settimanale aquile del 24 novembre 2016
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L’editoriale<br />
di Carlo Cagnetti<br />
Ci siamo, in tutti i sensi.<br />
Ci siamo… in campionato. La<br />
Lazio vola, viaggia ad una<br />
media di due punti a partita e<br />
consolida il quarto posto in<br />
coabitazione con la dea Atalanta<br />
che ha sconfitto la roma.<br />
Ora il secondo posto è ad un<br />
solo punto e probabilmente a<br />
Natale sapremo di più sul<br />
reale obiettivo dei biancocelesti<br />
che al momento, senza voli<br />
pindarici, rimane quello <strong>del</strong><br />
raggiungimento <strong>del</strong>la zona<br />
Europa league, con vista sulla<br />
Champions. Intanto la chiara<br />
vittoria sul grifone genoano<br />
ha messo in luce un Felipe<br />
Anderson davvero sontuoso,<br />
un vero e proprio «fattore»<br />
nell’economia <strong>del</strong> gioco biancoceleste.<br />
Naturalmente la<br />
Lazio non è solo Felipe; come<br />
non menzionare l’impermeabilità<br />
difensiva grazie ad uno<br />
Wallace in formato impenetrabile<br />
e ad una vecchia guardia<br />
(Radu, premiato per le sue 200<br />
presenze nella Lazio, Basta,<br />
tignoso e attento come non<br />
mai, e Lulic, che ha disputato<br />
la migliore prestazione da laterale<br />
basso sinistro) sempre<br />
pronta a gettare il cuore oltre<br />
l’ostacolo, senza dimenticare<br />
il giovane Strakosha che in<br />
porta non sta facendo rimpiangere<br />
il miglior Marchetti.<br />
A centrocampo comandano<br />
Biglia, un play unico, e Parolo,<br />
il professore di calcio che non<br />
scende mai sotto il sei e<br />
mezzo, oltre ad un Milinkovic<br />
i cui 192 centimetri si fanno<br />
sentire in ogni parte <strong>del</strong><br />
campo. Sulla KIA (Keita Immobile<br />
Anderson) poco da<br />
dire se non che è uno dei tridenti<br />
più forti <strong>del</strong> campionato.<br />
Ora ci attende la<br />
pericolosa trasferta di Palermo<br />
in un lunch match da<br />
gustare e da cui la Lazio<br />
dovrà giocoforza trarre i tre<br />
punti per continuare a rassodare<br />
la classifica.<br />
Ci siamo… sulla vicenda<br />
<strong>del</strong>lo scudetto 1915. La Commissione<br />
dei saggi, incaricata<br />
dalla Federcalcio per<br />
dirimere la strana assegnazione<br />
di quel campionato al<br />
Genoa, ha confermato che la<br />
Lazio ha ragione e che dunque,<br />
in base alla documentazione<br />
probatoria, lo scudetto<br />
1915 merita un’assegnazione<br />
ex aequo tra Lazio e<br />
Genoa. La copertina <strong>del</strong> <strong>settimanale</strong><br />
è stata dedicata<br />
proprio a questa notizia e<br />
all’interno potete trovare<br />
tutte le risposte agli interrogativi<br />
in materia. A distanza<br />
di oltre un secolo la Lazio finalmente<br />
avrà giustizia su<br />
un fatto che ha sempre suscitato<br />
negli storici dubbi e<br />
perplessità. Pensate che lo<br />
stesso Gianni Brera, forse il<br />
più grande giornalista italiano<br />
di tutti i tempi, scriveva<br />
testualmente nella sua Storia<br />
critica <strong>del</strong> calcio italiano: «Finita<br />
la guerra il Genoa riuscirà<br />
a farsi assegnare il<br />
titolo non so proprio in base<br />
a quali suoi precisi diritti.<br />
Della Lazio neanche si tiene<br />
conto: scherziamo?!». Appunto,<br />
lo scherzo è finito<br />
anche se con un ritardo incomprensibile…<br />
Ci siamo… in tribuna stampa.<br />
E a qualche invidioso non va<br />
giù, ma a noi interessa poco<br />
meno di zero. Piuttosto confermiamo<br />
(con i fatti) di saper<br />
lavorare meglio di tanti tesserinati<br />
(solo in Italia resiste ancora<br />
l’anacronistico albo dei<br />
giornalisti…): la mia domanda<br />
a Juric sullo scudetto<br />
<strong>del</strong> 1915 ha fatto parlare tutti<br />
e anche il quotidiano genovese<br />
ci ha dedicato un articolo<br />
«ad hoc». Gli invidiosi ci<br />
chiamano «Nessuno» (anche<br />
se poi ne parlano tutti, strano<br />
eh?), ma metaforicamente noi<br />
siamo gli Ulisse di omeriana<br />
memoria. Ricordate l’episodio<br />
di Polifemo? Dopo che<br />
Ulisse gli aveva detto il suo<br />
nome, «Nessuno» appunto, il<br />
ciclope veniva accecato<br />
senza pietà; mentre Ulisse<br />
scappava con le sue navi, Polifemo<br />
invocava i suoi compagni<br />
ciclopi sperando in una<br />
vendetta e mentre gli chiedevano<br />
perché si lamentasse<br />
tanto lui gridava rispondendo:<br />
«Nessuno mi ha accecato,<br />
Nessuno…».<br />
Buona lettura, non solo <strong>del</strong>l’Odissea<br />
ma anche <strong>del</strong> nostro<br />
Aquile.