Christian Elia - E - il mensile online
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La mano di Dio<br />
Quando Maradona, a modo suo, vendicò la sconfitta argentina contro<br />
l’Ingh<strong>il</strong>terra alle Falkland/Malvinas<br />
Di questi tempi la storia si fa memoria per immagini. I mondiali<br />
di calcio, per esempio, non si possono raccontare senza la “mano<br />
de dios”, la rete irregolare segnata da Diego Armando Maradona nei<br />
quarti di finale dell’edizione 1986, in Messico, contro l’Ingh<strong>il</strong>terra.<br />
Per un momento, però, si può allargare l’immagine a tutto quello che<br />
c’era attorno. L’attimo diventa leggenda, ma si nutre anche di frammenti,<br />
di attori non protagonisti.<br />
Quali sono le comparse di quel 22 giugno 1986, stadio Azteca di Città<br />
del Messico? Quali i co-protagonisti che hanno contribuito a creare<br />
un momento eterno? In primo luogo gli avversari: l’Ingh<strong>il</strong>terra.<br />
Il portiere, per esempio, Peter Sh<strong>il</strong>ton. Un gent<strong>il</strong>uomo dei campi di<br />
calcio, per 125 volte a difesa della porta inglese. Al 51° del primo tempo,<br />
come un lampo, resta accecato dall’inserimento centrale di quel<br />
folletto indemoniato, un casco di riccioli e <strong>il</strong> numero dieci sulle spalle.<br />
Il più grande, ma basso. Molto basso. La palla è alta e Sh<strong>il</strong>ton, forte<br />
dei suoi 185 centimetri, esce di pugno. Non sarà un problema con uno<br />
così. Invece la palla finisce in fondo al sacco. Sh<strong>il</strong>ton ammise di non<br />
aver visto subito <strong>il</strong> tocco di mano con cui Maradona segnò, perché<br />
di fronte al lampo, si chiudono gli occhi. Passato attraverso problemi<br />
finanziari dovuti al vizio del gioco e ad affari sbagliati, oggi Sh<strong>il</strong>ton<br />
si guadagna da vivere come conferenziere, dopo essere entrato nel<br />
guinness dei primati per aver giocato più di m<strong>il</strong>le partite. Accanto a lui<br />
merita un posto Steve Hodge.<br />
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