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SUONO n° 529

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N.<br />

Editoriale<br />

XXX<br />

di Paolo Corciulo<br />

Parola di quattro lettere<br />

sinonimo di “anima”<br />

È proprio vero: non ti accorgi fino in fondo del valore delle persone e delle cose finché non ci sono più;<br />

è allora, nella irreversibile condizione di “assenza”, che cominciano a mancarti davvero...<br />

La morte di Aretha Franklin, giunta a risvegliare i torpori ferragostani,<br />

obbliga ancora una volta a fare i conti con il fine vita e con<br />

quella irrazionale convinzione per cui riesce difficili immaginare<br />

la fine dell’anima, qualsiasi cosa essa sia. Per contro il “soul” (anima in<br />

inglese ma, sempre in inglese, molto di più) non morirà mai, anche se<br />

la sua più significativa rappresentante in terra ci ha appena lasciato. E,<br />

ancora: l’anima (o il soul) testimonia di una irrazionale certezza che in<br />

Hi-Fi esista qualcosa di più di una semplice somma di addendi nel definire<br />

la somma. È proprio quel qualcosa, quel soul, il fil rouge, in parte<br />

imprevisto in parte cercato, di questo numero di <strong>SUONO</strong> che si dipana<br />

in un racconto di chi il soul l’ha sempre avuto e non l’ha mai perso, chi lo<br />

ha smarrito lungo la strada e chi, cercandolo, lo ha ritrovato perché è un<br />

valore aggiunto imprescindibile in Hi-Fi e chi non l’ha capito (purtroppo<br />

non esistono formule certe per reperirlo) ha sempre sbattuto il muso.<br />

Non trovo contraddittorio parlarne e tenerne conto, pur avendo più volte<br />

ammonito sui pericoli delle “magie”, vere o supposte (più le seconde che<br />

le prime), che hanno infestato il settore.<br />

Il tema mi appare coerente con l’argomento che avrebbe dovuto occupare<br />

questo spazio prima della notizia della morte di Aretha Franklin e<br />

il cui titolo sarebbe stato “L’(in)utile idiota”; testo che via via che veniva<br />

scritto cresceva comunque rigoglioso fino a consigliarne, a prescindere<br />

dal nefasto accadimento, di posporlo in forma di articolo più ampio non<br />

senza utilizzare parte di questo spazio per una sorta di prequel.<br />

Innanzitutto che cosa c’entra eventualmente l’anima con gli idioti, utili o<br />

meno che siano? C’entra nella misura in cui nella sua indeterminatezza<br />

questa bellissima astrazione lascia ampio spazio ad interpretazioni e<br />

induce a un buonismo e una tolleranza verso quello che la sua figura<br />

antagonista, la razionalità, boccerebbe inesorabilmente. Eppure sempre<br />

più di frequente quel che trovo scritto (sulla carta e nelle pagine web)<br />

è davvero accapponante e per quanto mi sforzi, fatico anche a vederne<br />

una concretezza, qualche indicazione, una morale (se il tempo è galantuomo<br />

come si dice, almeno le testimonianze su carta un giorno faranno<br />

giustizia di questa analfabetizzazione di ritorno) o un fine, se non (e qui<br />

vengo all’inutile idiota) quello che è inevitabilmente il risultato quasi<br />

matematico di una addizione che ha per addendi una serie di luoghi<br />

comuni, di pregiudizi e di gabbie mentali che sono il male del nostro<br />

settore venato, in sintesi, dall’ignoranza. Ignoranza crassa e ben panciuta<br />

che, e questa la novità, oggi è addirittura un segno distintivo di cui farsi<br />

merito: non so dunque esito. L’(in)utile idiota fa di più: si lascia blandire<br />

dalla pubblicistica aziendale.<br />

Ho la convinzione (condivisa da molti colleghi, questi che stimo) che se<br />

si vuole tenere nascosta una notizia si può “custodirla” a meno che i cani<br />

da guardia (watch dog) non siano particolarmente aggressivi e in grado<br />

di fare bene il loro lavoro. In altre parole nella maggior parte dei casi<br />

quello che viene comunicato è stato prima accuratamente filtrato da chi<br />

divulga la notizia. Se l’evento, la notizia, il prodotto, ha una magagna si<br />

fa anche di più: si lanciano falsi indizi, si indirizza l’attenzione su altro...<br />

Il passaggio indispensabile chi fa lo spin doctor è però quello di poter<br />

contare su una contiguità con chi fa informazione: sa che basta poco, a<br />

volte persino niente, per blandire l’utile e anche l’inutile idiota. Magari<br />

c’è la necessità di riempire comunque una pagina vuota a spingere per<br />

accettare sillogismi e tesi grottesche quando non perniciose (ancora mi<br />

viene da ridere, per la verità più da piangere, per i paralleli, molto in<br />

voga anni fa, tra diffusore e violino che ognuno dovrebbe saperlo, hanno<br />

compiti e caratteristiche assai differenti).<br />

Il meglio però Utile e Inutile, lo danno quando gli si offre lo zuccherino,<br />

impresa non difficile se si parte dal presupposto di avere di fronte un<br />

ignorante (nel senso etimologico del termine) sapendo che cosa si vuole<br />

ottenere. Mille sono le molle utilizzabili: la sensazione di essere stato<br />

“eletto” (“ah solo tu hai capito davvero il mio prodotto”), il viaggio<br />

premio come se fosse un in più riservato a un gotha e non la necessità<br />

di far sapere chi si è; la comparsata allo stand, nel negozio o a braccetto<br />

con il boss aziendale o, magari, anche qualche spiccio…<br />

Cosa che l’idiota non lo sa o non lo vuole sapere (coltivando una sorta<br />

di integrità assolutoria che è nella sua mente più che altro), è che tali<br />

comportamenti non sono legittimi; basterebbero ad aprire un provvedimento<br />

verso uno come me (se vi incorressi!), iscritto a un albo, per avere<br />

infranto uno dei doveri (dovere di verità, di autonomia e di credibilità)<br />

che fanno parte del codice di deontologia giornalista. Invece obnubilato<br />

dai cinque minuti di notorietà ipotizzati da Warhol, l’idiota dimentica la<br />

sua funzione verso chi ascolta le sue parole (magari non è un giornalista<br />

ma vorrebbe tanto esserlo…) è facile preda eterodiretta del puparo di<br />

turno in uno sguardo sul futuro dall’orizzonte corto.<br />

Se Utile e Inutile non si accorgono di nulla, il mondo che gli scorre attorno<br />

invece si e, per la legge del contrappasso, i dubbi e l’incredulità che un<br />

tempo avrebbero trattenuto chi li vive dal esprimersi sul loro atteggiamento,<br />

oggi nella condivisione di opinioni oggi possibile (in un mondo<br />

dove tutti sono più vicini che in passato) si fortificano con un giudizio di<br />

merito che purtroppo come deriva porta, per generalizzazione, a svilire<br />

l’impegno e il valore tutto di chi fa comunicazione. A questo non riesco<br />

ad adattarmi ma con rammarico e la pazienza che non ho, come il buon<br />

cinese aspetto seduto sulla riva del fiume…<br />

4 <strong>SUONO</strong> settembre 2018

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