TRAKS MAGAZINE #17
Anche se è uscito soltanto un mese fa, ti mancava, ed eccolo qui: il nuovo numero di TRAKS MAGAZINE, tutto per te! Con l'intervista di copertina, firmata da Chiara Orsetti, a Nathalie. E poi interviste a Diana, Alfonso, Mé Pek e Barba, Setti, Jocelyn Pulsar, Medison, Masstang, Giuseppe Vorro, Tommaso Talarico, Francess. E ancora recensioni e rubriche. Insomma, che cosa aspetti a leggere subito cliccando qui?
Anche se è uscito soltanto un mese fa, ti mancava, ed eccolo qui: il nuovo numero di TRAKS MAGAZINE, tutto per te! Con l'intervista di copertina, firmata da Chiara Orsetti, a Nathalie. E poi interviste a Diana, Alfonso, Mé Pek e Barba, Setti, Jocelyn Pulsar, Medison, Masstang, Giuseppe Vorro, Tommaso Talarico, Francess. E ancora recensioni e rubriche. Insomma, che cosa aspetti a leggere subito cliccando qui?
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
www.musictraks.com<br />
Numero 17 - settembre 2018<br />
Nathalie<br />
luce dopo<br />
l’oscurità<br />
Diana<br />
Alfonso<br />
Setti<br />
Me, Pek & Barba<br />
Jocelyn Pulsar<br />
Medison
sommario<br />
4<br />
10<br />
14<br />
18<br />
22<br />
26<br />
30<br />
34<br />
38<br />
42<br />
46<br />
50<br />
54<br />
Nathalie<br />
Diana<br />
Alfonso<br />
Me, Pek & Barba<br />
Setti<br />
Jocelyn Pulsar<br />
Recensioni<br />
Medison<br />
Masstang<br />
Vorro<br />
Tommaso Talarico<br />
Francess<br />
Quellochesentivo<br />
Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata<br />
senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />
considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge<br />
n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse<br />
diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com<br />
e provvederemo alla rimozione immediata<br />
<strong>TRAKS</strong> <strong>MAGAZINE</strong><br />
www.musictraks.com<br />
info@musictraks.com
NATHALIE<br />
luce dopo l’oscurità<br />
“Into the flow” è l’ultimo lavoro discografico di Nathalie. Un concept album<br />
con al centro l’acqua, che racchiude le diverse anime di un’artista<br />
poliedrica, dalla voce delicata e graffiante che regala melodie magiche e<br />
piccole perle di saggezza. Le sue canzoni nascono dall’ispirazione del momento<br />
in una lingua o nell’altra, senza perdere mai il loro fascino etereo<br />
Le copertine dei tuoi album sono<br />
sempre piccoli capolavori: immagini<br />
in cui sei rappresentata<br />
come una creatura angelica, fatata,<br />
un essere che appartiene al<br />
mondo della fantasia… è così<br />
che Nathalie sente di essere Nathalie?<br />
Nella mia musica e nei miei testi<br />
sono molto “visuale”, e in gene-<br />
rale sono una persona che pensa<br />
molto per immagini. Le copertine<br />
dei miei album sono una sintesi<br />
del mio mondo artistico... A dir<br />
la verità quell’aspetto più fantasioso,<br />
fatato lo vedo soltanto come<br />
una delle varie parti di me, sento<br />
di avere vari aspetti. Un aspetto<br />
di fantasia c’è sicuramente, ma<br />
ci sono anche elementi più forti,
grintosi, “materici”, meno eterei,<br />
nella mia musica. Nelle mie canzoni<br />
c’è sia luce sia oscurità, mi<br />
piace esplorare vari stati d’animo,<br />
immagini e atmosfere.<br />
“Siamo specchi” è uno dei brani<br />
del tuo ultimo album che, a mio<br />
avviso, rappresenta la tua essenza<br />
e riporta alle sensazioni provate<br />
quando per la prima volta<br />
ho ascoltato “In punta di piedi”.<br />
Mi chiedo se c’entrano qualcosa<br />
gli Specchi degli Esseni in questa<br />
tua riflessione sul modo “giusto”<br />
di amare?<br />
Si, esattamente, nella canzone mi<br />
riferisco anche agli Specchi Esseni.<br />
Le relazioni, soprattutto quelle<br />
più intense e vere, ci portano a<br />
specchiarci l’uno nell’altro, a trovare<br />
e riconoscere aspetti di noi<br />
nell’altra persona o a riconoscere<br />
alcuni nostri comportamenti attraverso<br />
questo “specchiarsi”. Ogni<br />
rapporto è in grado di insegnarci<br />
qualcosa su noi stessi e di farci<br />
evolvere, se lo vogliamo. “Siamo<br />
specchi” è la canzone della luce<br />
dopo tanta oscurità, mi ha accompagnato<br />
e mi accompagna in tutti<br />
i miei cambiamenti... Mi ha insegnato<br />
a dare un senso ad alcune<br />
cose nella mia vita passata e presente.<br />
La tua scrittura è sempre stata<br />
estremamente fluida, ti esprimi<br />
con la stessa sicurezza in italiano,<br />
in inglese e anche in francese…<br />
Quando nascono le tue<br />
canzoni hanno già una lingua<br />
madre, o l’idea di utilizzarne<br />
una si costruisce in corsa?<br />
E’ la canzone che decide in quale<br />
lingua essere scritta! A parte gli<br />
scherzi, in un certo senso è davvero<br />
così, la scelta della lingua è<br />
sempre molto naturale, assecondo<br />
molto la direzione in cui mi porta<br />
l’ispirazione. Ogni lingua permette<br />
cose diverse, sia a livello di suono,<br />
sia il contenuto del testo...<br />
Il suono varia moltissimo cambiando<br />
lingua in cui si canta...<br />
ed è bello poter esplorare senza<br />
porsi limiti.<br />
Ricordo perfettamente la tua<br />
esperienza a X-Factor, la scelta<br />
coraggiosa e testarda di portare<br />
il tuo brano rifiutando quello<br />
scritto per l’occasione da Pacifico<br />
che alla fine si è rivelata vincente.<br />
In cosa ti ha arricchito partecipare,<br />
arrivando sul gradino più<br />
alto del podio, a un talent di tale<br />
portata, a fianco a un maestro<br />
come Elio?<br />
L’esperienza a X-Factor è stata<br />
molto intensa, a tratti difficile ma<br />
anche molto gratificante: Elio è<br />
stato molto rispettoso della mia<br />
personalità artistica e mi ha sempre<br />
dato ottimi consigli, tuttora<br />
siamo in contatto ed è sempre un<br />
ottimo consigliere! Lui è un musicista<br />
e artista puro, con una gran-<br />
6<br />
7
de competenza e sensibilità<br />
musicale... Ricordo che nel momento<br />
in cui ero indecisa se accettare<br />
il brano di Pacifico o insistere<br />
con la mia In punta di piedi,<br />
Elio mi lasciò libera di decidere,<br />
senza forzarmi in alcuna direzione,<br />
rispettò la mia capacità di<br />
scegliere cosa fosse la cosa più<br />
giusta per me.<br />
In “Anima di vento” hai duettato<br />
con Raf. Puoi raccontarci qualcosa<br />
di questa esperienza?<br />
Avevo conosciuto Raf due anni<br />
prima, quando mi aveva chiamato<br />
a cantare nel suo brano Numeri...<br />
è stata una bella esperienza e da<br />
lì è nata un’amicizia, quindi mi è<br />
venuto naturale coinvolgerlo per<br />
Sogno d’estate. Raf è un artista di<br />
grande sensibilità, un artigiano<br />
del pop di qualità, mi ha insegnato<br />
molto vederlo all’opera... Ha firmato<br />
anche una parte del testo e<br />
ricordo che mi colpì la sua naturalezza<br />
nello scrivere la sua strofa in<br />
pochissimo tempo... Parole molto<br />
belle e che si incastravano perfettamente<br />
nello stile del brano.<br />
Con chi ti piacerebbe collaborare<br />
tra gli artisti della scena indie<br />
– itpop attuale?<br />
Degli artisti dell’attuale scena sarebbe<br />
interessante collaborare con<br />
Brunori Sas, abbiamo sicuramente<br />
in comune molti degli ascolti musicali<br />
con cui sono cresciuta!<br />
Sei musicista, ma anche attrice,<br />
autrice, doppiatrice… Che progetti<br />
ci sono nel tuo prossimo<br />
futuro?<br />
Mi sento soprattutto cantautrice,<br />
musicista... Tutto ciò che riguarda<br />
l’approccio musicale mi appartiene<br />
e lì mi sento totalmente a mio<br />
agio. Il mondo della recitazione,<br />
del doppiaggio, sono qualcosa in<br />
cui mi sento più un’apprendista<br />
curiosa, in cui posso esplorare,<br />
anche se magari con meno strumenti<br />
a disposizione, almeno per<br />
ora... Mi piace continuare a imparare<br />
e non escludo di voler approfondire<br />
quel mondo. Nel futuro<br />
più prossimo sicuramente suonerò<br />
dal vivo e ho anche voglia<br />
di scrivere nuove canzoni...<br />
Mi piacerebbe anche comporre<br />
per il cinema, sarebbe un modo<br />
molto bello di unire due mie grandi<br />
passioni... chissà!<br />
Chiara Orsetti<br />
9
DIANA<br />
la battaglia interiore più difficile<br />
Roberta Arena assume un alias divino e lunare, e pubblica nove canzoni<br />
elettroniche e lunari, per mezzo delle quali pubblica “And You Can’t<br />
Build The Night”<br />
Diana, dea della caccia, della<br />
luna (e della morte improvvisa,<br />
ma comunque…): come nasce la<br />
scelta del tuo nome d’arte e come<br />
nasce il progetto che le sta alle<br />
spalle?<br />
Sicuramente non ho scelto il<br />
nome di Diana perché è la dea<br />
della morte improvvisa ahahah,<br />
anzi è proprio lei a darmi linfa<br />
vitale! Diana è il mio secondo<br />
nome, e quindi l’accosto sempre<br />
alla doppia faccia di una stessa<br />
medaglia. Lei è la parte di me che<br />
preferisco, difficilmente saprebbe<br />
rivelarsi in altro modo se non con<br />
la musica. Ho scelto questo nome<br />
anche perché può accostarsi a tanti<br />
significati come tu ben scrivevi.<br />
La luna è sicuramente una fonte<br />
inesauribile di ispirazione, compongo<br />
quasi sempre di notte, magari<br />
con un bel bicchiere di vino<br />
accanto.<br />
Racconti che pubblicare questo<br />
disco è stato un prevalere dell’esigenza<br />
di rendere noti i brani,<br />
rispetto a quella di tenerli nascosti…<br />
Da quanto tempo li serbavi<br />
e quanto è durata questa battaglia<br />
interna?<br />
È la battaglia interiore più difficile<br />
che io abbia mai combattuto e credo<br />
che durerà per sempre. I brani<br />
sono per la maggior parte storie<br />
di vita vissuta e questo “raccontare”<br />
al mondo ciò che si è, senza<br />
filtri, svelando le proprie debolezze,<br />
raccontare dei propri dolori e<br />
delle proprie emozioni non è mai<br />
facile. In realtà è un po’ la mia terapia.<br />
L’essere onesti con se stessi<br />
non è mai semplice. Ci sono brani<br />
10<br />
11
che ho scritto da più tempo parecchi<br />
anni fa, altri invece sono più<br />
recenti. Spesso rimangono scritti<br />
lì per poi essere ripresi quando<br />
sarà il momento, quando magari<br />
si è concluso un ciclo.<br />
Il tuo non è l’unico album contemporaneo<br />
influenzato da sensazioni<br />
“cosmiche”: posto che<br />
non è più epoca di grande popolarità<br />
delle esplorazioni spaziali,<br />
a che cosa è dovuta tutta questa<br />
voglia di fuga verso le stelle?<br />
Le stelle e l’universo sono l’emblema<br />
dei Sogni dell’essere sospeso,<br />
della libertà o forse della fuga<br />
come tu ben dici o comunque<br />
della scoperta. Non posso dirti<br />
perché molti siano influenzati da<br />
questo, però sono sicura che in<br />
questo momento storico abbiamo<br />
tanto bisogno di sognare, di evadere,<br />
di andare in un posto dove<br />
non ci siano pregiudizi, dove tutto<br />
è possibile! L’ignoto affascina sempre<br />
e questo posto così bello e irraggiungibile<br />
è un po’ l’idea dell’amore<br />
più puro… E’ tutto<br />
così incerto che tutto lì sembra<br />
possibile...<br />
Sono incuriosito dal titolo del<br />
disco e dalla canzone omonima:<br />
vorrei sapere da che tipo di ispirazioni<br />
nascono l’uno e l’altra.<br />
Ho scelto di chiamare così l’album<br />
perché è stata la prima canzone<br />
che ho deciso di scrivere volontariamente.<br />
Nel momento in cui la<br />
scrivevo non era solo un “buttare<br />
giù degli accordi, un’idea fine a<br />
se”, lei doveva essere una canzone,<br />
un inizio di un percorso. Questo<br />
pezzo è proprio la nascita di Diana,<br />
una notte di novembre iniziai<br />
a scrivere di botto questo testo e<br />
questi accordi accompagnati da<br />
un riverbero che risuonava nelle<br />
mie cuffie, in quel momento ho<br />
deciso che stavolta dovevo essere<br />
io a raccontare senza filtri né paure.<br />
Avevo raggiunto questa maturità.<br />
Quando si soffre per qualcosa<br />
non riesci a “costruire” la notte,<br />
non riesci a mettere insieme i pezzi<br />
della mente, non riesci a dormire,<br />
se c’è una cosa che ti fa soffrire.<br />
La notte è per me un momento<br />
fondamentale, perché si tirano<br />
le fila della giornata, si svuota la<br />
mente e inizi a pensare. Di notte si<br />
dice sempre la verità.<br />
Tre nomi di artiste senza le quali<br />
non saresti qui ora a parlare del<br />
tuo nuovo disco.<br />
Dato che mi parli di artiste donne<br />
posso dirti dei nomi di artiste senza<br />
le quali non avrei imbracciato<br />
la chitarra e imparato a suonare.<br />
PJ Harvey, Janis Joplin e come<br />
nostrane Carmen Consoli. Ti<br />
rispondo così di botto perché<br />
tra due minuti mi verranno in<br />
mente cento nomi e mi mangerò<br />
le mani ahahah. Solitamente<br />
quando compongo non ascolto<br />
musica di proposito per evitare<br />
influenze, ma sicuramente un’artista<br />
donna che mi ha fatto appassionare<br />
all’elettronica è<br />
Grimes.<br />
Fabio Alcini<br />
12<br />
13
ALFONSO<br />
Accompagnato dalla sua inseparabile chitarra “Brigida”, arriva<br />
al debutto il giovane cantautore di Lodi con un concept album dal<br />
titolo “1 kg di problemi e due etti di insalata”<br />
Ci vuoi raccontare la tua storia?<br />
La mia esperienza iniziò circa<br />
quattro anni fa, dopo essermi licenziato<br />
da un postaccio presi la<br />
mia liquidazione e andai diretto in<br />
un negozio di strumenti musicali,<br />
avevo voglia di imparare a suonare<br />
la chitarra, in un nanosecondo<br />
mi innamorai di una Epiphone<br />
dove-pro, venne a casa con me e la<br />
chiamai “Brigida”; Da quel giorno<br />
posso dire di aver iniziato a essere<br />
Alfonso. Portavo sempre un quadernino<br />
appresso dove annotavo<br />
qualsiasi cosa, in una maniera<br />
maniacale mi ritrovavo a descrivere<br />
qualsiasi situazione: il mio stato<br />
d’animo, le mie perplessità e qualche<br />
ricordo… Presero vita così le<br />
prime canzoni. Di sicuro prevalse<br />
la voglia di esprimermi come volevo<br />
io.<br />
“1 kg di problemi e 2 etti di insalata”<br />
è un concept: qual è l’ispirazione<br />
alla base del disco?<br />
“In un mondo preconfezionato<br />
dove il prodotto perfetto si trova<br />
in prima fila sullo scaffale, io sono<br />
uno di quelli che sceglie il prodotto<br />
finito in fondo perché non lo<br />
ha ancora toccato nessuno, sono<br />
proprio io quel prodotto. Scartato,<br />
schiacciato, quello dietro agli<br />
altri. 1 kg di problemi e due etti di<br />
insalata parla di tutto quello che<br />
si vede da quaggiù per ricordarvi<br />
che la vita da imperfetti è quella<br />
che vi portate<br />
a casa ogni volta<br />
che scegliete di<br />
essere voi stessi”.<br />
Queste sono le parole<br />
che ho scelto<br />
per descrivere il<br />
lavoro svolto finora,<br />
il titolo e il<br />
senso di tutto l’ho<br />
realizzato il giorno<br />
dello shooting<br />
fotografico per la<br />
copertina del cd.<br />
Avevo in mente<br />
qualcosa ma ero<br />
molto indeciso perché cercavo un<br />
titolo che con poche lettere potesse<br />
descrivere al meglio 30 minuti<br />
di musica, e se ci pensate non è<br />
per niente facile! Per la copertina<br />
avevo questa malsana idea di<br />
mettere il mio testone in un contenitore<br />
per alimentari, brutto e<br />
impacchettato stando li a guardare<br />
il coltello che da lì a breve mi<br />
avrebbe fatto a pezzetti… Ok detto<br />
così non si capisce molto, ma<br />
il senso di questa immagine nella<br />
mia mente è che per me la musica<br />
(intesa come entità paranormale)<br />
14<br />
15
è qualcosa di veramente sacro, la<br />
puoi studiare una vita e darle tutte<br />
le forme che vuoi ma non riuscirai<br />
mai a dominarla, nonostante questo,<br />
secondo me la musica viene<br />
trattata male, anzi quasi data per<br />
scontata proprio come un prodotto<br />
del supermercato che dove vai<br />
trovi sempre, per questo motivo<br />
mi sono infilato in un contenitore<br />
per alimenti aspettando la mia<br />
fine, dentro quel contenitore c’è<br />
Alfonso, un ragazzo che dai per<br />
scontato, imperfetto ma che ha<br />
tanto da dire…<br />
Hai scelto un registro ora ironico<br />
ora amaro per le tue canzoni.<br />
Ma dietro quella maschera lì, veramente,<br />
che tipo sei?<br />
Ciao, mi chiamo Valerio Alfonso<br />
Savini nato a Codogno il<br />
05/06/1994, sono daltonico, ho la<br />
“R” moscia e da che ho memoria<br />
scrivo con la mano sinistra, però<br />
non suono come Jimi Hendrix,<br />
bensì come tutti i destrorsi. Scusa-<br />
mi, adoro avere due identità, una<br />
delle cose più belle è avere la possibilità<br />
di indossare una maschera<br />
prima di salire sul palco e (passami<br />
il termine) avere “carta bianca”<br />
per potersi esprimere nel modo<br />
che si ritiene più opportuno. Mi<br />
dicono che questa cosa è tipica dei<br />
“Gemelli”, bene! è il mio segno zodiacale<br />
preferito :)<br />
“Son contento” è una canzone<br />
basata sui contrasti e sulle aspettative<br />
(social) tradite. Come nasce<br />
la canzone?<br />
La storia di questa canzone è molto<br />
particolare, per quel che mi<br />
riguarda è un chiaro attacco alla<br />
mia personalità, nonostante<br />
le difficoltà che si possono<br />
trovare tutti i giorni, pur<br />
dormendo su un pavimento<br />
perché non avevo più un tetto<br />
sopra la testa ero felice. La felicità<br />
in questione si riduceva<br />
a essere al passo con le tecnologie<br />
o il semplice apparire,<br />
tralasciando gli optional più<br />
importanti e con delle radici<br />
molto significative, come una<br />
casa…<br />
Chiudo domandandoti tre<br />
nomi imprescindibili per la tua<br />
crescita musicale<br />
Guarda, mentre in casa si ascoltavano<br />
i grandi della musica italiana,<br />
il mio primo amore fu il<br />
punk americano. Questo non vuol<br />
dire che ho distrutto i dischi di<br />
mio padre (anche se nei testi dei<br />
gruppi che ascoltavo ci si andava<br />
vicino), anzi piano piano mi sono<br />
avvicinato alla musica italiana, la<br />
amo ogni giorno. Più che nomi di<br />
artisti ti darei tre titoli di album<br />
che mi hanno davvero lasciato<br />
senza respiro. Nero a metà - Pino<br />
Daniele , Dalla - Lucio Dalla e Artide<br />
Antartide di Renato Zero.<br />
16<br />
17
ME, PEK & BARBA<br />
La folk band di Parma ha appena celebrato i quindici anni di attività e ha<br />
pubblicato da poco l’album “Vincanti”, dedicato al vino e ricco di ospiti<br />
“Vincanti” è un concept album<br />
sul vino. Che cosa vi ha convinto<br />
a pubblicare un disco così “alcolico”?<br />
L’idea è nata coltivando la vite.<br />
Federico, nostro fisarmonicista<br />
e autore insieme a Sandro delle<br />
canzoni, qualche anno fa, ha<br />
proposto allo zoccolo duro del<br />
gruppo di aiutarlo nell’impianto<br />
e nella coltivazione di un nuovo<br />
vigneto. Questa esperienza ci ha<br />
insegnato tante cose: la fatica del<br />
lavorare la terra, la gioia della vendemmia<br />
e anche la delusione che<br />
giunge quando purtroppo la pianta<br />
si ammala e il raccolto viene<br />
compromesso. Questa esperienza<br />
di vita, oltre ovviamente al fatto<br />
che amiamo bere buon vino, ci ha<br />
spinti a scrivere “Vincanti”.<br />
La produzione del disco è firmata<br />
da Elisa Minari, che oltre<br />
a essere una musicista esperta<br />
è parte della band dal 2015. In<br />
un mondo, come quello della<br />
produzione, dominato dai nomi<br />
maschili, finalmente una novità<br />
significativa, va detto. Com’è stato<br />
per Elisa lavorare sul disco in<br />
questa doppia veste?<br />
E’ stata un’esperienza impegnativa<br />
e appagante per me, che ho<br />
sempre privilegiato le situazioni<br />
che permettessero di lavorare<br />
con la musica in modo personale<br />
e creativo. Inoltre la proposta di<br />
seguire la produzione di Vincanti<br />
è arrivata al momento giusto,<br />
fresca com’ero di esperienze<br />
e mansioni simili a quello che mi<br />
veniva richiesto. Nel caso dei Me<br />
Pek e Barba la complessità è data<br />
dal numero di strumenti e musicisti<br />
da gestire, ma allo stesso<br />
tempo questo prezioso organico<br />
ha consentito di sviluppare al meglio<br />
armonie e arrangiamenti. Il<br />
fatto di essere anche componente<br />
del gruppo serve perché si conoscono<br />
le caratteristiche dei propri<br />
compagni di viaggio, e io credo<br />
sia fondamentale sfruttare le caratteristiche<br />
di ogni musicista. Sì,<br />
è prettamente ancora un mondo<br />
maschile quello della produzione,<br />
ho testato personalmente la cosa.<br />
Te ne accorgi dall’atteggiamento<br />
che gli addetti ai lavori hanno nei<br />
tuoi confronti, a volte basta una<br />
frase, o avvertire la difficoltà di<br />
un uomo che deve fare quello che<br />
gli chiede una donna in regia. Al<br />
contrario in questo gruppo non<br />
c’è stato nulla di tutto ciò, c’è stato<br />
molto rispetto per i reciproci ruoli,<br />
cosa non scontata da trovare!<br />
Sono numerosi gli ospiti del disco<br />
(c’è anche un winemaker…):<br />
potete spendere qualche parola<br />
per ognuno di loro?<br />
Con piacere. Omar Pedrini: Sandro<br />
era rimasto colpito qualche<br />
anno fa da un’intervista nella quale<br />
Omar raccontava della nuova<br />
vita, iniziata a seguito del primo<br />
importante intervento chirurgico<br />
subito al cuore; in sostanza, diceva<br />
che era comunque felice perché<br />
i medici gli avevano comunicato<br />
che avrebbe potuto continuare<br />
con una delle sue grandi passioni,<br />
ossia bere, con moderazione,<br />
buon vino. Un’esperienza musi-<br />
18 19
cale ci fece incontrare e quando<br />
gli raccontammo del progetto e<br />
gli proponemmo di scrivere un<br />
testo, accettò subito con entusiasmo<br />
e di seguito venne in studio a<br />
fare le seconde voci. E’ un grande!<br />
Roberto Cipresso: E’ un winemaker<br />
di fama mondiale. Da un suo<br />
racconto dedicato al vino Madeira,<br />
Sandro ha preso ispirazione<br />
per scrivere il testo della canzone<br />
“Saudade”. Digitando il suo nome<br />
su Google scoprimmo che è anche<br />
un appassionato di musica e chitarrista.<br />
Gli scrivemmo una mail<br />
raccontando del progetto e della<br />
canzone e lo invitammo a suonare<br />
la chitarra come ospite del brano.<br />
Tra un viaggio e l’altro per vigneti<br />
sparsi in mezzo mondo, passò<br />
dallo studio di registrazione, non<br />
portando con se la chitarra, bensì<br />
una borsa in pelle piena di armoniche,<br />
che poi suonò divinamente<br />
all’interno del pezzo! Andrea Grignaffini:<br />
condirettore di “Spirito<br />
di vino” e curatore della guida vini<br />
della rivista L’Espresso, parmigiano<br />
DOC, ci ha onorati del dono di<br />
una prefazione con la quale si apre<br />
il libretto del nostro cd. Marino<br />
Severini: Cantante dei Gang ci ha<br />
scritto un bellissimo racconto che<br />
ripercorre la lunga storia del vino<br />
nelle diverse culture, contenuto<br />
sempre all’interno del booklet<br />
che accompagna il cd. Siamo suoi<br />
grandi fan. Nel precedente album<br />
dal titolo CartaCanta, pubblicato<br />
nel 2015 e interamente dedicato ai<br />
libri, fu ospite nella canzone “La<br />
Tigre d’Ogliastra” ispirata dal libro<br />
“Memorie del vuoto” di Marcello<br />
Fois. Gli ospiti musicali sono stati<br />
Rocco Rosignoli che ha suonato il<br />
mandolino nella canzone Riempi<br />
la tua testa di vino e Davide Guiso<br />
che ha suonato le launeddas<br />
ne i brani Vitalia e Filastrocca. In<br />
quest’ultimo brano ha curato la<br />
parte musicale cantata in lingua<br />
sarda. Poi ci sono tutti gli ospiti di<br />
Filastrocca.<br />
“Filastrocca”, che avete scelto anche<br />
per il video, mescola dialetti<br />
e interventi: come nasce il brano?<br />
Il brano nasce dall’idea che i vini,<br />
come i dialetti, essendo così diversi<br />
tra loro da zona a zona, da<br />
regione a regione siano un importantissimo<br />
patrimonio della<br />
nostra bella Italia. Abbiamo così<br />
ideato una filastrocca cantata da<br />
Michela in italiano e da Sandro<br />
nel nostro dialetto, inviata poi ad<br />
alcuni amici per chiedere loro di<br />
cantarla ed elaborarla nel rispettivo<br />
dialetto, o per meglio dire:<br />
in alcuni casi una vera e propria<br />
lingua. Gigi Sanna degli Istentales<br />
in lingua sarda, Franco Giordani<br />
(chiamato il Mé, Pék e Barba in<br />
Friuli) in lingua friulana, Puccia<br />
degli Aprés la Classe in lingua salentina,<br />
Dario Canossi dei Luf in<br />
lingua camuna.<br />
20<br />
21
SETTI<br />
“Arto” è il successore di “Ahilui”: costellato da numerose collaborazioni,<br />
nasce a distanza di quasi quattro anni dal disco precedente ed è un<br />
condensato di quattro anni di scrittura paziente e non semplice<br />
Hai lavorato quattro anni al disco<br />
e, se capisco bene, non sono<br />
stati quattro anni facili...<br />
La lavorazione del disco è durata<br />
quattro anni per varie ragioni.<br />
In ogni caso sono contento delle<br />
canzoni che sono finite nel disco<br />
(ne ho scartate moltissime), di<br />
come lo abbiamo realizzato e delle<br />
persone che mi hanno aiutato a<br />
farlo. E’ stato a tutti gli effetti un<br />
lavoro in team. Non è stato facile<br />
perché anche il processo di scrittura<br />
richiede abbastanza scavo<br />
per me, come anche quello di arrangiamento<br />
che ho fatto insieme<br />
a Luca Mazzieri e Luca Lovisetto<br />
che sono stati fondamentali per<br />
ottenere il risultato che cercavo.<br />
Sono stati difficili ma è stato un<br />
bene. Mi piacciono le sfide stimolanti,<br />
il difficile è stato arrivare a<br />
cose semplici. Poi ci sono aspetti<br />
della vita che non riguardano di-<br />
rettamente la musica che hanno<br />
altri livelli e tipologie di difficoltà,<br />
conciliare la passione col lavoro e<br />
gli altri impegni. In ogni caso amo<br />
molto anche la parte di home recording,<br />
quindi sono usciti svariati<br />
ep non ufficiali nel frattempo e<br />
penso ne usciranno altri.<br />
L’album non è un concept, tuttavia<br />
sono piuttosto evidenti alcuni<br />
temi di fondo che uniscono<br />
le canzoni. Per esempio da dove<br />
nasce il lato “americano”?<br />
Non è un concept perché non è<br />
nato come tale in effetti. Le canzoni<br />
sono state scritte indipendentemente<br />
e poi si sono messe<br />
insieme da sole. Sono una strana<br />
comitiva queste canzoni ma per<br />
me hanno una loro compattezza<br />
insieme, sono una squadra. Non<br />
ci ho mai riflettuto sulla ragione<br />
del lato americano ma penso che<br />
derivi dall’immaginario delle opere<br />
letterarie, cinematografiche,<br />
musicali che amo. Probabilmente<br />
ha influenzato la mia immaginazione.<br />
Poi l’Emilia, in cui vivo, mi<br />
fa pensare a tratti ad alcuni paesaggi<br />
americani. Il Po è una specie<br />
di piccolo Mississipi, i campi<br />
sono piccole praterie. Secondo<br />
una visione molto astratta e personale.<br />
Lo trovo anche gotico a<br />
suo modo. A volte ho detto che<br />
è una visione salgariana perché<br />
parlo di posti in cui non sono mai<br />
stato e li uso per raccontare altro.<br />
Ci saranno di certo dei fili rossi,<br />
oltre alla mia visione delle cose,<br />
ma al momento penso ancora di<br />
essere nel labirinto. E’ un viaggio<br />
che vorrei fare con chi ascolta, ci<br />
penserò. I titoli con gli Stati Americani<br />
li ho usati da quando ho<br />
iniziato nel 2008 più o meno, era<br />
un omaggio al progetto di Sufjan<br />
Stevens, che amo molto. Poi è diventato<br />
un gioco tutto mio, un<br />
confine fatto a tavolino.<br />
L’album è dedicato ad Arto<br />
Lindsay e nell’arco del disco citi<br />
altri artisti e band, ma qual è<br />
stato il disco che hai ascoltato di<br />
più mentre lavoravi al disco?<br />
L’album si chiama Arto per molte<br />
ragioni diverse. Tra queste il fatto<br />
che era il titolo di lavorazione<br />
e non ho trovato un’altra parola<br />
che lo rappresentasse meglio. Non<br />
posso dire che sia dedicato ad<br />
Arto Lindsay, ma lo amo molto,<br />
22<br />
23
in particolare il pezzo Simply are.<br />
È una delle mie canzoni preferite:<br />
cercare di fare cose che “semplicemente<br />
sono” poi mi sembra<br />
un buon metodo. Detto questo<br />
ascolto davvero molte cose, sono<br />
piuttosto curioso e ho molti amici<br />
che mi consigliano. Quando<br />
scrivo e registro in realtà cerco di<br />
non ascoltare molto per non essere<br />
troppo influenzato ma penso<br />
che qualcosa defluisca nei pezzi.<br />
Ho ascoltato molti dischi e canzoni<br />
ma non uno in particolare,<br />
anche perché la lavorazione è stata<br />
molto lunga. Forse l’unico pezzo<br />
in cui ho cercato di catturare<br />
il mood di un gruppo filtrandolo<br />
nel mio modo e immaginario è<br />
stato Woods che è nato in qualche<br />
minuto e racconta una storia vera,<br />
quasi una cronaca di un concerto<br />
a cui non sono riuscito ad arrivare.<br />
Per farlo ho ascoltato molto<br />
i dischi dei Woods ovviamente,<br />
in particolare era appena uscito<br />
il bellissimo City Sun Eater in the<br />
River of Light. Poi mi avevano regalato<br />
l’ultimo disco di Devendra<br />
Bahart. Ho ascoltato moltissimo II<br />
dei Wolther Goes Stranger, Vacation<br />
dei Baseball Gregg, Everyday<br />
Robots di Damon Albarn, i dischi<br />
dei The Drums, quelli di Arthur<br />
Russell, quelli di John Grant i singoli<br />
della Sarah Records, Durante<br />
un assedio degli Havah. I R.E.M. e<br />
Beck li ascolto molto spesso. Così<br />
come Conte e Battiato. Forse quello<br />
che ho sentito di più in quel periodo<br />
è stato Carrie and Lowell di<br />
Sufjan Stevens, che penso sia davvero<br />
un capolavoro, ma non credo<br />
abbia influito sul disco.<br />
Hai suonato un po’ ovunque,<br />
compresa una cella frigorifera...<br />
Quello nel frigo è stata una delle<br />
cose più belle che mi siano capitate.<br />
Diciamo che il mio modo di<br />
fare le cose è questo: guardo quello<br />
che ho a disposizione e mi chiedo<br />
“che cosa potrei fare di bello e<br />
stimolante qui? Che cosa mi piacerebbe<br />
fare?”. Quindi parto dalla<br />
realtà e cerco di pensare a cose<br />
che mi piacciono e che reputo belle.<br />
Per i concerti ad personam nel<br />
frigo mi aveva invitato Alessandro<br />
Formigoni a suonare nella sua<br />
galleria Hiro Proshu. La galleria<br />
era una vecchia macelleria con un<br />
frigo in muratura, con un’acustica<br />
bellissima. Ho fatto un sopralluogo<br />
e ho pensato: “io sto nel frigo,<br />
entra una persona alla volta e faccio<br />
un pezzo soltanto a lei, soltanto<br />
noi due”. Fare un pezzo a una<br />
persona guardandola in faccia,<br />
isolati dal resto, penso sia la vera<br />
essenza di quello che cerco di fare.<br />
Poi c’era anche il lato ironico di<br />
fare una performance à la Marina<br />
Abramovich, in una galleria, ma<br />
senza pubblico. E’ stato davvero<br />
molto intenso, mi è piaciuto davvero<br />
molto farlo.<br />
24<br />
25
JOCELYN<br />
PULSAR<br />
Provocatorio fin dal titolo,<br />
“Contro i giovani” è il nuovo album<br />
del cantautore romagnolo che ha<br />
all’attivo quindici anni di carriera.<br />
E che ha ancora qualche sassolino<br />
nelle scarpe da levarsi, qui e là<br />
Direi che il titolo, paradossale e<br />
ironico, meriti una spiegazione.<br />
Perché “Contro i giovani”?<br />
“Contro i giovani” è naturalmente<br />
una provocazione data dal fatto<br />
che tutto ciò che esce sul mercato<br />
oggi, dalla musica alla televisione,<br />
al cinema, è prevalentemente<br />
destinato a un pubblico di giovanissimi;<br />
nel suo piccolo, questo disco<br />
no: è il disco di un quasi quarantenne<br />
che parla principalmente<br />
ai suoi coetanei, e che ritiene (ma<br />
probabilmente a torto) che i giovani<br />
della sua generazione avessero<br />
qualche risorsa in più rispetto a<br />
quelli di oggi, che sono veramente<br />
facili, troppo facili da “fregare”.<br />
Ci hai messo due anni per finire<br />
questo disco: per un iperproduttivo<br />
come te è tutto sommato anomalo.<br />
Cosa ti ha “frenato”?<br />
È vero, è un tempo atipico per me:<br />
la verità è che le prime quattro canzoni<br />
sono state registrate in un primo<br />
momento, e dovevano uscire in<br />
autonomia, senza un’idea precisa:<br />
volevo forse creare una mia label,<br />
ci avevo anche pensato, ma poi ho<br />
lasciato perdere perché non è cosa<br />
per me. Così ho semplicemente caricato<br />
i pezzi su Youtube, nient’altro;<br />
poi, quest’anno ho avuto nuove<br />
idee, sono tornato a registrare<br />
da Enrico (Berto, del MushRoom<br />
Studio) e ho pensato di creare un<br />
unico disco da queste due sessioni,<br />
così lontane tra di loro. Non è che<br />
si senta poi tanto, in effetti.<br />
C’è chi si spaventa molto di fronte<br />
alla definizione “disco della<br />
maturità”: tu come la vedi?<br />
Ne ho fatti tanti di dischi, quello<br />
della maturità temo sia già passato,<br />
questo è già il disco dell’inizio<br />
del declino: scherzi a parte, la maturità<br />
in sé forse non esiste, si va<br />
sempre un po’ più avanti, dunque<br />
la trovo una definizione discutibile.<br />
E poi, i dischi d’esordio di solito<br />
sono i migliori, proprio perché<br />
immaturi.<br />
Ho trovato particolarmente<br />
“vera” (e amara) “Bangladesh”:<br />
come nasce?<br />
“Bangladesh” è una canzone che<br />
26<br />
27
pur parlando, unica nel disco, di<br />
musica indipendente in senso<br />
stretto, rimane comunque fedele<br />
al clima generale: ovvero, il tema<br />
è il suonare in giro, con gli anni<br />
che passano, quando diventa sempre<br />
più difficile, con la famiglia, il<br />
lavoro il giorno dopo. È una canzone<br />
che piace molto anche a me,<br />
un po’ amara, e che riserva alla<br />
fine una benevola (ma mica tanto)<br />
tirata d’orecchie alla stampa musicale<br />
“specializzata”.<br />
Domanda da “veterano” del settore:<br />
che cosa ti piace di più e che<br />
cosa ti piace di meno della scena<br />
(scena?) indipendente italiana?<br />
Fatico a farti dei nomi: il disco<br />
di Calcutta l’ho comprato per esigenze<br />
di copione (vedi il nuovo<br />
videoclip), non mi dispiace ma<br />
nemmeno mi fa impazzire.<br />
Altro non saprei: gli Zen Circus<br />
si sono un po’ incattiviti, inscuriti,<br />
mi convincevano di più prima,<br />
per il resto c’è tanta trap, sono<br />
cose che non seguo, che non mi<br />
interessano. È molto bello il singolo<br />
di Riccardo Sinigallia, lui è<br />
un fuoriclasse.<br />
28<br />
29
RECENSIONI<br />
TURCO, “VIA ROMA”<br />
Turco, cantautrice<br />
e polistrumentista<br />
tarantina,<br />
pubblica Via<br />
Roma. Aperto<br />
da una rumorosa<br />
Intro, il disco inizia in modo<br />
effettivo con Ti vedi, un pop elettronico<br />
dotato di buona eleganza e<br />
morbidezza. Si prosegue con Ansia<br />
che racconta di piccoli disagi<br />
continui. Nella testa si presenta<br />
in modo più inquieto e fervido,<br />
con un lungo ingresso elettronico<br />
che piano piano lascia spazio a<br />
sonorità dance. Treni, molto giocosa<br />
e vivace, è sbilanciata sul lato<br />
pop, con stimmate di freschezza.<br />
Spunti televisivi applicati alla realtà<br />
sono al centro di Ho visto<br />
Laura Palmer, canzone dai ritmi<br />
marcati e di nuovo molto vicina<br />
alla dance. Sharon dice che la<br />
vita è un tropismo evanescente è<br />
uno strumentale delicato ma vivo.<br />
Ogni volta riparte da una struttura<br />
acustica che viaggia a ondate<br />
successive. Eroi vede l’intervento<br />
di Molla, per un pezzo che narra<br />
piccole storie di grandi persone.<br />
Volevo dirti va sul personale ma<br />
non sul melenso: il pezzo anzi è<br />
robusto e ha un drumming martellante.<br />
Si chiude con Buona vita<br />
(per te), pezzo dolce e quasi del<br />
tutto vocale, che rappresenta un<br />
congedo gentile dall’album. Un<br />
disco significativo e talvolta sorprendente,<br />
costellato di canzoni<br />
ben scritte ed eseguite con cura.<br />
GRANDI INSEGNE<br />
IL GRANDE ALLIBRATORE<br />
“AD OGGI MANCANO”<br />
Scarso rispetto per la sintesi e<br />
qualche problema con le d eufoniche.<br />
Ma Grandi insegne il<br />
grande allibratore pubblica Ad<br />
oggi mancano è un disco di notevole<br />
interesse. Si parte da Sottomarino,<br />
tra immagini di autoreclusione<br />
e di soddisfatto odio<br />
per il mondo. Su panorami bdsm<br />
si costruisce una cruda e inquietante<br />
Rossella. Ad oggi manca-<br />
no, la title track, apre acustica ma<br />
raddoppia subito con l’elettricità<br />
e un cantato rabbioso. Parte con<br />
un coretto anche<br />
Camposanto,<br />
che per legge di<br />
contrasto ha un<br />
percorso rock<br />
allegro. Il re<br />
dei topi arriva<br />
da lontano e poi inserisce accordi<br />
acustici su idee folk e indie. Si<br />
va piano con Aria buona, ballata<br />
che parte dalla gentilezza per alzare<br />
la voce. Albero filtra la voce<br />
e organizza una sorta di canzoncina<br />
ottimista, provvedendo poi<br />
a mandare in vacca tutto. Si va<br />
sull’onirico con Una casa tutta<br />
per noi, tra le più malinconiche<br />
del disco, su ritmi rallentati. Neve<br />
parte pesante, con risonanze sinistre<br />
che si sviluppano in un allargamento<br />
vocale che sa di hardcore.<br />
Perderti è stato meglio che<br />
incontrarti è molto più cantautorale<br />
e narrativa, con archi, fiati,<br />
incisi, un’atmosfera da festa triste.<br />
Si chiude con l’eponima Grandi<br />
insegne il grande allibratore, con<br />
la quale si torna all’acustico, per<br />
un’ultima scheggia di tristezza,<br />
condita da particolari reali quasi<br />
alla Carver. Fra problemi di lavoro<br />
e stiratura. Un disco violento, doloroso,<br />
che parla con il tuo fegato<br />
e gli tira dei pugni. Ma come non<br />
se ne sentono tanti.<br />
NODe, “RCADE”<br />
I NODe, acronimo di “Not ordinary,<br />
dead”, pubblicano Rcade. Su<br />
basi elettroniche pure si innestano<br />
elementi spuri provenienti dall’indie,<br />
dal punk, dalla new wave.<br />
We are, we are cala l’ascoltatore<br />
fin dall’immediato in una selva di<br />
suoni elettronici scintillanti. Danny<br />
rules again propone atmosfere<br />
pop con molti synth. Si passa a<br />
elementi giocosi<br />
con S.O.D.A.,<br />
per uno sviluppo<br />
funkeggiante,<br />
tra videogame<br />
e cocktail. Voci<br />
30<br />
31
RECENSIONI<br />
robotiche presiedono We can’t<br />
save the world, today, a cerchi<br />
concentrici. Le citazioni anni Ottanta<br />
sono letterali all’interno di<br />
Wrecked Star. Inizio gentile e sviluppi<br />
ambigui per Precious treasures.<br />
Ritmica continua e oscurità<br />
nel cuore di This human kills.<br />
Tocca poi a Summer of ‘69, ricca<br />
di chitarra ma diretta e semplice.<br />
Theme from “We are, we are”,<br />
ripropone il brano d’apertura con<br />
variazioni. I NODe hanno sviluppato<br />
la propria storia arricchendosi<br />
il suono, fino a risultati barocchi<br />
ma anche molto spassosi.<br />
PIQUED JACKS,<br />
“THE LIVING PAST”<br />
Ne parlano come del “figlio” di<br />
un periodo complicato: i Piqued<br />
Jacks tornano con The Living<br />
Past. Che il disco sia sofferto lo<br />
si capisce subito: Loner vs. Lover<br />
è “dilaniata” tra una prima parte<br />
compatta e una seconda che si<br />
scompone con echi, rimanenze di<br />
sogni e incubi. P.A.I.N.T. è semistrumentale<br />
di raccordo e di resipiscenza.<br />
The Living Past, la title<br />
track, rimette a posto le cose con<br />
un pezzo di rock diretto. Idee melodiche<br />
quelle di Eternal Ride of<br />
a Heartful Mind, che assomiglia<br />
a una ballata. Sogni di distruzione<br />
presiedono a Sublunary, elettrica<br />
e gridata. Dusty<br />
Shelves lascia<br />
molto spazio al<br />
drumming. Si<br />
parlava di dolore<br />
e Being<br />
Hurt affronta<br />
l’argomento in modo diretto. Né si<br />
esce dal discorso con la seguente<br />
Mount Bonnell, che vede il pianoforte<br />
utilizzato accanto alla chitarra<br />
elettrica. Il disco si chiude<br />
con Don’t Hope, Believe, che comincia<br />
piano e poi sbarella. I Piqued<br />
Jacks lavorano bene mettendo<br />
a segno una serie di pezzi che<br />
colpiscono e, a volte, segnano.<br />
VALENTE, “IL BLU DI IERI”<br />
Valente pubblicaIl Blu di ieri. Le<br />
coordinate del nuovo lavoro di<br />
Valente sono il ritorno a un beat<br />
sostenuto e a certe atmosfere elet-<br />
tropop e new wave. Sogni di te<br />
apre, con passi e modi rapidi, il<br />
disco. La rapidità non si smarrisce<br />
con Giardino. “Ci piace veloce,<br />
elettrico” dichiara Volume altissimo,<br />
che ricorre a metafore musicali<br />
per esprimere stati d’animo<br />
piuttosto agitati. Si rallenta con<br />
Un mondo nuovo, in cui il basso<br />
disegna movimenti nervosi. Stai<br />
opta per idee più intime e si dimostra<br />
guizzante. Si torna a correre<br />
e a ballare con Il Blu di Ieri, title<br />
track che spinge l’ascoltatore in<br />
avanti. Più tetra<br />
Arrendersi,<br />
ammantata<br />
di dark wave.<br />
Notti senza<br />
sogni parla di<br />
fiori neri e pietre<br />
umide. L’album si chiude con<br />
una cover di All Cats Are Grey<br />
dei Cure. I suoni della new wave<br />
sono esplorati in tutte le direzioni<br />
e danno vita a un album ispirato e<br />
vibrante.<br />
SINFONICO HONOLULU,<br />
“THOUSAND SOULS OF<br />
REVOLUTION”<br />
Steve Sperguenzie<br />
e i<br />
suoi Sinfonico<br />
Honolulu colpiscono<br />
ancora:<br />
l’orchestra<br />
composta soltanto<br />
da otto ukulele, basso, percussioni<br />
e vocalist pubblica<br />
Thousand Souls of Revolution,<br />
una raccolta di cover provenienti<br />
soprattutto dal post punk e dalla<br />
new wave. Se la copertina omaggia<br />
i Clash di London Calling, nel<br />
disco trovano spazio pezzi come<br />
Personal Jesus dei Depeche<br />
Mode, Killing Moon di Echo &<br />
The Bunnymen, Love Will Tear<br />
Us Apart dei Joy Division, fino<br />
ai PIL, agli Stranglers, ai Cure,<br />
per finire con un remake di Lonely<br />
Boy di Black Keys. Tutto<br />
con il solo aiuto delle corde corte<br />
degli ukelele, per risultati spesso<br />
sorprendenti.<br />
32<br />
33
MEDISON<br />
Nati in Puglia una decina d’anni fa, hanno vissuto molte evoluzioni nella<br />
propria carriera. L’ultima svolta è il nuovo singolo, intitolato “Il tempo<br />
della sera suona in quattro”<br />
Siete una band ma anche una<br />
compagnia teatrale: potete spiegare<br />
questa interazione originale<br />
alla base del vostro gruppo?<br />
Siamo principalmente una band<br />
con la voglia di raccontare delle<br />
storie. Per esempio c’è stato un periodo<br />
in cui abbiamo frequentato<br />
un centro di accoglienza della<br />
nostra città, dove abbiamo stretto<br />
amicizia con alcuni<br />
ragazzi provenienti<br />
dal Pakistan e dal<br />
Gambia con il desiderio<br />
di raccontare<br />
del loro viaggio<br />
fino all’Italia.<br />
Ascoltando le loro<br />
storie ci è venuta<br />
l’idea di raccontarle<br />
sul palco insieme<br />
a loro durante un<br />
concerto, e da lì è<br />
nato uno spettacolo<br />
che abbiamo chiamato<br />
“INdiVISIBI-<br />
LI”. Si tratta in pratica<br />
di un concerto<br />
in cui le canzoni<br />
vengono intervallate<br />
dai racconti di questi ragazzi,<br />
anche nella loro lingua madre, e<br />
dagli interventi emozionanti di<br />
un’attrice e di una ballerina che<br />
spiegano le sensazioni di chi sta<br />
dall’altra parte del mare, ad accogliere<br />
oppure soltanto a guardare.<br />
Come nasce “Il tempo della sera<br />
suona in quattro”?<br />
Di sera, all’aperto, con in braccio<br />
la chitarra, viene spontaneo<br />
suonare un giro di accordi su un<br />
tempo calmo, malinconico e capita<br />
mentre si suona di formulare<br />
pensieri e considerazioni al termine<br />
della giornata. Ci sono sere in<br />
cui ci sfiora il pensiero di chiudere<br />
una storia per darci la possibilità<br />
di andare avanti lasciandoci dietro<br />
il passato. Sicuramente le storie,<br />
non solo quelle d’amore, finiscono<br />
per la mancanza di dialogo:<br />
“tu leggevi senza mai capire e io<br />
leggevo senza leggere - certe cose<br />
le capisci al volo e certi voli non si<br />
come comprenderli” sono le frasi<br />
che frullano in testa in quel momento<br />
in cui si deve prendere una<br />
decisione drastica e quel pensiero<br />
diventa un atto di volontà come<br />
quello di chiudersi una porta alle<br />
spalle. I pensieri e gli accordi si<br />
sono mescolati ed è nata Il tempo<br />
della sera suona in quattro.<br />
Indicate l’incontro con Davide<br />
Pannozzo come decisivo per la<br />
vostra carriera: in che cosa ha<br />
contribuito?<br />
La collaborazione con Davide è<br />
stata preziosa da ogni punto di<br />
vista. L’incontro con una persona<br />
di spessore culturale e morale è<br />
34 35
senza dubbio arricchente, ma qui<br />
si parla di soprattutto musica. La<br />
sua esperienza, il gusto e ovviamente<br />
la sua bravura, hanno dato<br />
ai nostri pezzi un’identità che una<br />
band all’inizio della sua carriera<br />
non trova se non attraverso l’orecchio<br />
di un professionista che<br />
sa guardare alle potenzialità inespresse<br />
dei musicisti mettendole<br />
in luce. La scelta dei suoni e degli<br />
arrangiamenti costituiscono parte<br />
fondamentale dello stile di una<br />
band alla cui formazione Davide<br />
ha contribuito in modo decisivo.<br />
Di che cosa è l’anticipazione il<br />
nuovo singolo? Quali sono i vostri<br />
progetti futuri?<br />
Il nuovo singolo, assieme al precedente<br />
Anche se scorro come il<br />
Tevere, anticipa l’uscita del nostro<br />
disco. Dunque il primo obiettivo<br />
è senz’altro quello di portare<br />
a termine questo lavoro. L’album<br />
conterrà all’incirca una decina di<br />
canzoni. Abbiamo inoltre intenzione<br />
di portare la nostra musica<br />
in tutta Italia e per questo organizzeremo<br />
un piccolo tour per il<br />
prossimo anno che ci permetterà<br />
di ampliare il nostro pubblico, o<br />
almeno così ci auguriamo!<br />
Avete una consistente attività<br />
live alle spalle. Che cosa si può<br />
aspettare chi viene a vedervi dal<br />
vivo?<br />
Riusciamo a fare una decina di<br />
concerti l’anno con a volte un<br />
pubblico di 500 persone quando<br />
siamo in teatro. Chi viene ai nostri<br />
concerti ascolta musica inedita e<br />
poche cover con cui omaggiamo<br />
gli artisti che hanno contribuito<br />
alla nostra formazione musicale<br />
e alle scelte che facciamo rispetto<br />
ai messaggi che vogliamo trasmettere<br />
attraverso i testi. Tutto è<br />
suonato rigorosamente dal vivo,<br />
da musicisti che studiano e lavorano<br />
ogni giorno sul loro strumento.<br />
Non siamo una band da tormentone<br />
estivo o da talent e chi<br />
ci segue lo fa per la ricchezza dei<br />
nostri messaggi e delle storie che<br />
raccontiamo durante i concerti e<br />
che lasciano un segno, invitando a<br />
guardare alla vita con positività e<br />
speranza.<br />
36<br />
37
MASSTANG<br />
A distanza di quattro mesi dal lancio di “Perle Nere” è uscito “Il giorno”,<br />
un nuovo singolo inedito. Quattro chiacchiere con un quartetto molto attento<br />
al concetto di “evoluzione”, anche in campo sonoro<br />
Come nasce il progetto Masstang?<br />
Il progetto Masstang nasce quattro<br />
anni fa, come “evoluzione” del<br />
progetto Swordfish. Abbandonate<br />
le sonorità più ruvide che appartenevano<br />
alla scena crossover di fine<br />
anni ’90, abbiamo cercato di sviluppare<br />
di più la parte elettronica.<br />
Poi con l’ingresso di Mari nella<br />
band si è aperto<br />
tutto il mondo delle<br />
melodie vocali che<br />
prima non utilizzavamo<br />
e quindi molte<br />
alternative in più.<br />
Inoltre la ricerca di<br />
un genere musicale<br />
che in Italia non c’è<br />
o perlomeno non<br />
c’era, ci ha portati a<br />
dove siamo ora.<br />
Mi sembra di capire<br />
che il concetto<br />
di “evoluzione” sia<br />
molto importante<br />
per voi: potete<br />
chiarire il discorso?<br />
Per noi evoluzione<br />
significa essere sempre alla ricerca<br />
di una novità, della sperimentazione<br />
continua. Un progetto musicale<br />
non può rimanere “fisso” su<br />
un modo di suonare o di cantare,<br />
ma, a nostro avviso, deve sempre<br />
mutare e sorprendere, anche se<br />
questo comporta uscire dai confini<br />
di genere. Si sentono in giro<br />
e soprattutto in radio troppe cose<br />
uguali… Cantano tutti allo stesso<br />
modo, ripetono tutti gli stessi concetti,<br />
si vestono tutti uguali… Non<br />
crediamo che in Italia esistano<br />
soltanto questi personaggi e non<br />
crediamo che si debba per forza<br />
fare indie o trap. Evoluzione è anche<br />
superare concetti e avere coraggio<br />
di proporre voci fuori dal<br />
coro.<br />
Coniugate influenze palesemente<br />
anglosassoni con testi in<br />
italiano: qual è il processo di<br />
costruzione alla base dei vostri<br />
brani?<br />
Lavorare sulle strumentali è una<br />
parte fondamentale della nostra<br />
musica, e lo sarà sempre di più,<br />
38 39
infatti il più delle volte la costruzione<br />
dei nostri brani nasce da un<br />
suono o da un beat che poi spira<br />
lo sviluppo della strumentale<br />
e poi del testo. Diciamo la verità<br />
con il genere di musica che facciamo<br />
cantare in inglese è molto<br />
più facile e funziona anche di più<br />
e infatti abbiamo anche dei brani<br />
totalmente in inglese, ma la nostra<br />
idea è quella di far passare alcuni<br />
concetti e visto che viviamo e suoniamo<br />
in Italia abbiamo sempre<br />
dato la precedenza alla nostra lingua.<br />
Come nasce “Il giorno”?<br />
Il Giorno è un brano che è nato<br />
velocemente e di getto, e come<br />
tutte le cose fatte di getto è uscita<br />
particolarmente bene! Ci piace la<br />
notte, ci piace divertirci…<br />
a volte anche oltre i “limiti” e<br />
quindi non è stato difficile riportare<br />
quelle sensazioni da “gior-<br />
no dopo” in un testo. Anche la<br />
strumentale è stata di veloce costruzione…<br />
volevamo un brano<br />
downtempo incalzante che facesse<br />
muovere e così è stato.<br />
Potete citare tre brani fondamentali<br />
per la vostra storia?<br />
Domandina difficile… son tanti<br />
gli artisti che ci ispirano… Sicuramente<br />
i Prodigy e i Pendulum,<br />
Depeche mode, Rudimental,<br />
Chase n Status, Mo, Chemical<br />
Brothers, Subsonica e tanti altri…<br />
Tre brani…<br />
Smack my bitch up > The Prodigy<br />
Waiting all night > Rudimental<br />
Get it right > Diplo
GIUSEPPE VORRO<br />
In attesa di un prossimo ep e anche di un futuro lp, il cantautore pubblica<br />
“I’m here”, singolo e riproposizione della sua “Sono qui”, però cantata in<br />
inglese e da una voce femminile. Per vedere l’effetto che fa<br />
“I’m here” è la versione in inglese<br />
della tua “Sono qui” del 2014:<br />
perché hai deciso di riproporla<br />
ora e perché in questa nuova versione?<br />
E’ da molto tempo che volevo<br />
adattare un mio brano in lingua<br />
inglese e farlo cantare a un’altra<br />
persona. Un modo per uscire fuori<br />
da me stesso e sentire una mia<br />
canzone in terza persona per vedere<br />
l’effetto che fa. Inoltre, questo<br />
è il primo passo per un prossimo<br />
ep di diversi miei brani remixati e<br />
cantati in inglese da un cantante,<br />
a mio avviso, molto bravo non italiano.<br />
Vorrei provare ad affacciarmi<br />
all’estero.<br />
Visto che ora hai sentito un tuo<br />
brano cantato da altri, puoi<br />
raccontarci che effetto fa?<br />
L’effetto è piacevole anche perché<br />
sembra un buon lavoro. E’ come<br />
estraniarsi da sé e ascoltare la canzone<br />
con un altro filtro riuscendo<br />
ad analizzare meglio la parte<br />
melodica, di cui io non sono mai<br />
soddisfatto.<br />
Puoi raccontarci del video?<br />
Il video di “I’m Here” è nato con<br />
l’idea del contrasto buio/luce.<br />
Una lotta tra inferi e paradiso durante<br />
la ricerca di se stessi in un<br />
periodo di profonda crisi personale.<br />
Simone Tarca ha colto l’idea<br />
e l’ha implementata con maestria.<br />
In passato hai collaborato con<br />
Lele Battista: che cosa ti ha lasciato?<br />
Pensi di lavorare ancora<br />
42 43
con lui?<br />
Lele Battista mi ha fatto capire<br />
l’importanza del produttore artistico,<br />
che ha altre orecchie rispetto<br />
all’artista e senza pressioni consiglia<br />
e propone idee nella realizzazione<br />
di un brano. Ovviamente<br />
ci deve essere un’intesa artistica e<br />
una reciproca stima. Sicuramente<br />
ci ritroveremo di nuovo da qui<br />
non molto tempo in là nel suo<br />
studio a Milano.<br />
Nel 2019 è previsto il tuo prossimo<br />
lavoro contenente canzoni<br />
inedite: che cosa ci puoi anticipare<br />
in merito?<br />
Spero che nella seconda parte del<br />
2019 si riesca a produrre un nuovo<br />
disco con nuove canzoni. E sicuramente<br />
Lele sarà della partita.<br />
Vorrei far saltar fuori canzoni azzardate<br />
e adagiate. Difficile e facili.<br />
Veloci e lente. Vorrei non usare<br />
tempi medi.<br />
Puoi dirmi i nomi di tre artisti<br />
che ti hanno influenzato?<br />
Battisti per la maestria delle linee<br />
melodiche e degli arrangiamenti.<br />
Prince per la sua potenza ritmica<br />
e il suo groove sensuale. I Beatles<br />
per gli impasti vocali formidabili<br />
oltre alla forza del loro songwriting.<br />
44 45
TOMMASO TALARICO<br />
Il cantautore di origine calabrese, nato a Catanzaro nel 1974, comincia a<br />
esibirsi nei locali della scena fiorentina fin dal 2006. A fine novembre 2016<br />
esce il video de “Il tempo delle favole”,( con la regia di Claudia Sicuranza e<br />
Vittoria Spaccapietra), pezzo che fa parte dell’album (il primo), intitolato<br />
“Viandanti (canzoni da un tempo distante)”<br />
Che cosa ti ha spinto a raccontare<br />
dei “Viandanti”?<br />
Credo che chiunque scriva canzoni,<br />
su qualunque cosa, parta<br />
dell’esigenza di dire qualcosa, di<br />
raccontare. Non c’è un progetto<br />
organico, almeno nelle intenzioni,<br />
dietro al disco. Quando mi sono<br />
ritrovato con un po’ di materiale,<br />
la scelta è caduta su quei pezzi che<br />
mi pareva fossero legati da un filo<br />
conduttore, ossia delle storie, che<br />
racchiudono anche il mio punto<br />
di vista sul mondo e sulla realtà<br />
circostante. I personaggi delle<br />
canzoni sono tutti “viandanti”,<br />
attraversano il tempo e lo spazio<br />
senza avere più molti punti di riferimento.<br />
Mi interessava raccontare<br />
lo sfilacciamento dei rapporti<br />
interpersonali, dei sentimenti e<br />
delle idee, cui assistiamo oggi. E la<br />
solitudine, anche.<br />
Mi interessa anche il sottotitolo<br />
“Canzoni da un tempo distante”:<br />
che influenza ha avuto il tempo,<br />
in tutte le sue accezioni, sui pezzi<br />
di questo disco?<br />
Alcune di queste canzoni sono<br />
state scritte tempo fa. Credo che le<br />
canzoni siano un po’ come le persone.<br />
Cambiano, soprattutto nella<br />
testa di chi le ha scritte, maturano,<br />
invecchiano. Però non si poteva<br />
aspettare oltre, questo era il<br />
momento giusto per regalare loro<br />
una seconda vita. Detto ciò, credo<br />
che piantino bene i piedi nella<br />
contemporaneità. Se sono arrivate<br />
46 47
fin qui, vuol dire che il tempo non<br />
le ha scalfite. Le ha soltanto rese<br />
più consapevoli.<br />
Perché hai scelto Il tempo delle<br />
favole come singolo e video?<br />
Il tempo delle favole è una canzone<br />
particolare, costruita su un<br />
giro di accordi che si ripete sempre<br />
uguale, pur variando la linea<br />
melodica, e con una miriade di<br />
protagonisti. Semplicemente, non<br />
so perché, ho pensato che sarebbe<br />
stato divertente fare un video<br />
di questo pezzo, e ho immaginato<br />
che si potesse girare in un luogo<br />
semiabbandonato oppure in un<br />
sottopassaggio, uno di quei luoghi<br />
di transito pieni di murales. Credo<br />
di averla sempre ritenuta una canzone<br />
molto “cinematografica”. L’ho<br />
scelta perché mi andava di fare<br />
questa cosa, ecco tutto.<br />
Il disco è a nome tuo ma da<br />
come lo racconti nelle note introduttive<br />
sembra evidente che<br />
sia frutto anche di un lavoro di<br />
squadra: puoi spendere qualche<br />
parola su quello che ti hanno regalato<br />
e hanno regalato al disco i<br />
tuoi collaboratori?<br />
Il disco è a nome mio perché le<br />
canzoni le ho<br />
scritte io. Io ho<br />
scritto il testo<br />
e io la musica,<br />
per cui mi pare<br />
ovvio. Per il resto<br />
credo che<br />
sia abbastanza<br />
raro che un album<br />
di musica<br />
leggera sia frutto<br />
del lavoro di<br />
una sola persona.<br />
La produzione<br />
artistica<br />
è stata fatta da<br />
me e Gianfilippo<br />
Boni, con<br />
un confronto<br />
continuo sugli<br />
arrangiamenti<br />
da scegliere, le soluzioni da adottare,<br />
cosa chiedere ai musicisti che<br />
avrebbero suonato di volta in volta<br />
in ogni pezzo. Poi il sax,e come<br />
viene suonato, dà un certo “colore”<br />
a una canzone, la chitarra bossa<br />
nova un altro, mi pare evidente<br />
che questo produca un effetto decisivo<br />
su “come suona” un disco.<br />
Anche il missaggio, il mastering,<br />
sono passaggi importanti.<br />
Credo che una buona canzone<br />
funzioni bene anche solo con<br />
chitarra e voce, ma l’ apporto di<br />
grandi musicisti ti permette di realizzare<br />
quello che hai in testa.<br />
Per me è stato fondamentale collaborare<br />
con artisti di questo calibro.<br />
Ho imparato molto, tecnicamente<br />
e umanamente.<br />
Mi piacerebbe sapere come nasce<br />
“Storia di Lillo”<br />
Molti anni fa prestai servizio civile<br />
in una comunità per tossicodipendenti.<br />
Durante quell’anno conobbi<br />
molte persone, alcuni mi raccontarono<br />
le loro storie, le loro paure<br />
e fragilità. Storia di Lillo nasce<br />
da quel contesto, molto tempo<br />
dopo.<br />
48 49
FRANCESS<br />
“Follow me”è il nuovo singolo e video della cantante italo-giamaicana, che<br />
ha messo radici a Genova e che si fa apprezzare per la versatilità, come si<br />
può apprezzare nell’ultimo disco “Submerge”<br />
Stai seguendo il ritmo di un disco<br />
ogni due anni, ma il tuo ultimo<br />
disco di inediti era del 2014:<br />
come hai affrontato il lavoro sul<br />
nuovo disco, con quali criteri e<br />
con quale maturità?<br />
Il nuovo disco è nato in modo abbastanza<br />
naturale. Tutto il lavoro<br />
fatto negli ultimi anni mi arricchita<br />
e guidata nella direzione scelta<br />
per creare questi nuovi brani. Ho<br />
acquisito consapevolezza e mi riconosco<br />
sempre di più nel mondo<br />
sonoro che abbiamo creato.<br />
Come nasce “Follow me”, che hai<br />
scelto come nuovo singolo e video?<br />
L’anno scorso ho lavorato a un album<br />
chiamato A Bit of Italiano in<br />
cui ho rivisitato e tradotto canzoni<br />
della tradizione musicale italiana<br />
in inglese. Questa unione culturale<br />
mi ha spinto a scrivere una nuova<br />
canzone che mischiasse le mie<br />
due lingue e quindi i due mondi<br />
che coesistono dentro di me. Follow<br />
me è un invito a seguirmi in<br />
questo incontro.<br />
Le tue radici sono in due continenti,<br />
ma sei legata a Genova<br />
in modo particolare. Che cosa<br />
ti senti di dire a questa città in<br />
questo momento particolare e<br />
che cosa ha regalato a te e alla<br />
50 51
tua carriera?<br />
A Genova ormai ho affondato<br />
una radice. La prima volta che<br />
ho cantato la mia versione di Ma<br />
se ghe pensu di fronte al pubblico<br />
genovese avevo paura. Mettere<br />
mano a una canzone così sentita<br />
è sempre un rischio. Quando ho<br />
cantato l’ultima nota e aperto gli<br />
occhi per osservare la reazione del<br />
pubblico però, ho visto sorrisi ma<br />
soprattutto qualche lacrima. In<br />
quel momento ho capito che era<br />
successo qualcosa di speciale. Insieme<br />
all’orchestra del teatro Carlo<br />
Felice ho avuto l’onore di viverla<br />
e cantarla assieme al pubblico genovese<br />
che mi ha regalato forse le<br />
emozioni più forti che abbia mai<br />
vissuto su un palco fino a ora.<br />
Per quello che è successo non ho<br />
molte parole. Io sono solo una<br />
cantante e quello che posso fare è<br />
continuare a cantare questo inno<br />
con orgoglio ma soprattutto con<br />
tutto il cuore.<br />
Che cosa ti ha portato a scegliere<br />
“The Man I Love” per la cover<br />
che chiude il disco?<br />
Il jazz è sicuramente uno dei generi<br />
musicali che ha influito di<br />
piú sul mio modo di sentire e poi<br />
di fare musica. Dopo aver reso<br />
omaggio alla canzone italiana ho<br />
voluto questa volta attingere dal<br />
mio bagaglio culturale americano.<br />
Quali saranno le prossime tappe<br />
della tua carriera? Che cosa vedi<br />
nel tuo prossimo futuro?<br />
Per me fare musica è una ricerca<br />
costante. Sono pronta a continuare<br />
a sperimentare facendomi guidare<br />
da istinto e passione. Dove<br />
finirò non lo so ma intanto mi<br />
godo il viaggio.
RICCARDO SINIGALLIA<br />
“BELLAMORE”<br />
#quellochesentivo<br />
Bellamore è il singolo che avvia la carriera di Riccardo Sinigallia, uscito<br />
nel 2003 ad anticipare l’album Riccardo Sinigallia, qualche tempo dopo<br />
l’interruzione della collaborazione con i Tiromancino<br />
Amore bello, Bellamore...<br />
Sai bene che il dolore a volte serve,<br />
che può portare in luoghi dove<br />
anche la pace sembra di nuovo<br />
possibile.<br />
E ridi amara<br />
Su un’altra ferita<br />
Che ti ha guarito<br />
Bellamore... so che sai anche che<br />
il passato va lasciato alle spalle,<br />
che le occasioni perse possono<br />
regalare incredibili opportunità<br />
inaspettate lungo la strada, dietro<br />
l’angolo che ancora dobbiamo girare<br />
insieme.<br />
Per ogni occasione<br />
Persa<br />
E camminare insieme a te,<br />
Insieme a te<br />
Bellamore... sai che cambierà, che<br />
camminare insieme sarà la nostra<br />
cura, la medicina contro il tempo<br />
che è trascorso.<br />
E non pensare tutto contro te,<br />
Tutto contro te<br />
Amore che torni allontanando la<br />
pazzia<br />
Bellamore che vai via<br />
Bellamore... infinito come il<br />
mare, sincero come la gratitudine,<br />
profondo come l’estasi della<br />
gioia.<br />
Come un’onda che non ha confini<br />
Provare felicità<br />
Chiara Orsetti<br />
54<br />
55