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Il problema dell'infinito nella fenomenologia di Husserl. The ... - Labont

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I notevoli risultati ottenuti dalla scienza galileiana portano presto a pensare che sia possibileuna estensione dei suoi meto<strong>di</strong> ad altri campi del sapere, per esempio alla psicologia. Sonopresenti tutti i presupposti affinché una estensione <strong>di</strong> questo tipo possa davvero funzionare: sela scienza matematica aveva considerato il lato fisico delle cose, astraendo da qualsiasicoscienza o soggetto, la psicologia si impegna nel costruire un ambito autonomo dellopsichico sul modello del fisico, cosa peraltro possibile, vista l’universalizzabilità del metododelle scienze della natura. Tuttavia le <strong>di</strong>fficoltà non tardano a farsi sentire, soprattutto quandoci si rende conto che una psicologia <strong>di</strong> questo tipo (cioè <strong>di</strong> stampo naturalistico) perdenecessariamente <strong>di</strong> vista unelemento <strong>di</strong> importanza fondamentale: la soggettività, l’essenzastessa del soggetto.<strong>Husserl</strong> riconduce le prime riflessioni ra<strong>di</strong>cali riguardo alla priorità assoluta della coscienza sututti gli oggetti a Cartesio che, con il motivo trascendentale, <strong>di</strong> cui è a giusto titolo consideratoil fondatore, si presenta come l’unico davvero in grado <strong>di</strong> combattere contro il dogmatismonaturalistico. Può essere curioso constatare che è proprio con il proposito <strong>di</strong> rinforzareulteriormente l’obiettivismo che Cartesio ha fornito le armi per sconfiggerlo: «egli, nelle sueMe<strong>di</strong>tazioni - proprio nel proposito <strong>di</strong> fornire i fondamenti ra<strong>di</strong>cali del razionalismo e, eoipso, del dualismo - giunse a fondare originariamente alcuni pensieri, che nel loro influssostorico (come aderendo ad una nascosta teleologia storica) erano chiamati appunto a<strong>di</strong>rompere questo razionalismo me<strong>di</strong>ante l’esplicitazione del suo nascosto controsenso:proprio quei pensieri che dovevano servire a fondare il razionalismo come un’aeterna veritas,recavano in sé un senso profondamente nascosto 38 , il quale, una volta venuto in luce, losra<strong>di</strong>cò completamente» (1935-36: 103). La portata delle prime due Me<strong>di</strong>tazioni è infatti piùvasta <strong>di</strong> quanto si possa immaginare e più <strong>di</strong> quanto abbia immaginato anche il loro stessoautore.<strong>Il</strong> dubbio cartesiano dà inizio a qualsivoglia critica nei confronti delle presunta sufficienzadelle evidenze matematiche, fisiche e sensibili. Per primo Cartesio decide <strong>di</strong> «passareattraverso l’inferno <strong>di</strong> una epoché quasi scettica, che non poteva essere scavalcata, e <strong>di</strong>raggiungere il portone <strong>di</strong> entrata al cielo <strong>di</strong> una filosofia assolutamente razionale per poicostruirla sistematicamente» (1935-36: 105). L’esito <strong>di</strong> questa epoché ra<strong>di</strong>cale è a tutti noto:se io sospendo qualsiasi vali<strong>di</strong>tà d’essere, allora io che opero l’epoché devo per principioessere escluso dal suo ambito: io che dubito <strong>di</strong> tutto «sono» necessariamente. Esaminando poia dovere questo suolo apo<strong>di</strong>ttico infine raggiunto, si vede che la sua essenza è: Ego cogitocogitata; questo significa che il mondo, perso come quell’in-sé del quale non posso nondubitare, può venire riaffermato come ciò che io penso, cioè come un elemento costitutivodelle mie cogitationes: solo in quanto cogitatum del cogito il mondo è indubitabile.Estendendo fino ai cogitata (o ideae, come le chiama Cartesio) la sfera del cogito esente danel giuoco delle prospettive ogni elemento deve contribuire al chiarimento dell’altro» (1935-36: 87). Quin<strong>di</strong> èin<strong>di</strong>spensabile questo procedere-retrocedere, perché nel momento in cui giungiamo alla fonte costituenteoriginaria (sempre ammesso che lo si possa), il costituito c’è già sempre.38 Questo «senso profondamente nascosto» è particolarmente interessante e racchiude tutte le <strong>di</strong>fficoltà inerentialla effettiva storicità della storia in <strong>Husserl</strong>. Come mai il senso del pensiero dei gran<strong>di</strong> filosofi (che <strong>Husserl</strong>esamina in questa specie <strong>di</strong> storia della filosofia che è il tema centrale del manoscritto principale della Crisi) èsempre quello nascosto e mai quello che <strong>di</strong> essi ha ritenuto e tramandato la tra<strong>di</strong>zione? La posizione particolare<strong>di</strong> ogni singolo filosofo non viene forse così sacrificata a quell’unica <strong>problema</strong>tica che <strong>Husserl</strong> sta affrontando?Porre tutti gli elementi in un’unica prospettiva, non significa forse voler escludere implicitamente tutte quellecaratteristiche che mal si prestano ad una lettura unitaria? Sarebbe prematuro tentare <strong>di</strong> fornire una risposta senzaattendere il seguito della trattazione, tuttavia si può forse già anticipare che la soluzione non va cercata in<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un elemento o dell’altro, quanto piuttosto <strong>nella</strong> loro reciproca implicazione. La storia del pensieropotrebbe quin<strong>di</strong> essere definita come al tempo stesso continua e <strong>di</strong>scontinua, <strong>di</strong>scontinua perché ogni filosofo èunico e così il suo pensiero, continua perché egli comunque porta avanti, realizza un compito comune, al qualeegli <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> partecipare con la razionalità stessa del suo tentativo particolare. Questa soluzione è comunquesoltanto ipotetica ed esige il seguito della trattazione per venire definitivamente scartata o accettata.26

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