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dopo la ferrovia

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Emanue<strong>la</strong> Galli<br />

«Il tempo dei viaggi venturosi, bizzarri è finito.<br />

La strada di ferro che ha sciupato tante cose ha<br />

posto fine anche a questo!<br />

Non nego io l’aiuto che dalle scoperte di Watt<br />

e Stephenson venne all’incivilimento del secolo<br />

nostro, ma all’artista tutto ciò poco fa, poco<br />

preme; lo so pel Diplomatico che ha tanto in tasca<br />

da mettere in pene l’Europa, pel commesso<br />

viaggiatore che trema dal<strong>la</strong> paura di non essere<br />

il primo a far vedere <strong>la</strong> mostra delle sete di<br />

Lione o dei coltelli di Scheffield; pel marito che<br />

in ogni ora di assenza vede un’iliade di guai; <strong>la</strong><br />

strda di ferro è fatta apposta e guai pregare Dio<br />

che corra con velocità americana; questa è <strong>la</strong><br />

gente che ha furia cui il viaggiare non importa,<br />

le basta arrivare”»<br />

A mutare non fu solo <strong>la</strong> dimensione del<br />

viaggio ma il modo di vivere di intere popo<strong>la</strong>zioni.<br />

Le dure contestazioni che accompagnarono<br />

per diversi anni l’avvento<br />

del<strong>la</strong> <strong>ferrovia</strong>, non possono essere relegate a<br />

semplice e irrazionale malcontento; furono<br />

<strong>la</strong> diretta conseguenza delle enormi novità<br />

e delle re<strong>la</strong>tive implicazioni che il nuovo<br />

mezzo di comunicazione comportò.<br />

Anche quel<strong>la</strong> che si diceva essere un’assurda<br />

diceria sulle febbri estive legate al ristagno<br />

delle acque lungo le strade ferrate, ebbe,<br />

poi, una legittimità scientifica.<br />

Negli anni 1879-1880, grazie a un’inchiesta<br />

par<strong>la</strong>mentare «si scoprì che i fossi scavati per<br />

realizzare le scarpate delle linee <strong>ferrovia</strong>rie, essendosi<br />

riempiti di acque stagnanti, avevano<br />

aumentato l’incidenza del<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ria proprio<br />

nelle zone attorno ai binari» (S. Maggi 2005).<br />

Per quanto detto, è condivisibile il giudizio<br />

di Andrea Giuntini che par<strong>la</strong> di sostanziale<br />

fallimento delle ferrovie per e nel Granducato<br />

e dell’assenza di un dibattito sul rapporto<br />

che <strong>la</strong> <strong>ferrovia</strong> ebbe sull’ambiente.<br />

La fretta, <strong>la</strong> poca esperienza, <strong>la</strong> specu<strong>la</strong>zione<br />

economica, l’impreparazione, non consentirono<br />

un indolore inserimento del treno nel<strong>la</strong><br />

realtà economico-sociale toscana. Questa<br />

non accettazione, questo scetticismo per<br />

quanto affievolito con il passare degli anni,<br />

sopravvisse – come Amadori testimonia<br />

– fino ai primi decenni del Novecento, come<br />

sub-strato nel<strong>la</strong> mentalità e nel<strong>la</strong> cultura<br />

contadina.<br />

Occorre anche aggiungere che il treno assunse<br />

in quegli anni, per <strong>la</strong>rghi strati del<strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione, un’altra connotazione, questa<br />

volta emotiva, rimanendo ben impresso<br />

nel<strong>la</strong> memoria collettiva: era il mezzo di trasporto<br />

dei soldati che partivano per <strong>la</strong> guerra<br />

<strong>dopo</strong> aver salutato al<strong>la</strong> stazione madri e<br />

fidanzate in <strong>la</strong>crime.<br />

Può dunque essere compreso il secondo<br />

verso del<strong>la</strong> nenia cantata da Cigna:<br />

«Accidenti al<strong>la</strong> <strong>ferrovia</strong> e all’ingegnere che <strong>la</strong><br />

realizzò. Il mio morino me l’ha portato via e<br />

chissà quando lo rivedrò».<br />

Pistoia - Stazione, passaggio del<strong>la</strong><br />

salma del milite ignoto<br />

(fotografia, 1921, coll. M. Lucarelli)<br />

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