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emanuele zinato volponi: narratore e poeta del ... - LietoColle

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In silenzio davanti a questo teatrino, - indicò il treppiede occhialuto, - che fa tutto da solo, inventa e<br />

commenta; e spaventa .(S 24)<br />

Nel secondo capitolo si attua un vertiginoso salto all‟indietro di quattrocentotrentanove anni, per passare<br />

in rassegna la cruenta e insieme farsesca fuga di vicende «ducali» urbinati mediante il repertorio degli<br />

antenati <strong>del</strong> giovane Oddino morti di morte violenta: Oddo Oddi «travolto lungo la strada <strong>del</strong>la<br />

fortezza», e Oddoantonio, trucidato dal popolo inferocito nel 1444. (S. 10-17). La componente<br />

strabicamente storiografica <strong>del</strong> Sipario consiste nel collocare la vicenda all‟incrocio fra Rinascimento e<br />

contemporaneità, al punto in cui la genealogia dei nobili di Urbino, gli Oddi-Semproni, e l‟orgoglio<br />

cittadino anarchico e repubblicano di Subissoni incontrano le bombe di Milano, la "Strage di Stato",<br />

amplificata ad arte dal teatrino dei media audiovisivi.<br />

Il "lieto fine" con cui, nel capitolo ventiquattresimo, sembra chiudersi Il Sipario, implicando la morte di<br />

Oddino, l‟abbandono di Urbino e <strong>del</strong>le velleità dei particolarismi ducali, è una sorta d‟invettiva lanciata<br />

contro alcuni aspetti <strong>del</strong>l‟identità nazionale: la medesima rivolta 150 anni prima agli italiani da<br />

Leopardi, popolo-plebe corrotto dalla mancanza di autogoverno e da un «inguaribile bisogno di felicità<br />

immediata e di belle apparenze»<br />

Nel Lanciatore di giavellotto (1982), vicenda <strong>del</strong>la distruzione di un adolescente marchigiano negli anni<br />

oscuri <strong>del</strong> fascismo, interamente ambientata nelle Marche, a Fossombrone, Urbino fa la sua comparsa<br />

una sola volta, ma in modo esemplare, sospesa nell‟ambivalenza abbacinante fra rigenerazione e<br />

annientamento, in una una stupenda digressione interamente giocata sul campo semantico <strong>del</strong> biancore,<br />

<strong>del</strong>la luce e sull‟associazione abbagliante fra la madre <strong>del</strong> protagonista e la superba città rinascimentale:<br />

la luce dorata <strong>del</strong> tramonto distendeva la città nelle sue ampie proporzioni, serena e solenne in ogni<br />

piazza e strada. Damin ne fu colpito anche per la somiglianza che trovava fervida tra ogni architettura e<br />

la sua bellezza e il volto e la figura <strong>del</strong>la madre: lo stesso portamento e lo spesso ansare calmo <strong>del</strong>la luce<br />

e dei gesti. Sua madre era bella e nobile come Urbino, come quella città piena di tempo e di storia<br />

eppure aperta e viva. Anche sulla città erano passati tiranni e prepotenti e anch‟essa era stata invasa e<br />

piegata a poteri contrari. Dovevano esserci ancora i posti e i segni <strong>del</strong>le loro violenze e distruzioni;<br />

anche se quella luce avvolgeva tutto di uguale bellezza e continuava, caduto il sole, come se promanasse<br />

dalle stesse superfici che toccava. (…)La luce divenne più bianca, come per seguire il rimorso che ormai<br />

risorgeva nel petto di Damìn. A quel biancore cercò di tenersi per non essere di nuovo travolto dalle<br />

ondate <strong>del</strong>la sua verità: per potere fermarsi prima <strong>del</strong>le consuete scariche di associazioni e di dolore.<br />

Dentro la luce bianca, sparito quasi tutto lo scenario intorno, lui e sua madre fermi all‟angolo più stretto<br />

<strong>del</strong>la piazza, potevano anche diventare una bianca statua…<br />

La sovrapposizione <strong>del</strong>la città natale <strong>volponi</strong>ana a un complesso edipico paralizzante e distruttivo è<br />

evidente nel Lanciatore di giavellotto. Per il protagonista, il giovane Damín destinato al suicidio, la<br />

bellezza di Urbino, con i suoi connotati di luminosità e proporzione, di serenità e solennità, è, insomma,<br />

nemica figura, specchio e conferma <strong>del</strong> fascino mortale e voyeuristico esercitato dalla madre.<br />

Conclusioni<br />

La scrittura di Volponi dimostra esemplarmente come in letteratura il tempo e lo spazio possano entrare<br />

in un cortocircuito dall‟esito altamente conoscitivo. I luoghi, i paesaggi naturali, le forme <strong>del</strong>le città, i<br />

monumenti, le rovine, le sedimentazioni <strong>del</strong>lo spazio, valgono in un‟opera letteraria

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