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Untitled - Il Portale Regionale della Cultura

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la cartiera Miliani a Pioraco, 1996<br />

_<br />

PAGINE SUCCESSIVE<br />

73<br />

veduta prospettica <strong>della</strong> Manifattura dell’Angolo, presso Montargis<br />

parte più bassa, è presente una struttura in<br />

legno.<br />

L’ex cartiera, dunque, successivamente<br />

trasformata in industria tessile, rappresenta<br />

in modo esemplare la consuetudine<br />

ampiamente diffusa nella nostra regione,<br />

comune ai due opifici di Esanatoglia, che<br />

vedremo in seguito: quella del riuso, per<br />

secoli, di un edificio preesistente e già<br />

ospitante un’attività produttiva analoga.<br />

In questo caso, infatti la struttura esisteva<br />

probabilmente già nel Trecento, e di certo<br />

nel Seicento aveva una configurazione<br />

simile a quella attuale; solo nel Novecento<br />

ai due corpi di fabbrica più antichi (il secondo<br />

e il quarto), ne vengono affiancati<br />

altri, a formare una successione continua<br />

tra il limite dell’abitato storico e il fiume, e si<br />

aggiunge, in seguito alle nuove esigenze<br />

dell’attività produttiva, la ciminiera. Ciò<br />

viene reso possibile dal fatto che la dimensione<br />

produttiva e le tecniche utilizzate non<br />

necessitano, nonostante l’ampiezza dell’arco<br />

temporale, di trasformazioni<br />

sostanziali dell’edificio.<br />

<strong>Il</strong> complesso, sorto originariamente in quel<br />

luogo per meglio sfruttare l’energia idraulica<br />

derivante dalle acque del Metauro,<br />

acquista una interessante valenza urbana,<br />

grazie alla vicinanza di due emergenze<br />

monumentali, la torre medievale ed il ponte<br />

di origine romana, al doppio salto del fiume<br />

che, conclusa la sua funzione reale,<br />

inserisce l’insieme in una dimensione paesistica<br />

di innegabile valore, e alla presenza,<br />

sullo sfondo, di una torre campanaria.<br />

In tale contesto la ciminiera, segno distintivo<br />

<strong>della</strong> fabbrica, individua nel paesaggio<br />

urbano la presenza di un’attività produttiva,<br />

in una sorta di stratificazione e continuità<br />

storica, accostandosi ai simboli di passate<br />

organizzazioni sociali; l’equilibrio viene<br />

mantenuto, grazie anche all’uso di forme e<br />

materiali in armonia con le preesistenze<br />

architettoniche, fino alla metà del<br />

Novecento, quando venne aggiunto il<br />

corpo di fabbrica a ridosso del fiume.<br />

La prima notizia riguardante l’attività cartaria<br />

ad Esanatoglia è del 1486 37 .<br />

Nel 1506 esistevano 4 cartiere, delle quali<br />

ebbe più fortuna la cartiera posta in contrada<br />

Giardini di proprietà <strong>della</strong> famiglia Vitali.<br />

Negli anni successivi la guida <strong>della</strong> cartiera<br />

viene assunta da Fabio di Simone, il quale,<br />

essendo ormai la cartiera un edificio fatiscente,<br />

affidò la sua demolizione e riedificazione<br />

al Maestro Antonio Lombardo e a<br />

Martino Battista nel 1539 38 .<br />

Questa, dunque, è la data di origine dell’opificio,<br />

che si è mantenuto fino ai nostri<br />

giorni.<br />

Delle quattro cartiere esistenti nel XVI secolo,<br />

sopravvissero fino al XVII soltanto le<br />

due poste nella zona a monte, oltre la<br />

Porta <strong>della</strong> Pieve. La prima era posta<br />

immediatamente fuori dalle mura, a sinistra<br />

nella località detta Sant'Ubaldo e <strong>della</strong><br />

Fonte; la seconda poco più a monte, nella<br />

località detta di Sasso Giardino, di proprietà<br />

<strong>della</strong> famiglia Vitali.<br />

I due edifici sono l'oggetto di questa trattazione,<br />

ovvero le due cartiere, in attività<br />

fino all'inizio di questo secolo, visibili ancora<br />

oggi ad Esanatoglia.<br />

Alla fine del Settecento Mattia Fantini-<br />

Buscalferri risulta proprietario non solo<br />

delle cartiere di Sant’Ubaldo, bensì anche<br />

di quelle di Sasso Giardino (ex Vitali e<br />

Pongelli).<br />

Successivamente egli concede in affitto a<br />

Filippo Mataloni 39 e a suo figlio Giuseppe<br />

entrambe le cartiere. La prima di<br />

Sant'Ubaldo con «due valchiere ed una pila in<br />

buono stato in ogni loro parte, il tinello e secchia<br />

di mattoni, sopprescia, torchio e ruota da alzare<br />

la suddetta sopprescia ed altro necessario per<br />

la fabbrica <strong>della</strong> carta».<br />

La seconda posta a Sasso Giardino con<br />

«due valchiere andanti e valcanti, con due<br />

spanditori uno posto al primo piano sopra le pile<br />

[...] item un ordegno nuovo all'olandese andante<br />

e valcante con tutto il necessario per il suo<br />

andamento ed uso con la sua fabbrica che lo<br />

contiene unito alla suddetta cartiera di<br />

Sassogiardino».<br />

Le cartiere rimarranno in attività fino<br />

all'inizio del Novecento.<br />

L'architettura dei due opifici è, praticamente,<br />

identica; uno dei due, però, quello<br />

più vicino alle mura urbane, è in condizioni<br />

precarie: il tetto esiste solo in minima parte,<br />

la struttura muraria presenta gravi lesioni.<br />

Si tratta, comunque, per entrambi, di una<br />

tipologia che non manifesta esternamente<br />

il suo carattere essenziale, ovvero quello di<br />

essere edifici per la produzione, ma piuttosto<br />

trae spunto dai caratteri dell'architettura<br />

residenziale vernacolare. Le due manifatture<br />

cinquecentesche nella dimensione,<br />

adeguata ai processi ed ai numeri<br />

dell'attività antica, e nella forma - fino<br />

all'Ottocento non esiste una forma architettonica<br />

<strong>della</strong> fabbrica -, sono molto differenti,<br />

ad esempio, dal caso fabrianese.<br />

La struttura è molto semplice: si tratta di<br />

edifici a capanna, a muratura continua portante<br />

in pietra.<br />

La distribuzione vede al pianterreno gli<br />

ambienti che ospitano le gualche (in una<br />

sono ancora presenti le vasche di pietra<br />

dove venivano macerati e pestati gli stracci),<br />

coperta con volte a crociera in cui sono<br />

visibili tracce di intonaco; il piano successivo,<br />

per la lavorazione dei fogli, presenta un<br />

solaio in legno; l'ultimo livello, utilizzato per<br />

far asciugare i fogli di carta, è sovrastato<br />

da una struttura a capriate in legno che<br />

sorregge la copertura rivestita da un manto<br />

in coppi.<br />

L'esterno, intonacato, presenta un doppio<br />

ordine di aperture che, nei prospetti principali<br />

sono ampie e chiuse ad arco, negli altri<br />

sono più piccole e irregolari. Un motivo a<br />

rilievo, evidenzia il piano principale,<br />

seguendo il profilo degli archi delle finestre.<br />

L'edificio meglio conservato vede, nell'area<br />

sul retro, un canale derivato dal fiume<br />

Esino, ed è ancora visibile la chiusa che ne<br />

regolava la portata.<br />

La posizione, in una splendida valle ai piedi<br />

dell'Appennino, a ridosso delle mura<br />

medievali del comune, e la compresenza,<br />

in un'area limitata, di ben tre opifici (la conceria<br />

Ottolina e le due cartiere), fanno dei<br />

due edifici un caso certamente di rilievo nel<br />

panorama regionale.<br />

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