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Il futuro è sempre esistito

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Un viaggio nel <strong>futuro</strong>, dal passato<br />

Chiunque legga queste pagine di giornale ingiallite dal tempo non può che<br />

restare sorpreso. Qualche mese prima di incapparci 13 avevo divorato la traduzione<br />

di Wu Ming I di 22/11/’63 di Stephen King 14 . È la storia di Jake Eppings, tranquillo<br />

professore di Lisbon Falls, nel Maine, che riesce a tornare nel 1958 per cercare di<br />

sventare cinque anni dopo l’omicidio di Kennedy a Dallas. Dovrà però<br />

abbandonare ogni oggetto del Ventunesimo secolo per non esser scoperto, ma una<br />

volta nel passato si innamorerà di una donna al punto di volerla portare nel 2011.<br />

«Mi piacerà, Jake? <strong>Il</strong> tuo mondo?» chiede lei. «Spero di sì, tesoro». «È molto<br />

diverso?» «La benzina costa di più e la gente ha più tasti da pigiare. Per il resto,<br />

<strong>è</strong> più o meno come qui».<br />

Le pagine che seguono qui sono invece il resoconto di un viaggio nel tempo<br />

intrapreso, con spirito da cronista, attraverso giornali, documenti, suoni, immagini<br />

e filmati di quell’epoca. C’era da scoprire da dove spuntassero quelle sconcertanti<br />

previsioni sui telefoni del 2000 pronunciate, apparentemente senza eco mediatica,<br />

ai microfoni della CBS di New York e riprese “soltanto” da un piccolo settimanale<br />

di Trapani. O comprendere su cosa si fondassero quelle altre inserite in coda a un<br />

articolo di un quotidiano del pomeriggio di Torino. Era, per certi versi, come se<br />

davvero un altro Jake fosse penetrato in un passaggio temporale e avesse<br />

raccontato agli uomini di inizio anni ’60 come sarebbe stato il mondo quaranta o<br />

cinquant’anni dopo. Un’affascinante commistione tra fantasia e realtà, una<br />

prosecuzione nel reale di una vicenda dell’immaginario che reclamava di essere<br />

riportata alla luce? Certo che no.<br />

Doveva esserci ovviamente altro, cosa per l’esattezza non era dato sapere, ma<br />

era intuibile potesse trattarsi – magari – di un qualche pezzo di modernariato<br />

dimenticato in un cassetto. O qualcosa del genere. E, puntualmente, le sorprese<br />

non si sono fatte attendere.<br />

Non solo per aver trovato, in quegli anni, che fiction e tecnologia si<br />

scambiavano di ruolo, o per l’incredibile addensarsi tra il 1962 e il 1963 di eventi,<br />

personaggi e scoperte capaci di cambiare il mondo, ma anche per la maniera con<br />

cui ogni elemento di questa vicenda risultava via via intessuto con gli altri. Un<br />

intreccio che sembrava quasi disegnato da un abile narratore – con un antefatto,<br />

uno sviluppo e un epilogo – e che invece <strong>è</strong> risultato essere prova di una continuità<br />

culturale, anche pop, in grado di miscelare il nostro presente con un domani visto<br />

dal passato.<br />

Era possibile che il <strong>futuro</strong> tecnologico che oggi viviamo, o anche la sua<br />

semplice idea, esistesse già a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, e magari pure prima?<br />

E ancora: in quell’epoca – nella quale il consumismo conviveva con l’incubo di<br />

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