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Arcobaleno 2/2015

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“Un bravo capo non fornisce le giuste risposte,<br />

ma pone le giuste domande”<br />

È questo quello che speravi Aldo? Che chi<br />

ti avrebbe seguito si chiedesse? Chiedesse<br />

i perché delle cose, delle persone, del mondo?<br />

Si interrogasse anche su quelle cose<br />

come l’odio, di cui non si parla, quelle cose<br />

brutte che è “meglio” fingere che non esistano?<br />

Volevi che chiedessimo, che ci interrogassimo,<br />

perché cercare è libertà. Cercare<br />

è osare. Specie quando la ricerca è difficile.<br />

Complimenti Aldino. E complimenti anche<br />

a Guido che mi fa addirittura tremare la<br />

voce. Però Aldo aveva già intaccato la mia<br />

dura scorza! Le cerimonie finiscono e io<br />

mi siedo sul treno diretto a Mestre. Penso<br />

ad Aldo e a come ha sentito parlare di<br />

lui quelle persone che l’avevano conosciuto.<br />

Coraggio, sicuramente aveva coraggio<br />

il signor Marzot. Coraggio e comprensione<br />

del prossimo, il che gli dava una certa<br />

lungimiranza. Il nostro primo Raider.<br />

Ma le risposte ai mie quesiti? Come faccio<br />

senza quelle risposte, Aldo?<br />

Cambio treno e prendo il freccia rossa diretto<br />

a Roma. Fa troppo caldo per pensare<br />

e i tre bambini della signora seduta dirimpetto<br />

a me fanno troppi capricci. Non mi è<br />

difficile individuare dei lievi difetti nell’educazione<br />

dei giovanotti ma pazienza, se<br />

la caveranno lo stesso. Spero. Prendo il<br />

taccuino e passo il tempo preparando le<br />

riunioni del resto del mese. Ora sono certo<br />

che non era la gratitudine che mi spinse<br />

ad andare ma la curiosità. Volevo risposte<br />

ma Aldo, dall’immagine attraverso<br />

la quale tutti noi lo abbiamo conosciuto,<br />

non mi ha detto nulla. Ha solo guardato<br />

con i suoi occhi da nonno saggio.<br />

Era chiedere tanto? Un risposta dal primo<br />

dei Raider? Un pensiero mi attraversa<br />

come un fulmine rivelatore quando<br />

il mio sguardo si posa sulla torre bianca<br />

di Termini. Da non so quale libro, film o<br />

fumetto della mia vita emerge un ricordo,<br />

una frase di cui non ricordo né l’autore<br />

ne il periodo, solo le parole.<br />

Io non ho mai conosciuto Aldo Marzot,<br />

ma di lui mi è rimasta una cosa. Forse la<br />

sola cosa che conta negli esseri umani.<br />

Quella cosa che non muore. L’idea, l’idea<br />

che genera domande, l’idea che spinge<br />

alla ricerca, l’idea che scuote le fondamenta<br />

del mondo, che lo innalza.<br />

Liberi di osare, osare di essere liberi.<br />

Prendo il telefono per chiamare la mia ragazza<br />

mentre scendo dal treno. Vorrei dirle<br />

subito tutto questo, ma il turbine di pensieri<br />

ancora mi rigira la mente. Mi serve<br />

tempo per fare ordine e poi magari mettere<br />

tutto su carta così che lei possa leggerlo e<br />

capire. Lei che non voleva venirci agli scaut<br />

perché sono stupidi. Lei che i pantaloni<br />

dell’uniforme le stanno male perché “sono<br />

troppo da maschio”. Lei che non mi avrebbe<br />

mai preso veramente in considerazione,<br />

quindi tanto valeva smettere di cercare di<br />

sembrare più fiero, più sobrio, più macho,<br />

e comportarmi come mi comporto di solito.<br />

Fratello Falco<br />

6 L’EDITORIALE

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