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Pistoia Novecento 1900-1945

a cura di / curated by Annamaria Iacuzzi Philip Ryland

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Annamaria Iacuzzi
Philip Ryland

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campeggiano dischi in terracotta invetriata

d’illustri economisti della manifattura Cantagalli;

al primo piano, erano grandi medaglioni

in ceramica realizzati da Augusto Rivalta con

allegorie di Arti e Mestieri e le principali attività

umane del Progresso (ora perduti). Alla

sommità, si trovavano affreschi (ora perduti)

eseguiti da Achille Casanova con allegorie

della Previdenza, della Prosperità, del Lavoro

e della Beneficienza, tra composizioni che alludevano

alle produzioni agricole del territorio

e al ceto dei ricchi proprietari terrieri a cui

appartenevano i soci della Cassa.

Tra le maestranze coinvolte, collaborarono

al cantiere anche alcune eccellenze cittadine

come le falegnamerie Chiti e Natali, le officine

del ferro Michelucci e Pacini, e anche la

fonderia Lippi, all’apice della fama nel settore

delle fusioni artistiche del bronzo (cfr. chelucci

1998 e 2005-2006, ottanelli 1999).

In questo contesto, nel 1904, si colloca l’operato

di Galileo Chini, chiamato a decorare

alcuni dei più rappresentativi ambienti dell’edificio:

il vestibolo e la galleria di entrata, lo

scalone di accesso al primo piano e la relativa

volta, gli ottagoni e la sala delle assemblee.

La sua raffinata composizione si protende

senza soluzione di continuità con un’alternanza

di motivi decorativi funzionali all’iconografia

del risparmio, come quello del melograno

o dell’ape, e di scene figurative. Una

grande sapienza orchestra le cromie, che

spaziano dal verde veronese al blu oltremare,

al rosso pompeiano con punteggiature d’oro.

È evidente la complessa temperie di rimandi

artistici in cui affiorano temi della cultura

storicistica ed eclettica con omaggi alla tradizione

pittorica ottocentesca toscana. Su

questi s’innestano vari elementi: stilemi neorinascimentali

che traspaiono sia nei motivi

decorativi sia in vere e proprie citazioni michelangiolesche;

aperture a soluzioni pittoriche

riferibili all’Art Noveau internazionale;

placed glazed terracotta roundels, made by

the Cantagalli factory, with portraits of illustrious

economists. Large ceramic medallions

on the first floor were designed by Augusto

Rivalta, with allegories of Arts and Crafts

and of the main human activities of Progress.

At the top, Casanova’s (now lost) frescoes

bore allegories of Social Welfare, Prosperity,

Work, and Charity, set between compositions

alluding to local agricultural produce

and to the class of rich landowners to which

the partners of the bank belonged.

Some of the city’s best craftsmen were engaged,

including the carpenters Chiti and

Natali, the Michelucci and Pacini ironworks,

as well as the Lippi foundry, then at the

height of its fame in the bronze-casting sector

(see chelucci 1998 and 2005-2006, ottanelli

1999).

This was the context, in 1904, for Chini’s

intervention when he was commissioned to

decorate some of the building’s most representative

spaces: the vestibule and the entrance

gallery, the staircase leading to the

first floor and its vault, the octagons, and

the assembly hall. Its sophisticated composition

extends seamlessly through the spaces

and over the surfaces, alternating decorative

motifs functional to its iconography of

savings, such as a pomegranate or a bee,

with figurative scenes. The colours, ranging

from Veronese green to ultramarine blue

and Pompeian red with flashes of gold, were

orchestrated with great skill. The complex

web of references brings together historicist

and eclectic cultural themes with homages

to the nineteenth-century Tuscan pictorial

tradition. Among the various elements

grafted to these were: neo-Renaissance stylistic

formulas, in both the decorative motifs

and actual quotations from Michelangelo;

the adoption of pictorial solutions derived

from international Art Nouveau; linear pat-

GALILEO CHINI

Allegoria dell’Abbondanza, 1904, particolare,

Palazzo Azzolini, Intesa Sanpaolo

Allegory of Abundance, 1904, detail,

Palazzo Azzolini, Intesa Sanpaolo

grafismi Liberty; una materia filamentosa

che tanto ricorda un certo divisionismo alla

Previati. Altrove, tra teorie di putti dai fluidi

panneggi, in piccole porzioni di pittura, magari

ricavate nei triangoli della cornice del

Barometro e dell’Orologio, o nelle figure di

Fortezza e Abbondanza nell’atrio d’entrata,

già sembra di scorgere, accenti di Secessionismo:

brani di pittura che forse poterono

incuriosire il sedicenne Andrea Lippi, figlio di

Pietro nelle cui fonderie si fuse il candelabro

dello scultore Romagnoli ai piedi dello scalone

decorato da Chini (tuci 2005). È indubbio

che, in questa prima prova da freschista,

Galileo Chini si trovi in diretto dialogo con le

istanze culturali in campo: vi traspare, tutto

sommato, quell’ansia di moderno che in Italia

non fu esclusivo appannaggio dei movimenti

di avanguardia, ma che agiva dall’interno dei

linguaggi più tradizionali, forzandone contenuti

e modi (cfr. benzi 2002, p. 31). Significativamente

nella relazione del Cav. Girolamo

de’ Rossi la presenza di Galileo Chini è annoverata

come la più moderna e anticonformista

tra quelle coinvolte. Ma, parallelamente,

terns in the Liberty style; and a technique of

threadlike brush strokes evocative of Andrea

Previati’s Divisionism. Elsewhere, in processions

of putti with flowing drapery, in small

painted sections located for example in the

triangles of the frame of the Barometer

and the Clock, or in the figures of Fortitude

and Abundance in the entrance hall, there

seems to be a flavour of Secessionism: passages

that may have intrigued the sixteenyear-old

Andrea Lippi, son of Pietro whose

foundry forged the candelabra by the sculptor

Giuseppe Romagnoli at the foot of the

staircase decorated by Chini (tuci 2005).

There can be no doubt that Chini, in this his

first confrontation with mural painting, was

coping with the whole repertoire of styles of

the time, and through it one senses the subtle

expression of an anxiety for the modern,

which in Italy was not the exclusive preserve

of the avant-garde, but was obliged also to

take into account more traditional languages,

shaping content and modes (benzi 2002,

p.31).

Significantly, in a report by Cav. Girolamo

30 31

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