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che pratichiamo dal 1958 ha oggi un nome - Camera di Commercio ...

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OLTREFRONTIERA<br />

<strong>di</strong> Fabrizio Macrì<br />

Dopo le recenti <strong>di</strong>chiarazioni del Governatore della Banca<br />

d’Italia Draghi <strong>che</strong>, a fronte della lentezza con cui<br />

l’industria italiana sembra cogliere i benefi ci della ripresina<br />

in atto, <strong>ha</strong> in<strong>di</strong>cato all’Italia il modello economico<br />

tedesco come ricetta per uscire <strong>dal</strong>la crisi, si è scatenato<br />

sulla stampa italiana <strong>un</strong> interessante <strong>di</strong>battito <strong>che</strong><br />

ci aiuta a comparare l’economia italiana in particolare<br />

a quella tedesca. Molti articoli, a seconda dell’orientamento<br />

politico della testata, si affannano a demitizzare<br />

il modello tedesco, affermando la sua inapplicabilità nel<br />

contesto economico-politico italiano, altri in<strong>di</strong>viduano<br />

delle caratteristi<strong>che</strong> esportabili del capitalismo renano<br />

a sud delle Alpi. Certi del fatto <strong>che</strong> <strong>dal</strong>l’osservazione <strong>di</strong><br />

chi ottiene risultati migliori dei nostri ci sia solo da imparare,<br />

preferiamo prestare orecchio ai secon<strong>di</strong>.<br />

Emergono da <strong>un</strong> lato alc<strong>un</strong>i tratti fondamentali <strong>che</strong> <strong>di</strong>fferenziano<br />

il modello tedesco da quello italiano ed a cui il<br />

nostro Paese potrebbe ispirarsi, e <strong>dal</strong>l’altro alc<strong>un</strong>i tratti<br />

com<strong>un</strong>i sui quali fare leva per <strong>un</strong> rilancio strategico della<br />

nostra industria a rimorchio <strong>di</strong> quella tedesca sui mercati<br />

internazionali.<br />

Sostanzialmente la Germania <strong>ha</strong> costruito nel dopoguerra<br />

e con tratti <strong>di</strong>versi an<strong>che</strong> dopo l’<strong>un</strong>ifi cazione, <strong>un</strong><br />

modello economico nel quale pianifi cazione strategica<br />

industriale e strategia politica <strong>di</strong> sviluppo del Paese<br />

coincidono. Coincidono perché <strong>di</strong> fronte ai cambiamenti<br />

strutturali cui l’economia tedesca è stata chiamata più<br />

volte dopo la caduta del Muro, sindacati, imprese e<br />

Governo <strong>ha</strong>nno sempre trovato <strong>un</strong> accordo sulle linee<br />

strategi<strong>che</strong> per gli anni a venire.<br />

Dopo la caduta del Muro ed il rafforzamento del Marco,<br />

la Germania <strong>ha</strong> dovuto affrontare <strong>un</strong>a crescente minaccia<br />

competitiva <strong>che</strong> l’<strong>ha</strong> costretta a cambiamenti strutturali<br />

determinati da tre bussole fondamentali:<br />

- l’aumento della competitività dell’industria tedesca sui<br />

mercati esteri tramite delocalizzazioni, fusioni e ristrutturazioni<br />

del proprio apparato manifatturiero;<br />

- la riforma del generoso stato sociale tedesco <strong>che</strong> ê<br />

stato snellito ed <strong>ha</strong> consentito <strong>di</strong> ridurre il carico fi scale<br />

sulle imprese;<br />

- l’introduzione del Kurzarbeit (o part- time) <strong>che</strong> <strong>ha</strong> consentito<br />

alle imprese la necessaria fl essibilità <strong>di</strong> ridurre<br />

l’orario <strong>di</strong> lavoro in presenza <strong>di</strong> meno or<strong>di</strong>ni per poi<br />

aumentarlo nuovamente alla ripresa congi<strong>un</strong>turale.<br />

Questi ultimi due elementi <strong>ha</strong>nno consentito <strong>di</strong> non indebolire<br />

eccessivamente la domanda interna, decisivo<br />

fattore <strong>di</strong> stabilità e sviluppo an<strong>che</strong> per <strong>un</strong> Paese fortemente<br />

orientato alle esportazioni come la Germania.<br />

In sostanza le tre parti sociali si sono sedute attorno ad<br />

Modelli a confronto<br />

<strong>un</strong> tavolo ed <strong>ha</strong>nno sacrifi cato ciasc<strong>un</strong>a degli interessi<br />

<strong>di</strong> parte in <strong>nome</strong> del com<strong>un</strong>e interessa nazionale: i sindacati<br />

<strong>ha</strong>nno accettato <strong>di</strong> legare i salari agli aumenti<br />

<strong>di</strong> produttività ed <strong>ha</strong>nno consentito l’introduzione <strong>di</strong> elementi<br />

<strong>di</strong> fl essibilità legata all’orario <strong>di</strong> lavoro, le imprese<br />

<strong>dal</strong> canto loro <strong>ha</strong>nno preferito ridurre l’orario invece <strong>che</strong><br />

licenziare ed <strong>ha</strong>nno investito in formazione ed innovazione<br />

a fronte <strong>di</strong> delocalizzazioni <strong>che</strong> negli anni ‘90 <strong>ha</strong>nno<br />

generato com<strong>un</strong>que <strong>un</strong> aumento strutturale della <strong>di</strong>soccupazione<br />

soprattutto nei settori a basso valore aggi<strong>un</strong>to,<br />

il Governo <strong>ha</strong> riformato lo stato sociale, snellendolo<br />

per ridurre i costi ed il carico contributivo sulle imprese<br />

ed <strong>ha</strong> investito molto nella competitività del sistema paese<br />

facendo della Germania <strong>un</strong> target molto ambito per<br />

gli investitori esteri.<br />

L’Italia ê il secondo paese manifatturiero ed esportatore<br />

d’Europa, ma non <strong>ha</strong> vissuto negli anni ’90 la stagione <strong>di</strong><br />

riforme strutturali dell’economia e del sistema <strong>di</strong> welfare<br />

<strong>che</strong> <strong>ha</strong> caratterizzato la Germania, si sono succeduti<br />

interventi scoor<strong>di</strong>nati e spora<strong>di</strong>ci sul mercato del lavoro<br />

<strong>che</strong> <strong>ha</strong>nno eliminato <strong>di</strong>ritti dei lavoratori meno garantiti,<br />

generato <strong>un</strong> aumento delle tensioni sociali ed in questa<br />

fase <strong>di</strong> depressione, an<strong>che</strong> <strong>un</strong> esponenziale aumento<br />

della <strong>di</strong>soccupazione giovanile. Nonostante <strong>un</strong> aumento<br />

della spesa pubblica <strong>che</strong> pesa sul debito più alto<br />

d’Europa, latitano inoltre gli investimenti in formazione,<br />

ricerca e sviluppo, mancano gli interventi <strong>di</strong> politica industriale,<br />

a sostegno <strong>di</strong> settori strategici su cui p<strong>un</strong>tare<br />

per lo sviluppo futuro e nulla <strong>di</strong> risolutivo si ê fatto per<br />

affrontare i mali <strong>che</strong> allontanano gli investitori esteri <strong>dal</strong><br />

nostro territorio: criminalità, carico fi scale, burocrazia,<br />

qualità dei servizi pubblici. Come già in questa Rubrica<br />

abbiamo avuto modo <strong>di</strong> rilevare insomma, manca <strong>un</strong>a<br />

visione strategica dell’Italia del futuro da con<strong>di</strong>videre tra<br />

Governo e Parti Sociali, prevalgono interessi particolari<br />

ed in<strong>di</strong>viduali o prese <strong>di</strong> posizione astratte ed ideologi<strong>che</strong><br />

<strong>che</strong> portano solo vantaggi nel brevissimo termine:<br />

<strong>un</strong> noto giornalista italiano <strong>ha</strong> recentemente paragonato<br />

il Paese ad <strong>un</strong>o “specchio rotto”.<br />

Proprio in <strong>un</strong>’ottica <strong>di</strong> strategia futura, emerge <strong>dal</strong>la quoti<strong>di</strong>ana<br />

comparazione tra Italia e Germania sulla stampa<br />

italiana <strong>di</strong> questi giorni <strong>un</strong>’in<strong>di</strong>cazione strategica interessante:<br />

l’invito agli industriali italiani a legarsi in modo<br />

sistemico all’industria tedesca. Infatti , dopo la graduale<br />

scomparsa della nostra grande industria, con la notevole<br />

eccezione della FIAT, l’economia italiana si caratterizza<br />

sempre più come subfornitrice dei colossi industriali<br />

tedeschi <strong>che</strong> in virtù della loro <strong>di</strong>mensione potrebbero<br />

dare ai nostri me<strong>di</strong> e piccoli impren<strong>di</strong>tori visione e accesso<br />

seppure in<strong>di</strong>retti ai gran<strong>di</strong> mercati internazionali.<br />

la Rivista<br />

n. 10 - Ottobre 2010<br />

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