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novembre-dicembre - Carte Bollate

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Anno 1 n. 10 / 2007<br />

<strong>novembre</strong> – <strong>dicembre</strong><br />

GIUSTIZIA: BUONE LEGGI E FALSI ALLARMI<br />

Nuovi attacchi alla Gozzini, mentre mancano le misure<br />

alternative che dovevano seguire l’indulto.<br />

L’importanza di un dialogo col Tribunale di Sorveglianza.<br />

SEX OFFENDERS:<br />

CABARET:<br />

CASCINA BOLLATE:<br />

VIAGGI:<br />

I detenuti chiedono<br />

un progetto<br />

condiviso<br />

Un laboratorio<br />

sulle tracce del<br />

comico<br />

Nasce la nuova coop<br />

florovivaistica: sono<br />

rose e fioriranno<br />

Le due facce<br />

del Perù, da Cuzco<br />

a Lurigancho<br />

a pag. 12<br />

a pag. 18<br />

a pag. 30<br />

a pag. 24


Sommario<br />

Editoriale<br />

Il nostro regalo di Natale<br />

Giustizia: il flagello dei luoghi comuni pag. 4<br />

Sarebbe un grave ritorno al passato pag. 5<br />

Cronaca di una liberazione... Posticipata pag. 6<br />

Dimmi come ti chiami e ti dirò se esci pag. 7<br />

Ansia di giustizia o pregiudizio conservatore pag. 7<br />

La legge Gozzini e le misure alternative pag. 8<br />

Indulto ok, ma mancano le misure alternative pag. 10<br />

Esperimenti di laboratorio pag. 11<br />

Noi sex offender, tra incudine e martello pag. 12<br />

Linee guida del progetto sex offender pag. 13<br />

Non decidete sulle nostre teste pag. 14<br />

Giusta protesta e doverosa retifica pag. 15<br />

È qui la festa! pag. 16<br />

Sulle traccie del comico pag. 18<br />

Fiori e dolori, ma soprattutto fiori pag. 19<br />

Incontro a Padova sull’informazione pag. 20<br />

Woostock... ad occhi chiusi pag. 20<br />

Betlemme ricostruita a Bollte pag. 21<br />

Notizie dal mondo pag. 22<br />

Dove ti porterei (Se non fossi qui) pag. 24<br />

Ma che bella pensata pag. 26<br />

Ottima idea, si può fare... pag. 27<br />

Vai in galera con un clic: www.carcerebollate.it pag. 27<br />

Calcio / Per quest’anno niente trasferte pag. 28<br />

La Rubrica / nell’attesa fiorisce la speranza pag. 29<br />

Sono rose e fioriranno pag. 30<br />

L’oroscopo del carcerato pag. 31<br />

Ci potete trovare on-line sul sito www.carcerebollate.it<br />

cartebollate@libero.it<br />

I guai peggiori di questo mondo,<br />

non li provoca colui<br />

che racconta quello che sa,<br />

ma colui che racconta<br />

più di quello che sa<br />

il nuovo<br />

carte<strong>Bollate</strong><br />

via c. belgioioso, 120<br />

20157 milano<br />

Redazione<br />

cristina bassetto<br />

davide casati<br />

michele de biase<br />

alessandro de luca<br />

(grafica e impaginazione)<br />

gianluigi faltracco<br />

enrico lazzara<br />

mario mauri<br />

(direttore responsabile)<br />

nino miksa<br />

federica Neeff<br />

arianna pellegrino<br />

francesco ribezzo<br />

(fotoreporter)<br />

susanna ripamonti<br />

(vicedirettore)<br />

hanno collaborato<br />

a questo numero:<br />

cristian belloni<br />

maddalena capalbi<br />

lucia castellano<br />

vladimiro cislaghi<br />

don fabio fossati<br />

susanna magistretti<br />

adriano pasqual<br />

alfredo perri<br />

stampa<br />

echo communication<br />

milano<br />

editore<br />

gruppo carcere<br />

mario cuminetti<br />

onlus<br />

via tadino, 18<br />

milano<br />

Pubblicazione realizzata con il contributo della<br />

FONDAZIONE CARIPLO<br />

Questo numero di carte<strong>Bollate</strong><br />

è stato chiuso in redazione<br />

alle ore 18,30 di mercoledì<br />

5 <strong>dicembre</strong> 2007<br />

comitato editoriale<br />

nicola de rienzo<br />

renato mele<br />

franco moro visconti<br />

maria chiara setti<br />

Registrazione Tribunale di Milano<br />

n. 862 del 16 <strong>novembre</strong> 2005


Il nostro regalo di Natale<br />

La copertina richiama, tra l’altro, che questo, che esce vicino a Natale, è<br />

l’ultimo numero di “carte<strong>Bollate</strong>” datato 2007. Tempo di feste, per chi le<br />

può celebrare, di speranze per chi riesce a percepire che si riduce, sia pure<br />

lentamente, il peso del debito contratto con la società e si avvicina quindi la<br />

possibilità di ottenere dalla vita il risarcimento delle sfortune che ci sono toccate<br />

e degli inganni in cui siamo caduti. Un tempo anche di bilanci e noi della<br />

redazione ripercorriamo la strada fatta con il nostro lavoro. Il giornale è, nel suo<br />

genere, una testata affermata. Siamo conosciuti, abbiamo una carta di identità<br />

grafica che ci accredita non solo come organo di informazione, ma anche come<br />

sede di dibattito sui problemi della giustizia.<br />

Cerchiamo di essere riflessivi, e spesso ci sembra, riusciamo ad apparire<br />

tali; scopriamo tra di noi gente che ha il “bernoccolo” del giornalismo per cui<br />

scrivere e impaginare “carte<strong>Bollate</strong>” non è solo un modo per passare il tempo,<br />

ma anche per lasciare tracce di sé stessi nella attenzione di chi ci segue e ci legge.<br />

Qui non è facile mantenere viva la propria capacità di ragionare e di coltivare<br />

idee e convinzioni su quello che accade. Il giornale “costringendoci” a mettere<br />

in fila pensieri e a manifestare sentimenti ci aiuta a farlo e la nostra ambizione<br />

è che anche chi ci legge finisca per riprendere un po’ di familiarità con quello<br />

che gli passa per la testa al di là del tormento per la condizione presente, della<br />

monotonia di giornate che rischiano di essere tutte uguali, dei ricordi struggenti<br />

e delle amarezze. Con le nostre cronache, come quelle recenti sulla inaugurazione<br />

delle nuove stanze per i colloqui e sulla “mitica” Notte bianca, cerchiamo di<br />

confrontare opinioni emozioni e sentimenti tra di noi e con quelli che ci leggono<br />

accorgendoci che la vita in comune non è un panorama piatto e uniforme, ma<br />

è spesso la sollecitazione a tirar fuori, anche qui, quello che abbiamo di più<br />

personale: un anticipo di quello che riavremo un giorno quando potremo tornare<br />

ad essere quello che liberamente possiamo esprimere.<br />

La festa della Notte bianca è stata, da questo punto di vista, un anticipo sui<br />

risarcimenti che ci aspettiamo dalla vita e una prova di quello che siamo in grado<br />

di mettere insieme per far stare bene gli altri e ritrovare noi stessi col giornale,<br />

la musica, la cucina, l’esibizione in teatro. Il valore di tutto questo consiste nel<br />

fatto che mentre recuperiamo voglia di vivere e di riscoprire capacità pratiche<br />

e inventiva, non dimentichiamo i problemi più veri e più duri della nostra<br />

condizione attuale. Su “carte<strong>Bollate</strong>” abbiamo preso di petto questioni non facili<br />

come quelle della sanità, del lavoro che facciamo, dei prezzi che paghiamo per<br />

comperare le cose che ci servono e ci aiutano a vivere. Sono state belle inchieste<br />

dalle quali ci aspettiamo miglioramenti pratici.<br />

In questo numero del giornale torniamo ad interrogarci su problemi che ci<br />

riguardano da vicino nella prospettiva della riabilitazione da una parte e sulle<br />

condizioni in cui dobbiamo vivere ora dall’altra.<br />

Per quanto riguarda il primo aspetto ci occupiamo<br />

delle norme che regolano il percorso verso il fine<br />

pena e le pene alternative mentre, per quanto<br />

riguarda l’oggi ci interroghiamo sulla coesistenza<br />

tra responsabili di reati diversi in uno stesso carcere,<br />

con particolare riferimento a chi sconta la pena per<br />

reati sessuali. In entrambi i casi cerchiamo di dare un<br />

contributo al dibattito generale che si svolge dentro e<br />

fuori del carcere e non soltanto di risolvere problemi<br />

nostri e di uscire da qualche dubbio. È anche questo<br />

un modo per sentirci vivi e partecipi di quella società<br />

in cui fermamente vogliamo, un giorno, reinserirci.<br />

Di questa società cogliamo in questi giorni la<br />

parentesi festosa del Natale e dintorni ma senza<br />

scordarci (e come potremmo ...) delle condizioni in<br />

cui “festeggiamo”. Speriamo che le nostre discussioni<br />

siano accolte fuori di qui come un regalo, un dono<br />

natalizio: il dono del senso di responsabilità che tanto<br />

vorremmo che ci fosse riconosciuto nella difficile<br />

particolarità della nostra condizione.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 3


Parliamo del “Progetto <strong>Bollate</strong>” con la gente e con la magistratura<br />

Giustizia: il flagello dei luoghi comuni<br />

Nel nostro Paese due pilastri reggono i rapporti<br />

tra lo Stato, la società e i cittadini<br />

che hanno conti da regolare con la giustizia:<br />

la Costituzione secondo cui “le pene… devono<br />

tendere alla rieducazione del condannato”, e la<br />

legge Gozzini che ammette l’adozione da parte del<br />

magistrato di misure alternative alla detenzione.<br />

Indulto e amnistia manifestano inoltre come la<br />

giustizia non sia solo quella retributiva e condoni<br />

una parte della pena a determinate condizioni.<br />

Di tutto ciò nel recente e recentissimo passato<br />

si è molto parlato, a proposito e a sproposito, di<br />

detenuti “usciti” per l’indulto che sono tornati a<br />

delinquere, di ammessi a regimi alternativi al carcere<br />

che hanno compiuto reati (anche gravissimi),<br />

e della necessità di garantire la sicurezza eliminando<br />

ogni possibilità di interruzione della pena.<br />

In tutti i casi la polemica si è scaricata sulle<br />

norme che in definitiva sono i cardini della civiltà<br />

giuridica del paese: basta con i crediti ai detenuti,<br />

basta con le possibilità di interruzione della pena,<br />

basta con i provvedimenti di clemenza.<br />

L’opinione pubblica viene indotta a considerare<br />

necessario per la sicurezza del paese l’azzeramento<br />

di tutto quello che da decenni viene<br />

indicato come il percorso del recupero di chi ha<br />

sbagliato e tende alla sua riabilitazione.<br />

In realtà reazioni emotive a episodi oggettivamente<br />

preoccupanti o raccapriccianti si ripetono,<br />

senza che poi nessuno, occorre dire fortunatamente,<br />

abbia la volontà politica o il coraggio morale<br />

di cambiare la Costituzione, abrogare la Gozzini,<br />

rinunciare all’indulto o ad altri provvedimenti di<br />

clemenza.<br />

Appena si verificano episodi che turbano la<br />

coscienza pubblica o creano sconcerto nell’osservatore<br />

preoccupato da ritorni di violenza, invece<br />

di considerare quali siano le cause occasionali dei<br />

reati commessi, o di esaminare se le leggi siano<br />

state correttamente applicate, soprattutto nel caso<br />

di concessione di misure alternative, si preferisce<br />

una massimalistica condanna di tutto ciò che<br />

apparentemente ha aperto la strada a questo o a<br />

quell’episodio.<br />

Passato il momento più alto dell’emozione le<br />

leggi rimangono, fortunatamente, quello che sono,<br />

ma non è detto che un danno non sia stato compiuto.<br />

Innanzitutto rimane nell’opinione pubblica<br />

l’immagine deteriorata dei detenuti come persone<br />

irrecuperabili, o quanto meno inaffidabili. Inevitabilmente<br />

si complica e rallenta la concessione di<br />

provvedimenti di clemenza o di benefici maturati.<br />

Si rende la vita più difficile a quanti, scontata la<br />

pena, devono – nel reinserimento nella società,<br />

nel lavoro, nella famiglia – scontare anche la retorica<br />

negativa che li accompagna. Come volontario<br />

in questo carcere sento in modo particolare la<br />

distanza tra l’idealità di un “progetto <strong>Bollate</strong>” che<br />

fa del senso di autoresponsabilità della persona<br />

detenuta il perno di un percorso di reinserimento,<br />

e la realtà quotidiana che, dentro e fuori le mura,<br />

ne contrasta la realizzazione in mille modi e<br />

carte<strong>Bollate</strong> 4<br />

sovraffollamento carcerario<br />

comportamenti. Un contributo alla soluzione di<br />

questi contrasti può essere dato da una maggiore<br />

conoscenza, anche all’esterno, del “progetto<br />

<strong>Bollate</strong>” e delle sue non solo utopiche possibilità<br />

di realizzazione, nel contesto dell’attuale quadro<br />

legislativo.<br />

Per questo gli operatori dello “Sportello giuridico”<br />

hanno pensato di proporre degli incontri<br />

mensili su alcuni temi che l’esperienza quotidiana<br />

segnala come particolarmente significativi; e<br />

si vorrebbe iniziare questi incontri analizzando<br />

il rapporto tra Magistratura di sorveglianza e<br />

popolazione detenuta, cercando di individuare<br />

le modalità con cui si possa realizzare una<br />

più costante presenza del Magistrato “dentro” il<br />

carcere. Si proseguirà poi mettendo a fuoco, di<br />

volta in volta, altri temi individuati dall’indagine<br />

promossa con un questionario in distribuzione<br />

all’interno del carcere.<br />

Non si tratterà di lezioni accademiche o<br />

teoriche relazioni, ma di un concreto confronto<br />

aperto e dialogante, in cui si vorrebbe coinvolgere<br />

la partecipazione attiva di tutte le persone che a<br />

vario titolo vivono nel carcere e non intendono<br />

considerarla una vita sprecata.<br />

Franco Moro Visconti.<br />

GERARDO D’AMBROSIO:<br />

ECCO PERCHÈ L’INDULTO NON HA FUNZIONATO<br />

Gerardo D’Ambrosio è stato uno dei migliori magistrati che hanno operato a Milano<br />

ed è attualmente uno dei parlamentari che offrono maggiori garanzie di competenza<br />

in materia giudiziaria. Per questo è importante tenere in considerazione quanto<br />

ha scritto recentemente sul settimanale ‘Oggi’ a proposito dell’indulto. I detenuti<br />

nelle carceri italiane, sottolinea, sono 65mila a fronte di 45 mila posti disponibili. Con l’indulto<br />

si sarebbe dovuto ottenere l’eliminazione temporanea del sovraffollamento, impedire quindi<br />

una maggiore afflittività della pena, e consentire allo Stato di adottare provvedimenti per evitare<br />

che il fenomeno si ripeta. Ciò non è accaduto, a giudizio di D’Ambrosio, per diversi motivi,<br />

soprattutto per l’estensione del provvedimento da 24 mila condannati detenuti con pena inferiore<br />

ai 3 anni ai 58 mila ancora liberi perché in attesa della pronuncia sulle loro istanze di affidamento<br />

al servizio sociale. C’erano insomma le premesse perché, come i precedenti, anche<br />

quest’ultimo indulto non servisse per più di un anno dal punto di vista del sovraffollamento<br />

delle carceri. D’Ambrosio ha proposto di fare subito una legge per evitare il passaggio nelle<br />

carceri di circa 12 mila extracomunitari che non hanno commesso delitti ma che, lavorando “in<br />

nero”, risultano recidivi nell’ inosservanza dei provvedimenti di espulsione.<br />

La proposta di D’Ambrosio non è stata accolta e le cose sono rimaste com’erano, senza che siano<br />

stati adeguati gli stanziamenti a favore dell’edilizia carceraria, e senza che si sia provveduto<br />

a soluzioni diverse quali la sostituzione del carcere con pene diverse ma altrettanto dissuasive,<br />

la previsione di nuove misure alternative con diversa e più efficace struttura di servizi sociali,<br />

braccialetti elettronici per la carcerazione preventiva, e altro. Provvedimenti che risolverebbero<br />

il problema in tempi più brevi e con più efficacia rispetto all’indulto.


Isolati episodi di cronaca mettono a rischio le conquiste della legge Gozzini<br />

Sarebbe grave un ritorno al passato<br />

Si scatenata una bufera dopo ogni episodio<br />

di cronaca che coinvolge un detenuto o un<br />

ex detenuto. Il più eclatante degli ultimi<br />

mesi è stato il caso di Cristoforo Biancone, un ex<br />

brigatista condannato all’ergastolo, ammesso al<br />

regime della semilibertà a Vercelli, che durante<br />

la fruizione di un permesso premio di tre giorni,<br />

si è recato nel cuore del centro storico di Siena<br />

dove, durante il tentativo di rapinare una banca,<br />

è stato arrestato.<br />

Sono episodi che, ogni volta che accadono,<br />

ripropongono il dibattito sull’opportunità di<br />

rivedere la Legge Gozzini e le misure alternative<br />

al carcere: dalle barricate, da entrambi gli<br />

schieramenti politici, si levano più voci che<br />

chiedono la certezza della pena e un giro di vite<br />

sulle misure alternative. Per taluni la soluzione<br />

potrebbe essere quella di fare di tutta l’erba un<br />

fascio e di conseguenza buttare via le chiavi dei<br />

nostri istituti dopo averli sovraffollati.<br />

Però bisogna fare una attenta analisi di chi,<br />

come e quando ha commesso un reato, di che<br />

percorso ha portato avanti durante la detenzione,<br />

di che lavoro di critica introspettiva ha fatto, e si<br />

devono anche guardare i numeri del fenomeno<br />

della recidiva che chissà perché, il momento<br />

emotivo ci fa sempre dimenticare.<br />

Certo preoccupano tutti questi<br />

accadimenti.<br />

<br />

Si preoccupa la<br />

società esterna e si chiede che senso<br />

abbia riammettere al proprio interno persone<br />

che, dopo essere state condannate all’ergastolo<br />

per concorso in sei omicidi e due tentati omicidi,<br />

e dopo aver passato 25 anni in carcere riprendono,<br />

una volta data loro fiducia, a fare una vita<br />

fuori dalle righe.<br />

Ma si preoccupano anche i detenuti che<br />

stanno tentando di portare avanti fra mille difficoltà<br />

un percorso di rieducazione che li porti<br />

fuori dal carcere dando loro una possibilità di<br />

vita dentro quelle righe. I detenuti si temono una<br />

paventata – se ne è parlato in alcuni telegiornali<br />

– abolizione o rivisitazione in senso restrittivo<br />

della Legge Gozzini. È facile immaginare quali<br />

potrebbero essere gli effetti se ad una persona,<br />

in qualsivoglia condizione, non si offrono degli<br />

incentivi – come è stato con l’introduzione della<br />

Gozzini – che la stimolino a fare un certo percorso<br />

per arrivare ad un dato obiettivo. E che si<br />

raggiunga o meno l’obiettivo non importa.<br />

Chi ha vissuto il “mondo carcere” prima<br />

dell’entrata in vigore di questa Legge descrive<br />

una situazione da far west. Allora la sicurezza<br />

degli istituti era a livelli minimi e il minacciato<br />

ritorno a condizioni simili alla normativa precedente<br />

sarebbe disastroso. La violenza all’interno<br />

degli istituti era a livelli alti. Oggi nelle carceri<br />

gli episodi di pericolo sono minimi e durante le<br />

perquisizioni che vengono effettuate nelle celle<br />

al massimo si trova qualche telefonino o uno<br />

pseudo-coltello che di solito viene preparato dal<br />

detenuto più che altro per usarlo in cucina, non<br />

come arma. Allora era normale, invece, trovare<br />

pistole e simili. In passato l’unico fine della<br />

carcerazione era aspettare improduttivamente<br />

il fine pena.<br />

Oggi all’interno degli istituti si frequentano<br />

corsi scolastici, professionali, universitari, si lavora<br />

e si portano avanti varie attività<br />

trattamentali.<br />

In questi anni gli studi effettuati<br />

sull’efficacia delle misure alternative<br />

al carcere hanno rilevato<br />

dati positivi, che vengono per lo<br />

più taciuti. Solo l% di chi ottiene<br />

un permesso premio non<br />

rientra in istituto o commette<br />

reati durante la fruizione dello<br />

stesso permesso. I dati ci danno<br />

una elevata di recidività per chi<br />

esce dal carcere senza aver portato avanti un<br />

percorso trattamentale comprensivo delle misure<br />

alternative, mentre tale percentuale è molto<br />

inferiore per chi invece ha beneficiato delle<br />

opportunità offertegli, tra cui, appunto, quelle<br />

della Legge Gozzini.<br />

Viviamo quindi un momento di grande<br />

contraddizione.<br />

Di fronte ad ogni fatto di cronaca commesso<br />

da persone scarcerate grazie all’ammissione ad<br />

una misura alternativa o “graziati” dall’indulto<br />

ci si indigna e si critica lo stato attuale delle<br />

cose, e l’unica soluzione che viene ipotizzata è<br />

quella di “chiudere i rubinetti” sulla concessione<br />

di questi benefici. Invece, se solo si valutassero<br />

attentamente i risultati degli studi cui accennavo<br />

poc’anzi, ci si spingerebbe esattamente nella<br />

direzione opposta.<br />

Si è criticato il Magistrato di Sorveglianza<br />

che ha ammesso alla semilibertà Biancone e lo<br />

staff trattamentale che lo ha valutato, ma ci si<br />

dimentica che queste figure a cui è demandato<br />

il compito di valutare e accompagnare i detenuti<br />

nel loro percorso, sono in numero decisamente<br />

insufficiente per svolgere il loro lavoro in modo<br />

completo. In tante carceri italiane riuscire a<br />

parlare con un educatore o con uno psicologo<br />

è quasi un’utopia. A me personalmente, in un<br />

istituto del nord Italia, è capitato addirittura di<br />

chiedere un colloquio con uno di loro e sentirmi<br />

rispondere che “l’educatore non fa colloqui con i<br />

detenuti: ce n’è uno solo per oltre 400 persone”.<br />

Questo fatto si commenta da solo: come<br />

fa una sola persona a seguire i percorsi di 400<br />

detenuti per giunta se non li incontra<br />

Cosa succederà in Parlamento riguardo a<br />

questa legge ce lo dirà solo il tempo, ma la<br />

speranza di tanti e soprattutto dei detenuti è<br />

che, invece di continuare a tagliare i fondi alle<br />

spese per l’esecuzione penale – dove i fondi sono<br />

ridotti ad 1⁄4 di quelli che erano sette anni fa<br />

– si investisse in modo serio in risorse umane per<br />

accompagnare i detenuti nel loro cammino e per<br />

far funzionare le misure alternative.<br />

Si offrirebbe così a tanti compagni la possibilità<br />

di reinserirsi nella società e si creerebbe<br />

più sicurezza rispetto a quanta non ve ne sia già<br />

durante l’esecuzione esterna di una condanna<br />

detentiva.<br />

Enrico Lazzara<br />

carte<strong>Bollate</strong> 5


Avrebbe potuto uscire dal carcere, ma ce l’ha fatta solo 43 giorni dopo<br />

Cronaca di una liberazione... posticipata<br />

La lentezza della giustizia colpisce ancora e azzera gli sconti di pena<br />

carte<strong>Bollate</strong> 6<br />

54 dell’ordinamento penitenziario<br />

dispone che “al condannato a<br />

L’articolo<br />

pena detentiva che abbia dato prova<br />

di partecipazione all’opera di rieducazione<br />

è concessa quale riconoscimento di tale<br />

partecipazione e ai fini del suo più efficace<br />

reinserimento nella società una detrazione di<br />

45 giorni per ogni singolo semestre di pena<br />

scontata”.<br />

Si tratta dei cosiddetti “giorni” che il detenuto<br />

tende a considerare un “diritto” alla<br />

liberazione prima della scadenza della pena<br />

comminatagli, un “diritto” acquisito per effetto<br />

del buon comportamento, ma che diventa<br />

tale, invece, e non solo per un argomento<br />

letterale di cui al 2° comma dell’art. 54 (“la<br />

concessione del beneficio è comunicata ...”),<br />

solo dopo che il Magistrato di sorveglianza ne<br />

abbia verificato la sussistenza dei presupposti<br />

che sono:<br />

1) la definitività della sentenza di condanna<br />

2) il buon comportamento cui è equiparata<br />

nella prassi l’assenza di rilievi disciplinari.<br />

Ma, al di là dell’apparente semplicità, il<br />

percorso per ottenere la liberazione anticipata<br />

è disseminato di ostacoli, a volte prevedibili, a<br />

volte meno, come dimostra il caso di B.R.N.<br />

Arrestato il 19.3.07 per violazione dell’art.<br />

14 della Legge Bossi-Fini con sentenza 29.3.07<br />

del Tribunale di Milano viene condannato,<br />

senza sospensione condizionale, a 8 mesi di<br />

reclusione, con fine pena quindi al 18.11.07.<br />

Con ordinanza 19.9.07 la Corte d’Appello<br />

di Milano, sez. I penale, preso atto che con<br />

dichiarazione resa all’ufficio matricola della<br />

casa di reclusione il 6.7.07 B.R.N. aveva rinunciato<br />

all’impugnativa per lui proposta dal<br />

difensore fiduciario il 23.4.07, e che il 6.9.07<br />

aveva sollecitato “l’esecuzione della pena”,<br />

dichiara inammissibile l’appello avverso la<br />

sentenza emessa nei suoi confronti il 29.3.07<br />

dal Tribunale di Milano e ordina l’esecuzione<br />

della sentenza stessa.<br />

Tale ordinanza depositata il 21.9.07 perviene<br />

alla segreteria della Procura generale di<br />

Milano il 25.9.07 e viene notificata anche al<br />

detenuto perchè l’art. 591, 3° comma c.p.p.<br />

così dispone, essendo soggetta a ricorso per<br />

cassazione.<br />

Con istanza 14.10.07 il detenuto B.R.N.<br />

chiede i 45 giorni relativi al semestre dal<br />

19.3 al 19.9.07 e fa presente che la concessione<br />

del beneficio consentirebbe l’immediata<br />

scarcerazione in quanto ha il fine pena fissato<br />

per il 18.11.07.<br />

L’istanza viene trasmessa via fax dal carcere<br />

il 16 ottobre al Magistrato di sorveglianza<br />

ed in copia alla direzione del carcere di S.<br />

Vittore, dove è stato recluso dal 19.3.07 al<br />

5.4.07 perchè trasmetta il rapporto informativo<br />

di sua competenza.<br />

Quello relativo al periodo trascorso a <strong>Bollate</strong><br />

evidenzia che dal 5 aprile ad oggi (16 ottobre)<br />

non risulta alcun rilievo disciplinare, e<br />

alla luce di tali dati si conclude che il detenuto<br />

ha dato prova di partecipazione all’opera di<br />

rieducazione.<br />

Ma il 19 ottobre il Magistrato competente<br />

dichiara inammissibile l’istanza perchè il titolo<br />

(la sentenza di condanna) non è definitivo.<br />

Con fax 23 ottobre la direzione del carcere<br />

“come da conversazione telefonica avvenuta in<br />

data odierna” ritrasmette l’istanza di liberazione<br />

anticipata e sulla copia di tale fax risulta<br />

annotato (dal segretario del Magistrato) “si<br />

conferma che la sentenza relativa al detenuto<br />

B.R.N. non è ancora divenuta definitiva<br />

(mancano le notifiche)”.<br />

A questo punto, accompagnata dalla notizia<br />

che il detenuto ha iniziato lo sciopero della<br />

fame, la questione viene segnalata all’operatore<br />

esterno dello sportello giuridico che sabato<br />

27 ottobre, su consiglio in tal senso del funzionario<br />

della cancelleria della Corte d’Appello,<br />

anche se molto perplesso sulla sua necessità,<br />

redige dichiarazione con cui B.R.N. rinuncia<br />

all’impugnativa dell’O.I.A. (ordinanza di<br />

inammissibilità appello) che era stata emessa<br />

dalla Corte il 19.9.07, e rinnova richiesta di<br />

passaggio in giudicato ed emissione dell’ordine<br />

di esecuzione.<br />

Tale dichiarazione, con espressa manoscritta<br />

indicazione del numero di fax della<br />

Corte d’Appello cui andava inviata con urgenza,<br />

viene invece inviata dal carcere, per errore,<br />

al Tribunale, sezione direttissime, e solo dopo<br />

uno scambio di telefonate lunedì 29 ottobre<br />

tra il volontario esterno dello sportello ed un<br />

educatore viene rispedita alla cancelleria della<br />

Corte d’Appello, dove il venerdì 2 <strong>novembre</strong><br />

si può constatare che è pervenuta, ed al funzionario<br />

presente viene segnalata l’urgenza di<br />

trasmettere il fascicolo all’ufficio esecuzione<br />

della Procura.<br />

Con la complicità dei festivi infrasettimanali<br />

e relativi ponti di chi dovrebbe provvedere,<br />

B.R.N. continua ad aspettare nel carcere,<br />

dal quale teoricamente avrebbe potuto uscire<br />

fin dal 4 ottobre.<br />

Il 10 <strong>novembre</strong> viene predisposta ed inviata<br />

via fax altra istanza di sollecito della concessione<br />

dei giorni, sul presupposto della avvenuta<br />

emissione del “definitivo”: però, nonostante<br />

ciò sia evidenziato nel testo dell’istanza, la<br />

nota accompagnatoria di trasmissione all’Ufficio<br />

di sorveglianza, e per conoscenza alla<br />

direzione del carcere di San Vittore, ancora<br />

reca l’indicazione (errata) dello “stato giuridico:<br />

appellante” che potrebbe ancora indurre<br />

in errore.<br />

Sta di fatto che, non si sa per quale misterioso<br />

motivo, la mattina del 14 <strong>novembre</strong><br />

questa ennesima istanza non risulta ancora<br />

pervenuta all’ufficio liberazioni anticipate del<br />

Tribunale di Sorveglianza. Solo la disponibilità<br />

del funzionario dell’ufficio che, accertato<br />

che la sentenza fosse definitiva, telefona direttamente<br />

al carcere di <strong>Bollate</strong> per sollecitare il<br />

formale (re)inoltro dell’istanza esibitagli in<br />

copia dal volontario ed a quello di San Vittore<br />

perchè mandi le note comportamentali del<br />

detenuto dal 19.3.07 al 5.4.07 (che la direzione<br />

di quel carcere non aveva ancora trasmesso,<br />

nonostante la prima richiesta fosse del 14 ottobre),<br />

consente di acquisire subito la documentazione<br />

necessaria perchè il giorno dopo il<br />

Magistrato di Sorveglianza emetta il seguente<br />

provvedimento:<br />

(omissis)<br />

P.Q.M.<br />

• visti gli art.li 54, 59 bis O.P.<br />

DISPONE<br />

• che il condannato sia ammesso al beneficio<br />

della liberazione anticipata per il periodo<br />

19.3.07 al 18.9.07 e che la sua pena detentiva<br />

sia ridotta di giorni 45.<br />

A questo punto la cronaca termina.<br />

B.R.N. è uscito dal carcere 2 giorni prima<br />

della scadenza del suo fine pena, ma dopo aver<br />

scontato 43 giorni di detenzione non più dovuta,<br />

se si deve attribuire un senso al provvedimento<br />

del Magistrato che aveva in extremis,<br />

disposto che la “sua pena detentiva sia ridotta<br />

di giorni 45”.<br />

Ogni commento guasterebbe, ma alle tante<br />

domande che questa vicenda pone qualcuno<br />

dovrebbe rispondere.<br />

F. M. V.


Progetto <strong>Bollate</strong> e Tribunale di Sorveglianza<br />

Dimmi come ti chiami e ti dirò se esci<br />

Le disomogeneità “anagrafiche” di accesso ai benefici di legge<br />

A<br />

vere una iniziale del proprio cognome<br />

anziché un’altra a volte può essere molto<br />

importante nelle carceri milanesi, nonostante<br />

siano molte diverse tra loro.<br />

Quando si arriva qui a <strong>Bollate</strong> si diventa<br />

parte attiva di un certo progetto, il famoso ‘Progetto<br />

<strong>Bollate</strong>’, che volente o nolente ti coinvolge<br />

fino a farti diventare parte attiva dello stesso.<br />

Il tempo sta dimostrando la validità di<br />

questo progetto che, tra i vari punti, mette in<br />

evidenza l’utilità inalienabile del reinserimento<br />

progressivo del detenuto in seno al tessuto<br />

sociale.<br />

Ed è proprio qui che non si capisce il perché<br />

non ci sia uniformità di applicazione dei benefici,<br />

quando nel nostro Istituto c’è uniformità di<br />

applicazione da parte del direttivo e di accettazione<br />

da parte nostra, dei parametri che regolamentano<br />

la vita all’interno del nostro Istituto.<br />

Eppure tra il nostro Istituto e gli altri Istituti<br />

penitenziari esistono molte diversità che<br />

regolamentano la vita all’interno, alcune anche<br />

molto difficili da accettare. Tutti noi ci adeguiamo<br />

perché siamo consapevoli della particolarità<br />

di questo progetto. Ma poi molti tra di noi si<br />

accorgono che siamo uguali solo nel ‘seminato<br />

e non nel raccolto’. Non sarebbe più logico e<br />

giusto, una volta tanto, allinearsi ad altri paesi<br />

europei, come la Svizzera ad esempio, senza per<br />

forza cercare di essere diversi o unici, e fissare<br />

quindi il giorno esatto, a ridosso della sentenza,<br />

dell’applicazione dei vari benefici.<br />

Ma visto che questo sembra impossibile<br />

grazie alla classe politica che governa il nostro<br />

paese, allora sarebbe auspicabile che almeno per<br />

il nostro istituto il Presidente del Tribunale di<br />

S A R A<br />

I P<br />

I Ù<br />

F O R T U N AT O<br />

Sorveglianza assegnasse uno o due magistrati<br />

le cui idee siano in linea con il progetto <strong>Bollate</strong>,<br />

affinché lo stesso possa essere un progetto che<br />

abbia fondamenta e realizzazione per tutti allo<br />

stesso modo evitando che la designazione del<br />

magistrato che si occupa del tuo caso sia casualmente<br />

determinata dall’ordine alfabetico.<br />

Ad onor del vero va detto che molte volte<br />

noi detenuti dimentichiamo che, se pur simili,<br />

carte<strong>Bollate</strong> 7<br />

A B C D E F G H IJ K L M N O P Q R S T U V W X Y Z<br />

non tutti i casi sono uguali e che molte volte il<br />

comportamento passato pregiudica la decisione<br />

del magistrato perché la legge gli vieta l’applicazione<br />

del beneficio richiesto. Ma quando c’è<br />

uguaglianza in tutto... perché discriminare<br />

Con questo non voglio certo criticare l’operato<br />

di nessun magistrato, e tantomeno osannare<br />

quello di qualche altro. Me ne guardo<br />

bene dal farlo, ma non si può neanche avere<br />

l’impressione di essere alla lotteria dell’ordine<br />

alfabetico. Però è anche vero che se la Giustizia<br />

deve darci la sensazione di imparzialità e di<br />

essere uguale per tutti, in questo caso, una volta<br />

di più, ha perso l’occasione per metterlo in atto<br />

e dimostrare che è così.<br />

È un mondo difficile il nostro, un mondo<br />

pieno d’ingiustizie laddove è la stessa giustizia<br />

che dovrebbe evitarle, un mondo pieno di ineguaglianze<br />

laddove la stessa giustizia dovrebbe<br />

essere uguale per tutti, un mondo che non<br />

ammette ignoranza, e che però a volte ignora<br />

che dentro quei fascicoli c’è la storia di uomini,<br />

di persone che hanno intrapreso un cammino<br />

tormentato e laborioso per ravvedersi, e che<br />

nel momento in cui chiedono aiuto per uscire<br />

dalle acque burrascose in cui si dimenano, se<br />

non viene loro lanciata una boa di salvataggio,<br />

rischiano di affogare per sempre nella loro cruda<br />

realtà.<br />

Francesco Ribezzo<br />

Ansia di giustizia o pregiudizio conservatore<br />

Tutte le volte che il Governo si trova in crisi<br />

nei confronti dell’elettorato e, in generale,<br />

dei cittadini, pensa bene di dare la colpa<br />

al sottosistema, ovvero al mondo dei disadattati<br />

sociali, degli emarginati e dei “delinquenti”.<br />

L’ultima trovata dei mass-media, della politica<br />

e delle sedi giudiziarie è la criminalizzazione<br />

del rumeno, confuso peraltro con rom e zingari.<br />

Per questa categoria finita nel ‘mirino’ si invocano<br />

certezza della pena ed espulsioni in massa.<br />

Il mio intento è quello di affermare con forza<br />

che la certezza della pena è sempre esistita e anzi,<br />

negli anni questa certezza si è triplicata. Un breve<br />

cenno storico: negli anni settanta, gli anni di<br />

‘piombo’, non esisteva la legge Gozzini e le pene<br />

erano certe, ma ridotte di un terzo.<br />

Il 26 luglio 1975 viene introdotta la legge<br />

Gozzini, e in sostanza quello che cambia è che la<br />

pena è rapportata ai benefici. Poi arrivò Claudio<br />

Martelli, il delfino di Bettino Craxi che, nominato<br />

ministro della Giustizia pensò bene di modificare<br />

la Legge Gozzini, introducendo l’art. 4 bis<br />

nell’Ordinamento Penitenziario. Per altri reati<br />

hanno aumentato il tetto per la concessione dei<br />

benefici, che difficilmente vengono concessi in<br />

caso di recidiva.<br />

Dopo il ‘93, il sistema politico-giudiziario ha<br />

ribaltato completamente gli schemi tradizionali<br />

e con l’ausilio dei pentiti ha fatto giustizia sommaria.<br />

Il 41 bis ha fatto il resto, e così la pena è<br />

più che certa, basti pensare ad un Vallanzasca, in<br />

carcere da 36 anni.<br />

Il Tribunale di Sorveglianza di Milano è ben<br />

attento a concedere i permessi, le semilibertà e<br />

altre misure alternative ai recidivi o a chi, anche<br />

per la prima volta, ha commesso un reato efferato<br />

e quindi è ritenuto pericoloso a livello sociale.<br />

Di conseguenza prima di invocare la “certezza<br />

della pena”, perché non si verifica la reale<br />

e concreta espiazione della pena, senza prendere<br />

sempre come riferimento i casi che fanno scandalo<br />

Ogni volta che un detenuto in libertà provvisoria<br />

combina un disastro, le conseguenze ricadono<br />

su tutti noi, in termini di restrizione dei<br />

benefici, e non si tiene conto degli errori di valutazione<br />

da parte dello Stato o di chi per esso!<br />

La legge Gozzini è stata un atto di civiltà,<br />

un ottimo deterrente per le violenze in carcere,<br />

per placare gli animi e proseguire un percorso di<br />

rieducazione e reinserimento.<br />

È stata, di fatto, una vittoria dello Stato.<br />

Perchè allora si vuole per forza tornare al passato,<br />

quando il carcere era solo affittivo e non<br />

era in grado di avviare un serio percorso di<br />

reinserimento<br />

Alfredo Perri


La legge Gozzini e le misure alternative<br />

La legge Gozzini afferma il valore rieducativo della pena e dà attuazione all'art. 27 della Costituzione, che<br />

vieta una pena detentiva in violazione dei diritti umani e afferma che la pena deve tendere alla rieducazione<br />

del carcerato. Non solo. La legge è stata successivamente emendata, introducendo il beneficio della<br />

non-menzione. Il condannato che tiene una condotta esemplare e gode di uno sconto di pena, esce dal<br />

carcere con la fedina penale pulita: la fedina consultabile dai privati risulta priva di tracce di reato, e ciò è critico per<br />

un facile reinserimento nella società civile.<br />

Un database, consultabile solo dalle pubbliche amministrazioni, tiene traccia dei trascorsi giudiziari dei cittadini, e<br />

applica la Costituzione che vieta l'accesso a cariche politiche e pubbliche a chi ha condanne passate in giudicato. Si<br />

riportano di seguito alcuni degli articoli della legge Gozzini tra i piu’ sentiti dalla popolazione detenuta.<br />

Art.30<br />

Permessi<br />

Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un<br />

convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal<br />

magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele<br />

previste dal regolamento, l'infermo. Agli imputati il permesso é<br />

concesso, durante il procedimento di primo grado, dalle medesime<br />

autorità giudiziarie competenti ai sensi del secondo comma dell'articolo<br />

11 a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura degli<br />

imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado. Durante<br />

il procedimento di appello provvede il presidente del collegio e,<br />

nel corso di quello di cassazione, il presidente dell'ufficio giudiziario<br />

presso il quale si é svolto il procedimento di appello. Analoghi permessi<br />

possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari<br />

di particolare gravità. Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere<br />

del permesso senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae<br />

per oltre tre ore e per non più di dodici, é punito in via disciplinare;<br />

se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, é punibile a norma<br />

del primo comma dello articolo 385 del codice penale ed é applicabile<br />

la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.<br />

L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del<br />

permesso senza giustificato motivo é punito in via disciplinare.<br />

Art. 30-ter<br />

Permessi premio<br />

Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del<br />

successivo comma ottavo e che non risultano “socialmente pericolose”,(<br />

inserite con articolo 1 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge<br />

di conversione 1991, n. 203) il magistrato di sorveglianza, sentito<br />

il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di durata<br />

non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare<br />

interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non<br />

può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun<br />

anno di espiazione. Per i condannati minori di età la durata dei permessi<br />

premio non può superare ogni volta i venti giorni e la durata<br />

complessiva non può eccedere i sessanta giorni in ciascun anno di<br />

espiazione.<br />

L'esperienza dei permessi premio é parte integrante del programma<br />

di trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti<br />

sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali<br />

del territorio. La concessione dei permessi é ammessa: nei confronti<br />

dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni<br />

anche se congiunta all'arresto; nei confronti dei condannati alla reclusione<br />

superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c),<br />

dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena; nei confronti dei<br />

condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nel comma<br />

primo dell'articolo 4-bis, dopo l'espiazione di almeno metà della<br />

penale, comunque, di non oltre dieci anni; nei confronti dei condannati<br />

all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni; nei<br />

confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle<br />

misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per<br />

delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione<br />

di una misura restrittiva della libertà personale, la concessione<br />

é ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto.<br />

Si applicano, ove del caso, le cautele previste per i permessi di<br />

cui al primo comma dell'articolo 30; si applicano altresì le disposizioni<br />

di cui al terzo e al quarto comma dello stesso articolo. Il<br />

provvedimento relativo ai permessi premio é soggetto a reclamo al<br />

tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all'articolo<br />

30-bis. La condotta dei condannati si considera regolare quando i<br />

soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato costante senso<br />

di responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle<br />

attività organizzate negli istituti e nelle eventuali attività lavorative<br />

o culturali.<br />

Art. 30-quater<br />

Concessione dei permessi premio<br />

ai recidivi<br />

I permessi premio possono essere concessi ai detenuti, ai quali<br />

sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto<br />

comma, del codice penale, nei seguenti casi previsti dal comma 4<br />

dell'articolo 30-ter:<br />

alla lettera a) dopo l'espiazione di un terzo della pena;<br />

alla lettera b) dopo l'espiazione della metà della pena;<br />

alle lettere c) e d) dopo l'espiazione di due terzi della pena e,<br />

comunque, di non oltre quindici anni».<br />

carte<strong>Bollate</strong> 8


Art. 47<br />

Affidamento in prova<br />

al servizio sociale<br />

Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato<br />

può essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per<br />

un periodo uguale a quello della pena da scontare.<br />

Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della<br />

osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno<br />

un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il<br />

provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al<br />

comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la<br />

prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.<br />

L'affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto<br />

senza procedere all'osservazio ne in istituto quando il condannato,<br />

dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento<br />

tale da consentire il giudizio di cui al comma 2.<br />

Se l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale è<br />

proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il<br />

magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione,<br />

cui l'istanza deve essere rivolta, può sospendere<br />

l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato,<br />

quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza<br />

dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova<br />

e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di<br />

detenzione e non vi sia pericolo di fuga.<br />

La sospensione dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione<br />

del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza<br />

trasmette immediatamente gli atti, e che decide entro<br />

quarantacinque giorni.<br />

Se l'istanza non è accolta, riprende l'esecuzione della pena, e<br />

non può essere accordata altra sospensione, quale che sia l'istanza<br />

successivamente proposta.<br />

All'atto dell'affidamento è redatto verbale in cui sono dettate<br />

le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai<br />

suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di<br />

locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al<br />

lavoro.<br />

Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante<br />

tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato<br />

non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un<br />

comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni<br />

che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti<br />

personali che possono portare al compimento di altri reati.<br />

Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi<br />

in quanto possibile in favore della vittima del suo reato<br />

ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza<br />

familiare. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni<br />

possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.<br />

Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta<br />

a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche<br />

mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi<br />

ambienti di vita.<br />

Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato<br />

di sorveglianza sul comportamento del soggetto.<br />

L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto,<br />

contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile<br />

con la prosecuzione della prova. L'esito positivo del<br />

periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale.<br />

Art. 47-ter<br />

Detenzione domiciliare<br />

01. La pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione<br />

di quelli previsti dal libro II titolo XII, capo III, sezione I, e dagli<br />

articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall'art.<br />

51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall'art. 4-bis<br />

della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o<br />

in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando<br />

trattasi di persona che, al momento dell'inizio dell'esecuzione della<br />

pena, o dopo l'inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di<br />

età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale<br />

o per tendenza né sia stato mai condannato con l'aggravante di<br />

cui all'art. 99 del codice penale.<br />

La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se<br />

costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto,<br />

possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo<br />

di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza,<br />

quando trattasi di: donna incinta o madre di prole di età<br />

inferiore ad anni dieci con lei convivente; padre, esercente la potestà,<br />

di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando<br />

la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a<br />

dare assistenza alla prole; persona in condizioni di salute particolarmente<br />

gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari<br />

territoriali; persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche<br />

parzialmente; persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze<br />

di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.<br />

Al condannato, al quale sia stata applicata la recidiva prevista<br />

dall'art. 99, quarto comma, del codice penale, può essere concessa<br />

la detenzione domiciliare se la pena detentiva inflitta, anche se<br />

costituente parte residua di maggior pena, non supera tre anni. Il<br />

tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne<br />

fissa le modalità secondo quanto stabilito dall'art. 284 del codice di<br />

procedura penale.<br />

Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi<br />

del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere<br />

modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo<br />

in cui si svolge la detenzione domiciliare.<br />

bis. Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza,<br />

quando ne abbia accertato la disponibilità da parte delle<br />

autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica<br />

per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi<br />

elettronici o altri strumenti tecnici.<br />

Si applicano le disposizioni di cui all'art. 275-bis del codice di<br />

procedura penale.<br />

Il condannato nei confronti del quale é disposta la detenzione<br />

domiciliare non é sottoposto al regime penitenziario previsto dalla<br />

presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione.<br />

Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per<br />

il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato<br />

che trovasi in detenzione domiciliare. La detenzione domiciliare<br />

é revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge<br />

o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione<br />

delle misure. Deve essere inoltre revocata quando<br />

vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.<br />

Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione<br />

o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana,<br />

é punito ai sensi dell'art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione<br />

dell'ultimo comma dello stesso articolo. La denuncia per<br />

il delitto di cui al comma 8 importa la sospensione del beneficio e la<br />

carte<strong>Bollate</strong> 9


condanna ne importa la revoca. Bis. Se la misura di cui al comma<br />

1-bis é revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non<br />

può essere sostituita con altra misura.».<br />

Art. 48<br />

Regime di semilibertà<br />

Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato<br />

e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto<br />

per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al<br />

reinserimento sociale. I condannati e gli internati ammessi al regime<br />

di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni<br />

autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili.<br />

Art. 52<br />

Licenza al condannato ammesso<br />

al regime di semilibertà<br />

Al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere<br />

concesse a titolo di premio una o più licenze di durata non superiore<br />

nel complesso a giorni quarantacinque all'anno.<br />

Durante la licenza il condannato é sottoposto al regime della<br />

libertà vigilata. Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli<br />

obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente<br />

dalla revoca della semilibertà. Al condannato che, allo scadere<br />

della licenza o dopo la revoca di essa, non rientra in istituto<br />

sono applicabili le disposizioni di cui al precedente articolo.<br />

Art. 54<br />

Liberazione anticipata<br />

Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione<br />

all'opera di rieducazione é concessa, quale riconoscimento di<br />

tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella<br />

società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo<br />

semestre di pena scontata. A tal fine é valutato anche il periodo<br />

trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.<br />

La concessione del beneficio é comunicata all'ufficio del pubblico<br />

ministero presso la corte d'appello o il tribunale che ha emesso il<br />

provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento é<br />

stato da lui emesso. La condanna per delitto non colposo commesso<br />

nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio<br />

ne comporta la revoca. Agli effetti del computo della misura<br />

di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei<br />

permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale,<br />

la parte di pena d+etratta ai sensi del comma primo si considera<br />

come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati<br />

all'ergastolo.<br />

Ancora inascoltato l’auspicio del Presidente della Repubblica<br />

Indulto ok, ma mancano le misure alternative<br />

Subito dopo la concessione dell’indulto vari<br />

interventi, tra cui quello del Presidente della<br />

Repubblica, hanno auspicato che la giustizia<br />

e l’esecuzione penale si mettessero in moto con una<br />

nuova velocità e che tutti gli addetti agli ingranaggi<br />

di questa complessa macchina operassero verso<br />

una velocizzazione dei processi nei Tribunali da<br />

una parte e con un’esecuzione penale tesa all’espiazione<br />

delle condanne all’esterno delle carceri dall’altra.<br />

Carceri che, secondo un giudizio quasi unanime,<br />

non servono al loro fine rieducativo. Dopo<br />

quegli interventi abbiamo assistito solo a qualche<br />

timida iniziativa in questa direzione, prerogativa<br />

di pochi singoli istituti penitenziari italiani o di<br />

qualche singolo magistrato di sorveglianza.<br />

La situazione è rimasta pressoché identica a<br />

quella pre-indulto, e l’unico risultato raggiunto è<br />

che la popolazione detenuta ha, di nuovo, sforato<br />

la capienza degli istituti nazionali. Se quanto<br />

auspicato dal capo dello Stato si fosse avverato,<br />

lavorando per far funzionare seriamente le misure<br />

alternative alla detenzione, si sarebbe probabilmente<br />

raggiunto un duplice scopo. Il primo è<br />

legato alla sicurezza che tanto si reclama in questi<br />

tempi e cioè: statistiche alla mano, la sicurezza<br />

sociale sarebbe aumentata se si fossero ammesse<br />

a dette misure gran parte delle persone detenute<br />

che temporalmente hanno espiato un periodo<br />

di tempo sufficiente per accedervi. I dati, infatti,<br />

confermano una recidiva inferiore al 20 % di chi<br />

è stato ammesso alle misure alternative rispetto al<br />

60-70% di chi non lo è stato. Il secondo è, lo segnalavo<br />

prima, legato all’aumento della popolazione<br />

detenuta. Attualmente in pochissimi accedono<br />

ai benefici al “maturare dei termini di legge”. In<br />

più vi accedono soltanto, se vi accedono, verso la<br />

fine dell’espiazione della propria condanna. L’ordinamento<br />

penitenziario regola le tempistiche minime<br />

di accesso ai benefici, il cui primo tra tutti è<br />

l’accesso ad un permesso premio ad ¼ di pena per<br />

certi reati. Personalmente non conosco nessuno<br />

che è riuscito ad ottenere un permesso premio ad<br />

¼ di pena, ne conosco pochi che lo hanno ottenuto<br />

a metà, e qualcuno in più che lo ha ottenuto<br />

quale “contentino” verso fine pena.<br />

Chi dovrebbe concedere questi benefici rigetta<br />

le istanze motivandole con la gravità del reato<br />

commesso o al fine pena ancora troppo lontano:<br />

ma il legislatore, quando ha emanato la Gozzini,<br />

indirizzava all’ammissione, e in quelle tempistiche,<br />

di quei benefici proprio le persone colpevoli<br />

di quei reati. È impensabile che tutti i detenuti<br />

che sono rinchiusi nelle carceri siano immeritevoli<br />

di accedervi nelle tempistiche previste dalla legge,<br />

così come è impensabile continuare a sottovalutare<br />

i risultati degli studi fatti in questo senso su<br />

reinserimento e recidiva. Ci vuole tanto coraggio,<br />

anche per un magistrato, per cavalcare un’onda<br />

diversa, allentare le briglie e concedere qualcosa in<br />

più rispetto a quanto si è fatto fino a oggi, facendo<br />

una scelta “impopolare”, allontanandosi dall’idea<br />

che istrionicamente viene interpretata da un certo<br />

tipo di stampa quando reclamando “Sicurezza! Sicurezza!<br />

Sicurezza!”, attizzata da un fatto di cronaca,<br />

chiede che le misure alternative alla detenzione<br />

siano ulteriormente ristrette.<br />

La domanda che ci si pone è: si ha meno sicurezza<br />

se ci sono più persone ammesse ai benefici di<br />

legge È una domanda che si presta a tante risposte<br />

“preconfezionate”, ma che non avrà risposta fino a<br />

quando non si attuerà quel cambiamento che il<br />

Presidente della Repubblica auspicava. Solo se si<br />

andrà compatti in tale direzione si capirà se aveva<br />

senso farlo.<br />

Enrico Lazara<br />

carte<strong>Bollate</strong> 10


Nel gruppo lettura della biblioteca dialogo tra detenuti comuni e sex offenders<br />

Esperimenti di laboratorio<br />

I condannati per reati sessuali dicono: “ci sentiamo come delle cavie”.<br />

Gli altri: “vi abbiamo accettato e questo è già un grande passo in avanti”<br />

Soli appartati, intimoriti. I sex offender,<br />

ovvero i detenuti condannati per reati<br />

sessuali, sanno che a <strong>Bollate</strong>, la loro<br />

presenza nei reparti, è tollerata dai detenuti<br />

comuni solo perché le regole lo impongono:<br />

questa difficile convivenza è infatti oggetto<br />

di una sperimentazione condotta da anni,<br />

dal gruppo guidato dallo psichiatra Paolo<br />

Giulini , ma nella stragrande maggioranza<br />

dei casi non è accettata per una convinta adesione<br />

al progetto. Semplicemente è considerata,<br />

da entrambe le parti, come il prezzo da<br />

pagare in cambio del privilegio di scontare la<br />

pena in un carcere a cinque<br />

stelle come questo.<br />

Da qualche mese sono<br />

arrivati, direttamente da<br />

San Vittore, detenuti condannati<br />

per stupro o per<br />

pedofilia che sono stati<br />

inseriti nel primo reparto,<br />

senza neppure quel periodo<br />

preparatorio, previsto dal<br />

progetto, che avrebbe dovuto<br />

consentire a loro di prepararsi<br />

ad uscire dal ghetto<br />

dell’isolamento e agli altri<br />

di ragionare sull’opportunità<br />

del loro inserimento.”Da<br />

San Vittore ci hanno portato<br />

qui in 15 giorni – dice<br />

Manfredo – Ci avevano<br />

contattato dicendoci: “Ti<br />

piacerebbe andare a <strong>Bollate</strong> Le celle sono<br />

aperte fino alle 8 di sera, ma voi siete inseriti<br />

nei reparti assieme ai comuni. Noi abbiamo<br />

preso la palla al balzo, per opportunismo,<br />

certo. Perché stare in un carcere in cui non<br />

sei chiuso in cella tutto il giorno è un’altra<br />

vita. Ma adesso qui ci sentiamo come delle<br />

cavie”. È stato come spremere un limone<br />

nel latte caldo: una reazione chimica in<br />

cui gli elementi si sono separati all’istante,<br />

senza raggiungere l’amalgama auspicata dalla<br />

sperimentazione-Giulini. Hanno iniziato a<br />

partecipare alle attività comuni entrando a<br />

far parte di un gruppo di lettura che si riunisce<br />

in biblioteca, ma appena sono arrivati<br />

loro, gli altri si sono dileguati. Poi, un po’<br />

alla volta, qualcuno è tornato, altri si sono<br />

aggiunti ed è ripreso il lavoro, anche se a<br />

ranghi ridotti. “Inizialmente – dice Leonardo,<br />

uno dei sex offenders inserito nel gruppo<br />

– c’era molta più gente. Non do torto a nessuno<br />

e ho subito dichiarato che ero pronto a<br />

tirarmi indietro per non intralciare il gruppo<br />

e per non impedire, a chi è infastidito dalla<br />

nostra presenza, di continuare: se il problema<br />

siamo noi, io sono pronto a ritirarmi”. Leonardo,<br />

che come Manfredo si dichiara innocente,<br />

continua: “Non puoi far accettare agli<br />

altri, gente che ha commesso reati che a me<br />

stesso danno fastidio. Non si può costringere<br />

la gente a cambiare mentalità”. Leonardo è<br />

arrivato a settembre, dice che solo un mese<br />

dopo ha iniziato ad avere i primi contatti con<br />

gli operatori: “Il primo periodo è stato durissimo<br />

perché anche se non ero in isolamento<br />

mi sentivo più solo che mai”.<br />

Gli risponde Ivan, detenuto comune: “Ci<br />

accusate come se fossimo sempre lì a darvi<br />

addosso. Siete qui, dove i detenuti comuni<br />

vi hanno accettato e questo è già un grande<br />

passo in avanti”.<br />

E in effetti attorno al tavolo di lettura<br />

ci sono seduti tre detenuti comuni e due<br />

sex offender, che però sono così convinti<br />

dell’impossibilità di un dialogo che negano<br />

anche questa evidenza: “Non è vero che noi<br />

possiamo fare le attività degli altri – dice<br />

Manfredo –, perché se noi arriviamo, loro se<br />

ne vanno” . Antonio, altro detenuto comune,<br />

cerca di mettere a fuoco il problema: “Se<br />

sei al lavoro, accetti la convivenza perché<br />

devi guadagnare e non hai alternative, ma<br />

in biblioteca o in altre attività, quando puoi<br />

scegliere, eviti il contatto. Io non ho rancori<br />

o pregiudizi verso nessuno, parlo con loro<br />

e accetto di fare attività comuni, ma so di<br />

espormi a molte critiche: se mi avvicino a<br />

loro, gli altri mi isolano perché questa convivenza<br />

è accettata solo per opportunismo”.<br />

Ivan protesta: “Io non ho nessun motivo di<br />

opportunismo dato che per un<br />

po’ di anni posso scordarmi<br />

qualunque beneficio.<br />

Mi interessa leggere e vengo<br />

al gruppo lettura anche se so<br />

che potrei trovarmi in situazioni<br />

difficili da accettare. Se un<br />

compagno di carcere venisse<br />

a dirmi che ha violentato un<br />

bambino mi farebbe star male,<br />

solo l’idea mi fa venire il magone,<br />

devo andarmi a leggere la<br />

Bibbia per ritrovare la calma.<br />

Come si fa a essergli amico,<br />

a trattarlo come qualunque<br />

altro detenuto Certo, anche<br />

in carcere cambia la mentalità,<br />

cambia il modo di considerare<br />

i vari tipi di reato: un tempo<br />

chi scippava una vecchietta o<br />

chi aveva ammazzato la moglie era messo al<br />

bando mentre adesso sono accettati. Ma è un<br />

percorso lungo, non può cambiare dall’oggi<br />

al domani”.<br />

Per Manfredo “ci vorrà almeno un cambio<br />

di generazione”. E anche per Mario, altro<br />

detenuto comune del gruppo non è solo<br />

questione di benefici e opportunismi: “Io<br />

vedo che anche fuori evitiamo delle persone<br />

e ne frequentiamo altre.<br />

È normale che anche qui sia così. Sono<br />

nei reparti, nessuno li picchia, e questo è già<br />

un passo avanti perché nelle altre carceri non<br />

funziona così. Poi uno deve esser libero di<br />

avvicinarli o ignorarli, insomma di scegliere,<br />

esattamente come avviene fuori”.<br />

La Redazione<br />

carte<strong>Bollate</strong> 11


Il racconto<br />

Noi sex offenders, tra incudine e martello<br />

Testimonianza di Cristian, della Staccata, raccolta da Michele De Biase.<br />

E<br />

siste, è noto, il progetto di inserire nei<br />

reparti comuni del carcere un certo<br />

numero di detenuti del sesto reparto<br />

(quelli condannati per reati sessuali).<br />

In qualche misura l’attuazione del progetto<br />

è stata avviata. Anche se siamo ancora<br />

lontano dall’entrata a regime del provvedimento<br />

pensiamo sia interessante sapere come<br />

sta andando la marcia di avvicinamento al<br />

perfezionamento dell’operazione.<br />

In proposito abbiamo raccolto la testimonianza<br />

di un detenuto che fa parte del gruppo<br />

degli inseriti e dalla scorsa primavera ha<br />

iniziato la sua nuova esperienza.<br />

Nelle pagine che seguono abbiamo anche<br />

cercato di capire qual è il clima che si è<br />

creato nei reparti comuni in merito all’inserimento<br />

dei sex offender.<br />

Concordanze, discordanze, contraddizioni.<br />

La maggior parte delle persone attende<br />

l’evento con curiosità o con preoccupazione.<br />

Oggi sono almeno una dozzina i<br />

detenuti “ex sesto” ubicati nel<br />

primo reparto, inoltre il sesto<br />

non funge più da filtro perché alcuni<br />

provengono direttamente dalle sezioni protette<br />

di altre carceri; forse sono tutti utili<br />

come apripista, ma sicuramente strumento<br />

indicativo per l’equipe che lavora costantemente<br />

al sesto reparto. Come partecipante<br />

volontario al primo progetto e poi<br />

utilizzato come tutor per il secondo, mi è<br />

stato chiesto cosa ne penso. È necessario<br />

ragionare sui risultati che il trattamento in<br />

senso lato offre.<br />

Posso dire che le diverse fasi dell’inserimento<br />

non sono andate perfettamente di<br />

pari passo: sono particolarmente convinto<br />

che laddove si parli di recupero psico-sociale<br />

della persona e di ripristino della dignità<br />

personale, ma anche di risarcimento alla<br />

società per i danni causati, debba nascere<br />

una fondamentale unione tra teoria e realtà,<br />

in modo tale che il risultato di tutto il<br />

lavoro fatto siamo proprio noi, capaci o<br />

meno di affrontare dignitosamente anche<br />

le situazioni più difficili.<br />

Naturalmente per mettere in pratica<br />

tutto questo è fondamentale acquisire la<br />

libertà, non come semplice scusa per venir<br />

meno ai propri doveri o responsabilità.<br />

Personalmente questa libertà non mi è<br />

stata concessa, nonostante stia scontando<br />

una condanna di circa sedici anni, e se<br />

non ci saranno imprevisti, a luglio dell’anno<br />

prossimo avrò finalmente terminato.<br />

Ancora oggi mi chiedo come sia possibile<br />

carte<strong>Bollate</strong> 12<br />

che proprio io abbia accompagnato i nuovi<br />

arrivati del sesto nella fase iniziale del<br />

trattamento, nonostante mi sia contestata<br />

una carenza di elementi per completare<br />

una piena presa di coscienza, oltre che un<br />

importante residuo di pena trattandosi di<br />

un reato ad alto allarme sociale, seppur<br />

risalga al 1994.<br />

Ovviamente, stando all’opinione pubblica,<br />

il futuro di chi si è macchiato di<br />

tali reati interessa più che altro in un solo<br />

senso: repressione e chiusura, indice di<br />

paura e incapacità di porre rimedio diretto<br />

ad un problema esistente da sempre, ma<br />

che solo nell’ultimo decennio è emerso<br />

in maniera galoppante. La maggior parte<br />

della società esterna infatti, si sente quasi<br />

tradita dalle strutture che non garantiscono<br />

una certa sicurezza... non è un caso<br />

che solo a <strong>Bollate</strong> esista tale progetto di<br />

recupero; e d’altra parte anche chi ormai<br />

si sente pronto (come ogni altro detenuto)<br />

per ricominciare da capo si sente additato,<br />

marchiato, continuamente emarginato:<br />

è possibile constatarlo dal progressivo<br />

aumento di allarme sociale nonché dalle<br />

conseguenti restrizioni da parte della magistratura<br />

(si vedano le ultime proposte di<br />

legge, e le pene comminate).<br />

Il progetto iniziale, quello della ricostruzione<br />

psicologico caratteriale al sesto<br />

reparto e la conseguente ubicazione nei<br />

reparti comuni, può apparire agli estranei<br />

del settore come uno dei modi per ripagare<br />

il danno causato alla società oltre che un<br />

mezzo per dimostrare il recupero della<br />

persona, reso evidente dall’integrazione<br />

sociale con altri detenuti.<br />

Purtroppo l’obiettivo di creare un<br />

sereno futuro, rimane più che altro una<br />

flebile speranza, considerando che esiste<br />

una stretta relazione tra carcere e libertà.<br />

Chiunque è perfettamente a conoscenza<br />

del malumore e del malcontento comune<br />

che aleggia per i reparti... il solo pensiero<br />

che al termine di questo secondo progetto<br />

ci saranno sex offender inserito non solo al<br />

primo ma anche al terzo, ha gettato un po’<br />

tutti nella confusione.<br />

Per quanto concerne il risultato parziale<br />

dell’inserimento dei sex offender al primo<br />

reparto, la vita condotta inizialmente è


isultata al limite dell’inverosimile: pressoché<br />

scartati da chiunque, come se non esistessero.<br />

Certo, meglio essere assoggettati<br />

all’indifferenza totale che essere picchiati o<br />

maltrattati fisicamente.<br />

Del resto se si deve parlare di “tranquillità”<br />

e relativa “sicurezza” possiamo pur<br />

confermare che un contesto del genere non<br />

si è mai verificato altrove in maniera palese;<br />

oggi il detenuto comune, messo nella<br />

condizione di contribuire all’inserimento<br />

(pena il trasferimento) si vede costretto<br />

a decidere tra due strade: l’una è quella<br />

del quieto vivere, ovvero scegliere il male<br />

minore alimentando l’indifferenza verso<br />

i sex offender e proseguire nell’effimera<br />

finzione.<br />

L’altra è quella di accettare attivamente<br />

la presenza di chi per motivi differenti<br />

sconta una pena, contribuendo propositivamente<br />

alla realizzazione (nonché continuazione)<br />

del progetto.<br />

È altrettanto naturale, come spesso ho<br />

sentito dire dagli stessi detenuti comuni,<br />

che molti mi si avvicinano per semplice<br />

curiosità o per altro... poco importa<br />

secondo me, ciò che conta è provare. Io<br />

ho sempre evitato ogni scontro, mi sono<br />

sempre reso propositivo anche sul posto di<br />

lavoro facendomi conoscere poco per volta,<br />

stupendomi di quelle persone con forti<br />

pregiudizi che col passare del tempo (conoscendomi<br />

per l’appunto) ora si fanno meno<br />

problemi a parlare o farsi vedere con me...<br />

forse perché alla fine decidere di conoscere<br />

gli altri significa un po’ conoscere sempre<br />

meglio se stessi».<br />

Linee guida<br />

del progetto “sex offenders”<br />

Quanto avviene nel carcere<br />

di <strong>Bollate</strong>, dal 2005, è un<br />

progetto unico in Italia, nato<br />

sull’esempio di quanto accade<br />

invece in Canada, Nord America,<br />

Inghilterra, Belgio e Francia.<br />

Il nome esatto del progetto è: “Progetto<br />

di trattamento e presa in carico di<br />

autori di reati sessuali in unità di trattamento<br />

intensificato e sezione attenuata”.<br />

Lo scopo dichiarato è duplice: da un<br />

lato ridurre, nei cosiddetti ex offenders,<br />

la possibilità di recidiva, cioè di tornare<br />

a compiere altri reati simili; dall’altro<br />

quello di prendersi cura delle anomalie<br />

degli aggressori sessuali, affinché essi<br />

possano tornare pienamente alla vita<br />

sociale.<br />

A chi si rivolge<br />

Ad aggressori sessuali adulti, condannati<br />

definitivi, che abbiano espresso<br />

almeno un minimo riconoscimento<br />

quanto ai fatti relativi al reato e alla propria<br />

problematica sessuale deviante, e<br />

presentino requisiti di trattabilità.<br />

Come si svolge<br />

In due fasi. La prima prevede anzitutto<br />

un intervento sulla negazione e la minimizzazione<br />

del reato. I sex offenders,<br />

infatti, tendono a negare che quanto<br />

fatto costituisca un reato, o comunque<br />

di avere problematiche di tipo sessuale.<br />

Inoltre si lavora per approfondire la<br />

motivazione che porta a scegliere di<br />

entrare in questo progetto.<br />

Le attività che seguono questa primissima<br />

fase, detta pre-trattamentale,<br />

sono molto intese, e operano (con<br />

modalità diverse: dai colloqui di gruppo<br />

a quelli personali, dalla visione di<br />

film ad attività legate alla conoscenza<br />

e alla gestione del proprio corpo, alla<br />

gestualità, allo sport) per migliorare il<br />

modo di approcciarsi agli altri, la stima<br />

di sé, per diminuire l’isolamento, gestire<br />

la collera e lo stress. Tutte queste<br />

attività si inquadrano nell’ottica della<br />

prevenzione della recidiva, a cui è<br />

dedicata inoltre una serie di attività<br />

specifiche. Idea fondamentale è infatti<br />

quella di lavorare sui “precursori dell’atto<br />

deviante”, cioè su tutto quello<br />

che ha portato al compimento dell’atto-reato.<br />

La seconda fase, o secondo<br />

modulo, prevede l’inserimento, in una<br />

sezione attenuata, dei detenuti che<br />

abbiano ottenuto risultati positivi nella<br />

prima fase. L’obiettivo di questa seconda<br />

fase è quello di far riappropriare il<br />

detenuto dell’autostima e delle abilità<br />

sociali, minando i pregiudizi e gli stigmi<br />

derivanti dalla “sottocultura carceraria”,<br />

che tendono a isolare i sex offenders.<br />

Come fa notare il responsabile del progetto,<br />

professor Giulini, per la legge<br />

non esistono reati di serie A e serie<br />

B: va vinta la sottocultura carceraria<br />

che, spesso “pilotata” dalla criminalità<br />

organizzata, mette in un angolo i rei<br />

di reati a sfondo sessuale, ma non fa<br />

altrettanto con autori di reati se non<br />

più gravi. Tale fase prevede anche la<br />

sensibilizzazione degli operatori dell’area<br />

direttiva ed educativa del Carcere<br />

e del personale di Polizia penitenziaria<br />

che, indica Giulini, nel carcere di <strong>Bollate</strong><br />

ha aderito con passione e professionalità<br />

ai percorsi del progetto.<br />

Quante persone sono coinvolte<br />

Quest’anno le persone entrate nel progetto<br />

sono state 28: dopo i primi mesi<br />

ne sono state selezionate una ventina.<br />

Attualmente i detenuti coinvolti sono<br />

19: di essi, però, uno è prossimo ad<br />

uscire dal carcere, mentre per altri due<br />

sarà richiesto il trasferimento.<br />

Quali sono stati i risultati, sinora<br />

I risultati, spiega il professor Giulini, a<br />

capo del progetto, sono confortanti.<br />

Il dato che meglio di ogni altro indica<br />

i passi avanti svolti è questo: di nove<br />

detenuti coinvolti nel progetto e usciti<br />

dal carcere, otto si sono spontaneamente<br />

presentati nella struttura esterna<br />

che consente, una volta in libertà,<br />

di continuare il trattamento. Segno del<br />

fatto che i detenuti coinvolti hanno<br />

compreso l’importanza di essere adeguatamente<br />

seguiti anche una volta<br />

scontata la pena prevista dalla legge<br />

per i reati commessi.<br />

Davide Casati<br />

carte<strong>Bollate</strong> 13


Critiche alla sperimentazione Giulini<br />

“Non decidete sulle nostre teste”<br />

Terzo reparto: i detenuti chiedono un progetto condiviso<br />

Nei prossimi mesi anche nel terzo reparto<br />

verranno, secondo il progetto cosiddetto<br />

“Giulini”, assegnate delle persone della<br />

categoria dei sex offenders. Lo scorso mese di<br />

ottobre questa decisione è stata annunciata ai<br />

detenuti durante una riunione di reparto e questo<br />

ha creato un certo allarme. Molti detenuti, prima<br />

di arrivare a <strong>Bollate</strong>, sapevano di questa eventualità,<br />

ma la maggior parte sperava che non fosse vero.<br />

L’istituto di <strong>Bollate</strong>, negli altri penitenziari, ha la<br />

nomea di essere un istituto dove i sex offenders<br />

sono inseriti nei reparti comuni, ma le “voci di<br />

corridoio” dicevano, come infatti è stato fino a<br />

poco tempo fa, che erano assegnati solo ad un<br />

reparto ben preciso, la “Staccata”, e quindi tanti<br />

non hanno fatto fino in fondo i conti con l’eventualità<br />

di dover convivere con persone che si sono<br />

macchiate di un reato di questo tipo.<br />

La problematica principale emersa durante<br />

quella riunione era legata ai colloqui con i familiari:<br />

“come possiamo fare un colloquio sereno –è<br />

stato detto – se lo facciamo con un nostro figlio<br />

o nipote e abbiamo nella stessa sala una persona<br />

che ha usato violenza a donne o a minori, commettendo<br />

reati sessuali”<br />

Qualcuno durante la riunione – più che altro<br />

chi sapeva dell’eventualità di questo inserimento<br />

prima di ottenere il trasferimento a <strong>Bollate</strong>– ha<br />

chiesto che un responsabile del progetto venisse a<br />

darci ulteriori informazioni per capire l’utilità di<br />

questi inserimenti. L’incontro c’è stato e gli operatori<br />

dell’èquipe del dottor Giulini ci hanno sostanzialmente<br />

detto che nel bene o nel male, questi<br />

inserimenti avverranno. Hanno anche ammesso<br />

che sarebbe opportuno lavorare, oltre che sui sex<br />

offenders, anche sui detenuti che dovranno rassegnarsi<br />

a questa convivenza, ma mancano le risorse,<br />

hanno aggiunto e dunque il progetto proseguirà<br />

mantenendo questo squilibrio.<br />

Il progetto dunque va avanti, ma i dubbi<br />

restano. Molti obiettano che questa convivenza<br />

non esiste in nessun altro penitenziario, ma soprattutto<br />

non è tollerata neppure nella società esterna:<br />

la maggior parte della popolazione nazionale non<br />

vuole aver niente a che fare con queste persone.<br />

Il fronte dei no è abbastanza compatto, anche se<br />

c’è qualcuno che si è detto disposto ad accettare,<br />

questo tipo di inserimento, fissando però dei<br />

“paletti” ben precisi che sono dettati da un ragionamento<br />

molto semplice: se devo essere una delle<br />

due parti interessate a questa sperimentazione,<br />

devo innanzitutto capirne l’utilità e vorrei che<br />

questa viaggiasse sempre su binari ben definiti.<br />

Il progetto prevede che i sex offenders siano<br />

inseriti dopo una fase di preparazione. Prima di<br />

arrivare nei reparti comuni devono trascorrere<br />

un periodo al 6° reparto, in cui vengono seguiti<br />

a livello psicologico. Questo nell’ottica di una<br />

rieducazione che, è stato detto, abbassa la recidiva<br />

fino al 50%. Si è visto però, che ad esempio nel<br />

Primo reparto, dove l’esperimento è iniziato circa<br />

un anno fa, sono stati inseriti dei sex offenders<br />

arrivati direttamente da S. Vittore, che non erano<br />

stati assistiti dall’èquipe del dottor Giulini e che<br />

quindi avevano saltato quella fase di preparazione<br />

che avrebbe dovuto consentire un approccio non<br />

traumatico. Questi precedenti fanno aumentare i<br />

timori. In sintesi possiamo dire che la disponibilità<br />

dei detenuti è direttamente proporzionale al<br />

loro grado di coinvolgimento nel progetto: chi<br />

si convince che questa è effettivamente la strada<br />

maestra per neutralizzare persone che hanno<br />

commesso un reato che crea tanto allarme sociale,<br />

riesce a capire il senso di questa convivenza e ad<br />

accettarla. Quando invece si percepisce che il<br />

progetto ha molte lacune, questa convivenza forzata<br />

viene letta come un’imposizione o una prova<br />

di forza: “vediamo se ti pieghi ed umili fino ad<br />

accettare coloro che fino ad oggi abbiamo dovuto<br />

tenerti lontano”.<br />

Naturalmente sappiamo che la decisione è<br />

presa. Sta alla capacità delle persone che hanno<br />

redatto il progetto, capire che stanno toccando<br />

nervi scoperti, non forzando troppo la mano<br />

in una situazione che potrebbe generare molto<br />

malessere, sia tra i sex offenders, che continuerebbero<br />

a sentirsi rifiutati, sia tra i detenuti comuni<br />

che continuano a vivere la loro presenza come<br />

una violenza.<br />

Enrico Lazzara - Gianluigi Faltracco<br />

Primo reparto: Sex offenders No, grazie (ma forse sì)<br />

Abbiamo raccolto qualche opinione nel primo<br />

reparto, dove la sperimentazione è già<br />

stata avviata. Parole in libertà, raccolte nei<br />

corridoi, dove nessuno si preoccupa di attenuare i<br />

toni . A tutti abbiamo fatto la stessa domanda:<br />

Dopo qualche mese di convivenza cosa ne<br />

pensi del progetto sull’inserimento dei sex<br />

offender nei reparti e come valuti l’utilità<br />

dello stesso e perché sei rimasto qui se non<br />

condividi il progetto<br />

1-Il progetto è solo un fiore all’occhiello che è<br />

destinato a non approdare a nulla. Penso che il<br />

fatto di aver inserito i sex offender nei reparti sia<br />

negativo anche per loro: sono di fatto emarginati,<br />

fanno gruppo a parte noi dobbiamo subire una<br />

convivenza forzata. Sono rimasto in questo carcere<br />

perché la possibilità di vedere mia moglie e la<br />

mia famiglia vale qualsiasi sforzo, anche quello di<br />

accettare questa vicinanza.<br />

2- Il progetto non porterà a niente: queste persone<br />

sono abbandonate a se stesse già qui dentro, figuriamoci<br />

quando usciranno, in una società che<br />

invoca ad ogni occasione la castrazione chimica<br />

per reati di questa natura. Io penso che loro stessi<br />

si sentano in forte disagio e che vivano con paura<br />

questa convivenza. Non me ne sono andato<br />

perché ritengo che i benefici di cui si gode in un<br />

carcere come questo valgano il prezzo di un compromesso.<br />

3-Io credo che questo progetto sia un’imposizione<br />

da parte del Ministero che ha come contropartita<br />

le condizioni di sorveglianza attenuata concesse a<br />

questo carcere. Credo che anche la direzione sappia<br />

che questo progetto è senza prospettive. Non<br />

parto perché qui sto bene e non voglio dare soddisfazione<br />

nè a loro nè a nessuno.<br />

4-Io sono arrivato da Opera e sapevo che qui c’erano<br />

i sex offender nei reparti quindi se ho accettato<br />

di venire è perché in un certo senso credo che forse<br />

possiamo essere utili ad evitare che possano commettere<br />

un altro reato del genere e così come ha<br />

detto la commissaria una volta in una riunione, se<br />

tutti noi potessimo in qualche modo contribuire<br />

ad evitare che si faccia del male ad un bambino o<br />

una donna sarebbe un grande risultato. Però devo<br />

dire che queste persone, che tanti di noi considerano<br />

indegne, sono comunque sempre persone.<br />

Sono là abbandonati a se stessi, quindi così come<br />

è oggi il progetto forse non porterà a nulla, ed è<br />

un vero peccato.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 14


Giusta protesta e doverosa rettifica<br />

(a proposito di un nostro articolo sul black out di ottobre)<br />

Il numero di settembre-ottobre del nostro “carte<strong>Bollate</strong>” ha dedicato un breve articolo di cronaca alla vicenda del black out che, a causa della<br />

rottura di un cavo dell’alta tensione, per due giorni ha privato dei servizi funzionanti con energia elettrica tutto il carcere di <strong>Bollate</strong> le persone<br />

che vi vivono e vi lavorano. L’articolo parlava tra l’altro dell’efficienza mostrata dalla MOF (Manutenzione ordinaria fabbricati) nel porre<br />

rimedio al guaio nel minor tempo possibile e dei disagi che hanno colpito il lavoro “delle guardie carcerarie” private dell’apporto dei computer.<br />

Ed è proprio qui , nella denominazione di quello che è in realtà e a buon diritto “personale di polizia penitenziaria”, che il giornale è incorso in<br />

uno spiacevole errore di cui dobbiamo scusarci.<br />

Il nostro errore è stato rilevato sia dal sindacato CISL, che rappresenta il personale, sia dal direttore della Casa di reclusione che ci hanno<br />

inviato le lettere di protesta e di precisazione che pubblichiamo in questa stessa pagina.<br />

Ci spiace molto dell’incidente perché nessuno ignora quanto sia prezioso e premuroso il comportamento dei lavoratori del Corpo di Polizia<br />

penitenziaria nell’assecondare l’attività di redazione del giornale specialmente per quanto riguarda il movimento di cose e persone. Siamo inoltre<br />

coscienti del dovere di essere molto precisi quando di parla o si scrive di persone dalle quali dipende tanta parte della sicurezza della società e<br />

della realizzazione di valori fondamentali della civiltà giuridica del nostro Paese quali sono la riabilitazione e il recupero dei detenuti.<br />

Ci sentiamo in dovere di scusarci anche se, nel caso specifico dell’errore di denominazione, non ci sembra implicito alcun intento denigratorio<br />

o disonorevole anche in considerazione dell’argomento trattato nell’articolo, relativo a un ben delimitato fatto di cronaca.<br />

LETTERA DELLA CISL:<br />

A TUTELA DELLA DIGNITÀ<br />

DELLA POLIZIA PENITENZIARIA<br />

Antonio Manna, segretario SAS del sindacato “CISL funzione<br />

pubblica” (comparto sicurezza e ministeri – <strong>Bollate</strong>), ha indirizzato<br />

al direttore responsabile di “carte<strong>Bollate</strong>” la seguente lettera: “Egregio<br />

signor direttore, non spetta certamente ad un sindacato, quale<br />

noi siamo, giudicare la qualità ed il gradimento della produzione<br />

di un giornale come carte <strong>Bollate</strong>, ma quando si cerca di usare<br />

modi, forme e comportamenti, che fanno passare messaggi sbagliati<br />

verso i cittadini e gli operatori penitenziari tutti, denigrando<br />

ed offendendo la dignità professionale di una categoria quale il<br />

Corpo di Polizia Penitenziaria, allora abbiamo l’obbligo di farlo<br />

sapere a chi compete.<br />

“Nel numero in uscita in oggetto (articolo “<strong>Bollate</strong> ad alta<br />

tensione” del n. 9/2007 settembre ottobre), registriamo per l’ennesima<br />

volta da parte di questa redazione, l’intenzione di far apparire<br />

con l’uso di termini discriminatori, quali “guardie carcerarie”,<br />

termine ormai desueto, il lavoro della Polizia Penitenziaria come<br />

quello di un’istituzione inaffidabile.<br />

“Non si tratta solo di una questione di forma, ma di sostanza,<br />

poiché tanti sono i poliziotti penitenziari (baschi azzurri, fiamme<br />

azzurre, operatori di polizia, questi sono gli altri sinonimi che<br />

potrebbero essere usati scrivendo degli appartenenti alla Polizia<br />

Penitenziaria) che per garantire una società giusta e migliore lottano<br />

giornalmente per l’affermazione della giustizia e per il recupero<br />

dei detenuti per il progresso civile del paese.<br />

“Voglia arrivare a Voi la protesta che centinaia di Operatori<br />

Penitenziari che lavorano in quest’istituto, non solo appartenenti<br />

alla Polizia Penitenziaria, c’invitano a far notare alle SS.LL. come<br />

certe affermazioni false di un importante lavoro come quello che<br />

trattiamo, ledono l’immagine e la dignità di un’Istituzione che<br />

opera per la legalità e per garantire sicurezza e rispetto alla dignità<br />

delle persone recluse.<br />

“Il nostro è un servizio tanto oscuro quanto difficile, ma altrettanto<br />

prezioso, perché in nessun altro ordinamento esiste una<br />

disposizione che coinvolge gli operatori di polizia direttamente<br />

anche nell’opera di rieducazione della persona detenuta.<br />

“Nel chiederle cortesemente la pubblicazione di questa mia<br />

lettera nel prossimo numero in uscita di carte <strong>Bollate</strong>, sono Certo<br />

che vorrete impegnarvi per restituire l’onore che merita il lavoro<br />

di questi Operatori della Sicurezza, attendiamo un vostro cenno<br />

di riscontro”.<br />

Il segretario Manna ha inviato la lettera qui riportata anche<br />

al Provveditore per la Lombardia dr. Luigi Pagano, alla direzione<br />

della C.R. di <strong>Bollate</strong> dr. Lucia Castellano e, per conoscenza, alla<br />

CISL F.P. Milano, coordinamento penitenziario<br />

LA DIREZIONE<br />

“MI ASSOCIO ALLE CRITICHE”<br />

Il direttore della Casa di Reclusione di <strong>Bollate</strong> Lucia Castellano a<br />

proposito dell’articolo sul black out e della protesta della CISL ha<br />

scritto al direttore responsabile del giornale per comunicare che<br />

“si associa alle considerazioni dell’O.S. CISLe prega di invitare la<br />

redazione a designare gli operatori di Polizia Penitenziaria con il<br />

termine giusto; il corpo di Polizia Penitenziaria, istituito a seguito<br />

della soppressione dell’ex corpo Agenti di custodia nel 1990, rivendica,<br />

a giusta ragione, il proprio posto tra le Forze di Polizia ad<br />

ordinamento civile. Dopo 17 anni i mass media parlano ancora di<br />

“guardie” o ancor peggio di “secondini”. Pur nella convinzione della<br />

buona fede del redattore nel caso di specie – conclude la dottoressa<br />

Castellano – la prego di voler rettificare l’articolo utilizzando la<br />

denominazione corretta”<br />

carte<strong>Bollate</strong> 15


Un grande successo per la Notte Bianca di <strong>Bollate</strong><br />

È qui la festa!<br />

Una serata splendida con un unico difetto: è durata troppo poco<br />

Molto pigramente, come<br />

si addice a un sabato<br />

mattina, un primo<br />

gruppo di detenuti iniziava<br />

a preparare i locali dell’Area<br />

Trattamentale che più tardi avrebbero<br />

ospitato la ”Notte Bianca”: alle<br />

18 in punto le porte del carcere si<br />

sarebbero aperte a 260 visitatori<br />

esterni che con una mail avevano<br />

chiesto di partecipare alla festa.<br />

Man mano che passavano le ore<br />

e che si aggiungevano detenuti e<br />

operatori addetti all’allestimento<br />

dei locali, si poteva percepire un<br />

crescendo di apprensione misto ad<br />

ansia, però in un modo molto contenuto<br />

e controllato. Tutto quello<br />

che era stato pianificato sulla carta<br />

procedeva senza intoppi e ad onor<br />

del vero, una volta realizzato andava<br />

ben oltre le aspettative di ognuno<br />

di noi.<br />

La cosa più bella è stata che 55<br />

detenuti che mai avevano lavorato<br />

insieme, si sono ritrovati fianco a<br />

fianco come se avesse già collaborato<br />

all’organizzazione di altri eventi.<br />

Ognuno sapeva esattamente<br />

quello che doveva fare e i tempi in<br />

cui lo doveva fare. Dietro le quinte<br />

e al nostro fianco, il sottile lavoro<br />

di Catia Bianchi, l’educatrice che<br />

ha firmato la regia dell’evento e del<br />

brigadiere Mandosio, è stato determinante<br />

sia per il coordinamento,<br />

sia per l’auto-responsabilizzazione di<br />

tutti noi. Il risultato Scintillante.<br />

Man mano che l’allestimento<br />

veniva completato, il tempo che ci<br />

separava dall’apertura dei cancelli<br />

si riduceva e l’emozione aumentava.<br />

Al piano terreno, erano apparecchiati<br />

i tavoli con il buffet: pizze,<br />

torte, crostini, bruschette, involtini<br />

di melanzane e tanto ancora.<br />

C’era il banco del cous cous, e<br />

al suo fianco Mustapha cadenzava<br />

un ritmo mediorientale con i suoi<br />

bonghi. Poco più in là, Tonino e<br />

Pasquale riempivano e friggevano<br />

panzarotti, all’ingresso Anselmo e<br />

Fulvio, pronti a distribuire rose alle<br />

signore, facendo a gara col verdeggiante<br />

gruppetto di “Cascina<br />

<strong>Bollate</strong>” che regalava semi, piantine<br />

carte<strong>Bollate</strong> 16


e sacchettini di lavanda a tutti gli<br />

ospiti. Al primo piano tutta un’altra<br />

musica, col rock degli “Aria dura”,<br />

l’esposizione dei prodotti artigianali,<br />

con le creazioni del fai da te galeotto,<br />

la redazione del nostro giornale e<br />

le attività culturali e formative.<br />

Poco dopo le 18:00 un grido<br />

ha spezzato l’attesa: “Sono qui, ci<br />

siamo”. Il primo gruppo di circa<br />

130 persone varca il portone dell’area<br />

trattamentale e subito si è<br />

potuto constatare che c’era un feeling<br />

straordinario.<br />

Tra gli ospiti c’erano anche magistrati,<br />

poliziotti in borghese ed<br />

amici, però nessuno esercitava la<br />

propria influenza e tutti dialogavano<br />

con estrema naturalezza con<br />

chiunque: il carcere in quell’occasione<br />

aveva abbattuto le sue mura,<br />

almeno ideologicamente. Mentre la<br />

prima ondata di visitatori, rifocillata<br />

e contenta si dirigeva verso il teatro<br />

per assistere al musical andato in<br />

scena con una doppia rappresentazione<br />

dei nostri compagni, già un<br />

secondo gruppo, di altri 130 persone<br />

aveva tutte le nostre attenzioni.<br />

È stato un successo, di organizzazione,<br />

di semplicità ed armonia.<br />

Pur vivendo un momento di logica<br />

euforia, quello che più ha colpito è<br />

stata la compostezza con cui tutti<br />

noi detenuti abbiamo vissuto quei<br />

momenti e il perfetto sincronismo<br />

con cui ci siamo coordinati con la<br />

polizia penitenziaria, gli educatori<br />

e i responsabili di tutte le attività.<br />

“Tale e quale ad un orologio svizzero”<br />

come aveva auspicato la comandante<br />

di Reparto, il vice commissario<br />

Uscidda.<br />

Gli ospiti per una sera si sono<br />

dimenticati di trovarsi in un carcere<br />

e noi abbiamo percepito il loro stupore<br />

e la loro soddisfazione, mentre<br />

ci facevano complimenti per l’organizzazione<br />

e per la qualità della<br />

cucina così come per l’artigianato<br />

esposto.<br />

L’unica critica: “è troppo poco il<br />

tempo che ci danno per stare qui”<br />

esclamava qualcuno....<br />

Ecco, se si vuole, questa è stata<br />

l’unica pecca della serata.<br />

Però guardandola dalla parte del<br />

bicchiere mezzo pieno è un complimento:<br />

infatti è stato facile dedurre<br />

che le persone stavano bene ed erano<br />

a loro agio, tanto che avrebbero<br />

voluto più tempo per stare con noi.<br />

Se l’effetto è questo, rifacciamolo!<br />

Francesco Ribezzo<br />

carte<strong>Bollate</strong> 17


Parte un laboratorio di cabaret in carcere<br />

Sulle tracce del comico<br />

Tra i docenti, comici di “Zelig”. Un progetto di Fabrizio Giunta<br />

Un nostro ex compagno, Fabrizio<br />

Giunta, ormai libero, ha avuto<br />

un’ottima idea e fuori dal carcere<br />

non ci ha dimenticati. Ha trovato il modo<br />

di farci ridere organizzando un corso di avvicinamento<br />

al teatro comico. Chi come lui<br />

è stato a <strong>Bollate</strong>, sa che qui dentro c’e sempre<br />

bisogno di volontari per promuovere<br />

iniziative che servono ai detenuti. Iniziative<br />

che ci aiutino a non pensare alla monotonia<br />

carceraria e a conoscere il valore e l’importanza<br />

di un’arte che ci consente di affrontare<br />

in modo nuovo e con ironia le difficoltà<br />

della vita e a scoprire in noi doti nascoste.<br />

E chissà, una volta usciti, questo primo<br />

incontro col palcoscenico potrebbe anche<br />

concretizzarsi in progetti lavorativi. Fabrizio<br />

ha organizzato uno stage di cabaret con<br />

l’iscrizione di 21 candidati che si ritroveranno<br />

al teatro dell’istituto e approfondiranno<br />

le seguenti tecniche: i principi del comico,<br />

le forme del comico (cabaret, circo, commedia),<br />

alla scoperta del proprio clown, la<br />

situazione e il meccanismo del personaggio,<br />

la caratterizzazione del personaggio, drammaturgia<br />

comica, improvvisazione teatrale,<br />

tecnica mimica e magia comica.<br />

I ragazzi saranno assistiti da Cesare Ballarini<br />

e dai numerosi docenti che collaborano<br />

con lui.<br />

Tutti i candidati si esibiranno in singoli<br />

sketch su un piccolo palco, interpreteranno<br />

liberamente ciò che hanno studiato, avendo<br />

come pubblico un comitato di selezione<br />

composto da rappresentanti del corpo docente,<br />

un rappresentante dell’area educativa<br />

e i loro compagni. Se supereranno i test di<br />

ammissione parteciperanno al laboratorio<br />

teatrale.<br />

Il gruppo si ritroverà tutte le settimane<br />

in teatro fino al 20 maggio, con la supervisione<br />

di quattro comici di Zelig e docenti.<br />

Mercoledì 21 il saggio (“Belli dentro”)<br />

dedicato ai loro compagni. Ancora da destinare<br />

la data dello spettacolo “Belli fuori”<br />

dedicato al pubblico esterno.<br />

Abbiamo chiesto ai due comici del “Gomitolo”<br />

coppia di cabaret del Derby, le sensazioni<br />

provate nel fare volontariato all’interno<br />

di un carcere.<br />

Ci hanno detto di aver accettato volentieri<br />

l’incarico di insegnarci ad usare la<br />

comicità, come canale per far emergere la<br />

nostra espressività, regalandoci un pizzico<br />

di divertimento: merce rara in questi luoghi<br />

pieni di tristezza e monotonia. “Saremo<br />

soddisfatti – hanno aggiunto – solo al pensiero<br />

che qualcuno di loro possa farcela a intraprendere<br />

questa attività una volta libero.”<br />

Il prossimo progetto che Fabrizio sta<br />

elaborando con Manuel Frattini, attore che<br />

ha già portato in teatro “Pinocchio” e “Peter<br />

Pan” sarà un musical che potrebbe anche<br />

essere destinato alla televisione. Ci sono<br />

delle trattative in corso con “Italia 1”.<br />

Fabrizio e noi ringraziamo i docenti che<br />

hanno dedicato il loro tempo a questa esperienza<br />

di volontariato, ed hanno accettato<br />

questa grande sfida che si propone di porre<br />

la prima ed importante pietra per l’inizio<br />

della costruzione di un gruppo di laboratorio<br />

d’avanguardia, mai realizzato in una<br />

casa di reclusione.<br />

Fabrizio Giunta ci tiene anche a ringraziare<br />

la direttrice Lucia Castellano per<br />

la sua politica di trattamento avanzato, che<br />

propone importanti metodi riabilitativi<br />

nella prospettiva di avviare la popolazione<br />

detenuta al recupero della libertà.<br />

Michele De Biase<br />

I comici del “Gomitolo”<br />

carte<strong>Bollate</strong> 18


Teatro in carcere<br />

Fiori e dolori, ma soprattutto fiori<br />

In tournée a Bruxelles ospiti dell’ Unesco, autorità permettendo<br />

Michelina Capato, coordinatrice<br />

delle attività teatrali, parla dell’esperienza<br />

della cooperativa<br />

Estia: “I detenuti che partecipano al progetto<br />

sono tutti consapevoli di combattere con<br />

i confl itti in atto. Il fatto di avere responsabilità,<br />

di dirsi tutte le cose in faccia, è l’unico<br />

modo di costruire qualcosa, analizzare<br />

e valutare che l’obiettivo finale si avvicina.<br />

Può essere tutto bellissimo, ma non funziona,<br />

riconosci tutto quello che trovi e cerchi<br />

tutto quello che ti manca. Un elemento significativo<br />

è che il teatro è collettivo, è una<br />

responsabilità condivisa, che ci costringe a<br />

incoraggiarci a vicenda e sostenerci uno con<br />

l’altro per far funzionare il tutto. Il buon<br />

funzionamento si basa sulla capacità di<br />

avere fiducia reciproca e sull’affidabilità del<br />

gruppo”. Una grande soddisfazione è stata<br />

quella di essere invitati per il 28 ottobre<br />

2008 a fare uno spettacolo al congresso dell’Unesco<br />

che si terrà a Bruxelles, anche se è<br />

abbastanza remota la possibilità di ottenere<br />

tutte le autorizzazioni necessarie.<br />

Abbiamo chiesto ai giovani artisti come<br />

hanno vissuto questa esperienza e in che<br />

modo li aveva arricchiti. “La mia esperienza<br />

è cominciata come passatempo – dice Artur<br />

- col passare delle lezioni non vedevo l’ora<br />

che arrivasse il giorno del teatro per dimostrare<br />

tutto quello che avevo imparato: è<br />

una grossa gratificazione personale”.<br />

Per Carlos “è un percorso bellissimo.<br />

All’inizio ero un po’ imbarazzato, poi conoscendo<br />

i miei compagni mi sono aperto<br />

sempre di più. È molto faticoso, però ti da<br />

degli stimoli che a me erano sconosciuti: venendo<br />

qua la stanchezza svaniva, provando<br />

e riprovando vedevo i miei progressi. Sono<br />

soddisfatto, il teatro mi può dare un grosso<br />

insegnamento nella vita e mi ha consentito<br />

di stare a contatto con persone che mi hanno<br />

dato il loro insegnamento e alle quali<br />

sarò sempre grato”.<br />

Anche Massimo è soddisfatto: “Fare<br />

molti movimenti fisici ti aiuta a conoscere<br />

i tuoi limiti, a trovare armonia e a parlare<br />

solo col corpo. È una grande fatica, ti<br />

fa sputare sudore, però dopo torni e ti accorgi<br />

che ti fortifica sempre di più: è una<br />

stanchezza piacevole. Nessuno ti giudica<br />

per quello che eri, il rapporto con gli insegnanti<br />

ti da una marcia in più, il desi-<br />

dero di migliorare molto e di arricchire il<br />

tuo bagaglio personale e chissà, in futuro<br />

qualcuno di noi potrebbe anche aspirare a<br />

far parte di una compagnia e praticare in<br />

modo professionale il teatro”. Enzo ha scoperto<br />

di avere una passione fortissima per<br />

questa arte: “dico scoperto perché alle volte<br />

non ci rendiamo conto di quante cose interessanti<br />

siamo capaci di svolgere finché non<br />

emergono le potenzialità di ognuno di noi.<br />

Sto imparando ogni giorno di più a conoscere<br />

me stesso e i miei limiti, a rapportarmi<br />

con un gruppo e a condividere fiori e dolori:<br />

aiuta ad aprirsi al mondo e a non stare<br />

arroccato nei propri pensieri. Mi da gioia<br />

lavorare con gli atri, portando a termine il<br />

tutto con una rappresentazione dove puoi<br />

far affiorare le tue emozioni e riversarle sul<br />

pubblico. È uno scambio molto gratificante<br />

che ci da tantissime emozioni”.<br />

Michele De Biase<br />

Il progetto per un teatro<br />

‘in-stabile’ a <strong>Bollate</strong><br />

Il progetto prevede la fondazione di un Teatro ‘In-Stabile’ presso la Casa di Reclusione<br />

di Milano-<strong>Bollate</strong> che produca uno spettacolo dal vivo e due produzioni<br />

video all’anno. Lo scopo è quello di formare un teatro del tutto ‘normale’ anche<br />

se ‘dentro’, capace di produrre progetti artistici di qualita’.<br />

Obiettivo è rispondere al bisogno di inclusione dei detenuti che realizzano concretamente<br />

il progetto in una prospettiva di reinserimento professionale.<br />

Non solo: il fine è anche quello di favorire la massima diffusione di questa esperienza<br />

del tutto particolare la quale, proprio per la marginalita’ in cui si trova ad operare,<br />

ha la necessita’ di ‘aprire le porte’, quindi ospitare altre compagnie e, sia pure con le<br />

inevitabili complessita’ procedurali, mostrarsi al pubblico per un’adeguata diffusione<br />

territoriale. Per questo il progetto prevede l’aumento graduale del numero di repliche<br />

delle produzioni, e l’apertura dello spazio teatrale per sperimentazioni nazionali<br />

e internazionali in una maggiore osmosi tra esterno e interno. La promozione e la<br />

circuitazione esterna degli spettacoli prodotti è resa possibile anche facendo leva su<br />

accordi istituzionali impensabili fino a due anni fa. In piu’ le produzioni video previste,<br />

svincolate da limiti, possono essere meglio esportate ed essere ‘protagoniste’<br />

di lunghe tournee.<br />

Diversi i risultati attesi: tra questi vi è il consolidamento della capacita’ produttiva e<br />

organizzativa; lo sviluppo di adeguate strategie di promozione in riferimento sia alla<br />

dimensione di ospitalita’ del teatro per produzioni proprie e per compagnie ospiti,<br />

sia per rappresentare all’esterno gli spettacoli o i video realizzati dalla compagnia<br />

interna; l’ampliamento della collaborazione con enti pubblici dell’hinterland; apertura<br />

ad esperimenti formativi o artistici con universita’ e partner di ricerca europei;<br />

rafforzamento della capacita’ artistico produttiva. Il progetto, curato dalla cooperativa<br />

Estia, è finanziato dalla Cariplo per un importo di 20.000 euro.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 19


Dibattito promosso dalla redazione di “Ristretti Orizzonti”<br />

Incontro a Padova sull’informazione<br />

dal carcere e sul carcere<br />

La redazione di “Ristretti Orizzonti” promuove un dibattito tra coordinatori di giornali e di altre esperienze di informazione dal carcere<br />

che prenda spunto, come si legge nella lettera di invito giunta, naturalmente, anche a “carte<strong>Bollate</strong>”, “dall’acceso dibattito sulla<br />

pena e sul carcere su cui tanto peso hanno i media,” rilanciato da recenti avvenimenti di cronaca. In particolare “Ristretti Orizzonti”<br />

richiama le polemiche sulla legge Gozzini, “una buona legge che pochi continuano a difendere e che invece noi, giornali dal carcere, dovremmo<br />

eleggere quale simbolo di aggregazione e di una battaglia perché le carceri siano più decenti e chi ci sta dentro possa iniziare davvero<br />

un graduale percorso di reinserimento attraverso le misure alternative”.<br />

“Anche per questo – prosegue la lettera – riteniamo che il primo e fondamentale passo consista nell’unire le forze e come Federazione<br />

Nazionale dell’informazione dal carcere e sul carcere abbiamo organizzando il 10 <strong>dicembre</strong> scorso, nella nostra redazione interna alla Casa<br />

di reclusione di Padova, un incontro di lavoro dei coordinatori dei giornali e di altre esperienze di informazione dal carcere che ci permetta<br />

di condividere idee, eventuali iniziative e progetti da mettere in campo”.<br />

“È nostra intenzione – continua la lettera della redazione padovana – dare all’incontro un carattere pratico e abbiamo chiesto al Dipartimento<br />

dell’Amministrazione Penitenziaria di voler indicare – e di far intervenire alla giornata – un referente ministeriale che si occupi dei<br />

rapporti con la Federazione, al quale avanzare le richieste che di volta in volta si renderanno necessarie. Tra le altre cose l’incontro servirà<br />

anche: 1) a predisporre un progetto stabile che permetta alla Federazione di lavorare con continuità sull’informazione dal carcere e sul<br />

carcere 2) a individuare degli obiettivi comuni sui quali far sentire la nostra voce 3) a organizzare l’incontro della Federazione, che si svolge<br />

ogni anno a Bologna con il patrocinio dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, e predisporre un numero di Ristretti Orizzonti<br />

contenente gli articoli delle riviste che parteciperanno all’incontro o che comunque aderiscono alla Federazione 4) a “formare” i responsabili<br />

e i coordinatori delle varie riviste.<br />

Concerto rock al teatro di <strong>Bollate</strong><br />

Woodstock... ad occhi chiusi<br />

Oltre cento detenuti per i New Skiprag “Las Vegas Jam”<br />

Il suono che riusciva a tirare fuori dalla chitarra resterà ineguagliabile e l’atmosfera di Woodstock con Jimy Hendrix vestito di bianco sarà per sempre un sogno.<br />

Però se un gruppo, per una sera, lasciati i locali abituali della città decide di suonare in un carcere, il sogno può anche diventare realtà. È successo martedì sera,<br />

4 <strong>dicembre</strong>, nel teatro del carcere di <strong>Bollate</strong> dove, davanti oltre cento detenuti, si sono esibiti i New Skiprag “Las Vegas Jam” un gruppo milanese di rock e soul<br />

(Roberto Porro chitarra e voce, Giancarlo Brambilla chitarra, Fulvio Gatti batteria, Leonardo Pantaleo basso, Carlo Garofano tastiere).<br />

Il concerto è stato organizzato in prossimità delle feste di Natale da<br />

Maddalena Capalbi che ogni sabato, a <strong>Bollate</strong>, tiene un corso di scrittura<br />

creativa con la partecipazione di poeti come Milo de Angelis, Michelangelo<br />

Coviello e intellettuali come Nicola Miglino. La musica, soprattutto<br />

se rock, ha un appeal superiore ai versi ma il connubio potrebbe aprire<br />

strade interessanti e non a caso l’idea del concerto è venuta proprio al<br />

corso di poesia dove, per esempio, c’è un senegalese che scrive poesie in<br />

forma di rap. Anche se il repertorio proposto è stato quello dei Rolling<br />

Stones, di Jimy Hendrix, dei Dire Straits e di altre stelle del rock, in sala<br />

l’atmosfera non ha potuto essere come quella che si crea negli stadi o nei<br />

palasport. Il carcere, anche se sperimentale, resta sempre tale. Un duetto<br />

di chitarre elettriche, però, può far viaggiare molto al di là delle sbarre.<br />

Così è bastato chiudere gli occhi e gli accendini si sono ugualmente accesi<br />

creando il magico effetto di tante fiammelle agitate nel vento. È bastato<br />

chiudere gli occhi per ballare e saltare. È bastato il rock per sperare in un<br />

futuro diverso, leggero e allegro.<br />

M. C.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 20


Il Presepe della “Staccata”<br />

Betlemme ricostruita a <strong>Bollate</strong><br />

Un gruppo di detenuti lo ha realizzato in un mese di lavoro<br />

Rappresentazione della natività di Gesù, che viene allestita secondo le usanze in occasione del Natale e viene mantenuta sino all'Epifania. La<br />

tradizione ne fa risalire l'origine a Francesco d'Assisi, che realizzò un presepe a Greccio nel 1223.<br />

Elementi tipici del presepe sono la grotta o capanna in cui venne alla luce il Messia, e al suo interno il Bimbo nella mangiatoia, la Vergine<br />

con San Giuseppe, il bue e l'asino che scaldano l'aria col tepore dei loro aliti, i pastori adoranti, gli angeli osannanti e la cometa che indica la<br />

via ai Magi d'Oriente. I personaggi raffiguranti i tre re vengono aggiunti alla scena soltanto il giorno dell'Epifania.<br />

La realizzazione di presepi e dei loro singoli componenti – personaggi<br />

o scenari – costituisce uno dei settori più ricchi dell'arte<br />

popolare italiana, rappresentato da una vasta tipologia<br />

di oggetti e allestimenti, dai presepi in legno intagliato dell'Alto<br />

Adige a quelli in ceramica, in particolare napoletani, ai grandiosi<br />

presepi animati, perlopiù itineranti.<br />

Tipica di molte località è la rappresentazione natalizia del presepe<br />

vivente.<br />

In “staccata” abbiamo voluto accogliere questo Natale secondo<br />

la tradizione di San Francesco con il buono auspicio per tutti. Il<br />

presepe è stato elaborato con materiale riciclato, del polistirolo recuperato<br />

dagli involucri dei computer, modellati e grattati per dare<br />

le sembianze dei monti e delle case circostanti. È stato emulato un<br />

palazzo di Erode e il tutto assemblato e impregnato di colla vinilica<br />

impastata con gesso e cosparsa di sabbia mista a sassolini proprio per<br />

creare il colore naturale delle montagne. Una volta seccata, la struttura<br />

è stata dipinta cercando di dare stile e colore dell’oriente. Porte e<br />

infissi sono stati lavorati con legnetti delle cassette della frutta e rami<br />

secchi, utilizzati anche come fusti degli alberi. Le foglie, trattate con<br />

colla vinilica e colore verde per fissare la forma ed il colore sembrano<br />

dei rami delle palme. L’oasi è stata ricavata dal papiro, anch’esso<br />

tagliato a misura e fissato con colla e colore verde. I vari personaggi<br />

sono di fattura molto semplice: il corpo è un pezzetto di legno, posto<br />

su una base, la testa è stata modellata con della carta pesta, poi<br />

dipinta e vestita con dei ritagli di stoffa.<br />

Anche gli animali sono di carta pesta dipinta. Con una piccola<br />

pompa dell’acquario si è creato un laghetto con il suo sbocco di<br />

ripescaggio dell’acqua al di sopra del bacino... una cascata. Infine<br />

l’illuminazione, mista tra artigianale e comprata già in serie, completa<br />

il quadro della natività.<br />

Il tutto è stato realizzato da Alfredo Perri, con l’aiuto di Michele<br />

De Biase, Giuseppe Borgese, Raccagni Michael, Francesco Vegidi e<br />

con l’ausilio dell’art.3, il capo posto Mondello e l’assistente Costa.<br />

Alfredo Perri<br />

carte<strong>Bollate</strong> 21


NOTIZIE<br />

DAL<br />

Gran Bretagna, due carceri<br />

riservate agli stranieri<br />

GRAN BRETAGNA – Sono state riservate due prigioni a Canterbury (254<br />

letti) nel Kent, e nella contea dell’Essex (154), esclusivamente per i detenuti<br />

stranieri. Scopo. sveltire il rimpatrio forzato, appena espiata la pena e fornire<br />

ai reclusi un’assistenza più mirata, da quella linguistica alle pratiche<br />

per l’immigrazione. "È più facile farlo in un unico posto che disperdere gli<br />

specialisti in tutti i penitenziari del Paese", ha spiegato alla Bbc Anne Owers,<br />

ispettrice generale per il trattamento dei detenuti. L’idea è nata tenendo<br />

conto dell’alta percentuale di detenuti con turbe psichiche che non ricevono<br />

sostegno adeguato a causa delle barriere culturali e linguistiche.<br />

Il ministero della Giustizia del governo laburista ha dato notizia dell’iniziativa<br />

solo a posteriori e "incidentalmente", in un rapporto sulla salute<br />

mentale delle persone dietro le sbarre. Questi centri di reclusione costeranno<br />

– per singolo detenuto – il doppio di una normale prigione.<br />

Nel mondo politico londinese nessuno ha sollevato polemiche o proteste<br />

anti-xenofobe, ma il partito conservatore, all’opposizione, è perplesso:<br />

"Mentre due intere prigioni – ha detto il ministro-ombra della Giustizia,<br />

Nick Herbert – sono dedicate agli stranieri, il resto è stracolmo di gente. Il<br />

provvedimento che non risolve minimamente il problema a livello nazionale.<br />

Sarebbe meglio dare più spazi nelle prigioni, rimandando a casa un<br />

elevato numero di reclusi".<br />

Nelle celle del Regno Unito soggiornano undicimila stranieri, una percentuale<br />

elevata visto che in tutto i reclusi sono 81 mila e che c’è un grosso<br />

problema di sovraffollamento. Secondo il ministero degli Interni, i conservatori<br />

non devono preoccuparsi poiché la priorità rimane il rimpatrio dei<br />

detenuti stranieri. "Abbiamo avviato un piano – ha spiegato un portavoce<br />

del dicastero – per rimandarli nei loro Paesi ancor prima del processo". Il<br />

ministro della giustizia, David Hanson, ha spiegato che è stato sviluppato<br />

un accordo con un centinaio di Paesi stranieri per snellire le pratiche: "Nel<br />

2005 abbiamo rimpatriato 1.500 detenuti. Lo scorso anno 2.500. Quest’anno<br />

ci aspettiamo che il numero salga a 4 mila".<br />

In ogni carcere per stranieri ci sono cinque agenti del servizio immigrazione<br />

che si occupano solo delle procedure burocratiche. Se l’esperimento<br />

pilota delle due carceri avrà successo, altri centri di detenzione "only for<br />

foreigners" saranno inaugurati, visto che i detenuti stranieri abbondano, in<br />

particolare giamaicani (1.464) e nigeriani (1.061).<br />

Rivolta in carcere, 34 morti in Argentina<br />

BUENOS AIRES, 5 NOV. – Una rivolta di detenuti che hanno causato un<br />

incendio nel carcere maschile di Santiago del Estero (Argentina settentrionale)<br />

si è conclusa oggi con un bilancio di 34 morti e altri dieci feriti, di cui<br />

quattro in modo grave. I media argentini hanno mostrato prima le immagini<br />

drammatiche delle fiamme che si sono sprigionate in uno dei padiglioni<br />

e quindi il via vai di ambulanze che hanno fatto la spola fra il carcere e<br />

gli ospedali della zona per trasferire le vittime, molte delle quali decedute<br />

per ustioni o asfissia. Secondo quanto hanno denunciato dai familiari dei<br />

reclusi, molti dei decessi avrebbero potuto essere evitati se i vigili del fuoco<br />

fossero intervenuti prontamente sul posto, e non con un grave ritardo. La<br />

polizia della città ha annunciato nel pomeriggio che la rivolta era ufficialmente<br />

sotto controllo, anche se le tv "all news" argentine hanno indicato che<br />

carte<strong>Bollate</strong> 22<br />

anche in un altro padiglione del carcere una cinquantina di detenuti hanno<br />

appiccato il fuoco alle loro masserizie. Intanto a Formosa, capoluogo della<br />

omonima provincia settentrionale argentina, un detenuto è morto ieri nel<br />

corso di un'altra protesta contro la presunta paralisi del sistema giudiziario.<br />

Gli incidenti a Santiago del Estero sono scoppiati nel pomeriggio di ieri<br />

per cause che ad un giorno di distanza non sono state del tutto chiarite,<br />

al punto che il governo centrale ha deciso di inviare a Santiago del Estero<br />

una delegazione di esperti per collaborare con gli inquirenti. Fonti ufficiali<br />

hanno sostenuto al riguardo che un gruppo di detenuti ha cercato di fuggire<br />

dal padiglione numero 3 del carcere e che, vedendo fallire il tentativo, ha<br />

scatenato una rivolta appiccando il fuoco a materassi e coperte. La circostanza<br />

è però stata smentita decisamente dagli interessati in una lettera, di<br />

cui dà notizia l'agenzia di stampa Telam, e in cui si ribadisce che la parte più<br />

dura della protesta e l'incendio sono cominciati quando gli agenti di polizia<br />

penitenziaria hanno voluto reprimere una manifestazione per migliori condizioni<br />

di vita nel centro di detenzione che ospita oltre 500 persone.<br />

(ANSA)<br />

Disordini in Brasile, muoiono tre detenuti<br />

SAN PAOLO, 13 NOV. – Tre detenuti sono morti nel corso di disordini nel<br />

carcere di Recife, nello stato brasiliano del Pernambuco, dove sono scoppiate<br />

tre ribellioni in due giorni. Il penitenziario Anibal Bruno ha una capacità<br />

di 1.140 detenuti, ma ne ospita attualmente poco meno di quattromila. La<br />

prima rivolta, legata appunto alla sovrappopolazione del carcere, è scoppiata<br />

domenica, con un morto e oltre 40 feriti in liti tra diverse fazioni dei detenuti,<br />

ed è stata sedata dopo sei ore. Due padiglioni sono rimasti distrutti,<br />

peggiorando ancora l'affollamento di persone tra le mura della prigione. Ieri<br />

e all'alba di oggi sono scoppiati nuovi disordini, sedati solo con l'intervento<br />

della compagnia di operazioni speciali della polizia locale, che ha ucciso a<br />

manganellate due detenuti e ferito un centinaio. Oltre 700 detenuti saranno<br />

trasferiti in altri centri di detenzione.<br />

(ANSA)<br />

“Nuova legge per le madri in carcere”<br />

ROMA, 12 NOV. – "Bisogna giungere al più presto all'approvazione della<br />

proposta di legge che prevede misure alternative al carcere per le madri<br />

detenute, perché è inaccettabile che i bambini trascorrano un periodo fondamentale<br />

della loro vita in cella e con limiti di spazio intorno". Lo ha<br />

affermato il ministro delle politiche per la famiglia, Rosy Bindi, riferendosi<br />

a segnalazioni ricevute da alcuni carceri italiane. Per Bindi, le nuove norme<br />

sono necessarie "tanto più in condizioni di sovraffollamento, come nel<br />

caso della sezione femminile di Rebibbia. Questi piccoli stanno pagando un<br />

prezzo altissimo senza avere nessuna colpa. Per questo, in attesa della legge<br />

in discussione in Parlamento, vanno applicate senza esitazioni le norme che<br />

prevedono già dei benefici per le madri detenute, incentivando e rafforzando<br />

la soluzione delle case famiglia protette per le molte donne che provengono<br />

da situazioni abitative e familiari caratterizzate dal disagio, come tossicodipendenti,<br />

nomadi e immigrate, che costituiscono la maggioranza della<br />

popolazione carceraria femminile. In uno Stato davvero civile la soglia del<br />

carcere non deve essere più varcata da nessun bambino, a prescindere dalle<br />

responsabilità penali dei genitori".<br />

(ANSA)<br />

Record di bimbi al nido di Rebibbia<br />

ROMA, 12 NOV. – Nuovo record di presenze nel nido del carcere di<br />

Rebibbia Femminile: lo scorso fine settimana, infatti, c'erano 31 bambini e<br />

bambine di età compresa tra 0 e 3 anni insieme a 28 mamme (due hanno<br />

due gemelli) detenute nel carcere romano, mentre la capienza massima del


nido di Rebibbia è di 13 unità. L'allarme arriva dal Garante regionale dei diritti<br />

dei detenuti Angiolo Marroni, il quale segnala inoltre che sabato scorso<br />

sono stati avviati dei trasferimenti di donne e bambini in altre carceri d'Italia:<br />

sarebbero state trasferite quattro donne a Torino ed una Perugia con i<br />

figli al seguito. "Una situazione sgradevole per due motivi – ha spiegato il<br />

Garante Angiolo Marroni – il primo è che si tratta di detenute straniere in<br />

gran parte stanziate nella zona di Roma che, con il trasferimento, si vedono<br />

tagliare ogni legame con le loro famiglie. Il secondo è che non si è tenuto<br />

conto della delicata situazione dei bambini, molti dei quali frequentano<br />

l'asilo nido esterno del Comune e che sono coinvolti nelle iniziative dell'associazione<br />

di volontariato ‘A Roma Insieme’, che ogni sabato li porta fuori<br />

dal carcere per ridurre al minimo il loro impatto con il carcere”.<br />

A Rebibbia Femminile le 28 detenute madri sono quasi tutte straniere,<br />

in gran parte rom. In base alla legge, spiegano dall'Ufficio del Garante, i<br />

bambini da 0 a 3 anni possono stare in carcere con le mamme, ma al compimento<br />

del terzo anno di età è obbligatoria la scarcerazione dei minori, indipendentemente<br />

dalla pena che sta scontando la madre, con l'affidamento<br />

del piccolo a parenti o a soggetti esterni. In carcere i bambini trascorrono<br />

gran parte del loro tempo nella stanza dei giochi o nella zona verde. Alcuni<br />

di loro – fra mille difficoltà legate alle diffidenze delle mamme straniere<br />

– frequentano il nido del comune di Roma. Ai problemi dei minori se ne<br />

aggiunge, poi, un altro di tipo culturale. Alle detenute, infatti, sarebbe stato<br />

spiegato che se avessero affidato la custodia dei figli all'esterno potevano<br />

essere sistemate nella sezione comune di Rebibbia, evitando il trasferimento<br />

extraregione, ma molte hanno rifiutato per paura di perdere definitivamente<br />

i figli. “Nonostante l'impegno di operatori e volontari, i bambini vivono<br />

una situazione difficile anche per questi problemi di tipo culturale – ha<br />

detto Marroni – l'emergenza di queste ore, con mamme e piccoli trasferiti<br />

da una parte all'altra d'Italia senza tener conto dei legami anche affettivi che<br />

si erano creati tra i piccoli in carcere e con i volontari, dimostra ancor di più<br />

l'urgenza di prevedere, per le madri detenute, misure alternative alla detenzione<br />

e l'uso della carcerazione solo per reati gravi. Auspico – ha concluso<br />

il Garante – che il Parlamento approvi al più presto la proposta di legge su<br />

questo tema, già licenziata dalla Commissione Giustizia”.<br />

(AGI)<br />

Ambulanza<br />

Non per i detenuti e uno muore<br />

BARI, 9 NOV. – Con l'accusa di omicidio colposo la procura di Bari ha<br />

chiesto il rinvio a giudizio di due medici del carcere del capoluogo pugliese<br />

indagati per aver provocato la morte del detenuto Fabio Malinconico, avvenuta<br />

il 29 <strong>novembre</strong> 2004 al termine del suo trasferimento dal carcere di<br />

Bari a quello di Napoli-Secondigliano. Secondo l'accusa, i due medici – Pasquale<br />

Conti e Vincenzo De Marco – hanno omesso per colpa, dovuta ad<br />

imperizia e negligenza, di disporre che il trasferimento del pluripregiudicato<br />

leccese di 44 anni avvenisse a bordo di un'ambulanza, anzichè su una sedia<br />

a rotelle caricata su un mezzo furgonato. Il trasferimento – argomenta il pm<br />

inquirente Angela Morea nella richiesta di rinvio a giudizio – doveva essere<br />

fatto in ambulanza perché l'uomo era affetto da 'cardiopatia ischemica con<br />

pregresso infarto del miocardio e da morbo di Crohn ed igroma frontale.<br />

Malinconico giunse nel penitenziario di Secondigliano in stato di arresto<br />

cardio-respiratorio e morì sul colpo, nonostante le manovre rianimatorie<br />

praticate. Il detenuto era ritenuto personaggio di rilievo della criminalità salentina<br />

ed era in carcere dal luglio 1997: morì dopo aver chiesto inutilmente<br />

al tribunale di sorveglianza di Bari il permesso di continuare ad espiare la<br />

pena – 23 anni e due mesi di reclusione – nella sua casa di Lecce, a causa<br />

dei problemi cardiaci persistenti. Malinconico era stato arrestato prima per<br />

detenzione ai fini di spaccio di droga, e poi raggiunto in carcere da un'ordinanza<br />

di custodia cautelare emessa nell'operazione ‘Dedalo’ della polizia a<br />

carico di 44 persone coinvolte in traffici di droga:era accusato di essere uno<br />

dei capi e per questo era stato condannato a una pena rilevante. I giudici<br />

del tribunale di sorveglianza di Bari, il 9 <strong>novembre</strong> 2004, sulla base di un<br />

parere medico, ritennero che le condizioni di Malinconico erano compatibili<br />

con il regime carcerario e disposero il suo trasferimento in un carcere<br />

attrezzato per ospitare detenuti con problemi cardiaci, appunto quello di<br />

Secondigliano, dove Malinconico morì subito dopo l'arrivo.<br />

(ANSA)<br />

Settanta detenuti morti in carcere<br />

per cause naturali<br />

ROMA, 7 NOV. – Sono 70 i detenuti morti in carcere per cause naturali<br />

nel corso del 2007, a fronte degli 84 deceduti lo scorso anno. Il dato è<br />

stato fornito dal ministro per l'Attuazione del Programma di Governo Giulio<br />

Santagata, che ha sostituito al question time il Guardasigilli Clemente<br />

Mastella. Rispondendo a due distinte interrogazioni, Santagata ha affrontato<br />

i casi di Antonio Cordì, detenuto sottoposto al 41 bis, il quale, malato<br />

di cancro, ha ottenuto in agosto la sospensione provvisoria della pena dal<br />

magistrato di sorveglianza di Napoli per l'aggravarsi delle condizioni di<br />

salute, nonchè quello di Aldo Bianzino, il detenuto morto il 14 ottobre<br />

scorso nel carcere di Perugia. Sul caso Bianzino, in particolare, il ministro<br />

ha ricordato che "l'ipotesi della morte come conseguenza di una condotta<br />

colpevole, sia pure di natura esclusivamente omissiva, è uno dei temi delle<br />

investigazioni in corso" e che "il procuratore della Repubblica di Perugia<br />

ha comunque precisato che attribuire la causa della morte ad un evento<br />

patologico e/o violento costituirebbe attualmente affermazione imprudente,<br />

priva di supporto scientifico certo e non accreditata dal complesso delle<br />

indagini finora svolte".<br />

(AGI)<br />

Da otto anni vive sul letto<br />

del centro clinico di Rebibbia<br />

ROMA, 11 SETT. – Da 8 anni vive su un letto del centro clinico del carcere<br />

romano di Regina Coeli ed è condannato a stare in quella posizione 24 ore<br />

su 24. La storia di F., 67 anni uscirà domani sulla pagina di "Radio carcere",<br />

in edicola ogni mercoledì con il Riformista.<br />

“Da 8 anni – racconta il detenuto – vivo su un letto del centro clinico del<br />

carcere di Regina Coeli. Sono romano, e ho tanti anni ancora da scontare.<br />

Ma non sono condannato solo alla galera. Sono condannato a stare sempre<br />

a letto. Ventiquattro ore su ventiquattro dipendo da un detenuto, che mi<br />

aiuta a mangiare, a lavarmi e a cambiarmi il pannolone”. “Da 8 anni – prosegue<br />

F. – aspetto di essere operato. Non so da quanto tempo non mi faccio<br />

una doccia, non mi ricordo più l'ultima volta che mi sono messo un paio di<br />

scarpe e da 8 anni non faccio neanche l'ora d'aria. In attesa dell'operazione,<br />

avrei bisogno di un letto ortopedico e invece qui sto su una vecchia branda<br />

con un materasso di gomma piuma. Le piaghe da decubito mi massacrano<br />

il corpo e, quando devo cambiare posizione, mi aiuto con delle buste di plastica<br />

attaccate alla branda che uso come cinghie”. “Sono circa 80 i detenuti<br />

rinchiusi nel centro clinico del carcere di Regina Coeli – spiega Riccardo<br />

Arena, curatore del servizio – centro che è stato ristrutturato solo al terzo<br />

piano dove c'è una moderna sala operatoria, mentre il secondo e il primo<br />

piano restano vecchi e inadeguati. La direzione e il personale fanno di tutto<br />

per aiutare i detenuti malati, ma cosa possono fare in un carcere dell'800<br />

che è nato come convento”. “Occorre – propone Arena – chiudere Regina<br />

Coeli, che vale sul mercato milioni di euro, e investire quei soldi per una<br />

nuova struttura”.<br />

(AGI)<br />

carte<strong>Bollate</strong> 23


DOVE TI PORTEREI<br />

(Se non fossi qui)<br />

Le due facce del Perù<br />

Cronaca di un viaggio, dalla magia di Nazca e Cuzco<br />

all’inferno del Lurigancho<br />

Sono sempre stato affascinato dagli Egizi,<br />

Incas ed Aztechi ma non avrei mai immaginato<br />

quanto l’interesse per una di queste<br />

culture avrebbe contribuito a cambiare la mia<br />

vita.Allacciati le cinture stiamo per decollare...<br />

Lima ed il mistico Perù ci attendono.<br />

Purtroppo io non potrò più tornarci,<br />

ma vi accompagnerò volentieri in questo<br />

viaggio immaginario per farvi conoscere le<br />

due facce di questa terra intrigante.<br />

Il viaggio transoceanico è abbastanza<br />

lungo, ma le dodici ore da passare seduti in<br />

classe economica su un aereo sono il prezzo<br />

da pagare per poter vedere le meraviglie che<br />

si nascondono in quei luoghi.<br />

Touch down! Ci siamo: l’aereo ha toccato<br />

terra. L’aeroporto è situato nel barrio<br />

(quartiere) del Callao dove c’e anche il porto<br />

marittimo. Il percorso in taxi per arrivare<br />

in città mette subito in risalto l’architettura<br />

spagnoleggiante che caratterizza quasi tutte<br />

le città del Centro e Sud America dovuta alla<br />

lunga permanenza spagnola in questa parte<br />

del mondo. Ci si rende conto immediatamente<br />

del miscuglio di razze che popolano questo Paese:<br />

bianchi, neri, mulatti, indios, creoli, asiatici e<br />

tutti i tipi di miscugli, vivono in perfetta armonia<br />

senza alcuna discriminazione.<br />

I modi di vestire sono anche assai difformi<br />

tra loro oltre che pittoreschi e folcloristici. Ecco,<br />

guarda: là c’è un manager in giacca e cravatta,<br />

mentre poco più in là c’è una india che porta il<br />

suo bimbo in una sacca sulla schiena. La sua gonna<br />

è variopinta. Le lunghe trecce nere sbucano<br />

dal suo cappellino tipico.<br />

Le vie brulicano di gente, ma anche e soprattutto<br />

di macchine, bus e micros (una sorta<br />

di bus in miniatura). L’odore dell’aria è reso acre<br />

dallo smog: potrei riconoscere il Sud America<br />

anche bendato, semplicemente annusando l’aria!<br />

I semafori per le strade, poi, sono semplicemente<br />

un abbellimento, perché nessuno li rispetta. Gli<br />

incroci diventano un pittoresco caos, dove gli<br />

automobilisti si scambiano insulti e frasi sconce<br />

sulle rispettive mamme, senza però creare nervosismo<br />

o arrivare a liti. Oltre ai rumori dei clacson,<br />

l’atmosfera è piena di musica: ogni negozio, dal<br />

più piccolo al più grande tiene, infatti, lo stereo a<br />

palla diffondendo ritmi di salsa e merengue.<br />

Durante il tragitto, se sei un “gringo” (e noi<br />

per loro lo siamo, in quanto stranieri bianchi)<br />

è molto facile che il taxista ti offra una vasta<br />

gamma di prodotti, leciti, ma soprattutto illeciti:<br />

quindi prostitute, coca, marijuana etc. etc.<br />

Occhio, non lasciamoci coinvolgere dalla troppa<br />

disponibilità perché è facile che dopo l’acquisto<br />

si possa ricevere la visita della polizia.... Ahia che<br />

dolor... Finalmente siamo arrivati all’hotel. Ho<br />

scelto il barrio di Miraflores in quanto, essendo<br />

popolato da persone di un rango sociale un po’<br />

elevato, è più sicuro. Però anche San Isidro e las<br />

Molinas non sono da meno, anzi.<br />

Se non fosse che dovremo sostare solo per<br />

alcuni giorni a Lima, avrei optato per l’affitto<br />

di una casa in quanto più economico, sicuro e<br />

comodo. Il tempo di prendere possesso della camera<br />

e di una doccia rinfrescante e ci rivediamo<br />

nella hall per andare a sgranocchiare qualcosa,<br />

ho una fame...<br />

Ti porto alla “Costa Verde”, ristorante che<br />

prende il nome dall’omonimo barrio, situato giù<br />

dal mallecon, sulla spiaggia in pratica di fronte<br />

al mare. Il sottofondo musicale è gradevole, las<br />

chicas ( le ragazze) con un delizioso perenne sorriso<br />

sulle labbra ci fanno capire immediatamente<br />

quanto se la tirino le nostre compaesane, a questo<br />

punto il menù rischia di passare in secondo piano<br />

e sarebbe un peccato. La cucina peruviana è<br />

molto ricca di ricette variegate. Ti consiglio di<br />

cominciare con un ceviche di mariscos: frutti di<br />

mare marinati al succo di lime dei caraibi, aglio,<br />

coriandolo, peperoncino piccantissimo, cipolla<br />

tagliata a velo, il piatto è terminato con alghe<br />

marine, patata dolce, patata normale e mais bolliti<br />

logicamente. Poi potremmo proseguire con<br />

una zuppa di tartaruga marina ( una vera delizia)<br />

e per finire con dei bocconcini di baccalà impanati<br />

e fritti....<br />

È ora di organizzarci per partire per Nazca,<br />

per vedere gli immensi e famosi disegni (linee<br />

di Nazca) che si estendono nell’altopiano di una<br />

cinquantina di chilometri tra Nazca e Palpa,<br />

tracciati asportando sassi dall’arido terreno<br />

desertico della zona e visibili solo dall’aereo.<br />

Ok, il giorno è arrivato. Stiamo andando<br />

verso Nazca con un’auto noleggiata. Se hai<br />

fame, lungo il tragitto, possiamo fermarci a<br />

mangiare un tamales venduto dagli ambulanti.<br />

Sono dei deliziosi fagottini di polenta,<br />

avvolti in foglie di mais e ripieni di formaggio<br />

o di pollo o di una salsa di carne piccante<br />

che chiamano “Aji ”. E ci beviamo sopra una<br />

Chicha morada, una bibita moderatamente<br />

alcolica a base di mais scuro fermentato. Da<br />

Lima si arriva a Nazca in 4-5 ore, dipende<br />

dal traffico e dal ritmo personale.<br />

Ci dirigiamo al piccolo aeroporto: eccolo<br />

lì l’aereo, è un monomotore a elica da<br />

otto posti, costo del biglietto: 100 $ americani.<br />

Mi sembra un po’ sgangherato: speriamo che ci<br />

riporti a terra incolumi. Il volo dura mezz’ora.<br />

Dall’alto possiamo vedere il pappagallo lungo<br />

più di 180 metri, il colibrì, il condor e l’enorme<br />

ragno di circa 45 metri. Ma sono solo alcuni dei<br />

circa 800 disegni formati dalle oltre 13.000 linee<br />

presenti nell’area. C’è da rimanere a bocca aperta,<br />

credimi. Chissà perché i Nazca (civilizzazione<br />

pre-incaica) avranno mai fatto questi disegni:<br />

è strano che si possano ammirare solo dall’alto,<br />

mentre da terra sono irriconoscibili. La leggenda<br />

dice che li avessero fatti per dare il benvenuto ai<br />

visitatori che arrivavano dal cielo. Extraterrestri<br />

Anche questo fa parte del mito e noi non lo sapremo<br />

mai.<br />

In fondo gli odierni cerchi nel grano avvistati<br />

in Inghilterra e da altre parti del mondo ci<br />

richiamano un po’ allo stesso mistero.<br />

Prima di riprendere il viaggio diretti a Ica, ci<br />

fermiamo a mangiare una pachamanca, un’antica<br />

ricetta locale che richiede una laboriosa preparazione.<br />

Il forno è ricavato scavando una buca<br />

nel terreno nella quale si gettano delle braci che<br />

vengono poi ricoperte con sassi di granito. Su<br />

questa graticola di pietra si dispongono foglie<br />

di banano sulle quali vengono adagiate carne e<br />

patate. Poi un altro strato di foglie, sassi e braci.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 24


A questo punto la buca viene ricoperta di terra e<br />

dopo circa un’ora il pranzo è servito, basta scavare...<br />

Mamma che buono!<br />

Dai, andiamo che è tardi e per arrivare a Ica<br />

ci vogliono ancora quattro ore di viaggio. Arriviamo<br />

che è sera, giusto in tempo per cercare un<br />

albergo. Uno vale l’altro, tutti abbastanza economici<br />

e dello stesso livello.<br />

Ica è famosa per i suoi vigneti, quindi meglio<br />

andarci in tempo di vendemmia perché c’è<br />

una bellissima festa del vino. Qui si beve bene,<br />

ottimo Cabernet e anche il Pisco che è in pratica<br />

un’ottima grappa. Il ritorno a Lima prosegue<br />

senza intoppi, ancora qualche ora e potremo riposarci<br />

per qualche giorno prima di partire per<br />

Cuzco che è l’antica capitale Incas e da lì per Machu<br />

Picchu la splendida città dei sacerdoti su un<br />

cucuzzolo delle Ande. Eccoci di nuovo a Lima la<br />

caotica capitale di questo stupendo paese, domani<br />

andremo a visitare il “Museo de oro”.<br />

È meraviglioso non trovi Pensa che tutti<br />

questi reperti archeologici sono solo frammenti<br />

in confronto a tutto l’oro che Francisco Pizarro è<br />

riuscito a derubare agli Incas. Si narra che quando<br />

imprigionò il re Inca per liberarlo chiese ed<br />

ottenne di farsi riempire una stanza d’oro, però<br />

dopo, lui lo uccise ugualmente. Quella là è la famosa<br />

porta de oro totalmente in oro massiccio,<br />

poi collari, bracciali, monili ed oggetti usati per<br />

i rituali o addirittura per operazioni chirurgiche,<br />

tutto incredibile. Bellissimi quei boccali (huacos)<br />

che riproducono delle pose erotiche, una specie<br />

di kamasutra in terra cotta. Mica scemi gli Incas:<br />

così tra una bevuta e l’altra non si dimenticavano<br />

che posa adottare!! Per cena andremo alla”Rosa<br />

Nautica” un ristorante nel bel mezzo dell’oceano<br />

nel vero senso della parola in quanto per arrivarci<br />

si deve percorrere una passerella di circa cento<br />

metri che si addentra appunto nel mare, guardando<br />

dalle finestre poi, sembra di essere seduti<br />

in barca: molto bello e romantico se ci si va in<br />

dolce compagnia. Una crema di gamberi ed un<br />

pesce al forno accompagnati da un buon vino<br />

bianco è l’ideale per non appesantire troppo il<br />

sonno. Finalmente si va a Cuzco, questa è la parte<br />

del viaggio più affascinante. In un’ora di volo<br />

saremo nell’antica capitale del Perù, quella che è<br />

stata la città più importante delle Ande oltre che<br />

la città abitata più antica di tutte le Americhe. Se<br />

hai l’impressione di mancanza d’aria non preoccuparti:<br />

è del tutto normale infatti qui siamo a<br />

3.400 metri di altezza. Quelle vecchie mura di<br />

enormi massi perfettamente incastrati tra loro<br />

sono l’antico muro di cinta<br />

della città, ci fanno rendere<br />

conto di quanto questa civilizzazione<br />

fosse organizzata ed<br />

avanzata. Infatti ancora oggi<br />

gli studiosi non riescono a<br />

dare una spiegazione di come<br />

abbiano potuto trasportare,<br />

tagliare ed incastrare massi di<br />

quella grandezza. In una delle<br />

vie, seduta su di una variopinta<br />

alfombra (tappeto) una<br />

india vende vari ricavati della<br />

coca, il famoso mate de coca<br />

e tanti altri prodotti come anche<br />

le foglie. Può sembrare incredibile<br />

invece la sua vendita<br />

è totalmente lecita però solo al di sopra dei mille<br />

metri di altezza, infatti chochar (masticare) la foglia<br />

di coca aiuta ad ovviare a tutti gli scompensi<br />

creati dall’altezza e dalla conseguente rarefazione<br />

dell’aria. Ahia la coca, gioia e dolore per tanti che<br />

come me si sono buttati nel suo traffico illecito.<br />

Pensa che anch’io avevo cominciato un viaggio<br />

che doveva essere solo di piacere, per conoscere<br />

questa terra piena di storia e mistero. Poi ho conosciuto<br />

anche l’altro Perù, quello dei raccoglitori<br />

di foglie, quello delle cascine<br />

dove si trasformano le foglie<br />

in pasta basica e quelle di trasformazione<br />

della pasta basica<br />

in cocaina. Poi i narcos e tutto<br />

il loro mondo. Purtroppo ad<br />

un certo punto il mio viaggio<br />

terminò al Lurigancho che è<br />

il penitenziario più grande del<br />

Perù: situato nella periferia di<br />

Lima, una storia incredibile<br />

che ha marcato e cambiato<br />

la mia vita per sempre. Ecco<br />

la ragione per cui ti posso accompagnare<br />

solo idealmente<br />

in questo viaggio.<br />

Ma torniamo alle meraviglie<br />

di questa città, un misto<br />

di architettura pre-cristiana e coloniale, infatti<br />

nella piazza principale (Plaza de Armas) ai lati<br />

dei palazzi che furono dei sovrani Inca si erge la<br />

Cattedrale voluta e fatta costruire da Francisco<br />

Pizarro subito dopo aver conquistato la città.<br />

I vari panorama che si possono ammirare da<br />

questa città ed i suoi dintorni sono mozzafiato,<br />

il paesaggio è unico per quei suoi picchi caratteristici.<br />

Si intravede anche l’incredibile tragitto del<br />

trenino che porta al Machu Picchu, dico incredibile<br />

perché invece di salire sul lato della montagna<br />

in maniera convenzionale, questo trenino<br />

dotato di due motrici sale a zig zag sino ad arrivare<br />

alla “città perduta degli Inca”.<br />

Il tragitto, della durata di due ore circa, è<br />

tutt’altro che noioso. Accanto a te puoi trovare<br />

indias che portano con loro galline, conigli ed<br />

animali quasi domestici, per non parlare dei venditori<br />

di aria; non scherzo, vendono aria nel vero<br />

senso della parola, infatti quel tipo là con quella<br />

specie di palla contenitore gialla, per pochi Sol<br />

(moneta locale) ti soffia in bocca l’aria che ti viene<br />

a mancare a causa dell’altezza. Tutto molto<br />

buffo e pittoresco. Eccoci, questa città è uno<br />

sballo, semplicemente incredibile per bellezza di<br />

ubicazione, planimetria e per le sue rovine che<br />

quasi si raccontano da sole. Poi il panorama....<br />

Dai andiamo ci tocca un’ultima fatica quella<br />

di arrampicarci su per gli oltre settecento gradini<br />

per raggiungere il Tempio del Sole, la scalinata è<br />

molto ripida stiamo attenti a non scivolare, potremmo<br />

ritrovarci col culo molto dolorante se<br />

dovessimo scendere in quella maniera poco ortodossa...<br />

L’impressionante vista che da qui si ha<br />

sulla sottostante valle dell’Urubamba, circa 400<br />

metri più in basso, a strapiombo, non posso descriverla,<br />

c’è solo un modo per poterla concepire:<br />

vederla.<br />

Ecco, da qua su finisce il mio racconto, dal<br />

Tempio del Sole, l’astro che il popolo di questo<br />

regno venerava. Costruirono qui in questa zona<br />

circa tremila anni fa la loro capitale Cuzco e la<br />

città sul Machu Picchu ai piedi del tempio, perché<br />

la leggenda dice che a rivelare loro il luogo<br />

esatto fu proprio il Dio Sole ( Inti ) esattamente<br />

da dove idealmente io ti sto salutando e da dove<br />

mi piacerebbe che tu cominciassi a raccontarmi<br />

la tua storia.<br />

Francesco Ribezzo<br />

carte<strong>Bollate</strong> 25


Made in <strong>Bollate</strong><br />

Ma che bella pensata!<br />

Le proposte dei detenuti per cambiare la qualità della vita in carcere<br />

Spesso i giornali fatti in carcere raccolgono<br />

critiche e lamentele dei detenuti: è quello<br />

che facciamo anche noi, ogni volta che un<br />

problema emerge. Ma vorremmo anche dimostrare<br />

che i detenuti sono cervelli pensanti, in grado<br />

di fare proposte costruttive e di far circolare idee,<br />

dentro e fuori dal carcere. Aiutateci a farlo, mandando<br />

alla nostra redazione qualche suggerimento<br />

per progetti o anche piccole iniziative che potrebbero<br />

essere attuate per migliorare la vita di tutti.<br />

Impariamo a produrre<br />

energia pulita<br />

Nella casa di reclusione di <strong>Bollate</strong> ci sono le<br />

condizioni per precorrere i tempi in tutto, anche<br />

nella formazione di nuove figure professionali<br />

fortemente richieste, purché questa formazione<br />

sia realmente finalizzata alla creazione di posti di<br />

lavoro per i detenuti.<br />

Si è appena concluso un corso per installatori di<br />

pannelli fotovoltaici, ma altre iniziative potrebbero<br />

essere promosse, sempre nel solco della produzione<br />

di energia pulita.<br />

Questo istituto ad esempio meritava di essere scelto<br />

dal Dap nel progetto di risparmio energetico<br />

che un gruppo di lavoro, istituito nel 2004, sta<br />

portando avanti. Uno di questi progetti è quello<br />

di dotare alcuni istituti penali di impianti di cogenerazione<br />

che consentano la produzione combinata<br />

di energia elettrica e termica, razionalizzando<br />

l’uso dell’energia primaria rispetto a processi che<br />

producono separatamente elettricità e calore. Per<br />

realizzare il progetto ci si affida a un’azienda che<br />

finanzia i lavori, fornendo la tecnologia. Il risparmio<br />

energetico, che si aggira attorno al 30-40 %<br />

della spesa attuale, è già sufficiente ad ammortizzare<br />

i costi di impianto. In alcune carceri del<br />

Piemonte, dell’Emilia Romagna e della Toscana si<br />

sono già appaltati i lavori e probabilmente il Dap<br />

estenderà l’esperienza anche in Lombardia. Ma<br />

perché aspettare Ci sono imprese che subappaltano<br />

i lavori a cooperative sociali, che impiegano<br />

anche detenuti e una giusta sinergia tra corsi di<br />

formazione sulle nuove tecnologie e l’attività di<br />

questo tipo di cooperative porterebbe al duplice<br />

risultato di risparmiare energia e di creare sbocchi<br />

professionali per i detenuti in libertà. Lo stesso<br />

Dap intende installare pannelli solari in 15 istituti<br />

penali, grazie a un finanziamento di circa 750<br />

mila euro del ministero per l’ambiente Il progetto<br />

prevede anche corsi di formazione per detenuti,<br />

che con queste competenze avrebbero maggiori<br />

possibilità di accesso al mercato del lavoro. Molti<br />

di noi vogliono riscattarsi e sono in grado di<br />

dimostrare, quando ne hanno l’opportunità, che<br />

possono svolgere anche attività qualificate.<br />

Adriano Pasqual<br />

Buoni come il pane<br />

A <strong>Bollate</strong> si è realizzato l’obiettivo della piena<br />

occupazione, ma spesso, le attività lavorative<br />

che svolgiamo in carcere non ci consentono di<br />

imparare un mestiere e di costruirci una nuova<br />

identità professionale. Abbiamo le serre, i corsi<br />

per artieri, il catering o i corsi per elettricisti, che<br />

impegnano però un numero ristretto di detenuti.<br />

La maggior parte è impiegata al call center, ma<br />

non si può dire che questo tipo di attività potrà<br />

aiutarci a trovare un lavoro dopo la scarcerazione:<br />

al massimo potremo ingrossare l’esercito dei<br />

precari che fluttuano in un mercato del lavoro<br />

estremamente instabile. Tra l’altro, se la Wsc che<br />

è l’azienda che gestisce questi call center, andasse<br />

in crisi, avremmo una disoccupazione di massa.<br />

Non si potrebbero diversificare maggiormente<br />

le attività lavorative e ad esempio fare anche qui,<br />

come avviene nel carcere di Opera, un corso per<br />

panettieri e avviare una produzione di pane destinata,<br />

oltre che a detenuti e dipendenti della Casa<br />

di reclusione di <strong>Bollate</strong>, anche all’esterno<br />

Alessandro De Luca<br />

Perché l’Avis ci ignora<br />

Sono sempre stato un donatore di sangue e mi<br />

chiedo perché l’Avis non prenda in considerazione<br />

noi detenuti.<br />

Se effettuasse prelievi anche in carcere, raggiungeremmo<br />

un duplice obiettivo: noi, oltre a fare<br />

una buona azione, saremmo costantemente monitorati<br />

e l’Asl potrebbe abbattere dei costi, dato<br />

che questi controlli sarebbero a carico dell’Avis.<br />

Forse c’è qualche norma legislativa che vieta ai<br />

detenuti di essere donatori di sangue o qualche<br />

precauzione sanitaria che lo sconsiglia, ma dato<br />

che donare il sangue è una scelta volontaria e<br />

individuale si potrebbe verificare se c’è questo tipo<br />

di disponibilità.<br />

Enrico Lazzara<br />

Dentista volontario cercasi<br />

Sull’ultimo numero di “carte<strong>Bollate</strong>” abbiamo<br />

fatto un’inchiesta sulla sanità carceraria, dalla<br />

quale è emerso che uno dei problemi più gravi<br />

è la carenza di medici dentisti. Molti problemi<br />

all’interno del carcere vengono risolti ricorrendo<br />

al volontariato.<br />

Non si potrebbe, anche in questo caso, rivolgersi<br />

all’Ordine dei medici, oppure ad associazioni di<br />

volontariato medico, come il Naga o Emergency<br />

per sapere se ci sono dentisti disposti a fare<br />

volontariato in carcere<br />

La Redazione di “carte<strong>Bollate</strong><br />

Mettiamo dei fiori<br />

nei nostri reparti<br />

I “Giganti” cantavano: “Mettete dei fiori nei<br />

vostri cannoni”.<br />

Noi ci accontenteremmo di un po’ di fiori nei<br />

nostri reparti. In carcere abbiamo le serre e le<br />

attività di giardinaggio di “Cascina <strong>Bollate</strong>”.<br />

Forse potremmo chiedere ai detenuti che svolgono<br />

queste attività, di prestarci strumenti e competenze<br />

per create degli angoli verdi in ogni reparto,<br />

con la speranza di ottenere due risultati: abbellire<br />

il carcere, anche nelle aree più grigie e convincere<br />

quei detenuti che hanno la pessima abitudine di<br />

gettare dalla finestra qualunque porcheria a rispettare<br />

uno spazio che è di tutti.<br />

Francesco Ribezzo<br />

carte<strong>Bollate</strong> 26


Risponde la direttrice Lucia Castellano<br />

Ottima idea, si può fare...<br />

Energia pulita in programma per il 2008. Ok il panificio, ma ci vuole uno sponsor<br />

Apprezzo molto questa iniziativa di<br />

“carte<strong>Bollate</strong>” che mi consente di dialogare<br />

con i detenuti, non solo sulle cose che non<br />

vanno, ma anche sulle iniziative che potrebbero<br />

essere promosse per vivere un po’ meglio all’interno<br />

del carcere. Purtroppo non tutto quello che<br />

viene proposto può essere realizzato perché, per<br />

quanto banale possa sembrare questa affermazione,<br />

è pur vero che tra il dire e il fare c’è sempre<br />

in mezzo un mare di ostacoli, di impedimenti<br />

burocratici e soprattutto di risorse economiche<br />

non facilmente reperibili, ma mi impegno a<br />

prendere in considerazione questi suggerimenti e<br />

ad utilizzarli.<br />

Partiamo dall’idea di produrre energia pulita<br />

a <strong>Bollate</strong>. È un progetto bellissimo, avveniristico,<br />

ma non impossibile ed è una delle iniziative<br />

che stiamo valutando con l’ingegnere Luciano<br />

Bavestrelli, che è il nostro consulente aziendale.<br />

Pensiamo di metterlo nel planning del 2008 e di<br />

realizzarlo, spero, in tempi accettabili, che però<br />

non dipendono solo dalla nostra volontà.<br />

Anche l’idea di creare un panificio è molto<br />

bella e si potrebbe forse sposare con le attività del<br />

catering. Sicuramente rientrerà tra le proposte da<br />

valutare, ma in primo luogo bisogna trovare un<br />

finanziatore che sia disposto a investire in questa<br />

iniziativa e ad assumere detenuti che svolgano<br />

questo lavoro. Il problema di reperire gli spazi<br />

potrebbe essere risolto con un po’ di buona<br />

volontà, dato che non mancano spazi utilizzabili,<br />

ma si tratta di capire bene che mercato potrebbe<br />

avere un panificio: sicuramente consentirebbe a<br />

tutti noi, detenuti e dipendenti, di mangiare un<br />

pane migliore, ma questa cerchia di utenti probabilmente<br />

non sarebbe sufficiente a coprire i costi.<br />

Si tratta quindi di valutare, in termini economici,<br />

la fattibilità di questo progetto per non mettere<br />

in piedi cose che nascono come funghi, ma che<br />

falliscono perché non hanno mercato. Però è una<br />

bella idea. L’Avis non ci ignora affatto e fino a<br />

poco tempo fa l’ospedale Sacco si occupava dei<br />

prelievi del sangue. Adesso hanno interrotto il<br />

servizio e verificheremo il perché. Certamente<br />

non c’è nessun divieto e vedremo in che modo<br />

è possibile riattivarlo. È invece molto complicato<br />

utilizzare medici volontari in carcere, perché gli<br />

ostacoli burocratici sono tanti e insormontabili.<br />

Ma la direzione si impegna a verificare l’efficienza<br />

del servizio odontoiatrico, che dovrebbe essere<br />

garantito e soddisfacente, anche senza ricorrere al<br />

volontariato. È molto carina pure l’idea di creare<br />

dei giardini attorno ai reparti, ma qui c’è un problema<br />

economico. Se i detenuti vogliono organizzarsi<br />

autonomamente, chiedendo, fuori dagli orari<br />

di lavoro, la collaborazione ai loro compagni della<br />

cooperativa “Cascina <strong>Bollate</strong>” è possibile farlo. Io<br />

sarei molto contenta se il lavorante che ogni mattina<br />

deve occuparsi di pulire l’area che circonda i<br />

reparti dalle schifezze che vengono gettate dalle<br />

finestre, potesse invece essere impiegato per annaffiare<br />

i fiori. Questo è il contributo che può venire<br />

dalla direzione del carcere. Il resto dovrebbe essere<br />

affidato all’autogestione e all’iniziativa dei detenuti<br />

e ben venga se ci sarà questa disponibilità.<br />

Lucia Castellano<br />

Il nuovo sito Internet<br />

Vai in galera con un clic: www.carcerebollate.it<br />

Nel web una visita guidata a tutte le attività che si svolgono nella casa di reclusione<br />

Ora siamo anche noi nel web. Eravamo<br />

presenti all’inaugurazione del sito on<br />

line del carcere di <strong>Bollate</strong> e a dire il vero<br />

c’erano giornalisti delle più importanti testate<br />

italiane, ma ci ha molto stupito che non abbiano<br />

scritto neanche una riga al riguardo. Eppure era<br />

importante far sapere l’utilità di questo servizio<br />

ai famigliari di quei cinquecento detenuti che<br />

risiedono qui. Ma forse erano venuti solo per<br />

curiosità e tornati in redazione hanno deciso che<br />

non c’era notizia. La direttrice Lucia Castellano e<br />

il comandante Ennio Costa hanno presentato in<br />

modo molto dettagliato tutto quello che adesso,<br />

con un semplice clic, chiunque può vedere.<br />

Hanno spiegato cos’è il “Progetto <strong>Bollate</strong>” e parlato<br />

della convivenza, dentro alle mura, tra polizia<br />

penitenziaria e detenuti, cercando di mettere in<br />

evidenza, ora che tanti tabù sono caduti, qual è<br />

la vera realtà del carcere e lo sforzo giornaliero per<br />

far funzionare tutto alla perfezione, rispettando<br />

i diritti di tutti. Un link consente ai famigliari<br />

di trovare le notizie utili: informazioni sui mezzi<br />

pubblici che portano qui, gli uffici ai quali rivolgersi<br />

per chiare informazioni sugli orari di visita<br />

e sulla documentazione che serve per venire a<br />

trovare un parente, la dislocazione di tutti i vari<br />

reparti e le varie aree lavorative e scolastiche.<br />

Cliccando su una certa area si può vedere l’interno:<br />

le sale dove i detenuti passano un’ora con le<br />

famiglie, la ludoteca riservata ai bambini, attrezzata<br />

con giochi e aree di svago, la sala affettività<br />

dove un detenuto può trascorrere 3 ore coi propri<br />

figli consumando una cena e giocando con loro,<br />

l’area trattamentale, centro vitale del percorso di<br />

ogni detenuto, gli uffici degli educatori, le scuole<br />

medie e superiori, la biblioteca, i corsi borse lavoro,<br />

il centro organizzativo di tutte le iniziative,<br />

passaggio obbligatorio per tutti i benefici regolati<br />

dall’articolo 21, permessi premio ecc.<br />

Un’altra area è riservata alle attività lavorative delle<br />

ditte che portano il lavoro all’interno del carcere:<br />

A <strong>Bollate</strong> l’80% dei detenuti lavora, occupato<br />

presso la WSC smistamento fax, Telecom, Ikea,<br />

Dea, call center, rigenerazione telefoni, Out sider,<br />

Nova spes, PC Det, Rai, Coperative di catering,<br />

la “Cascina <strong>Bollate</strong>” con serre di produzione di<br />

ortaggi e piante, la falegnameria e un’ area riservata<br />

al corso di artiere e stalliere con 5 cavalli<br />

C’è la compagnia teatrale formata da attori detenuti,<br />

che ogni anno rappresentano spettacoli ad<br />

un pubblico interno ed esterno.<br />

Il nostro giornale, “carte<strong>Bollate</strong>” che da voce a<br />

tutti i problemi del carcere, con una redazione<br />

composta da detenuti e volontari, non è ancora<br />

on line con gli ultimi numeri, ma presto sarà<br />

consultabile anche via Internet..<br />

La “Notte bianca” ha aperto <strong>Bollate</strong> a 400 visitatori,<br />

ma adesso, almeno virtualmente, tutto<br />

il carcere sarà costantemente aperto e chiunque<br />

abbia voglia di scoprire come è fatto all’interno, si<br />

potrà divertire a scrutare e valutare tutto il lavoro<br />

che viene fatto per reinserire il detenuto.<br />

Michele De Biase<br />

carte<strong>Bollate</strong> 27


Calcio:<br />

Per quest’anno niente trasferte<br />

Ma speriamo che per il 2008 la nostra squadra possa giacare fuori casa<br />

Sono tramontate le speranze di vedere i detenuti della C.R.<br />

<strong>Bollate</strong> impegnati in una partita fuori dalle mura. Ma qualcosa<br />

si può fare, almeno per il campionato 2008.<br />

Nello scorso numero avevamo parlato di una riunione, fatta<br />

con la Direzione, nella quale si erano aperti alcuni spiragli circa<br />

la possibilità che alcuni dei nostri compagni potessero usufruire<br />

dell’Articolo 30-ter (quello che consente ai giocatori di uscire dal<br />

carcere, accompagnati dagli agenti di polizia penitenziaria, per<br />

giocare a calcio).<br />

Purtroppo questi spiragli sembrano essersi chiusi. Per questo<br />

campionato – ormai è certo – la squadra formata dai detenuti non<br />

potrà uscire a giocare le partite in trasferta. Squadra e allenatore si<br />

sono però accordati per mettere quest’anno le basi per un campionato<br />

dignitoso nel prossimo. Che cosa s’intende Che ci piacerebbe<br />

che o tutte le partite venissero disputate nel campo interno al carcere<br />

o ai detenuti (quelli che siano nei termini, s’intende) venisse data<br />

la possibilità di giocare anche le partite all’esterno.<br />

In questo senso ci sentiamo di lanciare un appello alla direzione,<br />

per una serie di motivi. Se è vero che questo progetto non porta<br />

profitti economici, giocare a calcio permette ai detenuti di sfogare<br />

le tensioni che si accumulano in carcere, e di lasciare dietro le spalle<br />

– nei giorni di allenamento e partita – molti problemi.<br />

Far parte di una squadra insegna poi ad accettare le regole, a<br />

mantenere la disciplina, a convivere in un gruppo di persone che<br />

magari la pensano in modo diverso, ma che tendono tutti allo<br />

stesso risultato.<br />

Inoltre quella del carcere di <strong>Bollate</strong> è l’unica squadra composta<br />

da detenuti che partecipa ad un campionato ufficiale della Federazione<br />

Italiana Giuoco Calcio (FIGC): questo è dunque un progetto<br />

prestigioso, di cui il carcere e la direzione possono andar fieri. Per<br />

tutti questi motivi ci sentiamo di chiedere alla direzione un appoggio<br />

al progetto-calcio.<br />

Un appoggio per poter giocare, il prossimo anno, anche le<br />

partite in trasferta con la squadra formata dai detenuti. Ma ancor<br />

di più un appoggio morale, magari semplicemente passando, una<br />

domenica pomeriggio, a vedere la squadra giocare.<br />

Il Campionato<br />

Una vittoria, sette sconfitte: giornate difficili per la squadra del<br />

carcere.<br />

Dall’uscita dello scorso numero di carte<strong>Bollate</strong>, sono state giocate<br />

altre otto partite. Qui vi forniamo un breve resoconto di quanto<br />

accaduto: come detto sopra, la strada in questo campionato è in<br />

parte già segnata, e lo sforzo attuale è quello di preparare una formazione<br />

rodata per il prossimo anno. Il 7 ottobre abbiamo affrontato<br />

in casa l’Atletico Cinisello, e dopo una partita combattuta la<br />

nostra squadra ha perso per 3-2. Questa partita ha segnato l’ultimo<br />

match dell’ex capitano, Giuseppe Affinito.<br />

I risultati delle altre partite sono stati:<br />

• S.F. 82- C.R.<strong>Bollate</strong> 8-1 (giocata il 14 ottobre);<br />

• C.R.<strong>Bollate</strong>-San Martino 1-4 (giocata il 21 ottobre);<br />

• C.R.<strong>Bollate</strong> – Solese A.S.D. 3-2 (giocata il 28 ottobre);<br />

• C.R.<strong>Bollate</strong>- Bovisa ’84 3-4 (giocata il 4 <strong>novembre</strong>);<br />

• Lokomotiv Cormano-C.R.<strong>Bollate</strong> 5-2( giocata l’11 <strong>novembre</strong>);<br />

• C.R.<strong>Bollate</strong>-Resurrezione 4-3 (giocata il 18 <strong>novembre</strong>);<br />

• Belluria – C.R.<strong>Bollate</strong> 9-0 (giocata il 25 <strong>novembre</strong>).<br />

Mentre questo numero andrà in stampa, verranno disputate altre<br />

partite, di cui vi daremo conto nel prossimo numero. Come si può<br />

vedere, i risultati in quest’ultimo periodo non sono stati brillanti:<br />

c’è da sperare che il rendimento della squadra possa crescere con<br />

l’avanzare del campionato, specie quando si gioca fuori casa.<br />

Il torneo di scacchi<br />

Se il calcio rimane lo sport più diffuso e amato, tra le mura del<br />

carcere si celano anche campioni di scacchi.<br />

Per la prima volta nella nostra Casa di reclusione s’è disputato<br />

un Torneo ufficiale di scacchi. Dopo varie partite eliminatorie, si è<br />

giunti alla finale, nella quale Mihai Vincler (del terzo reparto) ha<br />

battuto Angel Vargas (del primo reparto). Arbitro della partita è<br />

stato il presidente dell’Accademia degli Scacchi di Milano, Francesco<br />

Gervasio. Iniziative del genere ci sembrano molto positive<br />

perché mostrano lati sportivi nascosti: oltre al calcio e alle altre<br />

discipline più popolari, infatti, tra di noi si celano anche campioni<br />

di giochi di intelligenza e destrezza come gli scacchi!<br />

Nino Miksa – Davide Casati<br />

carte<strong>Bollate</strong> 28


Nell’attesa nasce la speranza<br />

Se c’è un’arte coltivata con passione in<br />

carcere è proprio ”l’arte di attendere”.<br />

E dunque a chi ha imparato quest’arte<br />

sulla propria pelle non si possono raccontare<br />

fandonie: ti smaschereranno subito e scopriranno<br />

in un batter d’occhio il tuo bluff. A<br />

un detenuto non puoi andare a raccontare<br />

quattro cose generiche sul suo futuro, perché<br />

egli si ciba di speranza e sa distinguere la<br />

vera attesa dalle minestrine riscaldate dette<br />

per condirlo via in qualche modo. Pena la<br />

perdita della propria credibilità e l’essere relegato<br />

nella lista delle persone “inaffidabili”.<br />

Noi credenti stiamo vivendo l’attesa del<br />

Natale e dobbiamo in qualche modo rendere<br />

ragione del senso di questa attesa, anche<br />

perché il bailamme consumistico, che sta<br />

intorno al Natale, tende a divorare il significato<br />

di questa festa e a ridurre la sua attesa<br />

alle interminabili file che si fanno ogni<br />

giorno alle casse dei centri commerciali. Per<br />

uomini “esperti in attesa” come i detenuti<br />

è chiaro che, se il Natale fosse solo questa<br />

fiera del consumo, i credenti dovrebbero essere<br />

relegati tra gli uomini inaffidabili che<br />

non sanno dare una speranza vera e concreta<br />

da amare e custodire, una speranza a cui<br />

affezionarsi.<br />

Gesù Cristo è stato un uomo vissuto in<br />

Palestina circa duemila anni fa’. Se dicessimo<br />

che ogni anno rinasce e torna nel mondo<br />

a vivere una nuova vita, diremmo una<br />

cosa assurda: nessun uomo è mai tornato a<br />

rivivere una nuova vita, tanto meno rifacendosi<br />

uomo ogni anno. Il 25 <strong>dicembre</strong> Gesù<br />

non nasce un’altra volta: sarebbe una falsa<br />

speranza, facile da contraddire e smascherare.<br />

La “visita del Verbo di Dio” è avvenuta<br />

una volta solo, tanto tempo fà, in Palestina.<br />

Tra l’altro questo Gesù, prima di andarsene<br />

definitivamente dalla faccia della terra,<br />

ha detto che ci sarebbero stati dei modi<br />

concreti per poterlo incontrare di nuovo, sia<br />

pure in senso spirituale e misterioso: disse<br />

che sarebbe stato presente nei più poveri<br />

(“Chi ha fatto questo al più piccolo, lo ha<br />

fatto a me”), nella preghiera (“Dove due o<br />

tre sono riuniti nel mio nome, io sono con<br />

loro”), nei sacramenti (“Questo è il mio corpo”)<br />

e nella Santa Scrittura, che è appunto<br />

Parola di Dio.<br />

Se dunque Gesù è venuto una volta per<br />

tutte duemila anni fa e ci ha lasciato dei<br />

modi spirituali, ma concreti per poterlo incontrare<br />

di nuovo, a Natale che cosa aspettiamo<br />

Qual è propriamente il contenuto<br />

della nostra speranza<br />

Noi credenti aspettiamo la seconda<br />

venuta di Gesù, quella che porrà fine alla<br />

storia di ciascuno di noi e del mondo intero.<br />

E abbiamo questa speranza perché Lui<br />

ci ha detto che sarebbe tornato a compiere<br />

definitivamente la sua opera di salvezza.<br />

Ogni anno a Natale noi rinvigoriamo<br />

proprio questa attesa del ritorno di Cristo.<br />

Noi pensiamo che le sofferenze del mondo<br />

dovranno avere una fine; che la violenza,<br />

l’ingiustizia e la sopraffazione scompariranno;<br />

che le malattie avranno un termine; che<br />

la pena e il dolore degli uomini non saranno<br />

carte<strong>Bollate</strong> 29<br />

infinite; e che tutto questo avverrà quando<br />

Gesù tornerà tra di noi in modo definitivo.<br />

Chiedo a voi detenuti, esperti in attesa:<br />

è fatta di buon tessuto questa speranza che i<br />

credenti propongono, oppure è una tela lisa<br />

e inconsistente Io credo che il sogno che la<br />

festa di Natale incarna sia capace di evocare<br />

i sogni di tutti gli uomini, credenti e no,<br />

perché ognuno di noi vive di speranze concrete<br />

e immediate, ma anche di un sogno<br />

più grande, più conclusivo, più definitivo:<br />

ai credenti dimostrare che di questo sogno si<br />

può vivere tutti i giorni, senza fughe nell’illusorio<br />

e senza spiritualismi che allontanino<br />

dalla dura realtà quotidiana; ai detenuti<br />

credenti di provare a incarnare tutto questo<br />

nelle difficili storie incarcerate e recluse nelle<br />

celle di <strong>Bollate</strong>.<br />

Don Fabio<br />

Il 21 <strong>dicembre</strong> i musulmani celebrano<br />

anche in carcere la festa del Sacrificio<br />

La festa del Sacrificio è una delle più grandi ricorrenze del mondo musulmano, celebrata da un<br />

terzo della popolazione mondiale. Ricorda un episodio biblico a cui fanno riferimento, le tre<br />

religioni del Libro, quella islamica, quella cristiana e quella ebraica: il sacrificio del figlio a cui<br />

era pronto Abramo e che fu scongiurato dall’angelo. Anche qui a <strong>Bollate</strong> verrà onorata questa<br />

tradizione. Dopo la preghiera del mattino, verrà cucinato e condiviso tra i detenuti l’agnello<br />

macellato nel rispetto della ritualità musulmana. A tutti i detenuti musulmani e alle loro famiglie,<br />

la redazione augura<br />

MABROUK AID ALADHA


Nasce la nuova “Cascina <strong>Bollate</strong>”<br />

Sono rose e fioriranno<br />

Vecchi ciclamini addio. Le serre del carcere voltano pagina e scelgono una<br />

produzione biologica e di qualità. Corsi di giardinaggio per detenuti e non.<br />

<strong>dicembre</strong> è la data di nascita ufficiale<br />

della cooperativa Cascina <strong>Bollate</strong>. Quella<br />

ufficiosa risale a quasi un anno fa, con L’11<br />

l’inizio dei lavori per adeguare la struttura delle<br />

serre alla nuova produzione. Lavori che non<br />

sarebbero stati fatti senza la collaborazione e la<br />

partecipazione attiva della direzione, dell’amministrazione<br />

del carcere, dei poliziotti e dei<br />

detenuti giardinieri: la neonata Cascina <strong>Bollate</strong><br />

ringrazia, davvero.<br />

Un po’ di cose cambieranno, alle serre: Cascina<br />

<strong>Bollate</strong> produrrà infatti piante, fiori e verdure<br />

per il carcere (inteso come detenuti, poliziotti<br />

e operatori) ma anche per clienti che con<br />

il carcere non hanno niente a che fare. Insomma,<br />

l’idea è di mettere il naso fuori e proporre la cooperativa<br />

come azienda floro-vivaistica specializzata<br />

che produce piante d’eccellenza o di qualità,<br />

che dir si voglia. Di eccellenza e di qualità si parla<br />

fino alla nausea, fuori. In concreto significa<br />

semplicemente produrre e vendere delle piante<br />

insolite (e questo non significa difficili o rare) che<br />

sul mercato milanese non si trovano facilmente,<br />

soddisfacendo così una richiesta da parte degli<br />

appassionati di giardini e giardinaggio e da parte<br />

dei giardinieri professionisti.<br />

Faremo soprattutto fiori: dalle margheritine<br />

che crescono negli interstizi dei muri alla valeriana<br />

dei boschi passando per i garofanini di montagna,<br />

le rose antiche, il ricino, il rabarbaro e la<br />

pianta del tabacco.<br />

Cioé molte delle piante perenni (vale a dire<br />

che non durano una sola stagione ma di anno in<br />

anno crescono, si riproducono e rifioriscono) che<br />

si trovano nei campi e nei boschi, di cui non si<br />

sa magari il nome – né quello popolare né quello<br />

botanico – ma che ci danno la misura dell’infinita<br />

varietà possibile in natura.<br />

Dire addio a ciclamini, stelle di natale, gerani<br />

e violette costa forse un po’ di fatica perché si è<br />

abituati, sia dentro che fuori, a vedere quasi solo<br />

quelli (sono le cosiddette piante stagionali): sui<br />

banchi dei supermercati come sui bancali delle<br />

serre di <strong>Bollate</strong>.<br />

Abbiamo scelto di cambiare strada fondamentalmente<br />

perché la produzione di stagionali<br />

sarebbe redditizia e competitiva solo se ci si<br />

attestasse su grandi numeri: migliaia di piante.<br />

Non le centinaia che finora sono state prodotte<br />

nelle serre di <strong>Bollate</strong>. E il nostro obiettivo è fare<br />

una azienda che funzioni e cammini sulle proprie<br />

gambe. Per ora nella cooperativa lavorano<br />

5 giardinieri detenuti. In futuro chissà: dipende<br />

da quante piante si riusciranno a vendere e da<br />

quanto lavoro entrerà. Infatti l’idea è formare dei<br />

giardinieri professionisti che sappiano riconoscere,<br />

potare, curare le piante e fare una buona manutenzione<br />

dei giardini (sia dentro che fuori dal<br />

carcere). L’obiettivo è imparare un mestiere che,<br />

sia detto tra noi, è proprio un bel mestiere: redditizio,<br />

apprezzato, gratificante e richiesto. Fuori,<br />

infatti, il panorama professionale è mediocre: i<br />

giardinieri esperti sono pochi e molti sono i forzati<br />

del decespugliatore.<br />

A questo scopo, ci saranno corsi di giardinaggio<br />

(aperti a tutti: detenuti, non detenuti, visitatori<br />

e chi più ne ha più ne metta) e c’è già un<br />

giardino didattico (di fronte al negozio) in cui si<br />

potrà mettere in pratica quello che si è imparato.<br />

E in cui ci saranno le piante che vengono coltivate<br />

all’interno del carcere: una sorta di catalogo dal<br />

vero di fiori, rose, rampicanti ed arbusti insoliti<br />

destinati a chi ha voglia di mettere (o di regalare)<br />

qualcosa di un po’ diverso sul proprio balcone, in<br />

giardino. E anche sulla finestra della cella.<br />

Domande frequenti<br />

Le verdure dell’orto ci saranno ancora<br />

D’inverno, è sotto gli occhi di tutti, le verdure<br />

sono pochine. Dipende da tanti fattori,<br />

il principale è che stiamo cercando di<br />

migliorare la terra in modo da avere per<br />

l’estate ventura una produzione migliore<br />

sia per qualità che per quantità.<br />

Ma come si fa per comperare la verdura ed<br />

i fiori prodotti da Cascina <strong>Bollate</strong><br />

Oltre al canale del negozio, resta sempre<br />

la procedura delle domandine cui segue<br />

la consegna dei prodotti richiesti. Cercheremo<br />

di migliorare la comunicazione<br />

in modo che tutti sappiano quali sono le<br />

verdure e le piante disponibili in quel momento.<br />

Oltre al passa parola, strumento<br />

forse un po’ troppo affidato al caso, ci saranno<br />

cartelli nei reparti e sui piani con le<br />

caratteristiche dei prodotti e i prezzi.<br />

I prezzi<br />

Ahimè, cambieranno anche loro. Finché la<br />

produzione era affidata alla gestione interna<br />

del carcere, infatti, era possibile una politica<br />

dei prezzi che prescindeva dai costi<br />

della produzione e del lavoro. Ora no. Le<br />

verdure non verranno più vendute al prezzo<br />

politico di 1 euro al kg ma ad un prezzo<br />

di mercato tenuto il più calmierato possibile.A<br />

consolazione va detto che le verdure<br />

sono biologiche: non usiamo infatti<br />

né concimi chimici né disinfettanti non<br />

naturali né pesticidi. Per quanto riguarda<br />

le piante, non avremo quasi più stagionali<br />

(che quindi vanno sostituite ogni stagione)<br />

ma piante perenni: un po’ più care, ma<br />

perenni in senso letterale. Comperate una<br />

volta, durano per sempre. Purché le si annaffi<br />

né poco né troppo, le si concimi ogni<br />

tanto, le si tenga al sole o all’ombra, a seconda<br />

delle loro esigenze.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 30


L’oroscopo del Carcerato<br />

ARIETE<br />

21 mar-20 apr<br />

TORO<br />

21 apr-20 mag<br />

GEMELLI<br />

21 mag-21 giu<br />

CANCRO<br />

22 giu-22 lug<br />

Per tutto il 2008 Giove è in quadratura.<br />

Questo signifi ca: guai in<br />

vista e il consiglio di volare basso.<br />

Attenzione alle novità: più sono allettanti<br />

e più potreste scontare, oltre<br />

alla pena... le possibili conseguenze.<br />

Amore: se vivete un rapporto a distanza,<br />

rifl ettete prima di decidere<br />

che è crisi. Se siete “single” non gridate<br />

subito al grande amore, anche<br />

perché qui risulterebbe sospetto. Per<br />

le grane legali c’è sempre lo sportello<br />

giuridico che può darvi una mano.<br />

Agosto tutto ok, ma niente ferie.<br />

È un anno eccellente quello che vi<br />

aspetta con Giove in trigono, la positiva<br />

infl uenza di Saturno e Urano<br />

e in subordine, l’assistente sociale dell’UEPE.<br />

Siate ambiziosi.<br />

Negli aff etti si consolidano i rapporti<br />

esistenti, mentre per i single c’è<br />

la concreta possibilità che nasca un<br />

amore importante, meglio se dopo la<br />

scarcerazione. Siate ottimisti, dinamici<br />

e il 2008 sarà all’insegna del<br />

successo, con risultati su cui fare affi -<br />

damento, sia terapeutico che ordinario.<br />

Un solo neo: attenti alla ciccia.<br />

Un po’ di pessimismo vi aiuterà ad<br />

eliminare il superfl uo e rendere più<br />

facilmente realizzabili i vostri progetti.<br />

Tenete presente che accantonare<br />

momentaneamente qualcosa, come la<br />

libertà ad esempio, non signifi ca abbandonarlo,<br />

ma rimandarlo a momenti<br />

più favorevoli. Per controllare<br />

Urano state attenti alle novità, prima<br />

di assumere impegni verifi cate di<br />

non correre inutili rischi. Occhio ai<br />

denti, se ne avete ancora, e alle ossa.<br />

In febbraio dinamismo psicofi sico:<br />

approfi ttate di palestra e psicologa.<br />

Giove è il vostro nemico. Per non subire<br />

altre battute d’arresto, fate affi -<br />

damento sull’esperienza e sull’imprevisto,<br />

evitando di cedere al pessimismo<br />

se non ottenete subito risultati. Mantenete<br />

un comportamento distaccato,<br />

senza eccessive ambizioni, aspettando<br />

tempi migliori. Attenzione alle cause<br />

legali, se si presentano novità, scontate<br />

sempre a priori quelle precedenti<br />

ed eventualmente affi datevi ad un<br />

cumulo o ad un continuato. Salute:<br />

non trascurate il fegato (non mangiatevelo<br />

perciò), Maggio fortunato.<br />

LEONE<br />

VERGINE<br />

BILANCIA<br />

SCORPIONE<br />

23 lug-23 ago<br />

24 ago-22 set<br />

23 set-22 ott<br />

23 ott-22 nov<br />

Per consolidare i risultati dello scorso<br />

anno fate subito il punto della situazione<br />

con l’educatore di riferimento<br />

per capire come dare il via a nuove<br />

iniziative. Un consiglio amichevole:<br />

badate a consolidare, a crearvi attorno<br />

spazi sicuri. Perché Ve lo dirò<br />

a fine 2008... Maggio ottimo per il<br />

lavoro, ma dovreste essere più generosi<br />

nel privato. Occhio all’amministrazione,<br />

personale e non penitenziaria.<br />

Giugno: filate con tutte le vele al<br />

vento, ottimo mese per fare tanti passi<br />

avanti e pochi indietro.<br />

Il 2008 può rappresentare una svolta<br />

decisiva, e scommetti che questa è<br />

la volta buona È possibile che siano<br />

necessarie decisioni improvvise, ma<br />

grazie ai due pianeti positivi siete in<br />

grado di trarre il meglio anche dall’imprevisto.<br />

Fate progetti ambiziosi<br />

ma tenete sotto controllo il peso: Giove<br />

favorevole ha il vezzo di farlo lievitare.<br />

Giugno: non montate o ascoltate<br />

“biciclette” , non fi datevi delle promesse.<br />

Ottobre: dal lavoro all’amore<br />

potete risolvere problemi... Nel frattempo<br />

allenatevi al Monopoli!<br />

Giove è in aspetto disarmonico per<br />

tutto l’anno, il 2008 non ha l’aria<br />

facile e dovrete metterci una discreta<br />

dose di buona volontà per non cadere<br />

nei trabocchetti del caso, o dal<br />

Tribunale, e in quelli che rischiate<br />

di crearvi da soli. Sfruttate le soste<br />

dei pianeti veloci che permettono<br />

di controllare le situazioni, anche<br />

senza ricorrere a misure alternative.<br />

Importante è prestare attenzione nell’assumere<br />

impegni finanziari e nell’avviare<br />

cause legali, oltre a quelle<br />

evidentemente già in corso.<br />

Brindate serenamente al nuovo<br />

anno che vede Giove in sestile, appoggiato<br />

da Saturno e Urano. Il<br />

2008 è all’insegna del caso a favore<br />

e dell’abilità personale, del buon uso<br />

dell’esperienza, non solo detentiva,<br />

per migliorare la qualità della vostra<br />

vita, per entrare finalmente nel mondo<br />

del lavoro e, di conseguenza, al<br />

quinto reparto.Situazioni spiacevoli<br />

si sbloccheranno all’improvviso. Luglio:<br />

ottimo, però controllate meglio<br />

le uscite (permessi, art.21..) con particolare<br />

attenzione alle prescrizioni.<br />

SAGITTARIO<br />

CAPRICORNO<br />

ACQUARIO<br />

PESCI<br />

23 nov-21 dic<br />

22 dic-20 gen<br />

21 gen-19 feb<br />

20 feb-20 mar<br />

Il 2008 non ha un’aria molto amichevole,<br />

stile Pubblico Ministero...<br />

Urano e Saturno sono negativi, e stimolano<br />

il desiderio di indipendenza,<br />

libertà, autoillusioni, insieme che potrebbe<br />

spingervi a prendere decisioni<br />

non ponderate. Ponderate le vostre<br />

decisioni e non fi datevi delle apparenze<br />

per evitare un salto nel vuoto,<br />

sbarre permettendo. Salute: possono<br />

insorgere disturbi articolari, curate<br />

denti e ossa. A ottobre potrete piazzare<br />

mosse vincenti: giocate a scacchi,<br />

buone le possibilità di vittoria!<br />

Splendido 2008 con Giove nel segno,<br />

Saturno ed Urano in aspetto favorevole.<br />

Fate subito un esame della<br />

vostra situazione con l’educatore del<br />

vostro reparto. Se ci sono ostacoli siete<br />

equipaggiati per superarli e il caso<br />

potrebbe inserire sul vostro cammino<br />

opportunità da non perdere. Siate<br />

ottimisti: fate sempre in tempo a correggere<br />

il tiro se vi accorgete di essere<br />

stati troppo ambiziosi.<br />

Ad agosto in ogni settore avete il<br />

vento in poppa, ma purtroppo niente<br />

ferie e niente barca...<br />

Il 2008, con i pianeti lenti che non<br />

vi riguardano direttamente, potrebbe<br />

dare l’impressione di un anno piatto,<br />

ma ci penseranno i pianeti veloci a<br />

darvi vivacità: potete seguire i vostri<br />

ritmi, preparandovi all’arrivo di<br />

Giove nel cielo di <strong>Bollate</strong>. Gennaio<br />

vi vedrà dinamici di corpo e di mente:<br />

fate yoga o meditazione. Ad aprile<br />

incontri interessanti, che possono<br />

aprire ulteriori sbocchi, ma attenzione<br />

all’aggiornamento della sintesi ad<br />

ottobre: dovrete organizzare meglio i<br />

vostri progetti. Dicembre strepitoso.<br />

Giove è favorevole come Urano, perciò<br />

la fortuna non manca, ma Saturno<br />

è in opposizione. Non drammatizzate:<br />

un pochino di sano pessimismo<br />

costruttivo può aiutarvi a non prendere<br />

decisioni impulsive. Valutate<br />

attentamente gli ostacoli, preparatevi<br />

all’uscita e non rinunciate a qualcosa<br />

che potrebbe essere nelle vostre corde,<br />

sprecando così l’infl uenza positiva di<br />

Giove. Ottobre smagliante per contadini,<br />

agricoltori, giardinieri: in caso<br />

contrario provate con la neonata cooperativa<br />

“Cascina <strong>Bollate</strong>”.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 31


Non si può vivere<br />

La poesia del Presepio<br />

Non si può vivere<br />

con un peso<br />

aggiunto<br />

alle distanze<br />

parole<br />

lasciate all’orizzonte<br />

come temporali<br />

e tu, Marina,<br />

solo tu<br />

hai<br />

la formula<br />

per questo<br />

fiore<br />

soffocato<br />

c’erano volti<br />

e c’erano preghiere<br />

tra lastre<br />

d’inutili<br />

speranze<br />

non si può vivere, dicevi,<br />

la vita è un luogo dove non<br />

si può vivere.<br />

Vladimiro Cislaghi<br />

Diego Valeri, un poeta di raffinata sensibilità pittorica, tradusse in<br />

versi quella che può definirsi la prima, o una delle prime, descrizioni<br />

del Presepio natalizio lasciata nei vangeli apocrifi, e cioè quelli non<br />

ufficialmente riconosciuti come autentici, da Giacomo, uno dei testimoni<br />

della storia di quell’evento straordinario. La poesia coglie il momento in<br />

cui il mondo trattenne il fiato mentre si passava dall’uno all’altro tempo,<br />

da quello del prima a quello del dopo della nascita di Gesù.<br />

Maria dentro la grotta si posò<br />

e Giuseppe a Betlemme si avviò.<br />

Ma un momento sentì che mentre andava<br />

a mezzo il passo il piè gli si arrestava.<br />

Vide attonita l’aria e il cielo immoto<br />

E uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto.<br />

E poi vide operai sdraiati a terra<br />

e posata nel mezzo una scodella:<br />

e chi mangiava, ecco non mangia più,<br />

chi ha preso il cibo non lo tira su,<br />

chi levava la mano la tien levata,<br />

e tutti al cielo volgono la faccia.<br />

Le pecore condotte a pascolare<br />

sono lì che non possono più andare:<br />

fa il pastor per colpirle con la verga<br />

e gli resta la man sospesa e ferma.<br />

E i capretti che all’acqua aveano il muso<br />

ber non possono al fiume in sé rinchiuso…<br />

E poi Giuseppe vide in un momento<br />

Ogni cosa riprender movimento

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