L’essere umano, avendo imparato ad amare Dio, è in grado diguardare gli altri uomini con un amore forgiato su Dio. Paolo stapensando al congedo: vedendo Dio «faccia a faccia» (1Cor13,12)potremo finalmente comprenderlo appieno ed amarlo come merita.Da questo requisito ne derivano altri: alla luce del volto di Dioe del volto trasfigurato di Cristo Gesù Suo Figlio saremo in gradoanche noi di vedere “faccia a faccia” il nostro prossimo, raggiungendola vetta dell’amore reciproco. Vivendo dell’amore di Cristo,anzi vivendo di Cristo, sin da quaggiù, potremo intravederne il voltoin quello di tutti gli uomini e, soprattutto, in quello dei povericristi di cui abbonda la terra. Non fa meraviglia che Paolo, dopoquesta dimostrazione della via dell’amore, riprenda nella Letterail discorso diretto: «Inseguite l’amore» (14,1). La “via amoris” nonè facilmente percorribile: richiede impegno protratto e rinnovato.Occorre “inseguire” l’amore inseguendo Cristo che ci ama e ci donal’amore del Padre. Il medesimo argomento Paolo lo scriverà ancheai Filippesi: « Mi sforzo di inseguire, nella speranza di conquistareciò per cui anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù» (3,12).È stato affermato che dopo il poeta greco Pindaro 26 ed il filosofoPlatone (Simposio), non ci sia mai stata un’altra espressione liricasuperiore all’Inno, nel quale Paolo canta la realtà dell’amore divino,di cui l’essere umano è già ricolmo (anche se l’ignora, o fingedi ignorarlo o se lo dimentica) e da cui nello stesso tempo vieneincoraggiato a donare e a donarsi senza egoismo. Questo amore èl’agápe divina che l’Apostolo canta e definisce in maniera scultorea«gratuita e oblativa». Il carisma dei carismi è la stessa carità divina,che si è riversata sulla terra, quando Dio ha mandato il dilettissimoFiglio e l’ha dato per la salvezza e la redenzione dell’umanitàdal peccato originale. Ecco perché si può affermare che per ispira-26 Pindaro, poeta lirico greco (518438), coltivò tutti i generi della lirica corale (inni, peani,ecc.) con un vocabolario di estrema ricchezza e raffinatezza. Ci sono giunti di lui solo quattrolibri di Epinici, capolavoro del lirismo greco e non solo.23
zione, per contenuto e per forma, l’Inno alla carità è il capolavorodell’era cristiana. Da questo amore - dono, procedono tutti gli altridoni. In lui, Dio ci ha benedetto con ogni benedizione spiritualenei cieli e in lui ci ha scelto prima della creazione del mondo perrenderci santi e immacolati alla sua presenza, partecipi della suagloria (cf. Ef 1,314).È così che il kerygma gesuano del regno sboccia, per noi, nel kerygmacristologico del crocifissorisorto come culmine, sintesi e chiaveermeneutica dell’evento dell’agápe di Dio in Gesù Cristo. È questo,in particolare, il nerbo del kerygma, per comprendere il significatocristologico ed ecclesiale dell’agápe: la realtà della crocifissione edella risurrezione 27 . Il nuovo stile del cristiano va modellato in lineacon questo bell’annunzio. Per questo non si può essere ipocriti, anzibisogna attaccarsi al bene e detestare il male (cf. Rm 12,9). Speranze,tribolazioni, preghiere, ospitalità, bisogni della vita, comportamentidi pace e di giustizia: tutto, tutto è sfrenatamente amore, sfrenatamenteagápe, per vincere ogni male col bene (cf. Rm 12,9-21). Tuttoil decalogo della prima Alleanza trova la sua pienezza nella carità(cf. Rm 13,8-10). «Ciò che fai, ammonisce Cesario d’Arles (470 ca- 542), lo fai per Cristo, e l’intenzione o lo scopo di ogni tua azionesono rivolti a lui; non fai nulla per la lode degli uomini, ma tutto perl’amore di Dio e il desiderio della vita eterna: e allora vedrai la fine diogni perfezione e quando vi sarai giunto, non desidererai di più» 28 .Ecco perché, scorrendo il ricchissimo calendario cattolico, troviamoinnumerevoli cristiani pervasi, contagiati da una carità “sfrenata”.Li chiamiamo “santi” e “beati”, cioè perfettamente modellatinell’agápe dallo Spirito Santo a immagine somigliantissima del Padre,come il Figlio unigenito. Mi piace qui ricordarne almeno unaltro (dopo il cenno a Francesco di Paola): il beato don Pino Puglisi,martire della fede cristiana, che mi sembra un ottimo ed attualissi-27 Cf. P. Coda, op. cit, pp. 114-115.28 Cesario d’Arles, Discorsi al popolo 38,5, in Id., Sermons au peuple, a cura di M.- J. Delage,SC 243, Cerf, Paris 1978, vol. II, p. 252.24
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