Milano - Carte Bollate
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La stessa cosa si potrebbe dire per i magistrati<br />
di sorveglianza: consentire a un<br />
detenuto di riappropriarsi gradualmente<br />
della libertà è una scelta che implica<br />
un’assunzione di responsabilità e la<br />
disponibilità a rischiare. La legge offre<br />
spazi per farlo, ma non obbliga un magistrato<br />
ad utilizzarli, dato che questo<br />
dipende da un’insindacabile discrezionalità.<br />
Al tema della responsabilità abbiamo<br />
dunque dedicato il dossier centrale di<br />
questo numero e ci siamo accorti delle<br />
ambiguità di questa parola, dei mille significati<br />
che le attribuiscono i detenuti,<br />
ma anche gli operatori. C’è un livello<br />
minimo di respon-<br />
sabilizzazione che<br />
viene chiesto a<br />
tutti e che è una<br />
base di partenza:<br />
il rispetto delle regole<br />
da parte dei<br />
detenuti, ma anche<br />
da parte di chi<br />
sta oltre le sbarre.<br />
Ma c’è anche un<br />
altro livello di responsabilità<br />
che<br />
forse ci si potrebbe<br />
aspettare dai<br />
editoriale<br />
La responsabilità<br />
di essere detenuti a <strong>Bollate</strong><br />
In questo numero di <strong>Carte</strong> <strong>Bollate</strong> abbiamo<br />
tentato di avviare una discussione<br />
faticosa, sul concetto di responsabilità,<br />
raccogliendo il suggerimento<br />
dell’educatrice Catia Bianchi, che dalle<br />
colonne di questo giornale ci invitava appunto<br />
ad aprire una riflessione collettiva<br />
su questa parola dai molti significati.<br />
Diciamo che a <strong>Bollate</strong> la responsabilità è<br />
un po’ una regola che riguarda tutti: ai<br />
detenuti si chiede di imparare, giorno per<br />
giorno, a riprendere in mano la propria<br />
vita tentando di riprogettarla. Un’impresa<br />
enorme, se pensiamo che fuori dal carcere<br />
c’è una società palesemente ostile<br />
che mette a dura prova anche le migliori<br />
intenzioni. Eppure i risultati si vedono:<br />
in Italia il tasso di recidiva è del 70% ed<br />
è la prova matematica del fallimento del<br />
sistema penitenziario.<br />
A <strong>Bollate</strong> questo dato scende al 16%.<br />
Ma responsabilità è anche quella che si<br />
assumono gli operatori di questa casa di<br />
reclusione. La direttrice Lucia Castellano<br />
(o il provveditore Luigi Pagano) ripetono<br />
spesso che nella definizione delle linee<br />
guida del progetto <strong>Bollate</strong> non hanno dovuto<br />
inventare niente di nuovo e che si<br />
sono limitati ad applicare la legge, utilizzando<br />
tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento<br />
penitenziario, prima ancora<br />
che dalla cosiddetta legge Gozzini. Anche<br />
questo è vero, ma sappiamo tutti che<br />
nell’applicazione della legge ci sono ampi<br />
margini di discrezionalità. Se ad esempio<br />
proprio da <strong>Bollate</strong> esce il 10% dei<br />
detenuti italiani ammessi all’articolo 21,<br />
significa che la direzione di questo istituto<br />
ha deciso di applicare le norme con<br />
coraggio, accettando il rischio di esporsi<br />
a possibili fallimenti. Applica la legge<br />
anche chi utilizza criteri più restrittivi<br />
ed è meno disposto ad assumersi la responsabilità<br />
di eventuali insuccessi, anche<br />
perché paradossalmente, un carcere<br />
che genera criminalità e che riproduce<br />
se stesso, secondo i normali parametri<br />
non è considerato fallimentare. <strong>Bollate</strong> è<br />
l’eccezione, il fiore all’occhiello, il resto è<br />
la norma dentro la quale annega la mancanza<br />
di progettualità.<br />
detenuti di <strong>Bollate</strong>, ed è la consapevolezza<br />
di essere parte di un progetto collettivo<br />
che può cambiare radicalmente<br />
il modo di fare pena e non solo qui, in<br />
un carcere che è ancora considerato<br />
sperimentale a otto anni dalla sua nascita,<br />
malgrado sia ormai evidente che<br />
l’esperimento è riuscito. Il 16% di recidiva<br />
di <strong>Bollate</strong> non è solo un numero. È’<br />
un dato che ha una sua concretezza in<br />
carne ed ossa, fatto da un 84% di persone<br />
che una volta scarcerate hanno<br />
deciso di cambiare vita. Queste persone<br />
si sono di fatto assunte un’ immensa<br />
responsabilità. Quella di dimostrare<br />
che un carcere diverso è un carcere che<br />
funziona e che forse è arrivato il momento<br />
di estendere la sperimentazione<br />
dalla Giudecca all’Ucciardone.<br />
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20157 milano<br />
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michele de Biase<br />
(fotoreporter)<br />
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romano Gallotta<br />
(impaginazione)<br />
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(direttrice responsabile)<br />
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nino Spera<br />
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lella Veglia<br />
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Hanno collaborato a<br />
questo numero<br />
catia Bianchi<br />
maddalena capalbi<br />
don fabio fossati<br />
m.marzagalli<br />
Editore<br />
gruppo carcere<br />
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onlus<br />
via tadino 18<br />
20131 milano<br />
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di milano<br />
n. 862 del 13/11/2005<br />
Questo numero del<br />
nuovo carte<strong>Bollate</strong><br />
è stato chiuso<br />
in redazione alle ore 20<br />
del 11/12/2009<br />
Stampato da<br />
lasergraph srl<br />
carte<strong>Bollate</strong><br />
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