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Orfeo e Euridice - il bernina

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libretto 8 spettacolo 05#136200 3-03-2006 8:38 Pagina 4<br />

concreto sullo strapotere dei cantanti,<br />

divi del belcanto virtuosistico in un<br />

assieme innaturale, poco preoccupato<br />

della verità drammatica. Essendoci di<br />

mezzo la musica, che di per sé naturale<br />

non è, la naturalezza poteva essere<br />

più o meno relativa.<br />

Per ottenerne una dose più abbondante<br />

Gluck e Calzabigi cancellarono<br />

parecchie convenzioni, ad esempio -<br />

fondamentale - la suddivisione in recitativi<br />

ed arie; soprattutto eliminarono i<br />

recitativi “secchi”, accompagnati soltanto<br />

dal cembalo e dal gruppo del<br />

“basso continuo” a favore di una continuità<br />

dove l’orchestra suona sempre,<br />

assume maggiore importanza e <strong>il</strong> coro<br />

si fa personaggio.<br />

Era una rivoluzione a metà, non ancora<br />

una vera riforma, anche perché erano<br />

mantenuti alcuni degli elementi più<br />

tradizionali e meno “naturali”: la lingua<br />

italiana, convenzionale nel melodramma<br />

serio imperante, la voce di<br />

soprano o di contralto (evirato) per un<br />

personaggio masch<strong>il</strong>e (<strong>Orfeo</strong>), la forma<br />

dell’aria con “dacapo”, però senza<br />

variazioni virtuosistiche, <strong>il</strong> modo maggiore<br />

in brani di intenzione non lieta (la<br />

famosa aria di dolore “Che farò senza<br />

<strong>Euridice</strong>”). Molto più di questo conta<br />

l’esser nato da quella intenzione un<br />

autentico capolavoro dove la semplicità<br />

nuova raggiunge i suoi scopi.<br />

Al momento non ci furono seguaci;<br />

Gluck stesso compose ancora qualche<br />

opera tradizionale. Perché <strong>il</strong> messaggio<br />

sia raccolto ad alto livello, occorrerà<br />

aspettare Cherubini, Spontini e<br />

Berlioz, dunque nell’ambito francese<br />

dove Gluck nel frattempo aveva riversato<br />

le sue ispirazioni sia nella nuova<br />

versione francese di <strong>Orfeo</strong> ed <strong>Euridice</strong><br />

(1764, con voce di tenore per <strong>Orfeo</strong>),<br />

sia nell’ Alceste (1776) - vero manifesto<br />

della “riforma” -, in Iphigénie en<br />

Aulide (1774), Iphigénie en Tauride<br />

(1779) e Armide (1777). Notevole fu<br />

lo scontro a Parigi tra i sostenitori di<br />

Gluck e quelli di Piccinni, chiamato<br />

come campione dello st<strong>il</strong>e italiano (lui<br />

invece cercò di battersi facendo in<br />

realtà <strong>il</strong> gluckiano).<br />

Poca fu l’influenza evidente su Mozart,<br />

forse nei cori dell’ Idomeneo; lui sapeva<br />

creare in alto senza abbandonare la<br />

via ricca di st<strong>il</strong>e italiano che gli permise<br />

i capolavori ben noti.<br />

Il tutto confluì nell’opera francese (poi<br />

grand-opéra), nel melodramma italiano<br />

intessuto di tradizioni e di novità, compresi<br />

Rossini, Donizetti e Verdi, fino a<br />

quel Wagner che, com’era naturale date<br />

le sue idee a loro volta riformatrici,<br />

ammirò moltissimo Gluck, ne scrisse, lo<br />

diresse e ne fece revisioni e integrazioni.<br />

alf. mand.

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