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Dossier emigrazione 8 DA MARE FRONTIERA A MARE CERNIERA LE MIGRAZIONE E LA SOCIETÀ MEDITERRANEA DEL FUTURO Dall’8 al 12 dicembre 2008 si è tenuto ad Ancona - Loreto l’11° Meeting Internazionale sulle Migrazioni. Un avvenimento determinante nel dibattito, così attuale, del problema migratorio. Contatto Gennaio-Febbraio 2009 L’undicesima edizione del Meeting Internazionale sulle Migrazioni (MIM), ha trattato il tema: “Da mare frontiera a mare cerniera”: le migrazioni e la società mediterranea del futuro con particolare riferimento alla realtà migratoria dai Paesi balcanici. Con l’apporto di ricercatori italiani, europei e balcanici si è cercato di fare il punto sulla politica europea sull’immigrazione. La caduta del muro di Berlino del 1989 ha significato un nuovo assetto geopolitico mondiale, che in Europa ha rilanciato il processo dell’unificazione europea. A quasi vent’anni da questo evento, possiamo guardare più in profondità gli eventi drammatici che si sono succeduti nei Balcani. Le immagini dell’esodo di massa degli albanesi nei porti pugliesi nel 1991 ha scosso l’opinione pubblica mondiale ed ha creato una stagione di tensioni in particolare in Italia: si sono costruiti stereotipi negativi pesanti su questa immigrazione, sulla quale si sono riversate e condensate le paure e le fobie della società italiana. La sensazione degli europei e degli italiani di essere una “fortezza” assediata si è poi ripetuta sistematicamente ad ogni ondata migratoria: da quella dei profughi della Bosnia a metà degli anni ‘90, alle nuove ondate migratorie dall’Est Europa, a quella recente dei rumeni fino all’arrivo dei richiedenti asilo e dai migranti frutti di vere e proprie catastrofi umanitarie. Durante il Meeting, sono emerse le seguenti riflessioni: · L’Europa ed i Paesi che compongono l’Unione perseguono una politica “securitaria” nei confronti delle migrazioni: la “governance” delle migrazioni e la lotta contro l’immigrazione clandestina sono prospettate come la soluzione per dare sicurezza alle società europee, inserendo il controllo dell’immigrazione nell’ottica della lotta al terrorismo, soprattutto di matrice islamica. Viene, così, proposta e ribadita la trilogia surreale, “immigrazione - criminalità e terrorismo - insicurezza”. L’obiettivo della politica europea appare quello di limitare il numero degli immigrati, rendendo difficile e quasi impossibile l’arrivo di immi-
grati regolari, di eliminare i clandestini, in quanto causa principale dell’insicurezza. Tuttavia nell’attuale situazione di crisi, mentre si sta consolidando l’entità politica e culturale dell’Unione Europea, bisogna, con coraggio e lungimiranza, affrontare politiche di integrazione sociale, culturale e politica della componente migratoria, presente in modo strutturale nelle nostre società. Una delle mistificazioni ed incongruenze dell’attuale politica migratoria europea riguarda l’atteggiamento relativo all’asilo e alle situazione umanitarie, che si consumano nella frontiera mediterranea e nei porti europei (italiani in particolare) che si affacciano sul quello che era un tempo definito “mare nostrum”. I disperati, che arrivano a Lampedusa sui gommoni e sulle carrette del mare o nei container e nelle stive delle navi, non possono essere considerati “migranti clandestini”, quanto piuttosto richiedenti asilo o casi umanitari. Ad essi vanno applicate le norme per i richiedenti asilo, più che le espulsioni ed i rinvii al Paese di partenza. Va, inoltre, contestata e comunque rivista, la politica di aiuti per lo sviluppo collegata con il trasferimento nei Paesi del Nord Africa del ruolo di controllo delle frontiere della “fortezza Europa”. · Grazie alla presenza di vari relatori provenienti dai Paesi balcanici, si sono percorse le tappe della storia recente delle migrazioni balcaniche verso l’Europa. In particolare ci è stata illustrata la tragedia della guerra del 1995 che ha causato oltre 100.000 morti ed 1.326.000 profughi, il bilancio più pesante registrato sul suolo europeo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Se l’Europa dopo la caduta di Berlino avesse intrapreso una politica di inclusione dei Paesi balcanici più decisa, si sarebbe probabilmente scongiurata una tragedia di tali dimensioni. In effetti, l’unica strada per realizzare un’area di pace e di dialogo nei Balcani, rimane quella dell’inclusione dei Paesi balcanici nell’Unione Europea, come si è verificato per la Slovenia, la Croazia e, più di recente, per la Bulgaria e la Romania. In questi anni si sono poste le basi per la costruzione di un’Area euro adriatica, attraverso una serie di istituzioni che stanno costruendo momenti di incontro, di dialogo, di cooperazione effettiva nei vari livelli: · l’UNIADRION, rete di università e di Centri di ricerca e di Sviluppo dei Paesi del bacino dell’Adriatico e dello Ionio, nata nel 2001, che collega 36 Università sulle sponde dell’Adriatico. · Il Forum delle Città dell’Adriatico e dell’Ionio, nata nel 1999, che raggruppa 53 comuni sulle sponde dell’Adriatico. · L’Iniziativa Adriatico Ionica (IAI), nata nel 2000 come organismo istituzionale tra i ministeri degli esteri di nove Paesi (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro, Serbia) della futura Area Euro - Adriatica, è impegnata sul fronte della tutela dell’ambiente, delle politiche portuali, degli scambi economici e del turismo. · I Paesi balcanici, che hanno vissuto il dramma della guerra etnico religiosa (Croazia, Serbia e Bosnia Erzegovina), hanno bisogno di entrare nello spirito di convivenza pacifica, che l’Unione Europea ha costruito in questi anni, superando le derive nazionaliste sempre. Solo una coraggiosa inclusione nell’Unione di tali Paesi, che sono stati scossi ed insanguinati da nazionalismi etnico religiosi, può risolvere alla radice le fragilità della convivenza sociale e politica, sempre minacciata da un retaggio storico anche recente, non ancora del tutto digerito e risolto. Contatto Gennaio-Febbraio 2009 9
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