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Agosto 2009 - Enea

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cluster, appare evidente la presenza di un simbolo rappresentatoin colore rosso (Fig.2); che è un pazientemolto importante ai fini di questo studio, in quanto costituiscel’unico soggetto affetto da leucemia acuta diagnosticatacome M3 sulla base della morfologia delle cellulepatologiche, ma successivamente non confermatacome tale sulla base delle indagini citogenetiche. A differenzadalle altre procedure di clusterizzazione, la clusterizzazionedegli score ottenuti mediante applicazionedel metodo alternativo con approccio quantitativo èin grado di separare automaticamente questo caso da tuttigli altri casi della casistica . In sintesi, l’algoritmo haindividuato tutti i casi “AML non M3” e solo i casi“AML non M3”, dimostrando una sensibilità e una specificitàdel 100%. Il passaggio dalla clusterizzazionedegli score ottenuti con il metodo tradizionale alla clusterizzazionedegli score ottenuti con il metodo alternativoquantitativo si è dunque dimostrato in grado diaumentare la sensibilità e la specificità dell’algoritmofino a renderlo capace di una “diagnosi differenzialeautomatica” - almeno per quanto riguarda il campionestudiato - tra forme M3 e forme non M3.Sfortunatamente, questo comportamento virtuoso non siè riprodotto in tutti gli scenari considerati. Dall’osservazionedella Fig.1 appare evidente la presenza di uncluster costituito da simboli di colore giallo; questo clusterrisulta particolarmente interessante, in quanto comprendeal proprio interno i casi di AML-M3 variante, chesono contraddistinti da asterisco per uno specifico riconoscimento.La progressiva disorganizzazione del clusterdurante la transizione attraverso i vari metodi suggerisceche l’aumento di sensibilità che rende possibile il riconoscimentodel soggetto non AML-M3 come soggetto irrimediabilmente“diverso”, ostacola il riconoscimento delcluster “giallo” come cluster omogeneo. Il fatto che ladisgregazione del cluster “giallo” intervenga non tantonel passaggio dall’approccio tradizionale all’approccioalternativo qualitativo, quanto in quello dall’approccioalternativo qualitativo all’approccio alternativo quantitativo,suggerisce che l’omogeneità del cluster “giallo” siafittizia, in quanto essa si conserva, pur cominciando adegenerare, quando la sensibilità del metodo aumenta,ma sparisce quando l’aumentata dinamica del metodorende evidenti le differenze quantitative nell’espressionedi antigeni pur condivisi. Risulta quindi possibile ipotizzareche, ammesso che esistano elementi di omogeneitàfenotipica tra i casi AML-M3 variante, questi non sianodefinibili sulla base dei parametri esplorati nel presentelavoro.Infine, nessuna correlazione è stato possibile stabilire trai risultati delle procedure di clusterizzazione e la presenzadi cariotipi complessi,(tre pazienti presentavano anomaliecariotipiche aggiuntive, e precisamente una trisomia8, una duplicazione del braccio corto del cromosoma11, e una traslocazione reciproca t(3;4)), né d’altrondeera plausibile postulare che la sola presenza di cariotipicomplessi diversi fra di loro fosse di per sé sufficiente amodulare in modo “convergente” il fenotipo dei diversicasi; più interessante sarebbe stato stabilire le reciprocherelazioni tra soggetti portatori di traslocazione varianti,ma questo traguardo è stato fin dall’inizio precluso dallecaratteristiche della casistica.In sintesi, tale lavoro costituisce uno dei pochi esempi diapplicazione di tecniche di analisi dei dati a una casisticadi soggetti individuati sulla base delle loro caratteristichefenotipiche. Sebbene esso debba essere consideratopreliminare, ciò nonostante ha permesso il confronto trale diverse tecniche di valutazione e di registrazione dellapositività fenotipica, evidenziando i risultati dell’aumentodella sensibilità e della dinamica delle varie tecnichealla luce dei risultati ottenuti dall’analisi di cluster di unapopolazione eterogenea di soggetti correlati affetti daleucemia promielocitica. Infine, ha documentato il comportamentopredittivo di un modello capace di discriminarefra di loro due popolazioni biologiche profondamentediverse. Questo comportamento discriminatoriopresenta valenze utili nei processi di diagnosi differenziale,e merita di essere testato su popolazioni più ampiee più eterogenee.RINGRAZIAMENTIVorrei ringraziare la Prof.ssa M. Montroni, la Dr.ssaC.Bartocci, la Dr.ssa E.Costantino del Servizio Regionaledi Immunologia Clinica e Tipizzazione Tessutaledell’Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riunitidi Ancona per il sostegno dato nel corso del presentelavoro e il Prof. S. Papa, mio relatore, per il suo contributoe per la sua disponibilità.Un grazie particolare al Dr. C. Ortolani per la sua attivacollaborazione e per avermi seguito durante tutta la stesuradel lavoro, insegnandomi tutto quanto necessarioallo svolgimento di quest’ultimo.BIBLIOGRAFIABain, B., D. Barnett, et al. (2002). “Revised guideline onimmunophenotyping in acute leukaemias and chronic lymphoproliferativedisorders.” Clin Lab Haematol 24(1): 1-13.De Rossi, G., G. Avvisati, et al. (1990). “Immunological definitionof acute promyelocytic leukemia (FAB M3): a studyof 39 cases.” Eur J Haematol 45(3): 168-171.Di Noto, R., C. Lo Pardo, et al. 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