
dove venivano macerati e pestati gli stracci),<br />
coperta con volte a crociera in cui sono<br />
visibili tracce di intonaco; il piano successivo,<br />
per la lavorazione dei fogli, presenta un<br />
solaio in legno; l'ultimo livello, utilizzato per<br />
far asciugare i fogli di carta, è sovrastato<br />
da una struttura a capriate in legno che<br />
sorregge la copertura rivestita da un manto<br />
in coppi.<br />
L'esterno, intonacato, presenta un doppio<br />
ordine di aperture che, nei prospetti principali<br />
sono ampie e chiuse ad arco, negli altri<br />
sono più piccole e irregolari. Un motivo a<br />
rilievo, evidenzia il piano principale,<br />
seguendo il profilo degli archi delle finestre.<br />
L'edificio meglio conservato vede, nell'area<br />
sul retro, un canale derivato dal fiume<br />
Esino, ed è ancora visibile la chiusa che ne<br />
regolava la portata.<br />
La posizione, in una splendida valle ai piedi<br />
dell'Appennino, a ridosso delle mura<br />
medievali del comune, e la compresenza,<br />
in un'area limitata, di ben tre opifici (la conceria<br />
Ottolina e le due cartiere), fanno dei<br />
due edifici un caso certamente di rilievo nel<br />
panorama regionale.<br />
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