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maritTIME n.3 | primavera 2018

Notizie dalle Aree Protette Alpi Marittime

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NOTIZIE DALLE AREE PROTETTE ALPI MARITTIME<br />

| 3 • PRIMAVERA <strong>2018</strong> |


| Editoriale | | Parco Marguareis: un laboratorio di selvicoltura sostenibile |<br />

Bianco, Quaranta:<br />

l’esempio viene da lontano<br />

Al Marguareis un laboratorio<br />

di selvicoltura sostenibile<br />

M. Pepino<br />

In apertura di questo numero del nostro notiziario<br />

vorrei ricordare Alessandra Bianco, scomparsa<br />

a inizio anno. Alessandra era figlia di Alberto<br />

e nipote di Dante Livio, personaggi che tutti ben<br />

conosciamo. La famiglia Bianco, come è stato<br />

ricordato da molti degli amici e parenti che<br />

hanno partecipato all’omaggio funebre civile a<br />

Valdieri, ha avuto un ruolo fondamentale nella<br />

storia della Valle Gesso. E non ci sono dubbi che,<br />

ben aldilà del fatto che Alberto sia stato a partire<br />

dal 1983 il primo presidente dell’allora Parco<br />

dell’Argentera, la famiglia Bianco rappresenti<br />

per il nostro ente un riferimento importante.<br />

Penso alle vicende che portano Gioacchino a<br />

emigrare in Francia, a Cannes, dove fra l’altro<br />

nasce Dante Livio, e a fare poi ritorno a Valdieri:<br />

una storia “transfrontaliera” che ci ricorda<br />

quanto forti siano da sempre i rapporti tra le<br />

nostre valli da un lato e costa ed entroterra francese<br />

dall’altro, e tali da creare le condizioni ideali<br />

affinché in tempi a noi vicini si sviluppassero<br />

quei progetti di collaborazione tra il Parco delle<br />

Alpi Marittime e il Parc du Mercantour che vengono<br />

richiamati a livello europeo come esempio<br />

a cui tutti dovrebbero rifarsi.<br />

E sempre ripensando alle storie personali di Alberto<br />

Bianco e dei suoi familiari, mi pare emergano<br />

con forza, insieme all’amore per la natura,<br />

dei valori – la democrazia, la giustizia, il rispetto<br />

delle persone – che non devono essere dimenticati,<br />

soprattutto da parte di chi è chiamato a<br />

occuparsi della gestione del bene pubblico.<br />

Dopo questo doveroso tributo, ecco alcune brevi<br />

note circa le attività delle Aree Protette.<br />

La presentazione del dossier di candidatura per<br />

entrare a far parte della lista dei beni Unesco è<br />

cosa fatta, ora siamo in attesa che venga programmata<br />

la visita del verificatore. La candidatura<br />

è una grande sfida, che deve necessariamente<br />

essere fatta propria non solo da tutti gli<br />

enti territoriali, ma più in generale dall’insieme<br />

di quanti vivono nell’area delle Alpi del Mediterraneo<br />

e nelle sue immediate vicinanze. Nei prossimi<br />

mesi sarà necessario un lavoro capillare di<br />

informazione e coinvolgimento.<br />

Si tratta di un obiettivo che grazie ai moderni<br />

mezzi di comunicazione può forse essere perseguito<br />

con più facilità rispetto a un tempo, ma da<br />

sempre più ancora che gli strumenti conta la volontà.<br />

Ne ho avuto conferma di recente, quando<br />

mi è capitato sotto mano un documento ciclostilato,<br />

datato maggio 1976, in cui l’allora sindaco<br />

di Entracque, Aldo Quaranta, invitava tutta la<br />

popolazione ad esprimersi circa il progetto della<br />

Regione Piemonte di creare un’area protetta in<br />

alta Valle Gesso: un bell’esempio di trasparenza<br />

e di condivisione.<br />

Il tema del coinvolgimento credo sia assolutamente<br />

cruciale per il Parco, e rispetto ad esso un<br />

passo importante è stato fatto con la legge di<br />

riordino del sistema delle aree protette: la creazione<br />

della Consulta del Turismo, organo che si<br />

va ad affiancare a Consiglio e Comunità del Parco<br />

è una garanzia di rappresentanza per tutte le<br />

categorie che agiscono sul territorio.<br />

Nel periodo fin qui trascorso alla guida delle<br />

Aree Protette delle Alpi Marittime ho potuto<br />

constatare quanto sia impegnativa la gestione<br />

ordinaria di una realtà così grande e articolata<br />

qual è il nostro ente.<br />

Il Consiglio, con il supporto tecnico del personale<br />

ha lavorato sullo statuto, sul regolamento,<br />

sta per essere completato il piano operativo. La<br />

direzione quotidianamente si trova ad affrontare<br />

i problemi connessi con il coordinamento di<br />

oltre cinquanta dipendenti, con la manutenzione<br />

di decine di mezzi e di un centinaio di edifici, con<br />

l’avanzamento dei progetti in corso e la predisposizione<br />

di nuovi.<br />

Credo sia importante concentrarsi su alcune priorità.<br />

Nel campo del turismo va assolutamente<br />

affrontato, insieme agli altri enti impegnati nella<br />

gestione del territorio, il problema dei trasporti,<br />

che per altro interessa non solo i visitatori, ma gli<br />

stessi residenti. Senza un sistema adeguato che<br />

colleghi Cuneo con le valli e favorisca gli spostamenti<br />

tra le diverse località, i nostri paesi sono<br />

destinati a spopolarsi sempre più.<br />

In tema di accoglienza penso spetti agli operatori<br />

– e devo dire che già molti si sono attivati<br />

in tal senso – investire nel miglioramento della<br />

qualità delle strutture e dei servizi. Per contro il<br />

Parco deve fare la sua parte in ambito infrastrutturale,<br />

impegnandosi nella manutenzione e segnalazione<br />

dei sentieri, dei percorsi ciclabili, nel<br />

funzionamento dei centri visita e nella ulteriore<br />

valorizzazione di attrattori quali il Centro faunistico<br />

Uomini e Lupi a Entracque e il Centro per<br />

la biodiversità a Chiusa di Pesio. Considerando<br />

che se facciamo riferimento in senso stretto al<br />

territorio del Parco le principali strutture di accoglienza<br />

sono i rifugi alpini, mi pare importante<br />

supportare il Club Alpino Italiano per interventi<br />

di miglioramento degli approvvigionamenti di<br />

acque ed energia e nello smaltimento dei rifiuti.<br />

Il Consiglio è anche impegnato nella definizione<br />

dei criteri per l’assegnazione ai prodotti locali<br />

di un marchio di provenienza legato al Parco.<br />

Si tratta di una operazione che, tramite verifiche<br />

operate dal personale dell’Ente rispetto a superfici<br />

utilizzate, tecniche di coltivazione, quantità<br />

prodotte, dovrebbe assicurare a coltivatori e<br />

allevatori una maggior visibilità e un miglior ritorno<br />

economico, al consumatore una garanzia<br />

della qualità dei prodotti.<br />

Chiudo con un’ultima considerazione. Mi auguro<br />

che ci sia da parte nostra la capacità di<br />

operare anche in ambiti che più di tutti sono<br />

connaturati con l’identità e la missione di un’area<br />

protetta. Mi riferisco alle attività di ricerca,<br />

di divulgazione, di educazione. Il progetto LIFE<br />

Wolfalps, oggi in fase di chiusura, in questi anni<br />

ha rappresentato un buon esempio di intervento<br />

che ha saputo sviluppare una ricerca scientifica<br />

– sviluppata con la raccolta dati e la loro elaborazione<br />

– non finalizzata a se stessa ma alla<br />

definizione di un quadro all’interno del quale<br />

possano essere operate le scelte più opportune<br />

nella gestione della specie lupo.<br />

Un’impostazione seria e concreta, che cercheremo<br />

di seguire anche nelle attività future e nei<br />

diversi campi in cui saremo impegnati.<br />

Paolo Salsotto<br />

Il soprassuolo boschivo dell’alta Valle Pesio, estremamente<br />

complesso e vario, è stato uno delle ragioni di istituzione del<br />

Parco naturale. Per la sua storia e per la sua particolare gestione,<br />

favorita dalla disponibilità dei boschi in affitto dall’Opera<br />

pia Parroci di Mondovì, è considerato una delle aree forestali più<br />

interessanti delle Alpi Occidentali. La presenza della Certosa di<br />

Pesio e la ridotta diffusione di proprietà private hanno favorito<br />

storicamente una gestione dei boschi univoca e omogenea, che<br />

in alcuni momenti è stata anche intensa, come nei periodi post<br />

bellici e dopo l’insediamento della regia fabbrica di vetri e cristalli<br />

a Chiusa Pesio, attiva dal 1740 al 1830.<br />

Dall’istituzione del Parco nel 1978 l’approccio gestionale e culturale<br />

è cambiato: il bosco non è più solo considerato fonte di<br />

legname ma anche come luogo per la fruizione, per la conservazione<br />

della biodiversità e difesa idrogeologica, così la sua gestione<br />

è stata impostata in modo da sviluppare queste funzioni.<br />

Il parco per la formazione e didattica forestale<br />

In seguito alla campagna di formazione in campo forestale impostata<br />

dal settore foreste della Regione Piemonte volta alla<br />

preparazione tecnica di imprese forestali, sono stati realizzati<br />

numerosi corsi, in particolare di abbattimento di piante e di tree<br />

climbing, utilizzando come cantieri forestali le abetine, le faggete<br />

e i boschi di latifoglie del Parco.<br />

Gli stessi luoghi sono stati area di cantiere per corsi di formazione<br />

di ingegneria naturalistica, ovverosia un insieme di tecniche<br />

per il consolidamento dei versanti franosi utilizzando materiali<br />

naturali (legno, pietre e piante vive).<br />

Gli interventi così realizzati, in collaborazione con l’Università di<br />

Torino, l’IPLA e l’associazione Prosilva sono diventati luogo per<br />

esercitazioni, tirocini e visite tematiche per gli studenti del corso<br />

in Scienze forestali, dei licei e degli istituti tecnici superiori.<br />

La pianificazione forestale<br />

Dall’istituzione del Parco sono stati redatti due piani di assestamento<br />

forestale che hanno impostato la gestione del patrimonio<br />

boschivo attraverso interventi diversificati di miglioramento boschivo.<br />

Questi sono stati realizzati in gran parte da ditte forestali<br />

locali ma anche da privati cittadini residenti nei Comuni del Parco<br />

che con il metodo dei “lottini” (interventi di diradamento con<br />

Corso di formazione • Archivio AIFOR.<br />

2 • <strong>maritTIME</strong><br />

4 • Messaggi


| Parco Marguareis: un laboratorio di selvicoltura sostenibile | | Parco Marguareis: un laboratorio di selvicoltura sostenibile |<br />

SPORTELLI FORESTALI<br />

Gli sportelli forestali delle Aree Protette<br />

delle Alpi Marittime<br />

A più di cinque anni dalla loro entrata in funzione, non dovrebbero essere<br />

una novità, ma meglio non perdere occasione per parlarne. Di che cosa?<br />

Degli sportelli forestali del Parco, naturalmente!<br />

Allora ripercorriamo a passo spedito la loro storia.<br />

Nel 2012 l’accorpamento fra Marittime e Marguareis poteva apparire<br />

un’ipotesi lontana, o addirittura irrealizzabile; già in quel momento, tuttavia,<br />

la scelta operata separatamente dai due enti sull’opportunità di offrire<br />

alla gente del posto, e non solo, informazione e affiancamento nel disbrigo<br />

delle “pratiche forestali” è stata univoca, pronta e risoluta.<br />

È così che dal settembre di quell’anno sono entrati in azione gli sportelli<br />

forestali delle sedi di Chiusa Pesio ed Entracque. Così facendo ci siamo<br />

allacciati a una rete composta dagli uffici della Regione, delle Unioni<br />

Montane, di alcuni Comuni, consorziatisi proprio per fornire questo tipo di<br />

servizio, e, naturalmente, degli altri enti di gestione delle aree protette. Un<br />

vero e proprio sistema, composto da una sessantina di punti di appoggio<br />

con centoquaranta sportellisti.<br />

Da poco la loro azione è stata potenziata dai cosiddetti PIF (Punti d’Informazione<br />

Forestale), con sede negli uffici comunali. I più vicini a noi,<br />

per il momento, sono quelli di Dronero, Valgrana, Mondovì e Garessio.<br />

Il compito degli sportelli forestali non è sempre facile. Le difficoltà più<br />

grandi s’incontrano al momento della compilazione della comunicazione<br />

semplice, sempre necessaria per qualsiasi intervento selvicolturale nelle<br />

aree tutelate come la nostra. Lo sportellista, da un lato, dovrebbe cogliere<br />

al volo la reale natura dell’intervento e, dall’altro lato, l’interessato al<br />

taglio, boscaiolo di professione, assegnatario di un lottino a uso focatico<br />

o piccolo proprietario, dovrebbe essere disposto a comprendere le ragioni<br />

di fondo delle regole impartite. In queste occasioni si rende necessario un<br />

misto di solida preparazione in campo selvicolturale, di capacità d’ascolto,<br />

di abilità nella divulgazione - e nervi saldi - “ingredienti” che talvolta, sul<br />

momento, non riescono ad amalgamarsi. Per questo il risultato finale dello<br />

scambio d’informazioni e di vedute non è sempre perfetto.<br />

L’importante, però, è che si sia tornati a parlare di boschi e, soprattutto,<br />

dell’importanza della loro gestione corretta dal punto di vista tecnico e,<br />

perché no, anche economico e amministrativo.<br />

La posta in gioco è grande, visto il numero di servizi che le foreste offrono<br />

a tutti noi, compreso il più cittadino dei cittadini, quello che non<br />

abbandonerebbe mai uno struscio a fianco di vetrine scintillanti per una<br />

passeggiata sotto una densa copertura verde.<br />

Anche per la gestione dei boschi vale la pena applicare il motto, molto di<br />

moda ma non per questo indebolito nella sua portata, “Agire localmente<br />

pensando globalmente”. Gli sportelli forestali delle Aree Protette delle Alpi<br />

Marittime sono qui anche per questo, o almeno ci provano. • CC<br />

superficie non superiore all’ettaro e con un prelievo massimo di<br />

legname pari a trecento quintali) hanno contribuito al miglioramento<br />

strutturale e paesaggistico del bosco, in particolare lungo<br />

le principali vie di afflusso turistico.<br />

Nel corso del 2017 sono iniziati i rilievi per il nuovo Piano di assestamento<br />

forestale affidato allo studio Blanchard e Gallo di Chieri<br />

che programmerà la gestione per i prossimi vent’anni anni, apportando<br />

importanti novità: in Valle Pesio si passerà alla gestione<br />

attiva delle abetine (rimandata nei precedenti piani) mentre in<br />

Valle Tanaro sono previsti i primi interventi pianificati sui boschi di<br />

neoformazione del vallone di Carnino e nel lariceto delle Navette,<br />

tra i più vasti e meridionali delle Alpi Occidentali.<br />

Bosco Buscaiä, alta Valle Pesio • M.Fissore.<br />

Il nuovo Piano di assestamento riguarderà non solo l’area a Parco<br />

ma bensì il territorio del SIC (Sito di Interesse Comunitario)<br />

che comprende anche il Vallone dei Mauri in valle Pesio e la quasi<br />

totalità del Comune di Briga Alta in Valle Tanaro, al confine con<br />

Liguria e Francia.<br />

La selvicoltura sostenibile e le misure<br />

del Piano di Sviluppo Rurale<br />

Tutti gli interventi selvicolturali realizzati nel Parco sono improntati<br />

alla “selvicoltura sostenibile” che prevede lo sfruttamento<br />

economico del bosco senza intaccare le sue molteplici funzioni<br />

(naturalistica, di fruizione, di difesa idrogeologica) salvaguardando<br />

l’aspetto paesaggistico in controtendenza con le usuali utilizzazioni<br />

boschive “non sostenibili” realizzate nelle Valli Corsaglia,<br />

Ellero, Casotto, e Tanaro dove interi versanti a faggeta sono stati<br />

devastati da tagli irrazionali.<br />

Taglio “non sostenibile” in Valle Corsaglia.<br />

Nel Parco sono state effettuate attività di diradamento e di conversione<br />

ad alto fusto volte al miglioramento della struttura del<br />

bosco e all’aumento della varietà di specie. Nei boschi da seme<br />

dell’alta Valle Pesio sono stati inoltre effettuati interventi per<br />

favorire le piante “portaseme” con una conseguente migliore<br />

percezione del bosco da parte dei fruitori. Operazioni simili sono<br />

state altresì realizzate per contrastare il progressivo avanzamento<br />

del bosco a scapito di radure, prati e pascoli.<br />

Intervento in faggeta.<br />

Alcuni di questi interventi sono stati realizzati con finanziamenti<br />

elargiti tramite il Piano di Sviluppo Rurale, come la recente Misura<br />

225 “Pagamenti silvoambientali” che permetterà di programmare<br />

azioni migliorative su una superficie di quasi cento ettari<br />

nei boschi da seme e nelle foreste di protezione o come la Misura<br />

12 “Indennità per aree forestali Natura 2000” che prevede un<br />

contributo per i possessori di boschi all’interno del Parco. • RL<br />

Le grafiche dell’articolo sono state realizzate da Hélène Copin.<br />

L’ESPERIENZA DI UNA STAGISTA<br />

In stage sull’altro lato delle Alpi<br />

Parigina, ventidue anni, studentessa dell’école de la Nature et du Paysage<br />

a Blois, Hélène Copin nell’estate del 2017 ha fatto uno stage presso le<br />

Aree Protette delle Alpi Marittime, occupandosi di temi legati all’utilizzo<br />

del bosco. Le abbiamo fatto qualche domanda.<br />

Come sei finita tra le montagne del Cuneese?<br />

Per i miei studi sul paesaggio dovevo fare uno stage, preferibilmente in<br />

un’area protetta. In un primo momento ho pensato di rivolgermi a un<br />

qualche Parco regionale del mio paese, ma ben presto, per la rigidità amministrativa<br />

francese, ho capito che sarebbe stato meglio indirizzare la<br />

mia ricerca verso l’altro lato delle Alpi. Ho telefonato al Parco gemellato<br />

col Mercantour, le Alpi Marittime. Mi hanno lasciato la scelta tra una sistemazione<br />

in foresteria in Valle Gesso piuttosto che in Valle Pesio, con<br />

la differenza che per la prima c’erano problemi di riscaldamento. A quel<br />

punto, considerando che avrei dovuto iniziare ai primi di aprile, non ho<br />

avuto dubbi. Anche perché, essendo senza un mezzo di trasporto mio, nel<br />

frattempo avevo verificato che in Valle Pesio era tutto molto più “concentrato”.<br />

In ogni caso ci tengo a dire che alla fine il riscaldamento non l’ho<br />

mai acceso.<br />

Che cosa hai fatto al Parco del Marguareis?<br />

Il mio primo lavoro è stato di familiarizzare con la valle e con i paesaggi<br />

che avrei dovuto studiare. Dopodiché, ho lavorato principalmente su due<br />

progetti. Il primo, finalizzato alla valorizzazione del paesaggio grazie ad<br />

attività silvo-pastorali, era di studiare la possibilità di creare un’associazione<br />

fondiaria nel vallone di Fiolera. Il secondo prevedeva la realizzazione<br />

di grafica e contenuti di panelli didattici sulla gestione dei boschi da parte<br />

del Parco, attività che condiziona fortemente l’evoluzione del paesaggio in<br />

Valle Pesio. E così, mentre avevo immaginato di dovermi occupare di temi<br />

legati alle conseguenze del declino dell’agricoltura e dell’allevamento in<br />

montagna, alla fine mi sono ritrovata a studiare casi che più che sul passato<br />

sono incentrati sul presente e sul futuro di una valle.<br />

Quale apporto può dare un paesaggista in un Parco?<br />

In Europa i Parchi, perlomeno la maggior parte, sono paesaggi culturali,<br />

dove l’attività dell’uomo è stata e continua ad essere fondamentale nella<br />

strutturazione del territorio. Un ente Parco interviene sia in modo diretto,<br />

facendo una gestione sostenibile dal punto di visto ecologico ma anche<br />

sociale e economico, sia indirettamente, provando a mettere assieme i<br />

diversi attori e facendo il possibile per incoraggiarne il dinamismo.<br />

In questo contesto, io mi sono inserita con lo sguardo di un estraneo che<br />

si impegna nel cercare di osservare le cose con una visione d’insieme, ma<br />

anche attenta ai particolari. Grazie a una formazione molto generalista e a<br />

competenze grafiche, ho cercato di sintetizzare con dei miei testi e dei disegni<br />

quanto ho recepito. Il paesaggista può avere un ruolo di mediazione<br />

tra i diversi attori del territorio e anche all’interno dello stesso gruppo di lavoro<br />

del Parco. Insomma, cerca di essere un catalizzatore di progettualità.<br />

Che cosa ti resta di questa esperienza?<br />

Al di là dell’impegno nei due progetti, ho avuto la possibilità di condividere<br />

con molta libertà le attività quotidiane dei guardaparco, del personale dei<br />

servizi comunicazione e conservazione. Sono stata subito accolta in questa<br />

squadra d’italiani, che, da buoni italiani, parlano veloce e forte, sono molto<br />

cordiali e sempre disponibili ad aiutare.<br />

Martellare gli alberi in un bosco meraviglioso; camminare con la luna<br />

piena fino a 1970 metri per fare all’alba il censimento dei galli forcelli;<br />

andare con il personale del Parco a fare interventi didattici in una riserva;<br />

percorrere la valle Pesio con gli occhi di un paesaggista, un escursionista,<br />

un naturalista; arrampicare passando dal granito al calcare; sensibilizzare,<br />

attizzare la curiosità, proporre risposte, immaginare… Tanti bei momenti<br />

che mi hanno arricchito e mi lasciano intravedere un futuro nella zona di<br />

confine tra Italia e Francia. Per intanto, per farci la mia tesi di laurea. •<br />

4 • <strong>maritTIME</strong><br />

<strong>maritTIME</strong> • 5


| Un inverno “vero”: come sono sopravvissuti gli animali in quota? | | Un inverno “vero”: come sono sopravvissuti gli animali in quota? |<br />

Un inverno “vero”: come<br />

sono sopravvissuti gli animali?<br />

rappresenta certamente un periodo difficile per la<br />

fauna: il freddo e la carenza di cibo mettono a dura prova<br />

L’inverno<br />

le capacità di sopravvivenza di moltissimi organismi. Quello<br />

che ci siamo appena lasciato alle spalle è stato caratterizzato da<br />

copiose nevicate e lunghi periodi di basse temperature. Gli animali<br />

che vivono nel Parco come affrontano la brutta stagione?<br />

In generale mettono in atto due strategie di base: adeguano la<br />

loro fisiologia, il loro aspetto e i loro comportamenti, oppure migrano<br />

lontano.<br />

A livello fisiologico, il letargo è una delle strategie preferite per<br />

sopravvivere e consiste in uno stato estremo di inattività, di riposo,<br />

con funzioni vitali ridotte al minimo. Viene tipicamente adottata<br />

dagli animali a “sangue freddo”, che non sono in grado di<br />

mantenere una temperatura costante del corpo ed adeguano la<br />

propria a quella dell’ambiente in cui vivono, ma anche da alcuni<br />

mammiferi che vivono in ambienti in cui la disponibilità di<br />

cibo cala drasticamente in alcune stagioni. Per quanto riguarda<br />

le nostre montagne, dove non è presente l’orso, l’animale che<br />

tipicamente viene associato al letargo è la marmotta.<br />

Un altro adattamento essenziale degli animali è vestirsi di un<br />

Pernici bianche • F. Panuello.<br />

abito caldo e possibilmente mimetico, che è ottenuto con la<br />

muta, cioè la sostituzione del manto estivo con un soffice e folto<br />

mantello invernale. La muta solitamente interessa i mesi autunnali<br />

e spesso comporta una diversa colorazione del mantello, al<br />

fine di renderlo più mimetico agli occhi dei predatori, cosa che<br />

può significare la salvezza, oppure più scuro, per assorbire con<br />

grande efficacia la radiazione solare e quindi riscaldarsi.<br />

Alle alte quote vivono le specie maggiormente specializzate nel<br />

confondersi con l’ambiente: la pernice bianca, l’ermellino, la lepre<br />

alpina. Per esse muoversi in un ambiente dominato dal bianco,<br />

avendo una colorazione scura, significherebbe morte sicura-<br />

Queste tre specie, brune o bruno-grigiastre in estate, in inverno<br />

divengono pressoché totalmente bianche: quasi impossibile per<br />

l’aquila o la volpe individuarle sulle candide praterie alpine. Tuttavia<br />

inverni senza neve non favoriscono queste specie, incapaci<br />

di modificare la colorazione della loro livrea a seconda del colore<br />

dell’ambiente circostante.<br />

La pernice bianca per proteggersi dal freddo intenso e dai venti<br />

impetuosi, in inverno, durante la notte, scava dei ricoveri sotterranei<br />

nella neve, le “trune”, dalle quali esce al mattino per<br />

alimentarsi. Anche il fagiano di monte adotta spesso lo stesso<br />

stratagemma per superare il gelo della notte.<br />

Gli inverni nevosi ma non estremi sono per queste specie una<br />

condizione che favorisce la sopravvivenza, al contrario di quel<br />

che siamo portati a pensare.Tra i mammiferi lo stambecco è l’unico<br />

che trascorre l’inverno stabilmente in quota, scegliendo aree<br />

assolate, fortemente dirupate e con elevata pendenza dove la<br />

neve non si accumula. Sembra impossibile che lì riesca a trovare<br />

sufficiente nutrimento cibandosi delle rade e secche erbe alpine.<br />

Gli ungulati si adattano infatti a mangiare quello che c’è: erba<br />

secca, ramoscelli, licheni e talvolta anche la corteccia di giovani<br />

Stambecco in fuga • F. Beltrando.<br />

piante: questo cibo “povero” apporta quel minimo di energie<br />

che serve loro per sopravvivere, l’efficienza dei loro apparati digerenti<br />

permette di sfruttare al massimo i cibi ingeriti.<br />

Tuttavia, quando le condizioni diventano critiche molti ungulati<br />

muoiono: la mortalità è molto elevata soprattutto negli animali<br />

giovani o nei soggetti vecchi o debilitati. Il vero fattore limitante<br />

per le popolazioni di ungulati alpini è l’inverno, non certamente i<br />

predatori naturali. Non sprecare energie, in un contesto di questo<br />

tipo, può significare avere salva la vita. D’inverno non solo cambiano<br />

le tecniche per procacciarsi il cibo, ma anche quelle per<br />

ridurre il più possibile l’attività motoria. In tale periodo gli animali<br />

restano inattivi per molto tempo. L’ermellino, per esempio, alterna<br />

brevi e intense fasi di caccia con lunghissime fasi di riposo,<br />

trascorse in tana, così come fa il fagiano di monte.<br />

L’accumulo di scorte si rivela anch’esso una strategia vincente e<br />

necessaria. Le scorte possono essere “interne”, sotto forma di<br />

depositi di grasso in alcune parti del corpo. Le specie che accumulano<br />

grandi quantità di grasso sottocutaneo solitamente in<br />

autunno presentano una fase cosiddetta di “iperfagia” durante<br />

la quale mangiano molto più del solito e per più tempo. Il grasso<br />

accumulato oltre che da riserva di cibo funge anche da formidabile<br />

strato isolante. Ci sono poi scorte “esterne”, veri e propri<br />

magazzini di cibo dispersi sul territorio. La nocciolaia è sicuramente<br />

una delle specie più note per la sua abitudine di accumulare<br />

cibo: in autunno si dirige verso i noccioleti (da cui prende il<br />

nome) e nelle cembrete e si procura grandi quantità di frutti e di<br />

semi, trasportandoli nel gozzo. Durante ogni viaggio porta con sé<br />

decine di semi che poi nasconde all’interno di buche nel terreno<br />

precedentemente scavate e ricoperte. Ne crea addirittura più di<br />

PROGETTO CClimaTT<br />

Un nuovo progetto per monitorare<br />

i cambiamenti climatici<br />

Il clima, che sta cambiando velocemente e che sta creando condizioni ambientali<br />

insolite, è oggetto di molti studi e progetti. Fra essi, l’Ente di gestione<br />

delle Aree Protette delle Alpi Marittime ha scelto di presentare, sotto il<br />

coordinamento del Parco Fluviale Gesso e Stura, il progetto CClimaTT, che<br />

ha lo scopo di approfondire alcuni aspetti legati ai cambiamenti climatici<br />

che stanno evidenziando un forte impatto sulla vegetazione e sulla fauna<br />

delle Alpi Marittime e delle aree limitrofe. Uno degli studi promossi riguarda<br />

la pernice bianca, una delle specie più tipiche dell’ambiente alpino e<br />

una delle prime che rischia seriamente di estinguersi nei decenni a venire<br />

in molte parti del suo areale meridionale. •<br />

mille e l’incredibile memoria visiva di cui è provvista l’aiuta a<br />

ricordare il contesto ambientale nel quale ha sepolto i semi per<br />

sfamarsi nel corso della cattiva stagione.<br />

Durante l’inverno l’osservabilità di molti animali aumenta. Dobbiamo<br />

però sempre tenere presente che si tratta di un periodo<br />

delicato, nel quale la vita degli animali è appesa a un filo e quindi,<br />

se desideriamo osservarli, non dobbiamo disturbarli, magari<br />

addirittura facendoli fuggire. Questo comporterebbe un dispendio<br />

di energie difficilmente recuperabili.<br />

È importante quindi osservarli da lontano e, soprattutto, non correre<br />

loro appresso. La presenza umana, solitamente scarsa, può<br />

talvolta rivelarsi assolutamente deleteria: nelle aree a forte frequentazione<br />

da parte di sciatori e “ciaspolatori” il disturbo può<br />

spingere gli animali a spostarsi continuamente, fino a impedire<br />

loro la corretta assimilazione del cibo. Il che, a lungo andare, li<br />

Ermellino in veste invernale • F. Panuello.<br />

porterà in uno stato di denutrizione irreversibile e alla morte.<br />

Il presupposto base che dobbiamo sempre tener presente è che<br />

gli animali sono in perfetto equilibrio con l’ambiente in cui vivono,<br />

al quale si sono adattati nel corso di milioni di anni. Hanno la<br />

capacità di variare il loro comportamento e, entro certi limiti, di<br />

modificare la loro fisiologia a seconda delle condizioni ambientali<br />

del momento. Le specie che, nella loro storia evolutiva, hanno<br />

scelto di non migrare, sono riuscite a sopravvivere fino ad oggi a<br />

condizioni estreme, alle quali nessuno dei noi, senza la tecnologia<br />

umana, potrebbe adattarsi. Già solo per questo meritano il nostro<br />

più profondo rispetto e la nostra più grande ammirazione. • LG<br />

6 • <strong>maritTIME</strong> <strong>maritTIME</strong> • 7


| Presentata la candidatura delle Alpi del Mediterraneo a Patrimonio dell’Umanità | | Presentata la candidatura delle Alpi del Mediterraneo a Patrimonio dell’Umanità |<br />

Patrimonio dell’Umanità:<br />

presentata la candidatura<br />

parlando di territorio eccezionale, un perfetto connubio<br />

tra ambiente e sviluppo, che ha tutte le carte in<br />

“Stiamo<br />

regola per vincere la sua sfida.”<br />

Così si è espresso il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti,<br />

intervenuto a Cuneo, venerdì 23 febbraio scorso, per illustrare<br />

la candidatura delle Alpi del Mediterraneo a Patrimonio dell’Umanità,<br />

depositata il 31 gennaio <strong>2018</strong> presso la sede centrale<br />

dell’Unesco a Parigi. Il dossier di candidatura – un volume di<br />

310 pagine più allegati con cartografia, fotografie, progetto di<br />

gestione del bene, analisi comparativa del Valore Universale del<br />

Bene (VUE) –, è stata redatto da un comitato internazionale di<br />

altissimo livello con la collaborazione di decine di esperti.<br />

“La candidatura s’inserisce nel percorso della politica dei parchi<br />

intrapresa dalla Regione – ha affermato l’assessore all’Ambiente<br />

Alberto Valmaggia –. Le aree protette piemontesi sono<br />

nate come interventi puntuali di salvaguardia, la stagione che<br />

abbiamo davanti ci pone dei nuovi obiettivi che sono quelli di<br />

collegarle e di legarle con l’esterno attraverso corridoi ecologici.<br />

Questa iniziativa, che parte dalla storica collaborazione tra Marittime<br />

e Mercantour, s’inserisce in una scala più ampia in cui<br />

Massiccio cristallino dell’Argentera, elemento chiave della candidatura • N. Villani.<br />

vogliamo connettere gli abissi marini con i Giardini Hanbury e<br />

con le cime delle nostre montagne. In tutto ciò c’è coerenza con<br />

quanto la Regione ha avviato anche in altre zone del Piemonte,<br />

e proprio per questo sosteniamo con forza un tale progetto.”<br />

“Riassumo la candidatura delle Alpi del Mediterraneo – ha detto<br />

il presidente della Provincia di Cuneo Federico Borgna – con tre<br />

sole parole: ambiente, risorsa fondamentale che va “curata” e<br />

gestita con interventi di sistema; Europa, casa comune dei cittadini<br />

di domani, che qui viene costruita con l’apporto congiunto di<br />

Italia, Francia e Principato di Monaco; promessa, perché la consegna<br />

del dossier per l’iscrizione ai beni dell’Unesco è una tappa<br />

importante di un percorso iniziato tempo fa da tanti soggetti che<br />

hanno preso degli impegni e li hanno mantenuti.”<br />

Alpi del Mediterraneo: un concentrato della<br />

storia dell’evoluzione della Terra<br />

La candidatura per entrare a far parte della lista dei siti naturali<br />

– l’Unesco prevede tre categorie di beni: naturali, culturali e misti –,<br />

coordinata dal GECT (Gruppo Europeo Cooperazione Territoriale)<br />

“Parco europeo Alpi Marittime Mercantour”, è stata inoltrata<br />

dall’Italia anche per conto della Francia e del Principato di Monaco.<br />

La presentazione presuppone che venga soddisfatto almeno<br />

uno dei quattro criteri previsti per i beni naturali (nel caso dei beni<br />

culturali i criteri sono invece sei).<br />

L’ex Ministro Galletti a Cuneo • N. Villani.<br />

“In generale il sito deve possedere un Valore Universale Eccezionale<br />

– ha spiegato Paolo Salsotto, presidente delle Aree Protette<br />

Alpi Marittime –, deve cioè essere contraddistinto da elementi di<br />

unicità a livello mondiale. Nel caso delle Alpi del Mediterraneo<br />

tale Valore è stato individuato nella storia geologica e dunque<br />

si è fatto riferimento al criterio VIII, in base al quale il bene deve<br />

costituire una testimonianza straordinaria dei principali periodi<br />

dell’evoluzione della Terra, comprese testimonianze di vita o processi<br />

geologici in atto.”<br />

Come specificato nel dossier, le Alpi del Mediterraneo rappresentano<br />

“l’unico sito conosciuto dove le testimonianze di tre cicli geodinamici<br />

successivi, lungo un periodo di 400 milioni di anni, sono visibili e<br />

straordinariamente accessibili in superficie. Affioramenti eccezionali<br />

facilitano l’osservazione diretta e in plein air di rocce e strutture che<br />

caratterizzano l’evoluzione globale dei continenti e la formazione dei<br />

settori profondi delle catene di montagne recenti.”.<br />

Inoltre le Alpi del Mediterraneo sono un esempio unico e straordinario<br />

di catena non ancora erosa, le Alpi, tuttora in fase di trasformazione,<br />

tagliata trasversalmente dall’apertura di un nuovo bacino<br />

oceanico, il Mediterraneo Occidentale. Dunque i fenomeni evolutivi<br />

di questo angolo del pianeta permettono di completare le nostre<br />

conoscenze sulla storia della Terra.<br />

Un sito tra terra e mare<br />

Il sito Alpi del Mediterraneo, con una superficie totale di 268.500<br />

ettari tra terra (60%) e mare (40%), comprende porzioni significative<br />

delle alte valli cuneesi tra Stura e Tanaro, dell’entroterra<br />

del Ponente Ligure, del Mercantour e della Costa Azzurra, oltre<br />

al vasto tratto di mare tra Nizza e Ventimiglia. Tutto il territorio<br />

interessato è posto all’interno di parchi (Marittime, Marguareis,<br />

Alpi Liguri, Mercantour) o di Siti di Importanza Comunitaria. Ben<br />

settantanove i Comuni coinvolti, ventotto dei quali in Italia. Le<br />

Alpi del Mediterraneo si presentano come bene seriale (come<br />

quello delle Dolomiti Unesco), in quanto si configurano non come<br />

un unico spazio geografico omogeneo e continuo, ma piuttosto<br />

come un insieme di aree relativamente distanti l’una dall’altra.<br />

Nella fattispecie, all’interno dell’ampia porzione di territorio che<br />

va dalla sezione più meridionale dell’arco alpino alla costa sono<br />

state individuate otto “isole” che per caratteristiche geologiche,<br />

integrità ambientale e grado di protezione rappresentano al meglio<br />

l’intero sito oggetto della candidatura. Le otto zone sono: il<br />

massiccio Argentera-Mercantour; la riserva geologica di Daluis; il<br />

settore Marguareis-Toraggio; Peira Cava; Ours-Grammondo; Cap<br />

Ferrat-Canyon della Roya; La Grande Corniche; Peille.<br />

Le fasi finali del processo di candidatura<br />

Dopo la consegna all’Unesco, l’IUCN (Unione Mondiale per la<br />

Conservazione della Natura), organismo tecnico incaricato dal<br />

Comitato del Patrimonio Mondiale di valutare le candidature dei<br />

siti naturali, ha attivato le procedure per la verifica del dossier.<br />

Per l’autunno <strong>2018</strong> è prevista la visita da parte di un verificatore.<br />

Ad agosto del 2019 vi sarà la comunicazione dell’esito. Tre i<br />

possibili scenari: il sito può essere promosso, bocciato, o come<br />

è avvenuto per molte altre candidature – è il caso per esempio<br />

delle Langhe –, rinviato a successiva valutazione con richiesta di<br />

integrazioni o variazioni rispetto alla proposta originale.<br />

Quali i vantaggi per i siti iscritti nella lista dei beni Unesco?<br />

“Un bene Unesco – ha chiarito il presidente Salsotto – viene<br />

posto sotto la tutela dell’intera umanità. È regola imprescindibile<br />

che il territorio si doti di un piano di gestione, garanzia di<br />

una trasmissione alle generazioni future del bene stesso nella<br />

sua integrità. Per quanto riguarda le Alpi del Mediterraneo, tutti<br />

gli spazi individuati fanno già parte di aree sottoposte a forme di<br />

protezione di vario genere, per cui non sono da prevedere ulteriori<br />

vincoli. Per contro, l’inserimento nella lista del Patrimonio Mondiale<br />

può assicurare una grande visibilità a livello mondiale, con<br />

ricadute positive non solo sul turismo, ma su tutte le attività economiche<br />

sviluppate secondo criteri di valorizzazione delle risorse<br />

locali nel rispetto della natura e della storia di un territorio.” •<br />

8 • <strong>maritTIME</strong> <strong>maritTIME</strong> • 9


| Cercatori di piante nel Cuneese | | Cercatori di piante nel Cuneese |<br />

Cercatori di piante<br />

nel Cuneese<br />

Tra il XVIII e il XX secolo: arrestati o imprigionati come spie,<br />

presi a sassate o a fucilate, morti per incidenti nella solitudine<br />

di territori impervi, ricercati dalle autorità, inseguiti da<br />

persone inferocite. Ai giorni nostri, meno tragicamente: scambiati<br />

per cercatori di funghi, erboristi, raccoglitori di piante spontanee<br />

alimentari, razziatori di piante ornamentali. Incompresi e osservati<br />

con compassione nel loro vagabondare da margari, montanari<br />

ed escursionisti. Guardati con sospetto da proprietari di terreni,<br />

carabinieri forestali, guardaparco, guardiacaccia, guardiapesca,<br />

guardie ecologiche.<br />

Quanto sopra, succintamente riportato, è quello che occorse in<br />

passato ed è ciò che accade ai tempi nostri ai floristi. Ma chi sono<br />

mai questi temerari o loschi personaggi?<br />

Se navigate in rete e digitate la parola “floristica”, la più famosa<br />

enciclopedia presente su internet vi riporterà quanto segue:<br />

“Parte della botanica che inventaria le piante di un dato territorio,<br />

indicandone l’area di diffusione e descrivendone i caratteri, l’abbondanza,<br />

la frequenza e l’epoca della fioritura; è alla base della<br />

fitogeografia del territorio”.<br />

Ne consegue che i floristi sono dei botanici dediti alla ricerca delle<br />

Il ginepro fenicio della Riserva Naturale San Giovanni - Saben • A. Rivelli.<br />

specie vegetali di un dato territorio e che, con determinati criteri<br />

scientifici, raccolgono informazioni su di esse. Alla fine una tale attività<br />

non è così disdicevole: invito dunque chi si ritrova in questa<br />

categoria, per motivi professionali o per passione che sia, a fare<br />

outing con il proprio coniuge, con gli amici…<br />

Chiedo perdono per questo prologo che vorrebbe essere ironico<br />

(anche per sgombrare l’idea che i botanici siano tutti tristi e<br />

compassati), ma volevo presentare con una certa enfasi, seppur<br />

tra il serio e il faceto, un’attività davvero poco conosciuta al grande<br />

pubblico e in molte situazioni tenuta in scarsa considerazione<br />

anche da chi si occupa di amministrare in vario modo i beni ambientali,<br />

eppure di enorme importanza scientifica. La ricerca della<br />

diversità floristica di un certo territorio è sicuramente una delle<br />

fasi fondamentali delle attività di conservazione delle specie vegetali,<br />

degli ambienti che le custodiscono e del paesaggio.<br />

Nelle Aree Protette delle Alpi Marittime, questa attività viene svolta<br />

da alcuni tecnici e guardaparco e organizzata dal Centro per la<br />

Biodiversità Vegetale (CBV), in pratica il settore botanico dell’Ente.<br />

Va detto che nel Cuneese esiste anche una (relativamente) numerosa<br />

rete di appassionati floristi volontari, che dedicano il loro<br />

tempo e le loro finanze per questi studi. Alcuni di loro forniscono<br />

importanti informazioni che vengono immesse nella banca dati<br />

floristico-vegetazionale del Centro per la Biodiversità, collegata<br />

alla banca dati della Regione Piemonte.<br />

Nel riquadro vengono riportate alcune delle principali scoperte<br />

floristiche realizzate dal personale delle Aree Protette nel 2017,<br />

sul territorio delle Alpi Liguri e Marittime piemontesi.<br />

Per motivi di spazio, le segnalazioni di nuove o rare specie effettuate<br />

dalla rete dei floristi cuneesi verranno pubblicate successivamente,<br />

inaugurando quello che vorremmo diventasse un “Bollettino<br />

botanico” delle segnalazioni floristiche e di tutte le iniziative/<br />

progettualità botaniche che vengono svolte sul territorio delle<br />

“Alpi del Mare” e di informarvi più compiutamente su un progetto<br />

che il Parco sta per attuare con la Millennium Seed Bank (la<br />

più importante banca mondiale dei semi) dei Royal Kew Garden<br />

Specie significative individuate o confermate nel 2017<br />

Le più significative entità individuate o confermate nell’estate 2017 (si riportano<br />

nome italiano, nome latino, indicazioni floristiche, località, autore della<br />

segnalazione) sono le seguenti:<br />

• Mirtillo delle torbiere (Vaccinium uliginosum L. sottospecie uliginosum):<br />

prima segnalazione in Piemonte di questa sottospecie, che nel resto d’Italia<br />

(settentrionale) è rarissima e vive in rari habitat umidi; Sito di Interesse Comunitario<br />

del “Colle della Lombarda - Laghi di Orgials”, in Valle Stura; B. Gallino.<br />

• Ginepro fenicio (Juniperus phoenicea L.): specie comune sulle coste mediterranee,<br />

diventa molto rara nell’entroterra. Non è mai stata precedentemente<br />

segnalata nella Valle Tanaro; Sito di Interesse Comunitario “Alte Valli<br />

Pesio e Tanaro”; L. Reggiani.<br />

• Ginepro sabino (Juniperus sabina L.): la scoperta amplia il numero di<br />

località con presenza di questo ginepro, raramente individuato nel settore<br />

delle Alpi Liguri e Marittime; Sito di Interesse Comunitario “Alte Valli Pesio e<br />

Tanaro”; L. Reggiani.<br />

• Barbone caprino (Loroglossum hircinum (L.) Spreng.): bellissima orchidea<br />

a protezione assoluta, si conosceva una sola località di presenza su questo<br />

settore alpino. Prima segnalazione per la Valle Gesso; Sito di Interesse Comunitario<br />

“Alpi Marittime”; M. Dalmasso.<br />

• Brasca arrotondata (Potamogeton perfoliatus L.): pianta acquatica diffusa<br />

in tutto il mondo, ma sempre con rare popolazioni, è rarissima sulle Alpi Marittime<br />

e assente sulle Liguri. Questa è la seconda segnalazione in assoluto<br />

di Londra, che coinvolgerà tutti i floristi che vorranno aderire. Ed<br />

a questo proposito approfitto per chiedere a tutti di “farsi avanti”<br />

con noi, se interessati. L’invito è rivolto in particolare ai giovani: il<br />

progetto non distribuisce risorse economiche, ma può fornire un<br />

ottimo curriculum.<br />

In chiusura vi informiamo dell’apertura “virtuale”, presso il CBV,<br />

di quello che abbiamo definito lo “Sportello botanico”: chiunque<br />

voglia segnalarci la presenza e la necessità di tutelare una specie<br />

rara o un habitat particolarmente significativo dal punto di vista<br />

naturalistico, può inviare una mail all’indirizzo:<br />

bruno.gallino@parcoalpimarittime.it<br />

Con tutte le discrezioni del caso (talvolta è meglio non pubblicizzare<br />

certi tesori, le nostre esperienze in merito portano consiglio)<br />

cercheremo di mettere a disposizione le nostre competenze<br />

tecnico-scientifiche e amministrative per cercare di conservare e<br />

valorizzare (nel caso) la specie o il luogo che ci porrete all’attenzione.<br />

• BG<br />

NOVITÀ BOTANICHE<br />

per il nostro settore alpino; Sito di Interesse Comunitario del “Colle della<br />

Lombarda - Laghi di Orgials”, in Valle Stura; I. Pace.<br />

• Lingua d’acqua a foglie dense (Groenlandia densa (L.) Fourr.): pianta<br />

acquatica che vive nelle acque lente di pianura, ormai molto rara a causa<br />

dell’inquinamento e della regimazione dei canali. Segnalata per la prima volta<br />

nel luglio del 1900, si riconferma la sua presenza; Lago di Beinette; I. Pace.<br />

• Licopodio (Licopodium annotinum L. sottospecie annotinum): entità protetta<br />

in ambito nazionale e comunitario, per la sua diffusione sempre più rara. Il<br />

nuovo sito scoperto si aggiunge ai soli altri quattro conosciuti sulle Alpi Liguri<br />

e Marittime; Valle Pesio, a monte del Pilone dell’Olocco; B. Gallino.<br />

• Meleagride piemontese (Fritillaria involucrata All.): rara endemica delle<br />

Alpi sudoccidentali, alle quattro località conosciute sulle Alpi Liguri e Marittime,<br />

se ne aggiungono due nuove, ubicate in Valle Tanaro; Comuni di Garessio<br />

e Ormea; B. Gallino.<br />

• Treccia di dama (Spirantes spiralis (L.) Chevall.): tra le orchidee è quella<br />

che ha fioritura più tardiva (fine agosto). In generale molto rara, non era<br />

mai stata scoperta precedentemente sul territorio del Parco; Sito di Interesse<br />

Comunitario “Alte Valli Pesio e Tanaro”; B. Gallino.<br />

• Iberide spatolata (Iberis aurosica Chaix sottospecie nana (All.) Moreno):<br />

graziosa entità endemica delle Alpi Liguri e Marittime. La nuova segnalazione<br />

porta a dieci le località di presenza della sottospecie attualmente conosciute<br />

per le Alpi piemontesi. •<br />

Meleagride piemontese.<br />

Barbone caprino.<br />

Licopodio.<br />

Iberide spatolata.<br />

10 • <strong>maritTIME</strong> <strong>maritTIME</strong> • 11


| Aree Protette e conservazione: a cura di Erika Chiecchio | | Aree Protette e conservazione: a cura di Erika Chiecchio |<br />

Aree Protette e conservazione<br />

Mancuso al Centro per<br />

la Biodiversità Vegetale<br />

Nell’ambito delle attività di divulgazione promosse<br />

dal progetto Alcotra “Jardinalp - Giardini<br />

delle Alpi”, di cui le Aree Protette delle Alpi Marittime<br />

sono partner, il famoso neurobiologo<br />

Stefano Mancuso ha animato, in occasione<br />

dell’edizione 2017 di “Scrittori in città” una conferenza<br />

sul tema del mondo vegetale.<br />

Prima dell’appuntamento cuneese Mancuso ha<br />

Mancuso a Scrittorincittà 2017 • N. Villani.<br />

fatto tappa presso il Centro per la Biodiversità<br />

Vegetale dell’Ente a Chiusa di Pesio: lo scienziato,<br />

già professore all’Università di Firenze, che<br />

attualmente dirige il Laboratorio internazionale<br />

di neurobiologia vegetale (LINV) ha dimostrato<br />

grande curiosità per le ricerche che il Centro sta<br />

svolgendo in campo genetico e ambientale.<br />

Stefano Mancuso è stato indicato da Repubblica<br />

e dal New Yorker come uno dei venti italiani destinati<br />

a cambiarci la vita a motivo dei suoi studi<br />

e delle sue ricerche condotte nell’ambito della<br />

neurobiologia vegetale, disciplina scientifica che<br />

studia come le piante superiori siano capaci di<br />

ricevere segnali dall’ambiente circostante, rielaborare<br />

le informazioni ottenute e calcolare le<br />

soluzioni adatte alla loro sopravvivenza. L’incontro<br />

è servito per far conoscere a questo illustre<br />

botanico la nostra realtà e la rete di giardini alpini<br />

delle Alpi Occidentale che con il progetto “Jardinalp”<br />

ha l’opportunità di crescere in termini di<br />

solidità e concretezza, tramite attività coordinate<br />

su ricerca scientifica e conservazione e con lo<br />

sviluppo di strumenti quali la didattica, l’educazione<br />

e la comunicazione ambientale. •<br />

Ampliate le zone umide<br />

nella Riserva naturale Crava Morozzo<br />

Nei mesi scorsi, nella Riserva naturale Crava Morozzo,<br />

si è avviato il lavoro di ampliamento dell’alneto<br />

esistente su parte di terreni di proprietà<br />

dell’Opera Pia Peyrone, concessi in comodato d’uso<br />

per cinquant’anni. Gli interventi mirano alla costituzione<br />

di un nuovo alneto a ontano nero impaludato,<br />

al miglioramento di un habitat Natura<br />

2000 – Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e<br />

Fraxinus excelsior – e alla conservazione ex situ di<br />

alcune specie di rilevante interesse conservazionistico<br />

per l’area del Piemonte meridionale.<br />

L’alneto rappresenta un habitat particolare, che<br />

necessita di una conservazione attenta, in quanto<br />

possiede un elevato valore naturalistico: i boschi di<br />

ontano nero sono formazioni relitte ed estremamente<br />

frammentate che si trovano comunemente<br />

in situazioni di transizione verso altri tipi di boschi:<br />

è quindi importante procedere con reimpianti di<br />

questa essenza in aree umide come quella individuata<br />

dal nostro Ente.<br />

Sotto il profilo naturalistico-conservativo questo<br />

intervento mira a sostituire un incolto abbandonato<br />

(attualmente roveto) con la costituzione di un<br />

alneto ad Alnus glutinosa, impaludato, grazie a<br />

una rete di canali a cielo aperto che garantiscono<br />

un costante apporto d’acqua dalla presa del limi-<br />

Il lavoro di tutela e conservazione del patrimonio<br />

botanico cuneese parte da lontano. Già dagli anni<br />

‘90 i Parchi del sud del Piemonte hanno sviluppato<br />

numerose iniziative per permettere ai visitatori di<br />

comprendere e apprezzare la ricchezza in termini<br />

di habitat e specie vegetali del nostro territorio. Tra<br />

le altre si possono citare le realizzazioni delle Stazioni<br />

botaniche alpine al Pian del Lupo, in alta<br />

Valle Pesio, e del Giardino alpino Valderia, nel cuore<br />

del Parco naturale Alpi Marittime a Terme di<br />

Valdieri. Queste due realtà, che conservano le entità<br />

botaniche più importanti di questo settore alpino,<br />

rappresentano da sempre mete particolarmente<br />

gradite a botanici e appassionati di flora<br />

provenienti da tutto il mondo.<br />

Nel 2003 il Parco del Marguareis ha istituito il<br />

“Settore di gestione e conservazione ambientale”<br />

che si occupa della floristica e della conservazione<br />

della flora spontanea e degli habitat naturali e seminaturali.<br />

Nello stesso anno, grazie a fondi europei,<br />

è stata realizzata la “Banca dei semi del Piemonte”<br />

che, come altre banche del germoplasma<br />

sparse per il mondo, studia la qualità e la variabilità<br />

dei semi delle piante minacciate di estinzione<br />

per poterli conservare nel suo “caveau” e/o rigenerarli.<br />

Dal 2007 grazie alla convenzione con il vivaio forestale<br />

Gambarello è stato allestito il “Vivaio di flora<br />

autoctona”, area in cui vengono cresciute specie<br />

destinate alle Stazioni botaniche alpine e al Giardino<br />

Valderia. Dal 2014 sul tetto della “Sala Incontri”<br />

presso la sede del Parco a Chiusa di Pesio, è<br />

stato allestito un giardino fitoalimurgico suddiviso<br />

in aiuole tematiche rappresentative dei diversi amtrofo<br />

Lago di Morozzo. Questo piantamento non<br />

sarà monospecifico, ma la specie sarà associata a<br />

Ulmus laevis, l’olmo cigliato, che sotto il profilo<br />

ecologico e vegetazionale rientra negli stessi parametri<br />

dell’ontano nero. Grazie a fondi del Piano di<br />

Sviluppo Rurale, nell’ambito delle attività per “Salvaguardia,<br />

ripristino e miglioramento della Biodiversità”<br />

si è provveduto alla pulizia delle aree individuate<br />

dalle infestanti e al miglioramento<br />

dell’adduzione dell’acqua. Si è poi sistemato un<br />

tratto di tubazione per il risanamento dell’area posta<br />

alle spalle del Centro visita della Riserva, al fine<br />

di convogliare correttamente le acque nel sottostante<br />

stagno. Infine è stata rimodellata l’area in<br />

oggetto con la creazione di un’area umida funzionale<br />

all’impianto di ontani.<br />

Il progetto prevede la piantumazione di piantine di<br />

ontano nero e olmo cigliato nelle chiarie formatesi<br />

dal taglio di pioppi vetusti. Il materiale vegetale<br />

necessario sarà reperito in loco ed immediatamente<br />

trapiantato per quanto riguarda Alnus glutinosa;<br />

per Ulmus laevis si prevede la raccolta dei semi, con<br />

semine presso i laboratori della banca del germoplasma<br />

dell’Ente Parco, coltivazione in contenitore<br />

presso il Vivaio forestale Regionale di Chiusa di<br />

Pesio e successiva messa a dimora.•<br />

Vita (e morte) da lupi: la storia di Paolino<br />

A fine ottobre 2017 è stato ritrovata in località<br />

Ambrogi, sul territorio del Comune di Beinette, la<br />

carcassa di un lupo.<br />

Dall’esame autoptico, eseguito presso la Facoltà di<br />

Veterinaria, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico<br />

Sperimentale, è risultato che il decesso è<br />

stato causato da un taglio lungo e netto sul ventre<br />

che ha compromesso irrimediabilmente gli organi<br />

vitali. L’ipotesi più probabile è che tale ferita sia<br />

stata inferta da un cinghiale. I pallini di carabina di<br />

piccolo calibro rinvenuti in una spalla rappresentano<br />

invece l’eredità di un precedente incontro sfortunato<br />

della movimentata esistenza dell’animale.<br />

Il radiocollare al collo dell’animale, ormai scarico<br />

da sei mesi ma ancora presente al momento del<br />

ritrovamento, ha permesso ai ricercatori intervenuti<br />

di riconoscere immediatamente l’esemplare. Si<br />

trattava senza ombra di dubbio di Paolino, lupo di<br />

circa tre anni appartenente a un branco dell’Appennino<br />

Tosco-Emiliano, catturato e poi rilasciato<br />

nel territorio di nascita munito di un radiocollare<br />

GPS-GSM nell’ambito di un programma di ricerca<br />

del Progetto LIFE M.I.R.CO – LUPO (www.lifemircolupo.it).<br />

Dopo qualche mese, Paolino aveva lasciato<br />

il branco di origine ed era andato in “dispersione”,<br />

un comportamento che porta i giovani lupi<br />

ad allontanarsi anche di centinaia di chilometri dal<br />

territorio d’origine, fino a raggiungere la provincia<br />

di Cuneo. Lì il segnale del radiocollare si era interrotto<br />

e si era persa traccia di Paolino, finché una<br />

fototrappola collocata dai guardiaparco delle Aree<br />

Protette delle Alpi Marittime aveva sorpreso il lupo<br />

in Val Vermenagna.<br />

“Paolino era probabilmente un lupo solitario in<br />

cerca di un territorio e di una compagna, ed in<br />

competizione con i branchi stabili, che sono presenti<br />

oramai da anni nei territori montani del Cuneese.<br />

Probabilmente per questo frequentava<br />

spesso territori di bassa quota, fino a quando non<br />

è stato ritrovato morto in una zona inusuale come<br />

quella dei boschi di Beinette”, spiega il coordinatore<br />

scientifico del Progetto LIFE WolfAlps Francesca<br />

Marucco. La vita breve e travagliata del lupo Paolino<br />

testimonia una volta di più come sia difficile la<br />

vita di un lupo solitario alla ricerca di un territorio<br />

proprio, tra le insidie naturali, le predazioni più rischiose<br />

da svolgere da soli e i pericoli rappresentati<br />

dall’uomo. • IB<br />

Istituito il CRBV: Centro Regionale<br />

per la Biodiversità Vegetale<br />

Botanici al lavoro.<br />

bienti in cui è possibile rintracciare le specie spontanee<br />

commestibili del nostro territorio e quindi<br />

della tradizione locale.<br />

Tutte queste realtà e iniziative confluiscono nel<br />

Centro per la Biodiversità, che si fa promotore di di<br />

numerose collaborazioni con importanti istituzioni<br />

regionali, nazionali e di livello internazionale per<br />

assicurare la prosecuzione delle attività di ricerca e<br />

studio. Tra di esse ricordiamo quelle con i dipartimenti<br />

di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DI-<br />

SAFA) e di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi<br />

(DIBIOS) dell’Università degli studi di Torino, con la<br />

Fondazione dei Royal Botanic Gardens di Kew<br />

(Londra - Millennium Seed Bank) ovvero la più<br />

grande organizzazione del mondo per la conservazione<br />

della flora spontanea, il Conservatoire Botanique<br />

National Alpin di Gap-Charance (Francia),<br />

punto di riferimento per la tutela della flora francese,<br />

la Virginia University (USA) per un importante<br />

progetto di ricerca comune, l’Istituto Piante da Legno<br />

e l’Ambiente di Torino (IPLA) e la Rete Italiana<br />

Banche del Germoplasma (RIBES).<br />

Nel marzo di quest’anno tutto questo lavoro compiuto<br />

nel tempo per la salvaguardia di habitat e<br />

specie vegetali spontanee ha avuto un riconoscimento<br />

ufficiale da parte della Regione Piemonte<br />

che ha formalmente istituito il Centro Regionale<br />

per la Biodiversità Vegetale. Grazie a questo atto il<br />

Centro è diventato la struttura di riferimento a livello<br />

piemontese per quanto riguarda la conservazione<br />

delle specie botaniche tutelate e dei loro<br />

habitat, il monitoraggio degli stessi e la raccolta e il<br />

conferimento di dati floristici all’interno del sistema<br />

delle banche dati naturalistiche regionali. • IP<br />

Progetto Lemed - Ibex<br />

Lo stambecco, fin dalla preistoria, è stato facile<br />

preda dell’uomo, che lo ha via via decimato. A<br />

salvarlo ci fu l’intervento di Vittorio Emanuele II,<br />

che decise di proteggere il nucleo di individui<br />

superstiti, un centinaio, nell’area del Gran Paradiso.<br />

Il nipote, Vittorio Emanuele III iniziò una<br />

serie di prelievi di animali per creare un nucleo di<br />

stambecchi in Valle Gesso. Nel 1922, finalmente,<br />

alcuni degli esemplari rilasciati sulle montagne<br />

attorno a San Giacomo di Entracque riuscirono a<br />

sopravvivere e a riprodursi.<br />

In tempi più recenti – metà degli anni Ottanta –<br />

vengono censiti più di 500 capi, praticamente<br />

tutti a est dell’Argentera e in Francia. In quell’anno<br />

i Parchi dell’Argentera e del Mercantour avviano<br />

interventi per ampliare l’areale. Con quattro<br />

operazioni in tre anni vengono trasferiti<br />

animali nel massiccio del Monte Matto (46) e<br />

presso il Col de la Cayolle (23). Poiché gli esemplari<br />

catturati e poi rilasciati sono dotati di marche<br />

auricolari e in alcuni casi di radiocollari, viene<br />

dato il via a un sistema di raccolta dati che risulterà<br />

utilissimo per accrescere la conoscenza della<br />

specie. In generale si mettono le basi per una<br />

forte espansione della popolazione, prima<br />

nell’area Marittime-Mercantour e poi, grazie ad<br />

altri rilasci, in altre zone della catena alpina (Tarvisio<br />

e Adamello).<br />

E veniamo ai giorni nostri. Nel 2017 ha inizio il<br />

progetto Alcotra “Lemed - Ibex” per la conservazione<br />

e la gestione dello stambecco nel territorio<br />

che va dal lago di Ginevra al Mediterraneo. Le<br />

realtà coinvolte nel progetto sono le Aree Protette<br />

regionali piemontesi delle Alpi Marittime e<br />

delle Alpi Cozie, il Parco del Gran Paradiso, i Parchi<br />

nazionali francesi del Mercantour, della Vanoise,<br />

degli Ecrins (ente coordinatore), la Regione<br />

Valle d’Aosta, Asters (Conservatorio degli<br />

spazi naturali dell’Alta Savoia).<br />

Sull’arco alpino al momento attuale la popolazione<br />

di stambecco, grazie anche al contributo di<br />

operazioni simili a quelle condotte nelle Alpi del<br />

Sud, ha raggiunto i 50.000 capi. Un numero che<br />

dovrebbe essere rassicurante circa la conservazione<br />

della specie. Ma dietro questo dato si nasconde<br />

un quadro ecologico non del tutto confortante,<br />

considerando che siamo in presenza di<br />

una specie dotata di ridotta variabilità genetica.<br />

Le popolazioni alpine di stambecco, tutte discendenti<br />

dal piccolo nucleo originario del Gran Paradiso,<br />

potrebbero avere difficoltà a superare epidemie<br />

o ad adattarsi a nuove condizioni ambientali<br />

come quelle prodotte dai cambiamenti climatici.<br />

Ci sono già segnali da non sottovalutare, quali i<br />

recenti crolli demografici verificatisi nei parchi<br />

della Vanoise e del Gran Paradiso. Per questo<br />

Lemed-Ibex si pone come obiettivo l’individuazione<br />

di strumenti condivisi di gestione dello<br />

stambecco e di conservazione degli habitat che<br />

sono più congeniali alla specie attraverso processi<br />

di coinvolgimento degli attori socio-economici<br />

e delle comunità locali. • GB<br />

12 • <strong>maritTIME</strong> <strong>maritTIME</strong> • 13


| Aree Protette e valorizzazione: a cura di Giorgio Bernardi | | Aree Protette e valorizzazione: a cura di Giorgio Bernardi |<br />

Aree Protette e valorizzazione<br />

Ciao Agostino!<br />

L’ultimo giorno di novembre ci ha lasciato, a<br />

74 anni, Agostino Fantino.<br />

Guardia dell’ex consorzio della Riserva di caccia<br />

Valdieri-Entracque, nel 1982 entrò a far<br />

parte del Parco dell’Argentera. Nel nuovo ente<br />

portò la sua lunga esperienza, condivisa con<br />

umiltà e una particolare leggerezza con i giovani<br />

guardaparco appena assunti. Allegria e<br />

passione per la natura è quanto “Gustin” ha<br />

trasmesso loro, sottolineando sempre, nei momenti<br />

più faticosi o difficili, quanto quello del<br />

guardaparco fosse un lavoro da privilegiati.<br />

Agostino Fantino in servizio.<br />

Il Parco è sempre stato nel suo cuore anche<br />

quando è andato in pensione. Lo si capiva<br />

ogni volta che incrociava per strada un ex collega:<br />

spesso in sella al suo vespino, armato di<br />

rastrello o di altro attrezzo di lavoro – perché<br />

lui non era certo tipo da restare con le mani in<br />

mano –, puntualmente chiedeva informazioni<br />

sulle attività dell’ente o sugli ultimi censimenti.<br />

Ma poi si interessava alla persona, alla famiglia,<br />

e lo faceva in modo sincero, come un<br />

amico, ed era questa sua particolare attenzione<br />

e sensibilità verso gli altri che più di tutto<br />

dà la misura di Agostino.<br />

D’altronde Fantino è stato sempre partecipe<br />

della vita della comunità: a lungo volontario<br />

della Pro loco, del Consorzio irriguo e della<br />

Protezione civile, componente della cantoria di<br />

Valdieri, fu anche massaro della cappella di<br />

San Giuseppe. La moglie Serafina Trimaglio, i<br />

figli Gianni e Mariangela possono andare orgogliosi<br />

del contributo offerto da Agostino al<br />

Parco e al paese. •<br />

Alberto II di Monaco cittadino onorario<br />

Bandiera Arancione a Chiusa di Pesio<br />

Il Touring Club Italiano ha assegnato la Bandiera<br />

arancione a Chiusa Pesio. Un marchio che premia<br />

la qualità turistico-ambientale del Comune<br />

delle Aree Protette Alpi Marittime.<br />

La Bandiera Arancione del TCI viene attribuita<br />

una volta l’anno ai borghi dell’entroterra con<br />

meno di 15 mila abitanti che superano una severa<br />

selezione rispondendo a parametri di accoglienza,<br />

servizi per il turista, ospitalità, rispetto<br />

dell’ambiente, tutela del territorio.<br />

A contribuire all’attribuzione del riconoscimento<br />

la storica presenza del Parco Marguareis, la Certosa<br />

di Pesio, da sempre simbolo della valle e<br />

meta per turisti e pellegrini, il museo della Regia<br />

Fabbrica dei Vetri e Cristalli e delle Ceramiche di<br />

Chiusa, quello della Resistenza e la collezione<br />

fotografica Michele Pellegrino.<br />

E poi anche i prodotti locali: il marrone di Chiusa<br />

e il Testun della Valle Pesio. La Bandiera Arancione<br />

è un ottimo strumento promozionale delle<br />

località riconosciute che ha positivi effetti su arrivi<br />

e presenze turistiche. •<br />

Il principe Alberto II di Monaco è diventato cittadino<br />

onorario di Valdieri, Boves, Chiusa di Pesio,<br />

Peveragno e Roaschia. Il 2 maggio scorso, presso<br />

la sede del Parco, i cinque comuni che costituiscono<br />

l’Unione montana Alpi del Mare gli hanno<br />

consegnato il riconoscimento per il suo impegno<br />

a favore della tutela e conoscenza dell’ambiente<br />

naturale, per il rispetto delle tradizioni, per la collaborazione<br />

con l’Ente di gestione delle Aree protette<br />

Alpi Marittime e per la partecipazione, attraverso<br />

la Fondation Prince Albert II di Monaco, alla<br />

candidatura delle Alpi del Mediterraneo a Patrimonio<br />

mondiale dell’Unesco. Nel suo discorso il<br />

Principe ha detto: “I legami che uniscono la mia<br />

famiglia ai vostri comuni sono molti. Prima di tutto<br />

quello affettivo con questa regione così vicina<br />

e caratterizzata da una storia comune della mia<br />

famiglia e per molti monegaschi che qui trovano<br />

le loro radici ancestrali. Questo legame affettivo si<br />

traduce ugualmente nel patrimonio naturale che<br />

abbiamo in comune e che ha portato la mia Fondazione<br />

a lavorare e sostenere i parchi Mercantour<br />

e Alpi Marittime. Ma il legame che unisce il<br />

Principato alla vostra comunità si identifica in un<br />

vincolo storico, in particolare con i comuni di Boves<br />

e Peveragno dove i feudi sono stati concessi<br />

nel 1621 dal duca di Savoia a Francesco e Cesare<br />

Grimaldi de Beuil. Una pietra alle armi dei Grimaldi,<br />

risalente al 1657, illustra nella sagrestia della<br />

chiesa di Peveragno questa antica vicinanza.”. •<br />

Alberto II con i sindaci dell’Unione Montana Alpi del Mare e F. Borgna • G. Bernardi.<br />

Il momento della consegna.<br />

I sentieri delle Aree Protette Alpi Marittime sono come nuovi<br />

Nel 2017, come da alcuni anni a questa parte,<br />

sono stati effettuati numerosi interventi di manutenzione<br />

sulla rete sentieristica, secondo un programma<br />

studiato sulla base di due priorità. Innanzitutto<br />

si è scelto di migliorare i percorsi di lunga<br />

percorrenza come la GTA (Grande Traversata delle<br />

Alpi), la Via Alpina, i trekking a tappe, i tour, i collegamenti<br />

con il Parc national du Mercantour e gli<br />

accessi ai rifugi su cui si concentrano i maggiori<br />

flussi di escursionisti, soprattutto internazionali.<br />

Dopodiché si è deciso di privilegiare la manutenzione<br />

ordinaria dei sentieri ripristinati in precedenza,<br />

attività che con grande impegno viene condotta<br />

in particolare dagli operai forestali dell’assessorato<br />

alla Montagna della Regione Piemonte.<br />

Intervento sul sentiero del Colle Chiapous.<br />

È evidente che andrebbe previsto un quadro di<br />

interventi molto più capillare, ma occorre tenere<br />

conto che la disponibilità di risorse economiche e<br />

umane è molto limitata, che il periodo in cui si può<br />

lavorare è breve, che la rete sentieristica ha un<br />

grande sviluppo e che, purtroppo, per la natura del<br />

territorio alpino, ci sono sempre nuove “emergenze”<br />

da affrontare. Detto ciò, il lavoro svolto non è<br />

poca cosa e va riconosciuto il grande sforzo che gli<br />

enti locali e la Regione stanno mettendo in campo,<br />

in modo coordinato, nelle valli delle Aree Protette<br />

Alpi Marittime sia attivando progetti europei, attraverso<br />

i quali vengono reperiti i fondi, sia mettendo<br />

a disposizione personale e attrezzature.<br />

Di seguito un resoconto dei principali interventi.<br />

Rifugio Remondino - Colle del Mercantour<br />

Migliorato l’itinerario che dal Remondino conduce<br />

verso il Colle Brocan e al Colle del Mercantour.<br />

L’intervento è stato eseguito su incarico delle Aree<br />

Protette Alpi Marittime dalla cooperativa GrandAlpi.<br />

I lavori, finanziati dal Piano di Sviluppo Rurale<br />

misura 7.5.1, sono consistiti nel miglioramento<br />

della traccia, nella sua segnalazione con tacche,<br />

secondo le norme regionali, e ometti di pietra.<br />

Colle del Sabbione - Passo della Mena<br />

Ancora con i fondi della misura 7.5.1 del PSR lo<br />

scorso autunno è stata realizzata la prima parte<br />

della sistemazione del sentiero che dal Colle del<br />

Sabbione raggiunge il Passo della Mena. La cooperativa<br />

GrandAlpi è intervenuta sulla parte alta dei<br />

percorsi che attraversano i valichi ovest ed est del<br />

Sabbione. Il lavoro sarà completato nel <strong>2018</strong>.<br />

Dal piazzale dei Cannoni al rifugio Soria<br />

La vecchia strada militare è stata oggetto di un<br />

notevole miglioramento, realizzato grazie agli interventi<br />

programmati dal Comune di Entracque e<br />

dagli operai forestali della Regione. Il percorso che,<br />

soprattutto nella parte alta, si era molto deteriorato,<br />

è stato ripristinato in modo tale da essere ben<br />

percorribile anche in mountain bike.<br />

Lago Chiotas - Colle Chiapous<br />

Oltre quattro chilometri del sentiero di collegamento<br />

tra la Valle della Rovina e le Terme di Valdieri<br />

sono stati completamente ricostruiti dalla squadra<br />

forestale della Regione composta da Paolo<br />

Girodengo, Fabio Congiu, Giovanni Dalmasso e<br />

Laura Giordano e coordinata da Marco Rocca. Particolare<br />

impegno hanno richiesto i primi 1100<br />

metri della salita dal lago Chiotas che erano stati<br />

quasi cancellati da frane e valanghe. Le opere<br />

sono costate 38.000 euro, 23.000 provenienti da<br />

fondi europei del Programma di Sviluppo Rurale e<br />

il restante da risorse regionali.<br />

Valloni di Valasco e della Valletta<br />

Il personale tecnico del Parco ha ripristinato un<br />

tratto della strada per il lago di Valscura danneggiato<br />

da una frana e poi, in collaborazione con il<br />

Comune di Valdieri e i migranti, riparato le passerelle<br />

al Piano superiore del Valasco e presso la cascata<br />

dell’emissario del Claus. Gli operai forestali<br />

sono intervenuti sul sentiero che dalle Terme sale<br />

al Piano del Valasco.Nel Vallone della Valletta sono<br />

stati rifatti i tavolati delle passerelle del Gias delle<br />

Mosche (per salire ai laghi di Fremamorta) e al<br />

Pian della Casa.<br />

Sentiero Lo Viòl di Tàit<br />

Dopo alcuni interventi di manutenzione ordinaria<br />

a cura del Parco, in autunno sono entrati in azione<br />

gli operai forestali della Regione che hanno avviato<br />

un recupero del tracciato con ampliamento della<br />

sede e rifacimento di muri a secco.<br />

Intervento su Lo Viòl di Tàit • G. Bernardi.<br />

Dal Balur alla Maddalena<br />

A Roaschia ritracciato e ripulito il vecchio sentiero<br />

che dalla Colla del Balour (vallone della Freida)<br />

raggiunge il Gias Liret e la Maddalena. Un itinerario<br />

utile al margaro e agli escursionisti. Questi ultimi<br />

dallo spartiacque con la Vermenagna, scendendo,<br />

possono raggiungere la Via di Tèit – questa<br />

parte di percorso, non difficile ma poco evidente,<br />

sarà ripristinata a breve – che mette in collegamento<br />

Vernante con la frazione Palanfrè. L’intervento<br />

è stato realizzato con le risorse del Comune<br />

di Roaschia, dell’Ente Aree Protette Alpi Marittime<br />

e dai margari fratelli Landra.<br />

Dal Gias Garbella al Colle Garbella<br />

Una squadra di operai forestali della Regione Piemonte,<br />

formata da Endrik Dalmasso, Francesco Dutto,<br />

Andrea Anello, ha operato sul tratto dell’itinerario<br />

che da Palanfrè sale al Colle Garbella, sullo spartiacque<br />

con la Valle Gesso. In tutto 3.300 metri di nuovo<br />

tracciato che vanno a beneficio degli escursionistici<br />

e di margari e pastori che possono raggiungere con<br />

maggiore facilità i pascoli.<br />

Gran fondo Alpi Marittime<br />

Nell’autunno buona parte dei quaranta chilometri<br />

di sentieri da percorrere in sella alla mtb tra Valdieri,<br />

Entracque, Desertetto e Sant’Anna di Valdieri è stata<br />

dotata di nuova segnaletica, conforme alle indicazioni<br />

della Regione Piemonte. Ancora qualche intervento<br />

di integrazione e sull’itinerario un centinaio di<br />

cartelli permetterà di muoversi senza problemi di<br />

orientamento lungo i bellissimi sentieri della media<br />

Valle Gesso. Nel contempo non sono mancati lavori<br />

di manutenzione sulla sede ciclabile. Anche in questo<br />

caso l’intervento è frutto dell’azione congiunta<br />

di Parco, Comune di Entracque, Entracque Bike Gelas<br />

e degli operai forestali della Regione.<br />

Sentiero per il gias Fontana<br />

La squadra della Valle Pesio dei forestali della Regione<br />

Piemonte (Germano Grosso, Augusto Grosso,<br />

Alessandro Baudino, Valter Girardi) coordinata<br />

da Marco Rocca tra luglio e settembre ha sistemato<br />

il sentiero che si stacca dalla pista delle Canavere<br />

e sale a Gias Fontana. L’intervento ha compreso<br />

anche lavori sul ramo di sinistra orografica che<br />

raggiunge l’area faunistica.<br />

Sentiero Ciciuvagando<br />

Sentieri puliti e risistemati, taglio della vegetazione<br />

attorno ai Ciciu e un nuovo itinerario per le persone<br />

con disabilità che dall’ingresso porta a vedere le formazioni<br />

geologiche più caratteristiche. Nella <strong>primavera</strong><br />

<strong>2018</strong> il percorso turistico della Riserva “Ciciuvagando”<br />

è stato valorizzato dagli operai forestali<br />

della Valle Maira (M. Giorsetti, B. Gagliano, L. Poggio,<br />

B. Gianti, G. Costa, N. Castelli coordinati da R. Costa)<br />

utilizzando i materiali (paleria di castagno e picchetti)<br />

forniti Aree Protette Alpi Marittime. Il tracciato per<br />

le persone con difficoltà è stato progettato dall’Ente,<br />

mentre il Comune di Villar San Costanzo si fatto carico<br />

della realizzazione. •<br />

14 • <strong>maritTIME</strong> <strong>maritTIME</strong> • 15


| Carta Europea del Turismo Sostenibile |<br />

CETS: è fatta!<br />

<strong>maritTIME</strong><br />

notizie dalle Aree Protette<br />

Alpi Marittime<br />

Direttore responsabile:<br />

Nanni Villani<br />

Direzione e redazione:<br />

Aree Protette delle Alpi Marittime<br />

Piazza Regina Elena 30<br />

12010 • Valdieri<br />

tel. 0171 976800, fax 0171 976815<br />

info@parcoalpimarittime.it<br />

www.areeprotettealpimarittime.it<br />

Hanno collaborato a questo numero:<br />

Giorgio Bernardi (GB), Irene Borgna (IB),<br />

Cati Caballo (CC), Erika Chiecchio (EC),<br />

Bruno Gallino (BG), Luca Giraudo (LG),<br />

Riccardo Lussignoli (RL), Ivan Pace (IP),<br />

Paolo Salsotto, Nanni Villani<br />

Foto:<br />

dove non diversamente indicato, immagini<br />

dell’archivio Aree Protette Alpi Marittime<br />

In copertina:<br />

Il faggio monumentale di San Giacomo<br />

di Entracque • Francesco Tomasinelli<br />

Impaginazione e grafica:<br />

Alessio Barale<br />

Stampa:<br />

Tipolitografia Europa, Cuneo<br />

Registrazione del Tribunale di Cuneo<br />

n. 662 del 8/8/2016<br />

L’uomo Europarc ha detto sì. Jacques Decuignieres, l’esperto di turismo inviato dalla<br />

federazione europea dei parchi per la verifica in vista dell’assegnazione della Carta<br />

Europea del Turismo Sostenibile alle Aree Protette delle Alpi Marittime e al Parc du<br />

Mercantour, ha dato il suo benestare, e dunque si è concluso positivamente il progetto<br />

di adesione alla CETS che per oltre un anno ha coinvolto parco, amministrazioni locali,<br />

operatori turistici. Alla cerimonia ufficiale di consegna del diploma, svoltasi lo scorso<br />

dicembre nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles, era presente il presidente<br />

dell’Ente di gestione delle Aree Protette, Paolo Salsotto, che nel suo discorso di ringraziamento<br />

ha esternato tutta la sua soddisfazione: “L’ottenimento della Carta Europea<br />

del Turismo Sostenibile è un altro grande traguardo comune raggiunto dai parchi delle<br />

Alpi Marittime e del Mercantour, che da oltre trent’anni lavorano insieme e che in tempi<br />

recenti hanno costituito il Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale “Parco europeo<br />

Alpi Marittime Mercantour”.”<br />

Alpi Marittime e Mercantour da tempo sono legati al processo della CETS. Nel caso del<br />

parco italiano, si deve risalire alla fase sperimentale di questo sistema di certificazione:<br />

nel 2001 fu infatti la prima area protetta italiana, e una delle prime sette in Europa,<br />

a ricevere il riconoscimento. Ma due importanti novità contraddistinguono l’ultima assegnazione,<br />

che, ricordiamo, viene dopo due precedenti rinnovi. Innanzitutto, sul lato<br />

italiano il territorio si è ampliato dal Parco delle Alpi Marittime a quello del Parco Marguareis<br />

e delle riserve, per cui oggi risulta interessata una zona molto vasta che dalla<br />

Valle Stura arriva fino alla Valle Tanaro e comprende comuni, come Vinadio e Ormea,<br />

che pur non facendo parte del sistema delle aree protette concorrono a formare un’unica<br />

grande destinazione che si richiama ai principi del turismo sostenibile.<br />

La seconda novità viene dall’attribuzione congiunta della Carta alle Aree Protette delle<br />

Alpi Marittime e al Parc du Mercantour, “per la loro consolidata esperienza nella cooperazione<br />

transfrontaliera e per la ricca offerta turistica che integra tutti gli aspetti<br />

della sostenibilità – conservazione, mobilità, flussi... – “, come ha sottolineato Ignace<br />

Schops, direttore di Europarc. A questo punto gli enti pubblici e gli operatori privati che<br />

hanno sottoscritto una delle centoventiquattro schede che formano il Piano di azione<br />

dovranno entro il 2021 dare concretezza al loro impegno e concorrere così al miglioramento<br />

dell’accoglienza di un territorio che si è posto anche l’ambizioso obiettivo di<br />

raggiungere una visibilità di livello mondiale tramite l’inserimento nella lista dei beni<br />

naturali del Patrimonio dell’Umanità Unesco. •<br />

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Alpi Marittime?<br />

Il presidente APAM Paolo Salsotto con il direttore Europarc Ignace Schops • G. Bernardi.<br />

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sfogliabile o scaricabile nella sezione<br />

“Pubblicazioni” del sito internet dell’Ente.<br />

16 • Messaggi

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