Il Giornale del Gussago CalcioHo trovato questo brano sfogliandoun quotidiano. Anche se sono sicuro chequesta storia non ha nulla a che vedere con la vostraesperienza calcistica, almeno ci aiuta a sdrammatizzarelo sport del <strong>calcio</strong> che, prima di tutto, resta un gioco.Gli altri calciatorierano tuttipiù grandi enon sembravanobambini,ma colossi alti duemetri, prontia schiacciarmi.A sette anni, nonostante non abbia mai tifato pernessuna squadra né abbia mai giocato con troppapassione a pallone, ho voluto iscrivermi a una scuola<strong>calcio</strong>. Forse perchéquasi tutti i miei amici oquasi giocavano a pallone.A me, del <strong>calcio</strong>, piacevail fatto che ci si potevabuttare a terra a piacimento,imitando sull’erbamorbida i tuffi deiportieri. Ma certo dovevosospettare che dietroquel nome, con la scuoladi mezzo, si nascondeva qualcosa. Quando mi hannocomprato gli scarpini da <strong>calcio</strong>, che sono fastidiosie stretti, io ero tutto contento perché mi piacevail rumore del tip tap che facevano i tacchetti sulpavimento. Non mi veniva in mente che una scarpapuò trasformarsi, se usata da un gigante sudaticcioin pantaloncini, in una trappola da bracconiere. Hoiniziato la scuola <strong>calcio</strong> pensando a giravolte, corse,tiri a effetto, gol mirabolanti che nemmeno Maradonaavrebbe potuto eseguire. E invece già dall’inizioho scoperto che era tutto molto diverso. L’allenatoremi ha spiegato che il pallone andava calciatodi piatto e così, anziché tirare a caso come veniva ame, ogni volta dovevo ruotare il piede neanche fossistato un manichino, e gli effetti di cui sopra sembravanoun gioco di prestigio incomprensibile. IlSogni di gloria infranticampo, visto dal di dentro, misembrava enorme e sconfinatocome le steppe kazake. Gli altricalciatori erano tutti più grandie non sembravano bambini,ma colossi alti due metri, prontia schiacciarmi. In campo, congli scarpini ai piedi, mi sentivo come Alice nel Paesedelle Meraviglie, rimpicciolita alle dimensioni diun bruco. Quando ci facevano tirare i rigori, era unmiracolo se la palla, calciata da me, arrivava lemmelemme in porta, dove veniva raccolta sbadigliandodal portiere. Così, sono subito stato schiaffato in difesa,che quando si gioca è il posto più inutile dellaterra, ma io, da un certo punto di vista, ne ero contento.Alle partite di allenamento badavo bene a controllareil piccolo appezzamento di prato a cui ero statoassegnato, non avvicinandomi troppo al pallonee sperando che quelle belve scatenate che ci giravanoattorno non avessero la malsana idea di veniredalle mie parti. Se poi succedeva che i bufali inferocitimi caricassero, chiudevo gli occhi e partivo coninutili calci volanti, che prendevano per lo più aria.Penso di non averlo mai toccato, il pallone, in quelleinutili corse avanti e indietro sul prato. Quandosi è trattato di giocare una vera partita, con le maglieufficiali e tutto il resto, contro un’altra squadra,io non sono nemmeno stato relegato in panchina.Mi sembrava di essere stato escluso dalla finale deiMondiali, più o meno. La partita è finita con i mieigiganteschi compagni di squadra sconfitti 12 a 1 dagiocatori ancora più grossi di loro. Io ho sorriso malignoe ho capito che il <strong>calcio</strong>, decisamente, non facevaper me. Magrissima consolazione.Dott. Gianluca CominassiSponsor del Concorso LetterarioVia Paolo Richiedei 58 •030.<strong>27</strong>70380c/o CentroCommerciale Italmark030.2521623Gussago (BS)
n. <strong>26</strong>/<strong>27</strong> maggio/agostoa cura di Adriano FranzoniAldo RaccagniRenato ReboldiDirigenti del Gussago CalcioIn questo numero… raddoppiano lepersone che parleranno con me: parleremoinfatti con i due dirigenti dellacategoria Allievi, Aldo Raccagni(1959) e Renato Reboldi (1953).ALDO RACCAGNI25D. Come arrivi al Gussago <strong>calcio</strong>?R. Sono in società dal 1991; un po’ percuriosità, molto per passione, vogliadi fare una nuova esperienza… e sonoancora qui…! Ho iniziato a seguirela prima squadra e l’ho fatto per ben19 anni; devo dire di essermi trovatomolto bene.D. Terminata l’esperienza con laprima squadra…R. Dal 2009 faccio il dirigente degliAllievi, ragazzi che hanno 15/16 anni.E’ stata una mia scelta che in quel momentocollimava anche con esigenzedella società, quindi il passaggio è statorapido.Ho un bellissimo rapporto tanto conlo staff tecnico, quanto con i ragazzi.D. Che differenza hai trovato trale due diverse realtà?R. Un abisso… tanta differenza…:con la prima squadra il coinvolgimentoè totale, c’è più tensione, per certiaspetti direi, più professionalità…mentre con gli Allievi si è ad un livellodove non c’è l’ansia del risultatoed il divertimento è una cosa importante.Poi, sono due modi di approcciodiversi: con i giocatori della primasquadra hai a che fare con adulti, alcunigià sposati o anche già padri di famiglia…congli Allievi, invece, hai a chefare con dei ragazzi… con i loro problemilegati all’età, alla scuola… allafamiglia…D. Che rapporti ci sono con i genitori?R. Generalmente buoni; quest’anno,causa la locazione del campo, ci si è incontratiun po’ meno con i genitori…comunque ripeto, i rapporti sono moltobuoni.D. Cosa significa essere un dirigente?R. Secondo me il dirigente è una figuraimportante perché, al di là di quelloche pensa qualcuno, il dirigente non èsolo quello che porta la borsa con le magliette,ma è quello che deve far rispettarele regole, è quello che segue costantementei ragazzi ma anche gli allenatori…È la società presente sul campo;ritengo che sia un ruolo sempre importante!D. Visti i tanti problemi che cisono, ti chiedi mai “chi me lo fafare…” ?R. Chi me lo fa fare… direi piuttostocosa me lo fa fare: la passione perlo sport, il <strong>calcio</strong> in particolare, esseredi supporto ai giovani…: sì, stare con iragazzi è molto gratificante.D. Cosa fai nella vita?R. Operaio metalmeccanico… desiderosodi andare in pensione! Poi potreifare molto di più all’interno della società…mi piacerebbe proprio.D. Segui lo sport in generale?R. Sì… mi piace lo sport in generale:in tivù seguo la Formula uno, il motomondialeed il tennis. Non seguo moltoil <strong>calcio</strong> alla tivù… quello preferiscovederlo dal vivo… E prima che me lochiedi tu, ti dico che sono interista…quindi abituato a soffrire…D. Il tuo pensiero sullo sport giovanile?R. Ho l’impressione che a livello generalelo sport giovanile è molto sottovalutato;a livello locale… mi piacerebbevedere qualche ragazzo in più arrivarein pianta stabile nelle prime squadre.D. Vero, però spesso sono i genitoriche, pensando che il loro pargolosia già un campione, portanovia i figli indirizzandoli al professionismo…quindinon li puoiavere per la prima squadra…R. Sì, è verissimo purtroppo… bisognerebbeavere la forza di trattenerli…ma capisco che di fronte alla volontàdei genitori…RENATO REBOLDID. Come e quando arrivi al Gussago<strong>calcio</strong>?R. Pur non avendolo mai praticato, il<strong>calcio</strong> mi è sempre piaciuto; nel settembre2008 mio figlio iniziò a giocarequi… e mi misi a disposizione dellasocietà.D. Che categoria stai seguendo?R. Adesso gli Allievi, prima ho seguitoper due anni gli Esordienti e due annii Giovanissimi.D. Che realtà hai trovato al Gussago<strong>calcio</strong>?R. Un bel gruppo di dirigenti, ma anchedegli amici… nelle riunioni si discute,a volte anche parecchio, ma allafine esce una linea comune a tutti.D. Che rapporto hai con i genitori?R. Generalmente molto buono; può capitarecon qualcuno qualche discussione…niente di particolare… credoche sia abbastanza normale…Qualchevolta trovi genitori che hanno le ideemeno chiare dei figli … però si cerca diappianare eventuali divergenze…D. Cosa significa fare il dirigente?R. A volte bisogna fare da mediatori…usare la diplomazia…soprattutto conchi mette in discussione l’operato dellasocietà pur non conoscendo le realiproblematiche…Succede!D. Cosa fai nella vita? Segui losport?R. Sono pensionato e la cosa più importanteche faccio è quella di seguiremio figlio… poi faccio le cose che mipiace fare e che prima di andare in pensionenon riuscivo a fare… Seguo losport in genere, da ragazzo praticavol’atletica… ora seguo un po’ tutto…D. Il tuo pensiero sullo sport giovanile?R. Reputo che bisogna lasciare i figli liberidi scegliere lo sport da praticare,senza farli sentire “in obbligo” di diventaredei campioni: quello che ritengoimportante è che i giovani faccianosport, qualunque esso sia.