emanuele zinato volponi: narratore e poeta del ... - LietoColle
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c‟è una TV (stupida)<br />
accesa o banalità<br />
borghese. Fugge e<br />
scappa inorridito:<br />
insegue uccello,<br />
piante, fino a<br />
morire.(1)<br />
La fuga, qui attribuita al grande scrittore russo oniricamente “attualizzato” in un contesto di degrado<br />
televisivo, è un tema spaziale rilevantissimo nella scrittura in versi <strong>volponi</strong>ana. Volponi ha infatti con i<br />
suoi luoghi italiani e col Montefeltro in particolare un rapporto complesso e viscerale. Urbino è per<br />
Volponi un ambivalente mito personale. Volponi nasce come <strong>poeta</strong>, nel 1948. Mentre nelle due prime<br />
raccolte Il ramarro e L‟antica moneta, lo spazio è in prevalenza agreste, bucolico e insieme allucinato<br />
(orti e campagne, animali e piante, amori e violenze, vissute panicamente, espressi in versicoli senza<br />
rime), la raccolta Le porte <strong>del</strong>l‟Appennino uscita nel 1960 segna una svolta in direzione poeticonarrativa:<br />
qui trova una forma la poetica <strong>del</strong>lo sliricamento propugnata da Pasolini e dai soldales di<br />
Officina - con l‟adozione <strong>del</strong>la misura lunga <strong>del</strong> poemetto e con la prima timida comparsa <strong>del</strong>la rima. La<br />
voce poetica esce dalla prigione <strong>del</strong>l‟io, lo spazio esterno viene giudicato e oggettivato. Qui – all‟altezza<br />
<strong>del</strong>la seconda metà degli anni „50 - compare per la prima volta il mito bifido di Urbino. Il poemetto Le<br />
mura di Urbino si organizza per undici strofe, costruite ciascuna su due o tre rime, con versi spesso<br />
legati da rime interne(2) e consonanze(3). La superbia <strong>del</strong>l‟ architettura rinascimentale di Urbino e la<br />
dolcezza <strong>del</strong> suo paesaggio collinare provocano nell‟io <strong>poeta</strong>nte un insopprimibile desiderio di fuga:<br />
«La nemica figura che mi resta, / l‟immagine di Urbino / che io non posso fuggire, / la sua cru<strong>del</strong>e<br />
festa, /quieta tra le mie ire. // Questo dovrei lasciare / se io avessi l‟ardire / di lasciare le mie care /<br />
piaghe guarire»(4) (vv. 1-9, p. 105)<br />
Con Le mura di Urbino s‟inaugura insomma lo spazio <strong>volponi</strong>ano maturo, segnato dall‟irrisolta<br />
dialettica tra il restare e il partire, fra paesaggio appenninico e grande città industriale. Lo spazio natale è<br />
trasformato, mediante gli ossimori (care piaghe, sorte nemica, nemica figura, festa cru<strong>del</strong>e) , in quello<br />
che gli etnologi chiamano «festa cru<strong>del</strong>e»: la supremazia primitiva dei fantasmi pulsionali capaci di<br />
disgregare l‟individualità <strong>del</strong>l‟io.<br />
A partire dalla raccolta Foglia mortale (1974) che comprende una Canzonetta con rime e rimorsi.<br />
(1966) lo spazio appenninico non è più contrapposto a quello industriale. Qui s‟inaugura inoltre la rima<br />
ossessiva, litaniante e battente <strong>del</strong> Volponi maturo. L‟utopia politica ed economica, capace fino ai primi<br />
anni Sessanta di animare un autentico progetto riformista, quello olivettiano, diviene ora un non-luogo<br />
dove non s‟intravede più un confine tra centro e periferie. Il dirigente, l‟operaio e il <strong>poeta</strong> vedono<br />
dispiegarsi davanti ai loro occhi la sovrapposizione fra la provincia contadina e la città aziendale:<br />
« Il paesaggio collinare di Urbino, / che innocente appare quercia per quercia / mentre colpevole<br />
muore zolla per zolla, / è politicamente uguale / […] ai giardini <strong>del</strong>la utopica Ivrea / ricca casa per<br />
casa: / tutti nella nebbia che sale / dal mare aureo <strong>del</strong> capitale» (pp. 190-191)<br />
È già lo scenario territoriale <strong>del</strong>le poesie e dei poemetti di Con testo a fronte (Da tanta parte) e di Nel<br />
silenzio campale, (L‟orlo), le ultime due raccolte, in cui Urbino apparirà – nell‟ansia e nell‟insonnia,<br />
dentro un cosmo lunare <strong>del</strong> tutto colonizzato dalla circolazione dei capitali. Nelle ultime poesie, scritte<br />
negli anni Novanta (a esempio O di gente italiana o L‟orlo ) lo sguardo socio-territoriale, lucidamente<br />
stralunato, si allarga all‟Italia:<br />
(L’orlo),<br />
Vedo ormai dalle mura di Urbino