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L'EVOLUZIONE DELLA TUTELA DEL CONSUMATORE: DALLA ...

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Capitolo I<br />

riferimento per il momento alle pratiche commerciali sleali e al decreto legislativo<br />

206/2005, si può ricorrere all’articolo 1418 27 che rende nullo un contratto qualora la<br />

violazione del contratto stesso rifletta la trasgressione di una norma imperativa e<br />

concretamente nel non rispetto di quanto previsto dall’articolo 1325 del codice civile<br />

(l’accordo delle parti, causa, oggetto e la forma se prescritta dalla legge sotto pena di<br />

nullità) o per l’assenza nell’oggetto delle indicazioni richieste dall’art. 1346 del codice<br />

civile. Questa condizione porta a riflettere che un contratto, però, potrebbe essere<br />

redatto senza alcun vizio di forma, ma rappresentare comunque una pratica commerciale<br />

scorretta nei confronti del consumatore in base a quanto disposto dagli artt. 20 co.1, e<br />

18, let d) ed e) del Codice del Consumo. L’introduzione nel corpus normativo italiano<br />

della nozione di pratica commerciale scorretta fa sì che un presupposto di illiceità<br />

contrattuale non è da rintracciarsi esclusivamente nelle parti sostanziali che<br />

caratterizzano la formazione di un contratto bensì anche ad un fattore esterno alla<br />

pattuizione stessa e cioè la volontà dell’acquirente il quale deve essere libero e<br />

consapevole prima di accettare qualsiasi proposta.<br />

Dopo aver esplicitato questo punto è molto chiaro individuare un’unione fra gli<br />

articoli di recepimento della direttiva 2005/29/Ce e l’articolo 1427 del codice civile che,<br />

sempre in tema di annullabilità di un contratto, recita: “il contraente, il cui consenso fu<br />

dato per errore (1428 e seguenti), estorto con violenza (1434 e seguenti) o carpito con<br />

dolo, può chiedere l'annullamento del contratto (1439 e seguenti) secondo le<br />

disposizioni seguenti (122, 624).” La disciplina regolata dal decreto legislativo<br />

206/2005, quindi, se analizzata sotto questi determinati aspetti, presenta molti punti di<br />

analogia con la teoria del contratto e ciò porta a stabilire che, qualora il Codice del<br />

consumo non dovesse coprire tutte le pratiche commerciali scorrette e non presentasse<br />

soluzioni per dei casi specifici, il consumatore sarebbe ugualmente tutelato dalle norme<br />

precedentemente previste nel codice civile e potrebbe appellarsi ad un vizio di volontà<br />

per ottenere l’annullamento del contratto o parte di esso.<br />

27 L’articolo 1418 del codice civile recita: “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative,<br />

salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti<br />

indicati dall'Art. 1325, l'illiceità della causa (1343), l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'Art. 1345 e<br />

la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'Art. 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi<br />

stabiliti dalla legge (190, 226, 458, 778 e seguente, 780 e seguente, 788, 794, 1261, 1344 e seguente,<br />

1350, 1471, 1472, 1895, 1904, 1972)”.<br />

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