Managementmark e costruendo i relativi indicatori;poi, sulla base dei benchmarkcalcolati, si individua il partnerottimale, si verifica che sia interessatoall’esperienza comune equindi si procede a una analisi inprofondità degli indicatori delpartner e nella comparazione sistematicadelle soluzioni operativeda questi adottate.Tuttavia, la prospettiva offerta dal<strong>benchmarking</strong> non è gratuita: nellapratica, applicare il <strong>benchmarking</strong>può risultare un impegno anchemolto gravoso. Occorre ricercare,ordinare ed elaborare unagran quantità di dati e informazioni,e questo può diventare un’impresalunga e defatigante. Lo si èsottolineato – per citare una fontevicina a noi – anche durante ilCongresso AIB del 1999:Normalmente, sia nel discorso fattosui testi specializzati sia in quellocondotto durante le lezioni inaula, quando si parla di applicareil <strong>benchmarking</strong> in azienda, sigiunge presto al nodo problematicodella complessità del metododa mettere in campo per realizzareil progetto considerato. Si trattadi una complessità che può essereanche notevole (il metodo propostoda Camp nella sua “bibbia” del<strong>benchmarking</strong>, per esempio, raggruppaben dieci fasi principali,ognuna delle quali può costituireun progetto complesso). Una complessitàche, ben presto, può portaregli attori aziendali a desiderarela prematura conclusione delprogetto, che così contribuisce aconfermare la ben nota “Legge diMurphy”, secondo cui, se una cosapuò andare male, lo fa! 3Ma, tralasciando le difficoltà, qualè la caratteristica più importantedel <strong>benchmarking</strong>? Probabilmentequella di essere uno strumentometodologico interamente votatoalla promozione dell’innovazione.L’abitudine, si sa, frena l’innovazione:L’essenza e la funzione della fermaabitudine a certi pensieri, cosa cheagevola la vita e risparmia energie,si fondano proprio sul fatto che essa,divenuta parte del subconscio,fornisce automaticamente i suoi risultatied è immune da critiche eperfino dalla contraddizione disingoli fatti. Ma proprio per questoessa diventa una catena quando haesaurito la sua utilità. Così avvieneanche nel mondo dell’attività economica.(Schumpeter) 4Èdifficile superare i vincoli impostialle organizzazioni dalle abitudinie dalle tradizioni consolidatenel corso del tempo:Che lo ammettiamo o no, ognunodi noi cerca il conforto della tradizione.In ambito aziendale, questetradizioni diventano modi radicatie approvati di lavorare, mai messiin discussione. Chiunque abbia ancheuna sola volta posto la fataledomanda: “Perché si fa così?” e sisia sentito rispondere: “Perché abbiamosempre fatto così” sa benequanto la tradizione possa accecareun individuo o un’organizzazione.(Leibfried – McNair) 5<strong>Il</strong> <strong>benchmarking</strong> promuove l’innovazioneponendo l’accento sulconfronto esterno, sulla misurazionee il rilevamento di dati o-biettivi, sull’individuazione dellepratiche eccellenti e, per finire,sull’introduzione di queste all’internodella propria organizzazione.In pratica, questo è un metodoper la definizione degli obiettiviche l’organizzazione deveporsi al fine di conseguire un miglioramentooperativo. <strong>Il</strong> <strong>benchmarking</strong>,in altri termini:impone un punto di vista esternoper assicurare la correttezza degliobiettivi fissati. Obbliga a confrontarsicostantemente con gli standardesterni. Promuove il lavoro digruppo, indirizzando l’attenzioneverso la competitività delle prassiaziendali e distogliendola dagli interessiindividuali. Elimina la soggettivitàdegli atti decisionali. <strong>Il</strong><strong>benchmarking</strong> è fondamentalmenteun processo di definizione degliobiettivi. I benchmark, quando leprassi ottimali sono tradotte in unitàdi misura, diventano proiezionidi una situazione futura o di unpunto d’arrivo, raggiungibile magaria distanza di anni. (Camp) 6I limiti del <strong>benchmarking</strong>tradizionaleLa parte più prettamente aritmeticadel <strong>benchmarking</strong> si riduce apoco: giusto qualche addizione emoltiplicazione. Ai fini del calcolosono fondamentali i cosiddetti indicatori,vale a dire parametri divalutazione che, di norma, vengonodefiniti e proposti all’attenzionedei valutatori, dalle associazioniprofessionali, degli industriali edel commercio, dagli enti di standardizzazione,da vari organisminazionali, sovrannazionali specializzatiecc. I dati raccolti vengonovisualizzati, di solito, mediante unatavola che riporta in riga le opzionida valutare, in colonna gli indicatoriper valutare le opzioni e,nelle singole caselle, le specifichevalutazioni delle opzioni. A ogniindicatore può poi essere associatoun peso, cioè un valore di ponderazioneche ne quantifica l’importanzarelativa ai fini del processovalutativo complessivo. <strong>Il</strong>benchmark di ogni opzione saràcostituito dalla somma di tutte levalutazioni da questa conseguite,ognuna moltiplicata per il pesodel relativo indicatore.Ad esempio potremmo ipotizzaredi dover selezionare la nostra opzionemigliore tra due diversi progettidi digitalizzazione di immagini.Supponiamo che i criteri di valutazionein base ai quali debba essereoperata la selezione siano i seguenti:numero di elementi digitalizzati,costo totale del progetto,numero di persone impiegate.18<strong>Biblioteche</strong> <strong>oggi</strong> – novembre 2004
Tav. 1 – Esempio di dati per <strong>benchmarking</strong> di progetti di digitalizzazioneOpzioni Num. elementidigitalizzatiCosto totale delprogettoNum. unità di personaleProgetto 1 300 € 9.000 4Progetto 2 300 € 8.500 5Nella tavola 1 vediamo l’esempiocompleto di valutazioni ipotetiche.Supponiamo ora di voler definire,a partire da questi dati, due particolariindicatori di rendimento,vale a dire:– un indicatore di reddittività: (elementidigitalizz. / costo totale) •10;– un indicatore di produttività:(elementi digitalizz. / unità personale)/ 100.Fig. 1 – Calcolo degli indicatorisulla tavola 1Si tratta di due indicatori che devonoessere massimizzati, cioèquanto più alto il loro valore, tantopiù ottimale l’opzione in questione(il primo indicatore vienemoltiplicato per 10, mentre il secondoviene diviso per 100 al finedi portarli a uno stesso ordine digrandezza). Gli indicatori, per idue progetti, saranno quelli dellafigura 1.Con questi indicatori si può ora costruireuna nuova tavola sulla qualeeffettuare il <strong>benchmarking</strong> delledue diverse opzioni (tavola 2).Dato che in questo caso non vengonodefiniti pesi per gli indicatori,il benchmark di ciascun progettosarà rappresentato semplicementedalla somma delle singolevalutazioni ottenute dai progetti.Ma nell’esaminare i dati della tavola2 salta agli occhi che qualcosanon va: il progetto con il benchmarkpiù elevato infatti è il progetto1, cioè quel progetto che, sullabase dei dati della tavola 1, produceun medesimo quantitativo di“pezzi” digitali, ma a un costo piùelevato. 7 Prescindendo da ogni altraeventuale considerazione, quindi,il risultato di questo esempionon può non essere consideratoparadossale. <strong>Il</strong> <strong>benchmarking</strong> vadunque applicato con cautela.Usarlo con troppa disinvoltura puòcondurre a conclusioni assurde. Aquesto riguardo vale la pena di osservarecome nei circoli managerialigirino molti guru managerche, come sostiene con franchezzaRussell Ackoff, promuovono mode,panacee e in casi estremi veri epropri culti, e la cui capacità di richiamosi fonda sulla semplicitàdelle dottrine che promuovono, lequali rimangono semplici a prescinderedalla complessità dei problemicui sono rivolte. 8 In effettic’è anche chi sostiene che proprioil <strong>benchmarking</strong>, considerato sottoun’ottica particolarmente critica,possiederebbe alcune delle caratteristicheproprie delle guru theories(Huczynski). 9Ma vi sono altre difficoltà connesseal <strong>benchmarking</strong> tradizionale.Tav. 2 – Benchmarking tradizionaleManagementLa principale è rappresentata dalrequisito di transitività impostoalle opzioni in esame. Questo significache se l’opzione (a) possiedeun benchmark superiore all’opzione(b) e l’opzione (b) a suavolta possiede un benchmark superioreall’opzione (c), allora l’opzione(a) sarà necessariamente superioreoltre che alla (b), anchealla (c). <strong>Il</strong> <strong>benchmarking</strong> tradizionalenon è adatto a trattare contestinei quali questo requisito ditransitività tra le opzioni non èoperante. Ma cos’è un contestonon transitivo? Proveremo a spiegarloricorrendo a un argomentoavanzato molto tempo fa dal marchesedi Condorcet. 10 Nel 1785 –in un famoso saggio dedicato all’applicazionedel calcolo delleprobabilità alle decisioni prese amaggioranza – Condorcet analizzòalcune particolarità che possonoinsorgere nel caso in cui unostesso gruppo di argomenti o dicandidati sia sottoposto a votazionimultiple. Supponiamo, spiegavaCondorcet, che in un’assembleacomposta da 60 persone sidebbano scegliere tre candidati(a, b, c) a una data carica e che siintenda procedere mediante elezionisuccessive nelle quali i trecandidati si confrontano due adue. Supponiamo ora che i primidue confronti abbiano avuto l’esitoseguente: prima votazione:a=33 voti; b=27; vince a. Secondavotazione: b=42 voti; c=18; vince b.Cosa ci aspetteremmo che accadanella terza votazione? Probabilmenteche vinca (a). Per qualemotivo? Perché inconsciamenteapplichiamo un criterio di transitività:se il candidato (a) ha prevalsosul candidato (b) e questo, aReddittività Produttività BenchmarkProgetto 1 0,333 + 0,75 = 1,083Progetto 2 0,352 + 0,6 = 0,952<strong>Biblioteche</strong> <strong>oggi</strong> – novembre 200419