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Roberto Saviano, Gomorra - Allegoria

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allegoria57boss immortalati dai cellulari delle ragazzine; fino alla caratterizzazionepittoresca degli assassini neomelodici: «In America si spara gonfiandosicol rap, i killer di Secondigliano andavano a uccidere ascoltando canzonid’amore». Ovvio che quest’ambivalenza non è mai ambiguità, ma dache punto di vista si muova chi narra è chiaro, mentre chi descrive, nonqualificandosi, non palesa sempre i modi e i mezzi delle sue fonti documentariee, così facendo, in qualche modo le indebolisce. Detto diversamente:da dove sono tratti i dati, che grado di attendibilità hanno, comesi possono adoperare in una nuova inchiesta? Cutolo, all’indomani dell’uscitadel libro, negò di aver mai fatto sparare in pieno viso a una ragazzinadi fronte al padre magistrato. Lo storico e il documentarista hannol’obbligo di citare le fonti, <strong>Saviano</strong> no. Allora, che lui ci fosse, che lui abbiavisto, che lui sappia vale solo per il narratore parziale che si introducetra le maglie della descrizione? E il resto, cioè la quasi totalità del libro,chi l’ha scritto?Non suoni capzioso o puramente teorico questo dubbio: di <strong>Saviano</strong> siè detto e non si può che dir bene, più che mai dal momento in cui vivesotto scorta per aver fatto “i nomi”. Letteratura di testimonianza, ma anchedi impegno civile. Pasolini oltre Pasolini, «io so e ho le prove», si èdetto. E dunque il martire, o, quanto meno, un nuovo Sciascia. Qui aspetterei,però, perché Sciascia ha scritto La scomparsa di Majorana e L’AffaireMoro, libri d’inchiesta e di testimonianza, ma anche Il giorno della civetta,A ciascuno il suo, Una storia semplice, libri di finzione. Scegliere un genereo un altro non è operazione oziosa per accademici o antologisti. Cosìcome non collocarsi può essere operazione editoriale e di marketing:<strong>Saviano</strong> in libreria sta bene tra i romanzi come tra i reportage, perchénon è l’una cosa né l’altra. Anzi, a <strong>Saviano</strong> va riconosciuto il merito diaver inventato o rilanciato il genere del docu-fiction o della non-fiction. Eperò, ribadiamo, <strong>Gomorra</strong> è forse più che altro due libri in uno, ugualmenteincompiuti: la fiction occasionale dentro il documentario parziale,o l’occasionale documentario nella fiction a metà. Perché non distingueree completare i due percorsi? Perché non scrivere una esplicita storiadella camorra (e cioè un reportage), con i dati e con le fonti sempreespresse? Perché non tentare la via della ricostruzione storica, proprio insenso etimologico, dal “vedere” cui rinviava Barilli (su «l’immaginazione»),insieme a Giglioli («Alias»), che sovraccaricava la portata testimonialedi quel vedere di un’attitudine “masochistica”: quella di chi si è chiamatodentro i fatti al posto nostro, se non a nostra tutela? Oppure, al contrario,perché non scrivere una storia tutta diversa, una narrazione di chinon c’era, e quindi rende manifesta l’invenzione, l’ipotesi, sebbene fortementesostenuta da dati di realtà? Non indebolisce certo la portata civiledella narrazione, il fatto che sia esplicitamente presentata come finzione.<strong>Roberto</strong> <strong>Saviano</strong>,<strong>Gomorra</strong>187

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