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Io e Andrea<br />
Quasi ogni sera viene da me e si crea tra noi una sorta di seduta psicologica. Io tento di smontargli<br />
i suoi problemi uno ad uno. Fino a quando il telefono suona e la zia, cioè sua madre, lo richiama<br />
all'ordine. Mio cugino chiaramente si lamenta e mi ripete sempre " tienimi il gioco. Dille che sono<br />
già sceso...magari non se ne accorge.” Dopo questo piccolo siparietto io cerco di fargli capire che<br />
nonostante <strong>sia</strong> meraviglioso stare con lui è importante che non dica sempre di no ai genitori ma<br />
provi ogni volta a spiegare le motivazioni per cui ci tiene a rimanere sveglio un pochino di più.<br />
Anche perché come dico sempre a Andrea dicendo sempre di no non si arriverà mai a nessuna<br />
soluzione mentre invece con il dialogo e l'ascolto si può ottenere di più e anche l'altro (intendo il<br />
genitore) si sente più compreso ed è più disposto a venirti incontro. Una sera Andrea venne da me<br />
<strong>tu</strong>tto triste e io gli chiesi subito "Cosa c'è che non va?” disse che era <strong>tu</strong>tto ok ma la cosa mi risultò<br />
molto strana. Quindi decisi di andare a fondo. Con un filo di voce mi disse: “E’ che sono andato<br />
dallo psicologo con i miei fratelli e mi ha fatto schifo.” Io per stemperare un po’ la tensione gli<br />
risposi. “Perché? Non sarà mica stato un milanista lo psicologo?” E lui dopo una grossa risata mi<br />
disse: “No è che mi hanno fatto capire che nella mia famiglia non ci aiutiamo uno con l'altro e<br />
questa cosa mi ha fatto riflettere.” Risposi: “Beh...neanche io, stando sempre seduto, aiuto mai mia<br />
sorella ma non mi metto a piangere. Andrea devi partire da un presupposto. Aiutare in famiglia è<br />
paradossalmente dieci volte più difficile che aiutare uno per la strada.”<br />
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