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Registry Document - LaMMA-Test

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3/391. INTRODUZIONELa coltivazione e la trasformazione delle piante da fibra non è una novità ma casomai una riscoperta per laToscana. Meno di un secolo fa la canapa era coltivata da molti contadini di pianura, mentre nel periodo dellaseconda guerra mondiale 9 dei 61 ginestrifici presenti in Italia erano in Toscana, distribuiti tra le province diFirenze, Arezzo e Siena. La successiva scomparsa di queste attività, molto laboriose e artigianali, fu dovutaa molteplici fattori, soprattutto economici, tecnologici ma anche ambientali.Negli ultimi anni è stata riscontrata una crescita della domanda di prodotti “naturali” o a “basso impattoambientale” (biodegradabili, riciclabili, non depauperanti) che ha riportato l’attenzione anche sul settore dellefibre naturali di origine vegetale differenti dal cotone, la cui coltivazione è considerata depauperante e per laquale si usano enormi quantitativi di fitofarmaci. Nel settore tessile, a parte il lino che da sempre èconsiderato il tessuto estivo per eccellenza, sono comparsi o ricomparsi filati e tessuti a base di canapa,bambù, soia, juta, ortica, ecc.Visitando l’ultima edizione estiva di Pitti Uomo, la fiera mondiale al vertice per l’abbigliamento maschile, eraimpossibile non notare i capi in lino, praticamente onnipresenti. Fra i numerosi espositori due in particolareperò evidenziavano l’uso di altre fibre vegetali: Hemp Hoodlamb, un’azienda olandese che produce solo capia base di canapa, e Bishu Bou, un’azienda giapponese molto esclusiva che utilizza solo bambù e washi.Due altre aziende, Simple e la American Apparel, entrambe americane, cercavano di richiamare l’attenzionepresentando nuove linee di abbigliamento con materiali “naturali” (cotone organico, juta, bambù) o riciclati(sughero, gomma), mentre la britannica DAKS proponeva una giacca con tessuto 50% lino – 50% canapa,quest’ultimo “Made in Italy” dalla Crespi.In considerazione di quanto sopra si è voluto verificare la possibilità e fattibilità di introdurre, o reintrodurre, lacoltivazione e la trasformazione di quattro piante da fibra in Toscana: il lino, la canapa, l’ortica e la ginestra.Tale iniziativa rientra nel contesto della filiera tessile toscana che da sempre ha caratterizzato il tessutoindustriale regionale: il distretto tessile­abbigliamento di Prato, le molte griffe della moda (Ferragamo, Gucci,Prada, Cavalli, ecc.), importanti aziende d’abbigliamento (Cantarelli, Mabro, Ingram, d’Avenza, ecc.), ildistretto della biancheria del Pistoiese, le lane del Casentino. Da non dimenticare il supporto degli istitutitecnici e dell’Istituto Polimoda, una “fashion school” molto rinomata anche a livello internazionale. Conl’introduzione della coltivazione delle piante da fibra e la loro trasformazione si completerebbe il “ciclo”produttivo, dalla materia prima al prodotto finito, creando un valore aggiunto legato all’origine italiana e allatracciabilità durante tutte le fasi di lavorazione.2. RISULTATII risultati economici ottenuti dalle stime dei conti colturali delle piante da fibra hanno evidenziato iseguenti punti:ola coltivazione del lino non è al momento proponibile dal punto di vista economico;confrontandoci con i paesi produttori per eccellenza, la Francia ed il Belgio, riscontriamo:potenziali rese ad ettaro inferiorimancanza di varietà locali selezionatesituazione climatica poco idonea alla macerazione in campo con conseguenteaumento di costinecessità organizzativa degli agricoltori per l’acquisto comune di macchinari specifici

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