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dopo la ferrovia

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Lidia Calzo<strong>la</strong>i, Leonardo Rombai<br />

Corbezzi - Galleria del Signorino,<br />

Linea Pistoia-Bologna<br />

(cartolina, 1901, coll. P. Bresci)<br />

sione nel percorso, al fine di perdere quota,<br />

mediante un allungamento artificiale del<br />

tracciato” per ben 2727 m di lunghezza. Ma<br />

neanche il genio di Protche poteva vincere<br />

agevolmente tutte “le avversità del<strong>la</strong> natura”,<br />

dal momento che <strong>la</strong> lunga perforazione<br />

– piuttosto che rive<strong>la</strong>rsi “facile e sicura”<br />

come aveva predetto l’ingegnere – incontrò<br />

grandi ostacoli per <strong>la</strong> presenza di copiose<br />

falde acquifere che richiesero l’instal<strong>la</strong>zione,<br />

all’imbocco settentrionale, di una idrovora a<br />

vapore, e i <strong>la</strong>vori si trascinarono assai più a<br />

lungo del preventivato.<br />

Complessivamente, bisogna rilevare <strong>la</strong> realizzazione<br />

di un gran numero di gallerie,<br />

ben 48, e di ponti e viadotti, in tutto 64,<br />

che, soprattutto nel versante pistoiese, dovevano<br />

necessariamente attraversare ripetutamente<br />

il Reno e i suoi affluenti da una<br />

sponda all’altra (A. Giuntini 1984).<br />

Per fortuna, l’ambiente montano era in grado<br />

di soddisfare – almeno in <strong>la</strong>rghissima misura<br />

– <strong>la</strong> domanda di materiali da utilizzare<br />

prima nel<strong>la</strong> costruzione e poi nel<strong>la</strong> gestione<br />

del<strong>la</strong> <strong>ferrovia</strong>: pietre e ghiaie provenivano<br />

da svariate cave aperte nei fianchi dei rilievi<br />

o nei materassi alluvionali fluviali ubicati<br />

lungo <strong>la</strong> linea, così come il legname per le<br />

traversine e per <strong>la</strong> costruzione dei ponti e<br />

di altri manufatti strutturali, ma anche per<br />

ricavarne combustibile per le caldaie delle<br />

locomotive.<br />

Semmai c’è da rilevare che sul piano ambientale<br />

– ma non solo – le ferrovie rappresentarono<br />

una vera e propria discontinuità<br />

rispetto a una realtà come quel<strong>la</strong> del sistema<br />

delle comunicazioni che, fino ad allora,<br />

era imperniata sulle strade, non sempre<br />

percorribili con veicoli a ruote.<br />

Un sistema, quello del<strong>la</strong> viabilità, che risultava<br />

contraddistinto, almeno dal<strong>la</strong> metà del<br />

XVIII secolo, da un’evoluzione progressiva,<br />

lenta e non traumatica, riguardo all’inserimento<br />

nell’ambiente e nel paesaggio delle<br />

principali innovazioni viarie: ponti e viadotti,<br />

trincee a cielo aperto e brevi gallerie,<br />

terrapieni, fognature, muri a sostegno dei<br />

terreni o a protezione dai venti, fabbricati<br />

San Mommè - Testa Sud<br />

del<strong>la</strong> Galleria dell’Appennino<br />

(cartolina, 1904, coll. P. Bresci)<br />

Piteccio - Cartiera Giacomelli<br />

(cartolina, anni Trenta ca.,<br />

coll. G. Tronci)<br />

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