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23_12_2016larbitro416
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Minima interferenza, massimo beneficio.<br />
Sono queste le parole d’ordine che<br />
guidano il progetto VAR, la Video Assistance<br />
for Referees (al femminile se si parla della<br />
cosa, al maschile, il Video Assistant Referee, se si<br />
parla del chi). Intento nobilissimo quanto complicato<br />
da ottenere, soprattutto se si aggiunge l’altra<br />
parola-chiave: errori “chiari”. L’ultimo Annual<br />
Business Meeting dell’Ifab, svoltosi a Wembley lo<br />
scorso 2 novembre, lo ha ribadito: l’obiettivo della<br />
VAR è correggere solo gli errori evidenti commessi<br />
dall’arbitro sul terreno di gioco. Ma quali sono?<br />
Oggi sappiamo che per essere rivedibili gli episodi<br />
dovranno essere determinanti, “game changing”,<br />
e cioè riguardare 4 fattispecie ben definite:<br />
un’espulsione diretta (ingiustamente comminata o<br />
meno), un rigore (ingiustamente concesso o negato),<br />
un gol (viziato da una precedente irregolarità),<br />
uno scambio di persona in un provvedimento disciplinare.<br />
Ma sul significato di “chiaro errore” la<br />
discussione è aperta, e decisiva.<br />
Prendiamo ad esempio il gol annullato alla Germania<br />
il 15 novembre scorso al Meazza, durante<br />
l’amichevole con l’Italia che ha ospitato un test di<br />
VAR “on-line” (cioè con audio aperto tra video assistenti<br />
e arbitro centrale). Le immagini a disposizione<br />
della piccola e attrezzatissima regia mobile<br />
(un furgone della società Hawk Eye, fornitrice del<br />
servizio) hanno confermato in pochi secondi che<br />
la decisione dell’assistente portoghese era corretta.<br />
Lo ha raccontato Massimo Busacca, capo<br />
degli arbitri Fifa, che era a bordo del van, celebrando<br />
l’efficacia del sistema. Le sue parole sono<br />
state in parte equivocate, parlando a sproposito<br />
di “gol annullato con la VAR”, quando invece era<br />
evidente che l’assistente avesse alzato la bandierina<br />
subito e senza aiuto. Ma soprattutto non<br />
sono stati sottolineati abbastanza due aspetti, e<br />
cioè: 1) se il gol fosse stato convalidato dall’assistente<br />
il VAR lo avrebbe fatto annullare? 2) la<br />
verifica tecnologica del fuorigioco è affidabile al<br />
100%?. Le risposte sono: no e no, con il primo<br />
no conseguenza diretta del secondo. Il gol non<br />
sarebbe stato annullato perché non sarebbe stato<br />
un errore chiaro, e perché prima di affidare il rilevamento<br />
del fuorigioco (ovviamente solo dal punto<br />
di vista “geografico”) a una macchina è necessario<br />
che – come per la Goal Line Technology – la<br />
sua accuratezza sia certificata. Non a caso, come<br />
confermato a SkySport24 dal Project Leader del<br />
progetto VAR in Italia Roberto Rosetti, su questo<br />
aspetto i tecnici sono stati sollecitati a lavorare<br />
per trovare al più presto soluzioni idonee (il meccanismo<br />
è molto più complesso rispetto alla GLT,<br />
perché non c’è da “catturare” un oggetto singolo<br />
e semplice come il pallone in uno spazio ridotto<br />
come la porta ma ciascun calciatore sull’intero<br />
terreno di gioco): finché non si arriverà a rilevare<br />
in tempi rapidissimi e con minimo margine di errore<br />
un fuorigioco, cosa sia un fuorigioco “chiaro”<br />
sarà opinabile.<br />
E in ogni caso resterà comunque opinabile la valutazione<br />
su un fuorigioco per interferenza con un<br />
avversario, o la rilevazione di un fallo, o il colore<br />
del cartellino opportuno per punire una scorrettezza<br />
(pensiamo ad esempio all’impedire una evidente<br />
opportunità di segnare una rete). O ancora<br />
la valutazione sulla tempistica di un’irregolarità<br />
commessa in occasione di un gol: si presume che<br />
per annullare una rete l’infrazione della squadra<br />
attaccante debba essere stata commessa nell’azione<br />
e nel tempo immediatamente precedente<br />
al gol stesso, restringendo, ma non eliminando, il<br />
margine di interpretazione.<br />
Insomma, se si chiede alla VAR di azzerare i dubbi<br />
si va fuori strada. Basti pensare che da quando<br />
sono iniziati i test la media delle correzioni che<br />
si sarebbero avute è inferiore all’uno a partita (gli<br />
esiti dei test nei vari campionati e tornei/amichevoli<br />
internazionali sono segreti, ma si può fare una<br />
deduzione a spanne da quel poco che è stato comunicato),<br />
sicuramente al di sotto di quella degli<br />
episodi oggetto di discussione/polemica.<br />
Ecco allora che la sfida principale è sul piano culturale<br />
e della comunicazione. Convincere, meglio<br />
educare sia gli attori che gli spettatori ad accettare<br />
che la tecnologia serva ad aiutare l’uomo, non<br />
a sostituirlo, ad avvicinarsi alla piena equidistanza<br />
e uniformità delle decisioni arbitrali, non ad averla<br />
al 100%. L’altra sfida è tecnica e strutturale:<br />
organizzare e formare gli arbitri affinché arrivino<br />
pronti alla fase “on-line”. Il tempo non è molto:<br />
esperienze internazionali a parte (Mondiale per<br />
Club e soprattutto Coppa del Mondo di Russia<br />
2018), in Italia si dovrebbe partire dagli ottavi della<br />
prossima Coppa Italia per poi passare al campionato,<br />
se tutto andrà bene, dalla stagione 2018-<br />
19. Le incognite sono molte ma c’è una certezza:<br />
bene o male che possa funzionare in assoluto, gli<br />
arbitri (e i VAR) italiani non saranno inferiori agli<br />
altri, anzi probabilmente saranno i migliori. Non<br />
crederlo, quello sì, sarebbe un chiaro errore.<br />
* giornalista di Sky Sport<br />
e conduttore di Regoliamoci<br />
n. 4/2016<br />
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