E’ quin<strong>di</strong> questa alta considerazione <strong>di</strong> Hume e del suo motivo nascosto che sta alla basedell’opinione <strong>di</strong> <strong>Husserl</strong> nei confronti <strong>di</strong> Kant: il pensiero <strong>di</strong> Kant infatti è soltanto la rispostaal senso manifesto della filosofia <strong>di</strong> Hume, che però, come si è visto più sopra, non coincidecon il suo senso più proprio; ecco perché egli non può essere considerato come il verosuccessore <strong>di</strong> Hume, caratterizzandosi piuttosto come uno tra gli esponenti del razionalismopost-cartesiano, già estraneo al significato più autentico delle Me<strong>di</strong>tazioni. Infatti Kant non sirichiama all’ego, bensì a delle forme e a dei concetti che sono ancora un momento obiettivodella soggettività: quello che egli cerca <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare con il suo metodo è che «il mondo cheappare intuitivamente deve già essere un prodotto della facoltà dell’“intuizione pura” e della«ragion pura», <strong>di</strong> quelle stesse facoltà che si esprimono nel pensiero esplicito dellamatematica e della logica» (1935-36: 122). Richiamandosi a questa fondazione soggettiva,Kant è più preoccupato <strong>di</strong> giustificare l’obiettività, che non <strong>di</strong> capire l’operazione stessa,tramite la quale il soggetto dà un senso (e quin<strong>di</strong> un essere) al mondo. Insomma a Kant noninteressa poi tanto l’origine del senso, quanto piuttosto il senso stesso, l’origine non essendoaltro ai suoi occhi che un mezzo per raggiungere lo scopo. Nonostante queste mancanze,<strong>Husserl</strong> ritiene che Kant sia comunque degno del titolo <strong>di</strong> filosofo trascendentale, poichériconduce la possibilità stessa dell’obiettività alle forme concettuali, le categorie, proponendocosì «una grande filosofia sistematica, scientifica in un modo nuovo, in cui il ritornocartesiano alla soggettività della coscienza si ripresenta <strong>nella</strong> forma <strong>di</strong> un soggettivismotrascendentale» (1935-36: 123).Nell’ambito della secolare lotta tra obiettivismo e soggettivismo, <strong>Husserl</strong> propone la suasoluzione (che ai suoi occhi è poi l’unica vera soluzione): la <strong>fenomenologia</strong> trascendentale.Innanzitutto è in<strong>di</strong>spensabile chiarire questo motivo trascendentale, ricco <strong>di</strong> sfumature e <strong>di</strong><strong>problema</strong>tiche implicazioni. <strong>Il</strong> trascendentalismo husserliano si propone fondamentalmentecome una filosofia <strong>nella</strong> forma interrogativa, come un pensiero che si realizza <strong>nella</strong> forma <strong>di</strong>una domanda: è infatti grazie ad una Rückfrage che si ritorna all’io, all’ego come fondamentoultimo (o origine prima, dal momento che il procedere della Rückfrage è a «zig-zag»)dell’essere e del valore: «la <strong>problema</strong>tica trascendentale si aggira attorno al rapporto <strong>di</strong> questomio io - dell’“Ego” - con ciò che dapprima viene posto come ovvio in vece sua: la mia anima;poi attorno al rapporto <strong>di</strong> questo io e della sua vita <strong>di</strong> coscienza con il mondo <strong>di</strong> cui l’io ècosciente, e <strong>di</strong> cui conosce il vero essere, nelle proprie formazioni conoscitive» (1935-36:125). Come si vedrà più avanti, è proprio perché la sua forma è quella <strong>di</strong> una domanda, chequesto pensiero può infine coincidere con l’idea stessa della filosofia.<strong>Il</strong> motivo trascendentale inoltre si concretizza in quell’operazione (Leistung) della coscienzache è una donazione <strong>di</strong> senso e <strong>di</strong> essere e che può venire effettivamente compresa solo unavolta che l’obiettivismo sia stato definitivamente superato. L’ego trascendentale è infatti inprimo luogo vita (Leben) nel senso forte e pieno del termine, vita come azione e comepercezione: il mondo è questo, che in<strong>di</strong>co, che vedo, che tocco e proprio per questo esso ha unsenso per me. Qualsiasi matematizzazione o logicizzazione <strong>di</strong> questo terreno antepre<strong>di</strong>cativonon sarà altro che un «abito ideale, un metodo che deve servire a migliorare me<strong>di</strong>ante“previsioni scientifiche” in un “progressus in infinitum”, le previsioni grezze, le unichepossibili nell’ambito <strong>di</strong> ciò che è realmente esperito ed esperibile nel mondo della vita»(1935-36: 80). Con espressioni che ricordano «il rivestimento <strong>di</strong> idee gettato sopra il mondodell’intuizione» <strong>di</strong> Esperienza e giu<strong>di</strong>zio, <strong>Husserl</strong> riba<strong>di</strong>sce la secondarietà <strong>di</strong> qualsiasi attivitàscientifica, rispetto al darsi originario del mondo, come mondo che c’è già sempre: è questoconcetto <strong>di</strong> Lebenswelt, fondato prima nell’ego che nelle sue categorie, che permette <strong>di</strong>superare ogni obiettivismo.L’obiettivismo ha occultato l’idea <strong>di</strong> ragione <strong>di</strong>spiegantesi <strong>nella</strong> storia. Ci si sente autorizzatiad avanzare un dubbio: come può <strong>Husserl</strong> proporsi <strong>di</strong> ritrovare o riscoprire qualcosa che <strong>di</strong>per sé non è mai dato? L’idea come può essere al tempo stesso un qualcosa, al punto da poter28
venire ricoperto dalle scienze 40 e un progetto, uno stimolo, un in<strong>di</strong>ce puntato verso unorizzonte che mai potrà trasformarsi in un dato? L’idea è al tempo stesso un sensodefinitivamente costituito e un movimento intenzionale la cui unità si costituisceindefinitamente attraverso una serie ininterrotta <strong>di</strong> alienazioni e <strong>di</strong> prese <strong>di</strong> coscienza, proprioperché il telos considerato <strong>di</strong> per sé stesso (l’idea <strong>di</strong> per sé medesima è un «tutto») non siidentifica con il telos quale esigenza della nostra ragione (l’idea per noi non sarà mai altro cheun compito). La meravigliosa duplicità dell’idea in senso kantiano, infinita e indefinita altempo stesso, permette a <strong>Husserl</strong> <strong>di</strong> dare un senso (indefinito) alla stessa esistenza storicadell’uomo a partire dall’idea <strong>di</strong> una storia infinita (come teleologia). Se però nelle opereprecedentemente analizzate questa duplicità veniva sentita come pericolosa e si cercava <strong>di</strong>porla in evidenza il meno possibile, anzi anche <strong>di</strong> nasconderla, facendo apparire solamente ilsuo lato ideale e positivo, adesso sembra quasi che l’intreccio tra la <strong>di</strong>mensione verticale equella orizzontale sia completamente accettato. Certo questo non implica assolutamente chetutte le <strong>di</strong>fficoltà e le ambiguità vengano definitivamente chiarite, ma solo che si possanoosservare gli elementi in questione in un modo nuovo, più da vicino. A tal proposito latematica trattata non può che essere d’aiuto: se prima si trattava della logica, del tempo e delmondo, adesso si tratta <strong>di</strong> noi, uomini della storia, e del nostro contributo alla costituzione delsenso. L’uomo ha un senso 41 in quanto custo<strong>di</strong>sce un’idea, noi però non «sappiamo ancora sequesta Idea possa realizzarsi. Tuttavia, pur sotto questa forma presuntiva e in una universalitàindeterminata e fluida, noi la posse<strong>di</strong>amo; abbiamo dunque l’idea <strong>di</strong> una filosofia, senzasapere se e come sia da realizzare. Noi l’assumiamo come una presunzione provvisoria el’accettiamo a scopo <strong>di</strong> ricerca; da essa ci faremo guidare» (1929-31: 44). Come posse<strong>di</strong>amoquesta idea? <strong>Il</strong> possesso non implica forse già sempre un avere, un tenere, un serbare? Comesi può possedere una tensione? Vivendola. Ma, ci si potrebbe ancora chiedere, si può davverovivere un’idea teleologica pura?In realtà sembra che siano due le tendenze implicate <strong>nella</strong> concezione husserliana: da un latoil senso della storia europea trova il suo fondamento in quel soggettivismo trascendentale che40 <strong>Husserl</strong> parla <strong>di</strong> Kleid: un vestito, certo non è un vestito qualsiasi, ma ein Kleid von Ideen, comunquepresuppone ugualmente un tutto ben definito alla sua base. Infatti il compito della <strong>fenomenologia</strong> trascendentaleconsiste nel cercare <strong>di</strong> togliere questa sovrastruttura che non fa che occultare la vera essenza dell’idea,riattivando così l’origine prima del senso, dell’essere e della storia.Tuttavia la posizione husserliana nei confronti della scienza è ambigua: se da un lato, come progetto, essa vienevalorizzata al massimo, essendo la possibilità stessa <strong>di</strong> una incarnazione dell’idea, dall’altro viene svalorizzata<strong>nella</strong> sua precarietà sovrastrutturale: la scienza come progetto ha ancora quello slancio, quella tensione che lascienza come sistema compiuto ha già perduto. Questa ambiguità nei confronti della scienza non fa in realtà altroche riflettere l’ambiguità generale riguardante l’atteggiamento della <strong>fenomenologia</strong> nei confronti della scrittura(quin<strong>di</strong> nei confronti del rapporto tra ideale e reale del quale la scrittura non è che l’esplicitazione): «Nell’arco<strong>di</strong> pensiero che dalle Logische Untersuchungen conduce sino alla Krisis der Europäischen Wissenschaften,<strong>Husserl</strong> non intermette <strong>di</strong> modulare questa ambiguità. Da una parte, la caduta nell’obiettivismo - la <strong>di</strong>menticanzadella funzione delle scienze e del loro significato per l’uomo, insomma il tecnicismo in cui implode l’umanitàeuropea - si presenta come una forma <strong>di</strong> scrittura generalizzata, <strong>di</strong> cattiva ipomnesi dove il senso dell’originecade nell’oblio insie me al telos più autentico delle scienze; d’altra parte, la verità vivente, proprio perchérichiede una tra<strong>di</strong>zionalizzazione assoluta che la esenti dalle vicissitu<strong>di</strong>ni empiriche dei suoi scopritori, esige ilricorso a una scrittura, più autentica e vera del tecnicismo galileiano, ma non<strong>di</strong>meno sempre legata al ricorso ain<strong>di</strong>ci» (Ferraris 1997: 301). Insomma, la verità che idealizzata viene poi trasposta nel linguaggio al fine <strong>di</strong> potervenire trasmessa ad altri, allo stesso tempo si realizza e si espone al pericolo dell’oblio e della <strong>di</strong>struzione.41 Ovviamente sempre quello europeo: l’umanità europea è infatti caratterizzata da un telos situato in unaprospettiva infinita che attrae, come un polo catalizzatore, tutti i telos particolari delle singole nazioni noneuropeee che, a <strong>di</strong>fferenza della cultura europea (è infatti una questione <strong>di</strong> cultura se «In un senso spiritualerientrano nell’Europa i Dominions inglesi, gli Stati Uniti, ecc., ma non gli esquimesi e gli in<strong>di</strong>ani che ci vengonomostrati nei baracconi delle fiere, o gli zingari vagabon<strong>di</strong> per l’Europa» 1935-36: 332) non hanno ancoraraggiunto il livello della scienza, della filosofia e quin<strong>di</strong> sono culture <strong>di</strong> un tipo antropologico che vivono in unambito ancora finito. Ci sono <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong> vicinanza allo scopo ultimo, che sono in qualche modo normativi(appen<strong>di</strong>ce XXVI «Gra<strong>di</strong> della storicità. Prima storicità» 1935-36: 529-530).29