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Pistoia Novecento 1900-1945

a cura di / curated by Annamaria Iacuzzi Philip Ryland

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Annamaria Iacuzzi
Philip Ryland

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PISTOIA

NOVECENTO

1900-1945

a cura di / curated by

Annamaria Iacuzzi

Philip Rylands


PISTOIA

NOVECENTO

1900-1945

a cura di

Annamaria Iacuzzi

Philip Rylands

18 aprile 2019 - 19 aprile 2020

Pistoia, Palazzo de’ Rossi

Fondazione Pistoia Musei

In collaborazione con

Official carrier

Media partner

Progetto ideato e realizzato da

Fondazione Pistoia Musei

FPM – Pistoia Eventi Culturali Scrl

Coordinamento generale

Philip Rylands

Patrizio Caschera, Elena Ciompi

Rebecca Romere, Francesca Vannucci

Progetto di allestimento

Cesare Mari – PANSTUDIO architetti associati,

Bologna

Marco Matteini – Matteini+Associates, Prato

Testi

Annamaria Iacuzzi, Anna Agostini

Progetto grafico allestimento, comunicazione e web

Studio Cristiano Coppi, Design e Comunicazione,

Pistoia (Cristiano Coppi, Lorenzo Cappelli,

Cosimo Torsoli)

Realizzazione dell’allestimento

Machina, Firenze

Lighting Design

Giuseppe Mestrangelo, Light Studio, Milano

Progetto grafico catalogo e impaginazione

Cristiano Coppi

Traduzioni

Philip Rylands

Brenda L. Stone, Ailsa Wood

Redazione

Philip Rylands

Ufficio stampa

Lara Facco P&C, Milano

Trasporti

Apice Scrl

Servizio sicurezza

Sicuritalia

Assicurazione

AON Empower Results

AXA XL

AIB All Insurance Broker srl

Visite guidate e laboratori didattici

Fondazione Pistoia Musei

Servizi di accoglienza e biglietteria

Cooperativa Itinera Progetti e Ricerche, Livorno

Si ringraziano per la collaborazione

Umberto Guiducci e Sabrina Baronti, UNISER Pistoia;

Marina Vincenti, ConservArt, Firenze; RN Costruzioni di

Noccioletti Riccardo, Pistoia; Illuminotecnica Pistoiese, Pistoia;

STAINO&STAINO, Prato; Bertocci Projet, Pistoia; Spazio 360

Termomarket, Firenze; Traslochi Valerio Tosi, Pistoia; Andrea

Puglisi, Soqquadro, Pistoia; Laura Caselli Restauratrice, Pistoia;

Capetti Elettronica s.r.l., Castiglione T.se

Un ringraziamento particolare a

Andrea Pessina, Valerio Tesi, Maria Cristina Masdea,

Sergio Sernissi, Maria Maugeri, Daniela De Palma,

Vanessa Gavioli (Soprintendenza Archeologia Belle Arti

e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e per le

province di Pistoia e Prato)

Editore

Gli Ori, Pistoia

www.gliori.it

Impianti e stampa

Baroni e Gori, Prato

Copyright © 2019 per l’edizione Gli Ori

Fondazione Pistoia Musei, Pistoia Eventi Culturali scrl

Fondazione Caript

per i testi e le foto gli autori

ISBN 978-88-7336-761-1

Tutti i diritti riservati

FONDAZIONE PISTOIA MUSEI

Pistoia Eventi Culturali Scrl

Direttore Generale

Luca Iozzelli

Direttore Scientifico

Philip Rylands

Responsabile Museo Antico Palazzo dei Vescovi

e Curatrice delle Collezioni

Cristina Tuci

Responsabile Pubbliche Relazioni

Francesca Vannucci

Responsabile Segreteria Organizzativa

Elena Ciompi

Registrar per le Mostre e le Collezioni

Rebecca Romere

Responsabile Procedure Amministrative

Patrizio Caschera

FONDAZIONE CARIPT

Presidente

Luca Iozzelli

Vicepresidente

Giovanni Palchetti

Direttore

Telesforo Bernardi

Vicedirettore

Fabrizio Esposito

Consiglio di Amministrazione

Annarosa Arcangeli, Paola Bellandi

Ezio Menchi, Cristiana Pasquinelli

Lorenzo Zogheri

Collegio dei Revisori

Giovanna Evangelista, Alberto Busi

Antonella Giovannetti, Alberto Innocenti

Daniela Lari

Segreteria

Sara Pratesi, Laura Marini

Eventi

Elena Ciompi

Comunicazione e Ufficio stampa

Francesca Vannucci, Rachele Buttelli

Progetti

Beatrice Lombardi, Elena Pagli

Grazia Indovino, Lisa Spagnesi

Amministrazione

Arianna Scatizzi, Patrizio Caschera

Finanza

Gianluca Magazzini, Matteo Carradori

Logistica

Ezio Michelozzi



Prestatori / Lenders

Biblioteca Comunale Forteguerriana, Pistoia

Fondazione Marino Marini, Pistoia

Intesa Sanpaolo

Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi”, Pistoia

Pistoia, Museo Civico

Casa Museo Sigfrido Bartolini

Taberna Libraria di Federica Lucarelli

Collezione Paolo Priami

Crediti fotografici / Photographic credits

Fondazione Caript

pp. 37, 39, 45, 55, 85, 106, 107, 108, 111, 115,

116, 117, 128, 140, 142, 169, 182, 184, 187, 191,

192, 195, 197, 203, 204, 207, 229, 230

foto di Francesca Catastini

pp. 61, 62, 63, 131, 132, 198, 200, 225

foto di Giuseppe Marraccini

Intesa Sanpaolo

Archivio Storico di Gruppo,

Sezione fotografica, p. 29

Archivio Patrimonio Artistico, pp. 31, 32, 35

foto di Grazia Sgrilli

pp. 57, 58, 59, 65, 75, 76, 79, 81, 83, 96, 98,

99, 100, 101, 102 recto, 103, 105, 118, 138, 141,

145, 146, 147, 149, 167, 171, 177, 178, 212, 215,

223

foto di Carlo Chiavacci

pp. 102 verso, 113, 176, 181, 208, 211, 216, 219,

227 foto di Francesca Catastini

Fondazione Marino Marini, Pistoia

pp. 134, 135, 136, 175

Pistoia, Museo Civico

pp. 157, 163, 164, 165

foto di Francesca Catastini

Biblioteca Comunale Forteguerriana, Pistoia

pp. 49, 52, 70, 94, 95, 172

foto di Francesca Catastini

Casa-museo Sigfrido Bartolini

pp. 124, 128

foto di Francesca Catastini

Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi”, Pistoia

pp. 73, 84, 87, 89, 90, 92, 93

foto di Francesca Catastini

Taberna Libraria di Federico Lucarelli

pp. 43, 46, 51, 159, 160, 173

foto di Francesca Catastini

Collezione Paolo Priami

pp. 150, 153, 154, 155, 221

foto di Francesca Catastini

Archivio A. Agostini

pp 126, 123

Archivio Corti Lippi

p. 69

RENZO AGOSTINI

Strada di campagna, 1923, particolare, olio su cartone riportato su tavola

Country Road, 1923, detail, oil on cardboard laid on board

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03108



Le fondazioni di origine bancaria devono

svolgere le loro funzioni all’interno del

territorio di riferimento, e a questo territorio

quindi – alla sua storia sociale, culturale ed

economica – devono guardare con particolare

attenzione. È quindi caratteristica diffusa

delle fondazioni investire in beni culturali, sia

attraverso il recupero di immobili di rilevante

valenza storica e artistica, sia attraverso l’acquisizione

di opere di artisti che con il territorio

stesso hanno avuto importanti legami.

È seguendo questa direzione che si è formata

la Collezione della Fondazione Caript, che

perciò vede comprese al suo interno, in larga

parte, opere di artisti pistoiesi. Recentemente

la Fondazione ha stipulato con Intesa Sanpaolo

un contratto di comodato decennale che

comprende le opere diventate di proprietà

dell’istituto di credito e che facevano parte

della Collezione della Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia, contenente molti lavori di artisti

pistoiesi o che hanno avuto rapporti con

il territorio di Pistoia. È all’interno del nuovo

sistema museale denominato Fondazione

Pistoia Musei, promosso da Fondazione

Caript e Pistoia Eventi Culturali Scrl, che si

colloca anche Pistoia Novecento 1900-1945,

riallestimento di una selezione delle opere

provenienti dalla nostra collezione permanente,

integrata da alcune bellissime opere

in comodato da Intesa Sanpaolo, e visitabile

presso la sede di Palazzo de’ Rossi. Per accogliere

questo nuovo allestimento, incentrato

sul periodo che va dagli inizi del ‘900 fino

alla fine della guerra e raccontato nelle pagi-

Italian banking Foundations conduct their mission

within the hinterland of their headquarters, and it is

to this territory therefore – to its social, cultural and

economic history – that they most especially dedicate

their attention. It is therefore a general practice

that they should invest in cultural heritage, whether

by restoring and finding new uses for architecture of

historic and artistic value, or by acquiring works by

artists who have ties to the region. This lies behind

the formation, over many years, of the collection of

the Fondazione Caript, and the presence within it of

art mainly by artists of Pistoia.

The Fondazione Caript recently agreed with Intesa

Sanpaolo the deposit with the Foundation, for ten

years, of the art that is now the property of that

bank and which was formerly the collection of the

Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. This too consists

of large numbers of works of art by PIstoian

artists, or by artists connected to this province.

It is within the museum system that we call the

Fondazione Pistoia Musei, promoted by the Fondazione

Caript and Pistoia Eventi Culturali Scrl,

that Pistoia Novecento 1900-1945 finds it place:

a new, public museum installation in the rooms of

Palazzo de’ Rossi, of works from our permanent collection,

together with other fine works made available

to us by the agreement with Intesa Sanpaolo.

To host this new presentation, focused on a specific

episode in our cultural history, from the early 1900s

to the beginning of World War II, which is narrated

in this catalogue, the ground floor rooms of Palazzo

de’ Rossi, headquarters of the Fondazione Caript,

have been thoroughly renovated and reorganised

to purpose.

This exhibition, which presents more than 130 works

ne di questo accurato catalogo, il piano terra

del palazzo – sede della stessa Fondazione

Caript – è stato completamente ristrutturato

e riorganizzato nei propri spazi. La mostra,

che presenta oltre centotrenta opere,

è stata curata da Annamaria Iacuzzi, storica

dell’arte, e dal prof. Philip Rylands, Direttore

Scientifico di Fondazione Pistoia Musei,

nonché Direttore Emerito della Collezione

Peggy Guggenheim di Venezia. Annamaria

Iacuzzi, colta e raffinata autrice del catalogo,

ripercorre la storia degli artisti pistoiesi della

prima metà del Novecento, sottolineando

da una parte il loro profondo radicamento al

territorio, dall’altra raccontando i rapporti

che gli stessi instaurarono con le varie correnti

artistiche italiane ed europee. L’intento

di mostrare che questi artisti, pur avendo un

forte legame con la piccola città di Pistoia

riuscirono a superare il “localismo”, dialogando

con realtà internazionali, mi sembra

ampiamente riuscito. Credo quindi che questa

mostra possa essere oggetto di interesse

non solo per i nostri concittadini, ma anche

per tutti coloro che la visiteranno e che saranno

guidati da un percorso espositivo e

da una narrazione coerenti ed esaustivi, per

scoprire o riscoprire un periodo artistico

estremamente fecondo per Pistoia.

by Pistoian artists, has been curated by Annamaria

Iacuzzi, art historian, and by Philip Rylands, Artistic

Director of the Fondazione Pistoia Musei and Director

Emeritus of the Peggy Guggenheim Collection,

Venice.

Annamaria Iacuzzi, learnèd and refined scholar of

this catalogue, tells us the story of Pistoia’s artists

in the early twentieth century, both making vivid for

us their profound attachment to this province, and

throwing light on relations between them and the

currents of art in Italy, and even Europe. The intention

to demonstrate how these artists, such as Pietro

Bugiani, Galileo Chini, Giovanni Costetti, Andrea

Lippi, Achille Lega, Mario Nannini, Corrado Zanzotto,

and Marino Marini, despite the strength of

their ties to the small city of Pistoia, successfully rose

above ‘localism’ and engaged with international artistic

currents, seems to me entirely fulfilled.

I believe therefore that this presentation of a part

of our collections will be of the greatest interest to

our fellow citizens of Pistoia and to all our visitors

who will be guided through an exhibition narrative,

coherent and complete, to discover or rediscover a

fertile moment in the art and culture of Pistoia.

LUCA IOZZELLI

Presidente Fondazione Caript - CEO FPM – Pistoia Eventi Culturali

President Fondazione Caript - CEO FPM – Pistoia Eventi Culturali

6 7



La recente nascita della Fondazione

Pistoia Musei, che ha dato avvio a un

circuito di arte e bellezza mettendo in

dialogo quattro importanti luoghi e le loro

collezioni nel cuore della città, offre un

contesto di rinnovata vitalità per condividere

e valorizzare il patrimonio artistico

di Intesa Sanpaolo. Dopo l’incorporazione

della Cassa di Risparmio di Pistoia e della

Lucchesia, sono confluite nelle nostre

raccolte splendide testimonianze d’arte

del territorio, dai preziosi dipinti del Seicento

fiorentino in collezione Bigongiari,

alle tempere murali di Boldini provenienti

dalla villa “La Falconiera”, fino a opere del

Novecento pistoiese. Questi beni sono

accolti in comodato d’uso, grazie alla

collaborazione con la Fondazione Caript,

nell’Antico Palazzo dei Vescovi e a Palazzo

de’ Rossi, permettendo di mantenere

vivo il contatto fra la città e un patrimonio

d’arte che esprime in modo autentico la

cultura, l’identità e la storia della comunità

a cui appartiene.

La raccolta di oltre 400 dipinti, disegni e

sculture dei più importanti artisti di Pistoia

del secolo scorso è andata ad impreziosire,

con un significativo nucleo, le

collezioni di opere del Novecento e contemporanee

di proprietà di Intesa Sanpaolo.

Si tratta di un patrimonio formato

da 3.000 materiali e ricco di capolavori,

ai quali abbiamo dedicato un originale

programma di studio, approfondimento

ed esposizione, Cantiere del ‘900, ospi-

The recent founding of the Fondazione Pistoia

Musei, by networking four important

monuments and their respective art collections

in the heart of Pistoia, has both endowed

the city with publicly accessible art

and beauty, and created an opportunity for

sharing and enhancing with fresh vitality

the cultural patrimony of Intesa Sanpaolo.

The merging of the Cassa di Risparmio di

Pistoia e della Lucchesia with the Banca

Intesa Sanpaolo added many great works

of art from this region to the Intesa Sanpaolo

collections: the remarkable group of

seventeenth-century Tuscan paintings in the

Bigongiari collection, the tempera murals of

Boldini originating from the Villa “La Falconiera”,

and works of early twentieth-century

Pistoian art. These collections are deposited,

thanks to our partnership with the Fondazione

Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia,

in the Antico Palazzo dei Vescovi and the

Palazzo de’ Rossi, thus ensuring that this

patrimony, consisting of splendid examples

of the culture, identity and history of the

community of which they are the expression,

continues to be accessible to the residents

of Pistoia.

The collection of more than 400 paintings,

drawings and sculptures by the most important

artists of Pistoia of the last century

serves to enhance, as a meaningful and compact

group, the collections of twentieth-century

and contemporary art of Intesa Sanpaolo.

These consist of 3,000 works of art, rich

in masterpieces, to which we have dedicated

tato nel museo di proprietà della Banca a

Milano, le Gallerie d’Italia in Piazza Scala.

In piena sintonia con le ragioni del nostro

Cantiere, un nucleo di 60 opere del Novecento

della raccolta pistoiese è oggi valorizzato

nella città di riferimento, inserito

nel percorso museale del settecentesco

Palazzo de’ Rossi e in un confronto con

altre collezioni. L’iniziativa è segno della

responsabilità che Intesa Sanpaolo, la

principale banca nazionale, si è assunta in

campo culturale, sostenendo e promuovendo

le tradizioni, l’arte e la storia propri

di ciascun territorio e che costituiscono la

grande risorsa dell’Italia.

La presenza concreta del Progetto Cultura

della Banca nella città di Pistoia, eletta

nel 2017 capitale culturale italiana, sottolinea

i punti fondamentali del nostro

impegno. Vale a dire, diffondere la conoscenza

delle collezioni del Gruppo e ridare

nuova vita e valore alla straordinaria

ricchezza artistica che splende nei centri

storici del Paese.

an innovative programme of study, research,

and exhibitions, Cantiere del ‘900, hosted

in the Bank’s museum in Milan, the Gallerie

d’Italia in Piazza Scala. In full accord with

the mission of our Cantiere, a selection of

60 works from the collection of Pistoian art

of the twentieth century are today on view

in the museum spaces of the eighteenthcentury

Palazzo de’ Rossi, side by side with

other collections. This project testifies to the

responsibility that Intesa Sanpaolo, Italy’s

première national bank, has assumed in the

cultural field, sustaining and promoting the

traditions, the art and the history specific to

each province and region, which constitute

the great patrimony of Italy.

The tangible presence of the Bank’s Progetto

Cultura in the city of Pistoia, Italian Capital

of Culture in 2017, underlines the fundamental

principles of our mission – both to

promote the knowledge and appreciation of

the Group’s collections, and to enhance the

astonishing artistic riches that adorn the

historic city centres of our country.

MICHELE COPPOLA

Direttore Centrale Arte Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo

Executive Director Art, Culture and Historical Heritage Intesa Sanpaolo

8 9



Il Gruppo Intesa Sanpaolo ha consegnato in

comodato a lungo termine alla Fondazione

Caript – ente che ha dato vita alla Fondazione

Pistoia Musei – la collezione d’arte acquisita

al momento della fusione di Intesa Sanpaolo

con la Cassa di Risparmio di Pistoia e

della Lucchesia. Un grande ringraziamento

va al Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo e

al suo Direttore Centrale Arte, Cultura e Beni

Storici, Michele Coppola, che ha prontamente

sposato l’idea dell’uso di una selezione di

queste opere per il progetto museale di Palazzo

de’ Rossi. L’unione delle opere di Intesa

Sanpaolo e delle collezioni della Fondazione

Caript dà vita a una considerevole quantità

di materia critica che rappresenta l’arte moderna

pistoiese.

È quindi auspicabile che un’ulteriore aggiunta

alle collezioni, tramite acquisti o donazioni,

continui in futuro con un occhio attento

sia a colmare le lacune (ad esempio concentrandosi

sulle diverse fasi della carriera

di un artista e sul repertorio completo delle

sue tecniche), sia a valorizzare la raccolta

con opere sempre più rappresentative e di

maggiore qualità. Fondazione Pistoia Musei

è decisamente pronta a svolgere il ruolo di

museo, ricoprendo la funzione di centro per

l’analisi e lo studio di questo intrigante e

piacevole angolo della storia dell’arte, rilevante

per la cultura locale come per la storia

dell’arte italiana nel suo complesso: il ritorno

alla tradizione dell’incisione su legno (che

ha eco europea, essendo parallela alla riscoperta

dell’arte dell’incisione da parte di Noel

The Gruppo Intesa Sanpaolo has placed

on long-term deposit with the Fondazione

Caript, the parent body of the Fondazione

Pistoia Musei, the collection that it acquired

in the context of the fusion of Intesa

Sanpaolo with the Cassa di Risparmio

di Pistoia e Lucchesia. Many thanks to the

Progetto Cultura of Intesa Sanpaolo and to

its Executive Director for Art, Culture and

Historical Heritage, Michele Coppola, who

has readily espoused the use of a selection

of these works for the museum project of

Palazzo de’ Rossi. When the Intesa Sanpaolo

works are joined to the collections

of the Fondazione Caript, we have considerable

critical mass in terms of representing

Pistoia’s modern art. It is much to be

hoped therefore that the practice of further

adding to the collections, by purchase

or gift, will be continued in the future with

a careful eye both to filling gaps (representing

for example an artist in the different

phases of his career and in the full repertoire

of his mediums) and to upgrading

with works ever more representative and

superior in quality. The Fondazione Pistoia

Musei is in a position of readiness to fulfil

a role of being the museum, the resource

for viewing and studying this intriguing

and pleasurable corner of art history, with

its relevance both to local culture, and to

the history of Italian art as a whole: the revival

of the woodcut tradition (which has

a European echo, given that it is parallel

to Noel Rooke’s revival of wood engraving

Rooke in Inghilterra nel 1904); il breve e forse

frainteso contributo di Mario Nannini al

Futurismo; la carriera tristemente fugace di

Andrea Lippi (una figura tragica e romantica

paragonabile al notevole Henri Gaudier-Brzeska,

morto un anno prima, addirittura più

giovane); l’importanza ricoperta da due mostre

svoltesi a Pistoia, ovvero la Mostra del

Bianco e Nero del 1914 e la I Mostra Provinciale

d’Arte del 1928, che hanno contribuito

alla crescita di almeno due carriere di levatura

internazionale come quelle di Giovanni

Michelucci e di Marino Marini; l’episodio del

“Cenacolo” pistoiese, guidato da Michelucci,

Giovanni Costetti e dalla carismatica figura

di Giuseppe Lanza del Vasto; il contributo pistoiese

al movimento artistico del Novecento;

la partecipazione degli artisti pistoiesi alle

grandi Quadriennali di Roma e alle Biennali

di Venezia, così come l’inevitabile intreccio

della cultura pistoiese con quella fascista,

nell’ambito del quale si ricordano le importanti

mostre del Sindacato di Belle Arti – solo

per citare il periodo approfondito in questo

volume.

Con il nuovo allestimento delle sale espositive

di Palazzo de’ Rossi, quindi, e con questo

catalogo, abbiamo voluto fare molto più

che rendere pubblici i dipinti e le sculture a

disposizione di Fondazione Pistoia Musei; il

nostro desiderio era presentare una breve,

parziale, ma intrigante e comprensibile storia

dell’arte pistoiese moderna dal 1900 al

1945.

Beneficiando della generosità dei prestatori,

in England in 1904), Mario Nannini’s brief

and perhaps misunderstood contribution

to Futurism, the tantalizingly short career

of Andrea Lippi (a tragic and romantic figure

comparable to the remarkable Henri

Gaudier-Brzeska, who died a year earlier,

even younger), the key roles played by two

exhibitions in Pistoia, the Mostra del Bianco

e Nero in 1914 and the 1st Mostra Provinciale

d’Arte in 1928, the nurturing of at

least two careers of international stature

(Giovanni Michelucci and Marino Marini),

the episode of the Pistoian ‘Cenacolo’, led

by Michelucci, Giovanni Costetti and the

charismatic figure of Giuseppe Lanza del

Vasto, the Pistoian contribution to the

Novecento movement, the participation of

Pistoia’s artists in the great Rome Quadriennales

and Venice Biennales, as well as

the inevitable intreccio of Pistoia’s culture

with that of Fascism, including the

extremely important exhibitions of the

Sindacato di Belle Arti – to speak only of

the period covered by this book.

With this new presentation in the museum

rooms of Palazzo de’ Rossi, therefore, and

with this catalogue, we have wanted to do

much more than simply render public the

paintings and sculptures at the disposal

of the Fondazione Pistoia Musei. We have

wished to present a short, partial, but intriguing

and comprehensible history of the

art of modern Pistoia from 1900 to 1945.

By benefitting from the generosity of lenders,

we have both filled some gaps and en-

10 11



siamo riusciti sia a colmare alcune lacune

arricchendo qualitativamente l’esposizione,

sia a indicare la via da percorrere per fare ciò

che i musei fanno: collezionare opere d’arte

seguendo i princìpi della loro missione principale,

quella di aumentare la comprensione

e l’apprezzamento dell’arte.

È con enorme gratitudine che ringraziamo

qui i nostri amici, citando per primi gli indispensabili

collezionisti che hanno prestato

opere per questo allestimento: Pina Bartolini,

Mario e Federica Lucarelli e Paolo Priami.

Grazie. E grazie anche a Maria Stella Rasetti,

direttrice della Biblioteca San Giorgio e della

Biblioteca Forteguerriana di Pistoia, a Maria

Teresa Tosi, direttrice della Fondazione Marino

Marini, a Elisabetta Pastacaldi, Dirigente

del Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi “ di

Pistoia, a Elena Testaferrata, direttrice dei

Musei Civici di Pistoia.

Progetti come questa “mostra-museo” si

basano anche sulla collaborazione e sulla

gentile buona volontà della Soprintendenza

Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Firenze,

Pistoia e Prato; per questo desidero qui

ringraziare il Soprintendente, Andrea Pessina,

e la sua compagine.

Le sale espositive di Palazzo de’ Rossi sono

state rinnovate nei primi mesi di quest’anno.

Sono molto grato a Marco Matteini e a Cesare

Mari per l’autorevole livello di esperienza

e competenza con il quale hanno curato

questo progetto.

Vorrei ringraziare con affetto e rispetto lo

staff della Fondazione Pistoia Musei – Franriched

the presentation, qualitatively, and

signalled a way forward for doing what

museums do: collect works of art within

the parameters of their mission in order to

augment the understanding and appreciation

of art.

It is with enormous gratitude that we acknowledge

here our friends among the discriminating

collectors who have lent works

to this presentation: Pina Bartolini, Mario

and Federica Lucarelli and Paolo Priami.

Thank you. And thank you also to Maria

Stella Rasetti, director of the Sistema Biblioteche

e Archivi Comunali of Pistoia, to

Maria Teresa Tosi, director of the Fondazione

Marino Marini, to Elisabetta Pastacaldi,

director of the Liceo Artistico Statale

“P. Petrocchi”, Pistoia, and to Elena Testaferrata,

director of Pistoia’s Musei Civici.

Projects such as this ‘museum-exhibition’

rely on the generous goodwill and cooperation

of Florence’s Soprintendenza Archeologia

Belle Arti e Paesaggio of Florence,

Pistoia and Prato, and I wish here to

thank the Superintendent himself, Andrea

Pessina, as well as his team.

The exhibition rooms of Palazzo de’ Rossi

have been renovated in the first few

months of this year. I am very grateful to

Marco Matteini and to Cesare Mari for the

high degree of experience and expertise

they have brought to this project.

I would like to thank with affection and respect

the staff of the Fondazione Pistoia

Musei — Francesca Vannucci, Elena Ciom-

cesca Vannucci, Elena Ciompi, Rebecca Romere,

Patrizio Caschera – il cui entusiasmo

e duro lavoro hanno reso possibile questo

progetto nel giro di pochi mesi. Grazie anche

a Cristiano Coppi, designer di eleganti e piacevoli

pubblicazioni come questa.

Sono particolarmente grato alla mia collega

in questa impresa, Annamaria Iacuzzi. È stata

l’essenziale studiosa per questo progetto,

il nostro Virgilio attraverso i boschi toscani

dei primi decenni del ventesimo secolo. Siamo

grati per il modo abile con cui, in questo

manuale, ha elegantemente bilanciato la sua

profonda conoscenza con la capacità di comunicarci

tutto il fascino e le qualità dell’arte.

Tutti i saggi e le voci di questo libro sono

sue, mentre le biografie degli artisti sono il

contributo di Anna Agostini, alla quale rivolgo

i miei più sentiti ringraziamenti.

L’attenzione della Fondazione Caript al suo

territorio, alla cultura, alla ricerca e al mecenatismo

si esprime ampiamente in questo

contributo dato alla storia dell’arte, alla

comprensione del passato culturale pistoiese

e, forse e soprattutto, al piacere e al senso

dell’identità dei cittadini pistoiesi.

pi, Rebecca Romere and Patrizio Caschera,

whose enthusiasm and hard work have

made this project possible in the space of

only a few short months. Thank you too to

Cristiano Coppi, designer of elegant and

pleasurable publications such as this.

I am especially grateful to my colleague in

this enterprise Annamaria Iacuzzi. She has

been the essential scholar for this project

— our Virgil through the Tuscan woods of

the early decades of the twentieth century.

We are grateful for the skilful way she

has eloquently balanced scholarship with

a capacity to communicate to us all the

fascination and qualities of the art in this

handbook. All of the essays and entries in

this book are hers, while the artists’ biographies

are the contribution of Anna Agostini,

to whom also many thanks.

The Fondazione Caript’s dedication to its

territory, to culture, to research and patronage,

is amply expressed in this contribution

to art history, to understanding

Pistoia’s cultural past, and perhaps above

all to the pleasure and sense of identity of

the people of Pistoia.

PHILIP RYLANDS

Direttore Scientifico - Fondazione Pistoia Musei

Artistic Director - Fondazione Pistoia Musei

12 13



SOMMARIO

CONTENTS

Annamaria Iacuzzi

16

28

42

68

122

190

Pistoia novecento. 1900-1945

Un nuovo allestimento ‘dinamico’ per la Collezione

permanente della Fondazione Pistoia Musei

Pistoia in the Twentieth Century. 1900-1945

A new ‘dynamic’ installation of the permanent collections

of the Fondazione Pistoia Musei

Ritratto all’alba del secolo

A Portrait at the Turn of the Century

Il Bianco e Nero e la vocazione al segno

The Black and White Prints and the Art of the Mark

Andrea Lippi e Mario Nannini

tra simbolismo, modernità e avanguardia

Andrea Lippi and Mario Nannini:

Symbolism, Modernity and Avant-garde

La ‘scuola’ attiva tra le due guerre. Gli anni Venti

The ‘School’ Active between the World Wars. The 1920s

Dagli anni Trenta alla seconda guerra mondiale

From the 1930s to the Second World War

234

Anna Agostini

Biografie artisti

Artist’s Biographies



Pistoia novecento. 1900-1945

Un nuovo allestimento ‘dinamico’ per la Collezione permanente

della Fondazione Pistoia Musei

Pistoia in the Twentieth Century. 1900-1945

A new ‘dynamic’ installation of the permanent collections

of the Fondazione Pistoia Musei

valorizzare le due collezioni secondo un

mandato di attenzione all’arte pistoiese

del Novecento perseguito nel tempo con

una politica di acquisizioni, esposizioni e

pubblicazioni dedicate.

LA COLLEZIONE D’ARTE PISTOIESE MODERNA

E CONTEMPORANEA DELLA CASSA DI

RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA ORA INTESA

SANPAOLO

the two collections, in accordance with a mandate

of the Fondazione Caript to be attentive

to and nurture twentieth-century Pistoian art

through a programme of acquisitions, exhibitions

and publications.

THE COLLECTION OF MODERN AND

CONTEMPORARY PISTOIAN ART OF THE CASSA

DI RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA, NOW

INTESA SANPAOLO

Il nuovo allestimento della Collezione

permanente della Fondazione Pistoia

Musei origina dal convergere in un’unica

sede – grazie a un comodato – delle due

collezioni del Novecento pistoiese afferenti

alla Cassa di Risparmio di Pistoia e

Pescia (ora Intesa Sanpaolo) e alla Fondazione

Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia. L’allestimento studiato per le

sale della Fondazione Pistoia Musei in

via De’ Rossi, consente una lettura del

panorama artistico pistoiese nel suo articolarsi

di generazioni e momenti espositivi

nell’arco del primo quarantennio

del Novecento. La selezione propone dipinti,

sculture e opere grafiche degli autori

pistoiesi attivi tra il 1900 e il 1945,

a cui sono affiancate alcune opere di artisti

non pistoiesi il cui ruolo, tuttavia,

si è rilevato significativo per la temperie

culturale cittadina di questo periodo.

Alcune selezionate opere in prestito da

istituzioni pubbliche o da privati arricchiscono

l’esposizione e consentono di

colmare alcune mancanze – in termini di

rappresentatività degli artisti nel lasso

cronologico scelto – consentendo una

lettura chiara dello stato dell’arte nel periodo.

Questi prestiti si alterneranno nel

tempo, creando in modo ‘dinamico’, momenti

di accrescimento e sempre nuovo

interesse. Il nuovo allestimento intende

The new arrangement of the art collections

of the Fondazione Pistoia Musei, of which

this is the catalogue, originates from the convergence

into one holding – thanks to a longterm

deposit agreement – of two collections of

twentieth-century Pistoian art, assembled by

the Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (now

Intesa Sanpaolo) and by the Fondazione Cassa

di Risparmio di Pistoia e Pescia (Fondazione

Caript). The installation we are presenting in

the rooms of the Fondazione Pistoia Musei in

Via De’ Rossi sets out to provide the visitor with

a survey of Pistoian art, generation by generation

and scanned by public exhibitions, over the

course of the first four decades of the twentieth

century. The selection consists of paintings,

sculptures and works on paper by Pistoian artists

between 1900 and 1945, flanked by works

by artists who, though they may not have been

from Pistoia, nevertheless contributed significantly

to its cultural climate in those years.

Some additional works, loaned by public institutions

or from private collections, enrich the

exhibition and fill certain gaps – in terms of the

proper representation of each artist’s work over

this period, thus making possible a balanced

reading of the then state of art in Pistoia. These

loans will come and go over the next months,

thus explaining the epithet ‘dynamic’ in our description

of the project, providing freshness and

variety to the visitor’s experience. Above all this

new installation has the purpose of enhancing

La Cassa di Risparmio di Pistoia nasce nel

1831 per opera di alcuni notabili pistoiesi. La

finalità filantropica statutaria dell’ente bancario,

evidente anche nell’ottica di riversare

in opere di pubblica utilità una parte delle

risorse, determina tra Otto e Novecento interventi

sul territorio – come per esempio il

finanziamento della rete elettrica cittadina

nel 1899 o la fusione del monumento equestre

a Garibaldi inaugurato nel 1904 – e col

tempo si delinea anche come un’attenzione

alla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio

artistico e monumentale. La Collezione

d’arte pistoiese moderna e contemporanea

della Cassa di Risparmio di Pistoia,

divenuta Cassa di Risparmio di Pistoia e

Pescia nel 1936 e quindi di Pistoia e Lucchesia

nel 2012 e Intesa Sanpaolo nel 2019, è

una raccolta che si è formata nel corso degli

anni Ottanta del Novecento, anche se si

registrano alcune sporadiche acquisizioni

precedenti: la più antica finora rintracciata

si colloca nel 1932 con l’acquisto di opere di

Egle Marini e Giuseppe Bertolli alla III Mostra

Provinciale d’arte di Pistoia. Dalla fine

degli anni Settanta e in parallelo con l’acquisto

e la ristrutturazione dell’Antico Palazzo

dei Vescovi, l’ente bancario, grazie alla visione

culturale dell’allora Presidente Angiolo

Bianchi, del Segretario Generale Gian

Franco Mandorli, coadiuvati dalla figura del

Professor Sigfrido Bartolini, acquisì nuclei

di opere d’arte dei più importanti artisti del

The Cassa di Risparmio (Savings Bank) of

Pistoia was founded in 1831 by a group of

leading citizens. The philanthropic intent in

the bank’s statute, tangible in the devolution

of the bank’s resources to the benefit

of the community, led, between the nineteenth

and twentieth centuries, to projects

such as the financing of the electrical grid in

1899 or the casting of the equestrian statue

of Garibaldi, inaugurated in 1904, and

eventually to a special attention to the safeguarding

and enhancement of Pistoia’s art

and architectural heritage. The collection

of modern and contemporary Pistoian art

of the Cassa di Risparmio di Pistoia (which

became the Cassa di Risparmio di Pistoia e

Pescia in 1936, then of Pistoia e Lucchesia

in 2012, and most recently, in 2019, Intesa

Sanpaolo), was largely formed in the

1980s, despite occasional previous acquisitions:

the earliest to be documented so far

was the purchase in 1932 of works by Egle

Marini and Giuseppe Bertolli from the 3rd

Mostra Provinciale d’arte di Pistoia. From

the late 1970s, and at the time of the purchase

and renovation of the Antico Palazzo

dei Vescovi, the Cassa di Risparmio, thanks

to the vision of the then President Angiolo

Bianchi and of the Secretary General Gian

Franco Mandorli, assisted by Professor Sigfrido

Bartolini, began to acquire groups of

works by the more important Pistoian artists

of the twentieth century. I

16 17



Novecento pistoiese I .

Questa attenzione si poneva in linea con le

importanti azioni di recupero critico dedicate

all’arte del Novecento pistoiese che ebbero

come protagonista l’amministrazione

comunale, promotrice della prima significativa

indagine sistematica sulle generazioni

artistiche attive fino alla prima metà del

secolo e che confluì nel 1980 nella mostra

La città e gli artisti. Pistoia tra avanguardie

e Novecento, con la cura scientifica di Cecilia

Mazzi e Carlo Sisi, organizzata nelle ex

Officine San Giorgio. In questi stessi anni il

Comune di Pistoia, in parallelo all’acquisizione

della Casa Studio dell’artista Fernando

Melani (1987), manifestava l’interesse a

individuare un luogo dedicato all’arte contemporanea,

in sintonia con quell’attenzione

al presente che aveva contraddistinto la

storia stessa del Museo Civico e che avrebbe

portato alla costituzione del Museo del

Novecento e del Contemporaneo di Palazzo

Fabroni (Musei Civici di Pistoia) II .

Il primo passo collezionistico verso quella

che allora fu definita Raccolta di arte moderna

e contemporanea pistoiese III si colloca nel

1977 con la donazione da parte delle sorelle

del pittore Giulio Innocenti, per il tramite di

Sigfrido Bartolini, di 19 xilografie del fratello.

A suggellare l’acquisizione il volume edito

dalla Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

nel 1978, a cura di Bartolini, dedicato all’opera

incisa di Innocenti IV .

L’acquisizione fu poi perfezionata nel 1979

con l’acquisto di quattro dipinti di Giulio

Innocenti – Autoritratto, Ritratto di Danilo

Bartoletti, Figura sul mare, Bagno – dei legni

incisi delle xilografie già acquisite, a cui si

aggiunse un nucleo di 21 dipinti e 238 disegni

del pittore Mario Nannini con la condizione,

imposta dalle signore Innocenti, che

quest’ultimo gruppo di opere rimanesse

sempre unito, a memoria anche dell’amici-

This sensibility was in line with a period of

scholarly and critical attention to Pistoian

art stimulated by the municipal government,

which sponsored research, especially

regarding artists active through the middle

of the century, leading up to the exhibition

in 1980 La città e gli artisti. Pistoia tra

avanguardie e Novecento, curated by Cecilia

Mazzi and Carlo Sisi, which took place

in the ex Officine San Giorgio. In the same

years, the Comune of Pistoia, in the context

of its purchase of the Casa Studio of the

artist Fernando Melani (1987), began to

explore options for a permanent site for

contemporary art. This coincided with the

growing interest in contemporary art on the

part of the Museo Civico and led to the constitution

of the Museo del Novecento e del

Contemporaneo in Palazzo Fabroni (Musei

Civici di Pistoia). II

The first step towards what was then defined

as the ‘Raccolta di arte moderna e

contemporanea pistoiese’ III was taken in

1977 with the donation by the sisters of the

painter Giulio Innocenti, through Sigfrido

Bartolini, of 19 woodcuts by their brother.

The acquisition was ‘sealed’ by the publication

by the Cassa di Risparmio di Pistoia e

Pescia in 1978 of a catalogue by Bartolini of

the engraved works of Innocenti. IV

This acquisition was subsequently integrated,

in 1979, by the purchase of four paintings

by Giulio Innocenti – Self-Portrait,

Portrait of Danilo Bartoletti, Figure by

the Sea, Bath – and by the blocks of the

already-acquired woocuts, in addition to a

group of 21 paintings and 238 drawings by

the painter Mario Nannini with the condition,

imposed by the Innocenti sisters in

memory of the friendship that bound the

two painters, that the latter should never

be dispersed. The acquisition of the Nannini

collection was made public in May 1984

zia che aveva legato i due pittori. L’acquisizione

delle opere di Mario Nannini venne

resa pubblica nel maggio del 1984 con una

mostra organizzata nelle sale dell’Antico Palazzo

dei Vescovi, corredata da un piccolo

catalogo a cura di Bartolini V .

Lungo gli anni Ottanta fu ancora Sigfrido

Bartolini a occuparsi di redigere una lista

di opere d’arte degli artisti attivi tra le due

guerre da acquisire al fine di costituire una

collezione organica e rappresentativa del

Novecento cittadino con l’intenzione e ‘la

preoccupazione’, puntualmente esplicitata

nel testo di corredo al catalogo nel 1989, di

“salvare da possibili dispersioni le testimonianze

di un periodo di felice creatività degli

artisti pistoiesi” VI .

Se da un lato il Presidente Ivano Paci riconduceva

questa idea di una raccolta ai compiti

di “promozione culturale” della Cassa di

Risparmio, nell’ottica di un “servizio alla città

e alla cultura”, l’autore del testo a corredo, indicando

come uniche linee guida per la costituzione

della collezione quelle della qualità e

rappresentatività delle opere, sottolineava, a

fronte dell’impossibilità di reperire lavori che

rispondessero a questi criteri, alcune lacune

che certo si sarebbero colmate con future acquisizioni.

Nel corso del tempo, dunque, nuovi

acquisti hanno sia incrementato questa Collezione

degli autori pistoiesi del Novecento, sia

arricchito la Collezione della Cassa di Risparmio

con opere d’arte di altri periodi storici e

di autori anche non pistoiesi. Nel 1991, per

esempio, si colloca la donazione, da parte

della famiglia, di un cospicuo nucleo di opere

del pittore e scultore Corrado Zanzotto:

16 dipinti a olio, 99 disegni e due sculture

in creta cruda che la Cassa di Risparmio si

premurò, a scopi conservativi, di far fondere

in bronzo. Una parte della collezione fu allestita

nelle sale del CRAL aziendale a Palazzo Buontalenti

(adesso Sala Gimignani) VII . Si segnalano

with an exhibition in the Antico Palazzo dei

Vescovi, accompanied by a small catalogue

by Bartolini. V

During the 1980s it was Bartolini who drew

up a list of works of art by artists active

between the wars that should be acquired

in order that the collection should comprehensively

represent the art of Pistoia, with

the purpose and the ‘mission’ (preoccupazione),

made explicit in his text for the

1989 catalogue, “to save from possible loss

evidence of a period of felicitous creativity

among the artists of Pistoia.” VI

While President Ivano Paci justified this

idea of a collection as being an aspect of

the Cassa di Risparmio’s “cultural promotion”,

providing a “service to the city and to

culture”, Bartolini in his 1989 text, emphasising

that the only guidelines for establishing

the collection must be those of quality

and representativeness, stressed that, faced

by the difficulty at that time of retrieving

works that met these criteria, certain gaps

would surely be filled by future acquisitions.

Over the years, new gifts and purchases

have both strengthened the presence of

twentieth-century Pistoian artists and

added works to the collections of the Cassa

di Risparmio from other periods and by artists

not necessarily from Pistoia. 1991, for

example, was the year of a donation of an

important group of works by the painter

and sculptor Corrado Zanzotto, given by

the artist’s family: 16 oil paintings, 99 drawings

and 2 sculptures in clay that the Cassa

di Risparmio hastened, for conservation

reasons, to have cast in bronze. A part of

this donation was installed in the rooms of

the Foundation’s CRAL (Circolo Ricreativo

Aziendale Lavoratori) in Palazzo Buontalenti

(now the Sala Gimignani). VII There

were also acquisitions of Marino Marini, of

some artists of the ‘middle generation’–

18 19



inoltre le acquisizioni dedicate a Marino Marini,

ad alcuni artisti della ‘Generazione di mezzo’ –

Aldo Frosini, Mirando Iacomelli, Valerio Gelli –

a Fernando Melani e a Gianni Ruffi VIII .

Tra il 2003 e il 2014 la Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia, insieme al Comune di Pistoia -

Museo Civico e alla Provincia di Pistoia, ha fatto

parte del Centro di Documentazione sull’Arte

Moderna e Contemporanea pistoiese, progetto

virtuoso che riuniva tre soggetti storicamente

impegnati nella valorizzazione dell’arte del

Novecento nell’ottica di destinare le proprie

risorse a un obiettivo comune, facendosi promotori

di mostre, campagne di catalogazione

e archiviazione ed eventi dedicati a tutto l’arco

del secolo.

In sintonia con questa linea di attenzione all’arte

del Novecento pistoiese si colloca nel 2007

la pubblicazione a opera della Cassa di Risparmio

di Pistoia e Pescia, del volume curato da

Carlo Sisi, allora Direttore del Centro di Documentazione

sull’Arte Moderna e Contemporanea

pistoiese, Arte del Novecento Pistoia, in cui

si propongono spunti di approfondimento organico

su tutto il secolo, andando ad aggiornare

e integrare quanto emerso nella pionieristica

mostra La città e gli artisti (1980): lavori, questi,

ai quali si deve attingere ogni qual volta ci si

voglia avvicinare allo studio di questo periodo

storico.

COLLEZIONE DELLA FONDAZIONE CASSA DI

RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA

La Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia rappresenta la continuazione

storica della Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia: essa nasce nel giugno 1992 come

conseguenza del processo di ristrutturazione

e liberalizzazione del sistema bancario

italiano secondo le disposizioni della legge

Amato-Carli (n. 218 del 1990). Le fondazioni,

costituitesi a seguito di questo proces-

Aldo Frosini, Mirando Iacomelli, Valerio

Gelli – and of Fernando Melani and Gianni

Ruffi. VIII

Between 2003 and 2014 the Cassa di

Risparmio di Pistoia e Pescia, the Comune

of Pistoia - Museo Civico and

the Province of Pistoia established the

‘Centro di Documentazione sull’Arte

Moderna e Contemporanea pistoiese’, a

noble endeavour that brought together

three agencies historically committed

to twentieth-century art, with the intention

of channelling resources toward a

shared objective: promoting exhibitions,

funding catalogues, sponsoring archival

campaigns, and other projects, spanning

1900-2000.

It was in this spirit of sensibility towards

twentieth-century art in Pistoia that the

Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

financed a volume edited by Carlo Sisi,

then Director of the ‘Centro di Documentazione’,

titled Arte del Novecento

Pistoia, with essays on various topics

covering the whole century, updating

and adding to the scholarship of the

pioneering exhibition La città e gli artisti

(1980): these are now invaluable

sources for anyone wishing to study this

historic period.

THE COLLECTION OF THE FONDAZIONE CASSA

DI RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA

The Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia (Savings Bank Foundation)

represents the historic extension of the

Cassa di Risparmio of the same name: it

was founded in June 1992, as a product of

the restructuring and liberalization of the

Italian banking system, according to the

Legge Amato-Carli (no. 218 of 1990). Such

Foundations, established in the wake of this

so di privatizzazione, acquisirono perciò la

missione istituzionale di perseguire finalità

etiche a sostegno della pubblica utilità.

La nascita della collezione di opere d’arte

della Fondazione Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia si può far coincidere con il

passaggio nel 1992 del fondo di disegni e

dipinti realizzati dall’artista Corrado Zanzotto

già oggetto di donazione alla Cassa di

Risparmio l’anno precedente.

Il passaggio segna in linea di continuità l’attenzione

dedicata al Novecento pistoiese

che già era stato della Banca, dalla cui costola

nasceva la Fondazione.

Negli anni a seguire la Fondazione ha agito

con l’intento di costituire una collezione in

grado di rappresentare le espressioni artistiche

che si sono sviluppate a Pistoia nel corso

dei secoli, rintracciando ancora una volta

nella figura di Sigfrido Bartolini un ruolo di

consulenza importante.

Molte sono state le donazioni di carattere

artistico: le opere di Remo Gordigiani e di

Alfredo Fabbri, accolte direttamente dagli

eredi; o quelle di Aldo Frosini, destinate

alla Fondazione dallo stesso artista in vita IX .

Da donazioni di privati sono giunti, oltre a

materiali archivistici o bibliografici, anche

lavori di artisti come Agenore Fabbri, Mirando

Iacomelli, Sigfrido Bartolini X , Francesco

Melani XI .

Tra i nuclei di maggiore interesse si segnala

l’acquisizione delle opere di Pietro Bugiani

(2006) comprendente non solo il lavoro

dell’artista (dipinti, sculture e disegni), ma

anche il suo archivio composto da cataloghi,

libri, ritagli a stampa, corrispondenze,

oltre a una scultura di Corrado Zanzotto e

a un dipinto futurista di Mario Nannini. A

questo artista la Fondazione Caript ha dedicato

nel 2015-2016 la mostra Pietro Bugiani.

Il Colore del tempo, che prendeva le mosse

proprio dal restauro del nucleo dei disegni

process of privatization, inherited the institutional

mission of promoting ethical works

in support of the public good.

The origin of the Foundation’s art collection

goes back to 1992 with the transfer of the

drawings and paintings by Corrado Zanzotto

that had already been donated to the

Cassa di Risparmio the previous year. This

transfer established a line of continuity with

the Cassa di Risparmio, the Foundation’s

‘parent’, in the special attention to Pistoian

art that had been peculiar to the Cassa di

Risparmio.

In subsequent years, the Foundation worked

to bring together a representative collection

of Pistoian art through the centuries, relying

once more on the important expertise of

Sigfrido Bartolini.

Many have been the donations of art: the

works of Remo Gordigiani and of Alfredo

Fabbri, received directly from their heirs;

those of Aldo Frosin, pledged to the Foundation

in the artist’s lifetime. IX Private donations

have brought to the Foundation,

in addition to archival and bibliographical

materials, works by artists such as Agenore

Fabbri, Mirando Iacomelli, Sigfrido

Bartolini, X and Francesco Melani. XI

Among the most interesting multiple acquisitions

has been that of the works of Pietro

Bugiani (2006), which included not just

Bugiani’s own work (paintings, sculptures

and drawings) but also catalogues, books,

press clippings, correspondence, a sculpture

by Corrado Zanzotto and a Futurist painting

by Mario Nannini. The Fondazione Caript

dedicated an exhibition to Bugiani in 2015-

2016, Pietro Bugiani. Il Colore del tempo,

which was prompted by the conservation

of monumental drawings and preparatory

cartoons for his Adoration of the Shepherds,

painted in 1932 for the Monastery of

San Domenico.

20 21



monumentali e dei cartoni preparatori per

l’affresco L’adorazione dei pastori, realizzato

nel 1932 per il Convento di San Domenico.

Per quanto riguarda le acquisizioni di materiali

archivistici si evidenziano i Fondi dei

pittori Luigi Mazzei e Alberto Caligiani contenuti

nell’Archivio Valiani di Pistoia (2005),

al quale afferiscono anche un nucleo di disegni

di Arturo Stanghellini e la Madonna del

Grano di Luigi Mazzei.

Dal 2002 s’intensificano acquisizioni volte

a documentare l’attività di altri artisti pistoiesi

come per esempio, Silvio Pucci, Alberto

Caligiani o Alberto Giuntoli, mentre al 2015

si colloca l’acquisizione di una bella collezione

di xilografie di Achille Lega. Tra gli acquisti

più importanti inerenti l’arte pistoiese

del Novecento, ricordiamo le opere futuriste

di Mario Nannini (2009) e un cospicuo nucleo

di dipinti e disegni di Giulio Innocenti

(2004; 2005). Una particolare attenzione è

stata rivolta anche ad acquisti mirati a documentare

gli artisti attivi nella seconda metà

del secolo come Fernando Melani, Gianfranco

Chiavacci, Roberto Barni, Gianni Ruffi,

Umberto Buscioni, Massimo Biagi, Andrea

Dami, Sergio Beragnoli, Zoè Gruni, Federico

Gori, oltre ad altri.

A partire dal 2004 l’opera di valorizzazione

artistica si è indirizza anche verso il finanziamento

di grandi complessi architettonici in

cui le opere d’arte, non necessariamente di

artisti pistoiesi, divengono elemento strutturale

della fruizione specifica degli spazi

come per esempio accade nel Padiglione

di emodialisi (2005) o al Giardino Volante

(2015): iniziative nate grazie all’attenzione

verso l’arte contemporanea dell’allora Vice

Presidente Giuliano Gori. Da ricordare anche

il finanziamento degli interventi degli

artisti pistoiesi Umberto Buscioni per le vetrate

della chiesa di Sanpaolo e di Sigfrido

Bartolini per la chiesa dell’Immacolata.

Among the donations of archival materials,

the acquisition of the archives of the painters

Luigi Mazzei and Alberto Caligiani,

preserved in the Archivio Valiani in Pistoia,

is conspicuous. This came with a group of

drawings by Arturi Stanghellini and Luigi

Mazzei’s Madonna of the Wheat.

Since 2002 the campaign of acquisitions,

focussed on Pistoian artists, has intensified;

Silvio Pucci, Alberto Caligiani and Alberto

Giuntoli, for example, while in 2015 a fine

collection of the woodcuts of Achille Lega

came to the Foundation. Among the major

purchases of twentieth-century art there

were the Futurist works of Mario Nannini

(2009) and a major groupì of paintings

and drawings by Giulio Innocenti (2004;

2005). Special attention has been given

to purchases that document artists active

in the second half of the twentieth century,

such as Fernando Melani, Gianfranco Chiavacci,

Roberto Barni, Gianni Ruffi, Umberto

Buscioni, Massimo Biagi, Andrea Dami,

Sergio Beragnoli, Zoè Gruni, Federico Gori,

and others.

Beginning in 2004 the effort to promote the

appreciation of art took a new turn, with the

financing of major architectural projects in

which works of art (not necessarily of Pistoian

origin) were considered integral to

the new buildings, such as for example the

Hemodyalisis Pavilion (2005) or the Flying

Garden (2015): these initiatives were

the manifestation of a special sensitivity to

contemporary art on the part of the then

vice president Giuliano Gori. Another worthy

enterprise was the financing of stained

glass windows by Pistoian artists, Umberto

Busconi for the Church of Sanpaolo and

Sigfrido Bartolini for the Church of the Immacolata.

In 2010, at the time of the exhibition Venezia

e il secolo della Biennale. Dipinti,

Nel 2010 in occasione della mostra Venezia

e il secolo della Biennale. Dipinti, vetri e

fotografie dalla Collezione della Fondazione

di Venezia (presso Palazzo Fabroni), la Fondazione

Caript incaricava Lara-Vinca Masini

della curatela della mostra 1910-2010:

un secolo di arte a Pistoia, opera in cui la

studiosa affrontava una lettura dell’intero

panorama dell’arte del Novecento cittadino

attraverso le opere conservate dalle due

collezioni (Cassa di Risparmio di Pistoia e

Pescia e Fondazione Caript). Nel 2012 vennero

inaugurate le sale espositive del palazzo

De’ Rossi con una selezione di opere di

arte antica, moderna e contemporanea: Arte

pistoiese attraverso i secoli, a cura di Roberto

Cadonici. Una parte delle collezioni è adesso

esposta sia negli uffici della Fondazione

Pistoia Musei a Palazzo de’ Rossi, sia nella

Sala Gimignani di Palazzo Buontalenti. Presso

l’Aula Magna e la Presidenza di UNISER

(Polo Universitario di Pistoia), inoltre, dal

2011 è visibile una esposizione permanente

di una piccola selezione delle opere dalla

Fondazione Caript, con l’intento di rafforzare

il legame tra il Polo Universitario e il

territorio, rendendo così visibile una parte

della collezione dedicata alle arti figurative

pistoiesi del Novecento proprio in virtù del

loro “particolare e riconosciuto rilievo, anche

nazionale” XII .

vetri e fotografie dalla Collezione della

Fondazione di Venezia (in Palazzo Fabroni),

the Fondazione Caript commissioned

Lara-Vinca Masini to curate the exhibition

1910-2010: un secolo di arte a Pistoia,

being a survey of the whole spectrum of

Pistoia’s ‘Novecento’ through works held

by the same two collections (Cassa di Risparmio

di Pistoia e Pescia and Fondazione

Caript). In 2012 the exhibition rooms of

Palazzo de’ Rossi were inaugurated with

a number of old master paintings, as well

as modern and contemporary, curated by

Roberto Cadonici with the title Arte pistoiese

attraverso i secoli. Parts of the collections

are now exhibited in the offices and

meeting rooms of the Fondazione Pistoia

Musei, both in Palazzo de’ Rossi and in the

Sala Gimignani of Palazzo Buontalenti. In

addition, a limited selection of twentiethcentury

works belonging to the Fondazione

Caript have been permanently on display

since 2011 in the Polo Universitario (UNIS-

ER) of Pistoia, both in the main lecture hall

and in the chambers of the presidency, with

the purpose of strengthening ties with the

university system and with the Pistoian

community at large, making manifest how

Pistoia’s art of the period is of “special and

acknowledged importance, even at a national

level.” XII

22 23



NOTE

I. Cristina Tuci, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia S.p.A., in “Amici dei Musei”, s.d.

II. C. D’Afflitto, La Sala Ghibellina fra Pistoia e l’Europa, in C. Sisi, Arte del Novecento a Pistoia, pp. 302-317;

S. Lucchesi, Arte d’oggi a Palazzo Fabroni, in ibidem, pp. 318-335.

III. “La raccolta iniziata con interventi sporadici in anni lontani, solo di recente è stata particolarmente

intensificata e infine integrata con precisa motivazione ricorrendo a nuovi acquisti e donazioni […]”,

così recita il testo introduttivo del catalogo della Raccolta autori pistoiesi del Novecento, ubicata nell’Antico

Palazzo dei Vescovi, Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, 1989.

IV. Intesa Sanpaolo, Archivio Patrimonio Artistico, Lettera del 27 giugno 1977, Prot. n. 1335 GM/gb; S.

Bartolini, Le xilografie di Giulio da Pistoia nella cornice della città, Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia, 1978.

V. Mario Nannini (1895-1918). Dipinti e disegni nella Raccolta della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, catalogo

della mostra (Antico Palazzo dei Vescovi, 5-25 maggio), Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia, 1984.

VI. Raccolta autori pistoiesi del Novecento, op. cit.

VII. Donazione Corrado Zanzotto, Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, 1991.

VIII. Cfr. Cristina Tuci, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia S.p.A., op. cit

IX. Le donazioni di opere d’arte, in “Società e territorio”, a. XV, n. 39, gennaio/aprile 2015

X. Dalla Donazione di Gianfranco Mandorli, cfr. Le donazioni di opere d’arte, op. cit., pp. 4-5.

XI. Dalla Donazione di Gian Piero Ballotti, cfr. Le donazioni di opere d’arte, op. cit., pp. 4-5.

XII. Antichi e moderni del Novecento pistoiese. Opere dalla collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia, a cura di Roberto Cadonici, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, 2011.

ENDNOTES

I. Cristina Tuci, “Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia S.p.A.,” in Amici dei Musei, n.d.

II. C. D’Afflitto, “La Sala Ghibellina fra Pistoia e l’Europa,” in C. Sisi, Arte del Novecento a Pistoia, pp. 302-17;

S. Lucchesi, “Arte d’oggi a Palazzo Fabroni,” in ibidem, pp. 318-35.

III. “The collecting process begun in a sporadic way in years past has only recently been particularly intensified

and at last solidified with a clear motivation in terms of new purchases and gifts […]”: this is taken from

the catalogue of the Raccolta autori pistoiesi del Novecento, located in the Antico Palazzo dei Vescovi,

Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, 1989.

IV. Intesa Sanpaolo, Archivio Patrimonio Artistico, letter of 27 giugno 1977, Prot. n. 1335 GM/gb; S. Bartolini, Le

xilografie di Giulio da Pistoia nella cornice della città, Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, 1978.

V. Mario Nannini (1895-1918). Dipinti e disegni nella Raccolta della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia,

exhibition catalogue (Antico Palazzo dei Vescovi, 5-25 May 1984), Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia, 1984.

VI. Raccolta autori pistoiesi del Novecento, op. cit.

VII. Donazione Corrado Zanzotto, Pistoia, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, 1991.

VIII. See Cristina Tuci, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia S.p.A., op. cit.

IX. “Le donazioni di opere d’arte,” in Società e territorio, year XV, no. 39, January-April 2015

X. Gift of Gianfranco Mandorli, see “Le donazioni di opere d’arte,” op. cit., pp. 4-5.

XI. Gift of Gian Piero Ballotti, see “Le donazioni di opere d’arte,” op. cit., pp. 4-5.

XII. Antichi e moderni del Novecento pistoiese. Opere dalla collezione della Fondazione Cassa di Risparmio

di Pistoia e Pescia, curator Roberto Cadonici, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, 2011.

RINGRAZIAMENTI / ACKNOWLEDGMENTS

Alla Responsabile Museo Antico Palazzo dei Vescovi e Curatrice delle Collezioni Cristina

Tuci, devo la mia più sincera gratitudine per aver facilitato, supportato e sostenuto il mio

lavoro in questo progetto; per la disponibilità non comune dimostratami, il confronto e il

dialogo, condividendo con estrema generosità le proprie preziose competenze in merito

all’argomento. Desidero ringraziare per la gentile disponibilità la Direttrice dei Musei Civici di

Pistoia, Elena Testaferrata e le sue colleghe dell’Unità Operativa, Elisabetta Bucciantini e Lisa

Di Zanni; il responsabile dell’U. O. del Sistema Biblioteche e degli Archivi Comunali, Maria

Stella Rasetti; il personale della Biblioteca Comunale Forteguerriana e in particolar modo

Angela Bargellini, Sonia Bonechi e Simonetta Ferri; il Dirigente Scolastico del Liceo Artistico

Statale “P. Petrocchi”, Elisabetta Pastacaldi; e la Sig.ra Pina Bartolini per la Casa Museo Sigfrido

Bartolini. Un ringraziamento particolare alla Direttrice della Fondazione Marino Marini di

Pistoia, Maria Teresa Tosi, per la paziente collaborazione e i proficui suggerimenti scientifici

nello studio dedicato all’artista; ad Ambra Tuci, Francesco Burchielli e Rebecca Polidori per il

loro supporto nelle ricerche d’archivio. Sono altresì grata ad Anna Agostini per la redazione

delle Biografie degli artisti che arricchiscono, completandolo, questo volume. Devo un caloroso

ringraziamento a Federica e Mario Lucarelli per la grande sollecitudine con la quale sempre

facilitano i miei studi sul Novecento pistoiese; a Paolo Priami e ad Alessandro Corti Lippi per

la loro gentile collaborazione; e a tutti coloro che, a diverso titolo, hanno agevolato questo

lavoro non negandomi tempo e ascolto: Roberto Agnoletti, Andrea Baldinotti, Virginia Bazzechi

G.C., Lucia Focarelli Bugiani, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Maria Angela Maraviglia, Edoardo Salvi,

Francesco Taddei, Maurizio Tuci. Una riconoscenza particolare agli amici e colleghi Ginevra

Ballati, Costanza Ballati, Filomena Cafaro, Iacopo Cassigoli, Simonetta Lupi, Cristina Taddei per

l’amorevole comprensione che mi ha consentito di dedicare tempo e concentrazione allo studio.

In memoria di Katiuscia e Marisa.

I owe a sincere debt of gratitude to Cristina Tuci, Manager of the Antico Palazzo dei Vescovi Museum

and Curator of the Collections, for encouraging, facilitating and supporting my work on this project;

for her tireless patience, her good advice and constructive criticism; for her unstinting generosity in

sharing her talent and expertise in this subject. I would like to thank Elena Testaferrata, Director of

the Musei Civici of Pistoia, for always being so helpful and generous with her time, and her colleagues

at the Unità Operativa, Elisabetta Bucciantini and Lisa Di Zanni. Thank you also to Maria Stella

Rasetti, Manager of the Unità Operativa of the Sistema Biblioteche and the Archivi Comunali; to the

staff of the Biblioteca Comunale Forteguerriana and in particular Angela Bargellini, Sonia Bonechi

and Simonetta Ferri; to the Head of the Liceo Artistico Statale ‘P. Petrocchi’, Elisabetta Pastacaldi;

and to Pina Bartolini of the Casa Museo Sigfrido Bartolini. Special thanks go to Maria Teresa Tosi,

Director of the Fondazione Marino Marini of Pistoia, for her kind help and valuable insights during my

work on the artist; also to Ambra Tuci, Francesco Burchielli and Rebecca Polidori for their help with

archival research. I am grateful to Anna Agostini for writing and editing the artist’s biographies which

enrich this catalogue. I owe warmest thanks to Federica and Mario Lucarelli for the immense support

they have always given me during my work on twentieth-century Pistoian art; to Paolo Priami and to

Alessandro Corti Lippi for their friendship; and to all those who, in different ways, have also assisted

my work, never denying me their time or attention: Roberto Agnoletti, Andrea Baldinotti, Virginia

Bazzechi G.C., Paolo Fabrizio Iacuzzi, Lucia Focarelli Bugiani, Maria Angela Maraviglia, Edoardo Salvi,

Francesco Taddei, and Maurizio Tuci. I must also express special gratitude to friends and colleagues:

Ginevra Ballati, Costanza Ballati, Filomena Cafaro, Iacopo Cassigoli, Simonetta Lupi and Cristina

Taddei for the affectionate forbearance that has enabled me to dedicate both time and attention to

this project.

In memory of Katiuscia and Marisa.

24 25



RITRATTO ALL’ALBA

DEL SECOLO

A PORTRAIT

AT THE TURN

OF THE CENTURY

“Pistoia, medioevale e un po’ ferrigna, arroccata presso

l’Appennino dentro un cerchio di mura sbrecciate, coi

suoi monumenti di architetture intarsiate da geometrie di

marmi bianco-neri, la grinta di animali di pietra sull’alto delle

lesene, le colline e il piano”, mentre “Firenze è sullo sfondo”.

“Pistoia, medieval and a little grey, in the shadow of the

Apennines, within a ring of broken walls, with its architectural

monuments inlaid with black-and-white marble geometries,

the ferocity of stone creatures high above the pilasters, the

hills and the plain”, whilst “Florence is in the background.”

Egle Marini, “Nell’ombra serena,” in Omaggio a Marino Marini

Silvana, Milano, 1974.

26 27



Ritratto all’alba

del secolo

A Portrait at the Turn

of the Century

Galileo Chini’s fine Self-Portrait (1901,

p. 35), of profound psychological introspection,

was acquired by the Cassa di Risparmio

di Pistoia e Pescia (now the Intesa Sanpaolo

Collection) in 1980, just before the inauguration

of the restored Antico Palazzo dei Vescovi

(despite the fact that, in 1901, it had no

link to the Pistoian milieu – Chini’s presence

in Pistoia dates to 1904-1905). Between historical

eclecticism, the stile floreale and stirrings

of Symbolism, it was already a response

to the stimuli of modernity, the same which

would soon lead to the formation, even if on

different premises, of Pistoia’s Famiglia Artistica

(1912), an association of progressive

young lights in the cultural field, who opposed

the passatisimo of the academy.

The beginning of this story of the generations

of artists in Pistoia in the first half of the

twentieth century takes place in the politics

and culture surrounding the construction of

the palace of the Cassa di Risparmio (Savings

Bank). At the dawn of the last century,

the Cassa di Risparmio di Pistoia was at the

centre of a widespread cultural dispute. The

construction of this imposing building, still

today in Via Roma, split the city into opposing

factions, between those who supported

modernity by advocating demolition, and

those who instead fought for the safeguarding

of Pistoia’s ancient heritage (see chelucci

1998, 2005-2006).

In 1897, at the end of a long enquiry into the

most suitable site for the headquarters of

the city’s first banking institution, founded

Inaugurazione del Palazzo Azzolini,

sede della Cassa di Risparmio, 1905

Inauguration of Palazzo Azzolini,

Headquarters of the Cassa di

Risparmio of Pistoia, 1905

Il bell’Autoritratto (1901, p. 35) di grande introspezione

psicologica, realizzato da Galileo

Chini, acquisito dalla Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia (ora Collezione Intesa Sanpaolo),

nel 1980 proprio in prossimità dell’inaugurazione

del restaurato Antico Palazzo dei

Vescovi, pur non essendo direttamente legato

al contesto pistoiese (la presenza di Chini

a Pistoia si data al 1904/1905) – introduce al

clima culturale cittadino dove tra eclettismo

storicistico, gusto floreale e afflati simbolisti

si faceva già avanti uno stimolo di modernità

di cui di lì a poco sarebbe stato riflesso, seppur

su posizioni diverse, anche la nascita di

una Famiglia artistica (1912) volta a raggruppare

le giovani forze progressiste dell’arte in

rotta con il passatismo accademico.

L’incipit del nostro racconto sulle generazioni

artistiche del Novecento a Pistoia si cala nel

contesto politico e culturale che vide la costruzione

del palazzo della Cassa di Risparmio

di Pistoia. Infatti, all’inizio del secolo la

Cassa di Risparmio di Pistoia è certamente

al centro di un dibattito culturale di ampia

portata. L’edificazione della sede bancaria,

oggi in via Roma, divise la città in opposti

schieramenti, tra chi sosteneva una modernità

propugnata a suon di distruzione, e chi

invece si fece fautore di un atteggiamento

di salvaguardia delle antichità cittadine (cfr.

chelucci 1998, 2005-2006).

Nel 1897 alla fine di una lunga disamina circa

il luogo più idoneo dove costruire la sede del

primo ente bancario cittadino, fondato nel

1831, si dava inizio alla fabbrica suddetta radendo

al suolo un intero quartiere medievale

della città, quello di San Matteo. Nelle fotografie

dell’epoca che ritraggono la cerimonia

d’inaugurazione nel 1905, si intravede chiaramente

ancora una parte del blocco da demolire

che, di lì a poco, fu in parte occupato dalla

Loggia dei Mercanti di Raffaello Brizzi (1913),

altro bersaglio della contestazione cittadina.

Il progetto vincitore del concorso per un “palazzo

nuovo di stile antico” fu quello dell’architetto

emiliano Tito Azzolini legato al pittore

Achille Casanova e ad Alfonso Rubbiani,

fondatore della Società Aemilia Ars. Esso s’ispira

– come richiesto dal concorso – all’architettura

fiorentina del tardo Rinascimento

e si configura come un preziosissimo scrigno

di ornati di gusto storicistico/eclettico. Nella

sua totalità svolge una complessa narrazione

allegorica incentrata sull’iconografia del

risparmio dovuto al lavoro e all’industriosità

dell’uomo. Non estraneo al programma, c’è

un intento didascalico di sfumatura massonica.

Sulla facciata, tra grifi di pietra e festoni,

in 1831, construction was begun by first razing

to the ground an entire medieval quarter

of the city, that of San Matteo. Period

photographs of the inaugural ceremony in

1905 show clearly a part of the lot still to be

demolished, soon to be occupied in part by

Raffaello Brizzi’s Loggia dei Mercanti (1913),

another target of the townspeople’s protests.

The winning project for a “new palazzo in an

old style” was that of the Emilian architect

Tito Azzolini, who was close to the painter

Achille Casanova and to Alfonso Rubbiani,

founder of the Società Aemilia Ars. As required

by the competition, it was inspired by

late-Renaissance Florentine architecture and

designed to be highly ornate in an historicisteclectic

manner. As a whole, it presents a

complex allegorical narrative centered on

the iconography of the savings that derive

from man’s labour and industry. The decorative

scheme even included some veiled

allusions to Freemasonry. On the façade, set

between stone griffins and festoons, were

28 29



campeggiano dischi in terracotta invetriata

d’illustri economisti della manifattura Cantagalli;

al primo piano, erano grandi medaglioni

in ceramica realizzati da Augusto Rivalta con

allegorie di Arti e Mestieri e le principali attività

umane del Progresso (ora perduti). Alla

sommità, si trovavano affreschi (ora perduti)

eseguiti da Achille Casanova con allegorie

della Previdenza, della Prosperità, del Lavoro

e della Beneficienza, tra composizioni che alludevano

alle produzioni agricole del territorio

e al ceto dei ricchi proprietari terrieri a cui

appartenevano i soci della Cassa.

Tra le maestranze coinvolte, collaborarono

al cantiere anche alcune eccellenze cittadine

come le falegnamerie Chiti e Natali, le officine

del ferro Michelucci e Pacini, e anche la

fonderia Lippi, all’apice della fama nel settore

delle fusioni artistiche del bronzo (cfr. chelucci

1998 e 2005-2006, ottanelli 1999).

In questo contesto, nel 1904, si colloca l’operato

di Galileo Chini, chiamato a decorare

alcuni dei più rappresentativi ambienti dell’edificio:

il vestibolo e la galleria di entrata, lo

scalone di accesso al primo piano e la relativa

volta, gli ottagoni e la sala delle assemblee.

La sua raffinata composizione si protende

senza soluzione di continuità con un’alternanza

di motivi decorativi funzionali all’iconografia

del risparmio, come quello del melograno

o dell’ape, e di scene figurative. Una

grande sapienza orchestra le cromie, che

spaziano dal verde veronese al blu oltremare,

al rosso pompeiano con punteggiature d’oro.

È evidente la complessa temperie di rimandi

artistici in cui affiorano temi della cultura

storicistica ed eclettica con omaggi alla tradizione

pittorica ottocentesca toscana. Su

questi s’innestano vari elementi: stilemi neorinascimentali

che traspaiono sia nei motivi

decorativi sia in vere e proprie citazioni michelangiolesche;

aperture a soluzioni pittoriche

riferibili all’Art Noveau internazionale;

placed glazed terracotta roundels, made by

the Cantagalli factory, with portraits of illustrious

economists. Large ceramic medallions

on the first floor were designed by Augusto

Rivalta, with allegories of Arts and Crafts

and of the main human activities of Progress.

At the top, Casanova’s (now lost) frescoes

bore allegories of Social Welfare, Prosperity,

Work, and Charity, set between compositions

alluding to local agricultural produce

and to the class of rich landowners to which

the partners of the bank belonged.

Some of the city’s best craftsmen were engaged,

including the carpenters Chiti and

Natali, the Michelucci and Pacini ironworks,

as well as the Lippi foundry, then at the

height of its fame in the bronze-casting sector

(see chelucci 1998 and 2005-2006, ottanelli

1999).

This was the context, in 1904, for Chini’s

intervention when he was commissioned to

decorate some of the building’s most representative

spaces: the vestibule and the entrance

gallery, the staircase leading to the

first floor and its vault, the octagons, and

the assembly hall. Its sophisticated composition

extends seamlessly through the spaces

and over the surfaces, alternating decorative

motifs functional to its iconography of

savings, such as a pomegranate or a bee,

with figurative scenes. The colours, ranging

from Veronese green to ultramarine blue

and Pompeian red with flashes of gold, were

orchestrated with great skill. The complex

web of references brings together historicist

and eclectic cultural themes with homages

to the nineteenth-century Tuscan pictorial

tradition. Among the various elements

grafted to these were: neo-Renaissance stylistic

formulas, in both the decorative motifs

and actual quotations from Michelangelo;

the adoption of pictorial solutions derived

from international Art Nouveau; linear pat-

GALILEO CHINI

Allegoria dell’Abbondanza, 1904, particolare,

Palazzo Azzolini, Intesa Sanpaolo

Allegory of Abundance, 1904, detail,

Palazzo Azzolini, Intesa Sanpaolo

grafismi Liberty; una materia filamentosa

che tanto ricorda un certo divisionismo alla

Previati. Altrove, tra teorie di putti dai fluidi

panneggi, in piccole porzioni di pittura, magari

ricavate nei triangoli della cornice del

Barometro e dell’Orologio, o nelle figure di

Fortezza e Abbondanza nell’atrio d’entrata,

già sembra di scorgere, accenti di Secessionismo:

brani di pittura che forse poterono

incuriosire il sedicenne Andrea Lippi, figlio di

Pietro nelle cui fonderie si fuse il candelabro

dello scultore Romagnoli ai piedi dello scalone

decorato da Chini (tuci 2005). È indubbio

che, in questa prima prova da freschista,

Galileo Chini si trovi in diretto dialogo con le

istanze culturali in campo: vi traspare, tutto

sommato, quell’ansia di moderno che in Italia

non fu esclusivo appannaggio dei movimenti

di avanguardia, ma che agiva dall’interno dei

linguaggi più tradizionali, forzandone contenuti

e modi (cfr. benzi 2002, p. 31). Significativamente

nella relazione del Cav. Girolamo

de’ Rossi la presenza di Galileo Chini è annoverata

come la più moderna e anticonformista

tra quelle coinvolte. Ma, parallelamente,

terns in the Liberty style; and a technique of

threadlike brush strokes evocative of Andrea

Previati’s Divisionism. Elsewhere, in processions

of putti with flowing drapery, in small

painted sections located for example in the

triangles of the frame of the Barometer

and the Clock, or in the figures of Fortitude

and Abundance in the entrance hall, there

seems to be a flavour of Secessionism: passages

that may have intrigued the sixteenyear-old

Andrea Lippi, son of Pietro whose

foundry forged the candelabra by the sculptor

Giuseppe Romagnoli at the foot of the

staircase decorated by Chini (tuci 2005).

There can be no doubt that Chini, in this his

first confrontation with mural painting, was

coping with the whole repertoire of styles of

the time, and through it one senses the subtle

expression of an anxiety for the modern,

which in Italy was not the exclusive preserve

of the avant-garde, but was obliged also to

take into account more traditional languages,

shaping content and modes (benzi 2002,

p.31).

Significantly, in a report by Cav. Girolamo

30 31



anche i linguaggi più moderni delle architetture

dell’Emporio Duilio di Lavarini o del

Cinema Eden, di poco successivi, non rispecchiavano

l’idea di novità che secondo alcuni,

invece, doveva rispettare il carattere antico

e medievale della città. Le contestazioni alla

costruzione della Cassa di Risparmio da parte

degli intelletuali; le opposizioni di Alessandro

Chiappelli al fregio policromo di Casanova

in facciata (1902); le ripetute prese

di posizione di Alfredo Melani che appellava

dispregiativamente il palazzo col termine di

‘piattaia’ (1904); e a distanza di tempo, lo

schieramento dei giovani artisti come Fabio

Casanova, Francesco Chiappelli e Lorenzo

Guazzini contro l’immobilismo istituzionale

che influenzava le sorti delle committenze

pubbliche a tutto discapito di artisti locali

(1913), possono considerarsi tutti segnali di

un “disagio culturale” di cui si possono seguire

le vicende sui fogli a stampa del tempo.

Ne conseguì una spinta di aggregazione da

parte di intellettuali e artisti nell’intento della

riaffermazione di una autonomia culturale

cittadina (sisi 1980, pp. 129-130; salvi 2007,

GALILEO CHINI

Particolare della decorazione dell’Orologio,

1904, atrio, Palazzo Azzolini,

Intesa Sanpaolo

Detail of the decoration of the Clock,

1904, atrium, Palazzo Azzolini,

Intesa Sanpaolo

de’ Rossi, Chini was considered the most

modern and nonconformist of all those involved.

However, at the same time, even the

most modern architectural languages of the

slightly later Emporio Duilio by Lavarini or

the Cinema Eden did not reflect another concept

of innovation that, according to some,

should respect the city’s ancient and medieval

character. Among the intellectuals protesting

against the Cassa di Risparmio palace

were Alessandro Chiappelli, who dislked

Casanova’s polychrome frieze on the façade

(1902), Alfredo Melani who took repeated

stands against the palace, derogatorily calling

it the “dish rack” (1904), and, somewhat

later, a front of young artists such as Fabio

Casanova, Francesco Chiappelli, and Lorenzo

Guazzini who opposed the institutional immobility

that influenced public commissions,

by-passing local artists (1913). All these can

be seen as signs of a ‘cultural malaise’, which

can be traced in the newsprint of the time.

Intellectuals and artists were united in the

effort to establish the city’s cultural autonomy

(sisi 1980, pp. 129-130; salvi 2007, pp.

pp. 99-103; chelucci 2005-2006, pp. 13-16).

Così nel 1912 si formò una società di cultori

d’arte che, dall’idea di una fratellanza d’intenti,

si chiamò appunto Famiglia artistica: oltre

al presidente onorario Alessandro Chiappelli,

il ruolo centrale fu di Renato Fondi, poeta, critico

e conoscitore d’arte, del giovane futuro

architetto Giovanni Michelucci e del poeta

Nello Innocenti. Vi furono poi il musicista

Adelmo Damerini, il pittore Ugo Casanova,

lo scultore Alfredo Pasquali, l’architetto Rodrigo

Gaetani.

La famiglia artistica si proponeva non solo

di esprimere una voce di dissenso su fatti e

scelte culturali cittadine, ma anche di promuovere

eventi artistici destinati ad accogliere

“lavori di ogni genere, di ogni scuola

[…] magari fino all’arte futurista e cubista se

chi ha la strana idea di seguirle dimostrerà

di avere ingegno” (La formazione di una famiglia

artistica a Pistoia 1912). L’uso di quel

‘magari’ rende bene l’idea della sponda di

opposizione culturale su cui si poneva il manipolo

dei giovani in questione.

In questa mescolanza di vecchio e nuovo

che contraddistinse il contesto culturale

cittadino, e in una città che già stava avvertendo

i primi fermenti di un cambiamento,

l’Autoritratto di Chini, denso di aperture

introspettive di natura simbolica, trova un

controcanto nel Ritratto d’uomo (p. 37) di

Francesco Chiappelli (Fondazione Caript)

che, datato 1910, si pone come primo dipinto

“moderno” della città di Pistoia (salvi

2015b, p. 142). A questo, finora considerato

opera unica di un sorprendente ventenne, si

avvicina un altro Ritratto dello stesso autore,

in collezione privata (p. 39): le analogie tra i

due dipinti ci lasciano immaginare la possibilità

di una ‘serie’ e permettono di avanzare

l’ipotesi di una committenza cittadina, forse,

finalmente, aperta ai giovani artisti (vedi

anche G.V. 1941).

99-103; chelucci 2005-2006, pp. 13-16).

The outcome was a society of cultural amateurs

that was formed in 1912 and which,

according to a notion of a brotherhood of

intent, called itself the Famiglia Artistica. In

addition to its honorary president Alessandro

Chiappelli, central roles were played by

Renato Fondi, poet, critic and connoisseur of

art, by the young, future architect Giovanni

Michelucci, by the poet Nello Innocenti, as

well as the musician Adelmo Damerini, the

painter Ugo Casanova, the sculptor Alfredo

Pasquali, and the architect Rodrigo Gaetani.

The Famiglia Artistica was to be not just a

voice of dissent concerning the city’s cultural

affairs and choices, but also to be the

promoter of art events to accommodate

“works of every kind, of every school [...]

possibly even Futurist and Cubist if someone

with the strange idea of following them can

demonstrate talent” (La formazione di una

famiglia artistica a Pistoia 1912). The insertion

of ‘possibly’ makes clear the posture of

cultural activism adopted by this handful of

young men.

In this mixture of the old and the new that

characterized Pistoia’s culture at the time,

a culture already sensing the excitement of

change, Chini’s Self-Portrait, dense with

psychological insights of a Symbolist kind,

has a counterpoint in Francesco Chiappelli’s

Portrait of a Man (p. 37), which, dated 1910,

may be seen as the first ‘modern’ painting of

the city of Pistoia (salvi 2015b, p. 142). To

this portrait, till now considered a unique

exercise by the surprising twenty-year-old

Chiappelli, we may now add another, comparable

painting, by Chiappelli, in a private

collection (p. 39). The similarities between

the two allow both the possibility of a ‘series’

and the hypothesis of a group of city patrons

who were perhaps, at last, open to young

artists (see also G.V. 1941).

32 33



GALILEO CHINI

(Firenze 1873 – 1956)

Autoritratto | Self-Portrait, 1901

Olio su tela | oil on canvas, cm 100 x 100

In basso a destra | bottom right: “G. Chini 1901”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 14974

Acquisizione | acquired 1980

Quest’opera di Galileo Chini fa parte di un gruppo di cinque dipinti che l’artista espose in

una sala personale all’Esposizione d’Arte - Secessione giovani artisti toscani e stranieri,

organizzata nel 1904 insieme a Giovanni Papini e Ludovico Tommasi a Palazzo Corsini

a Firenze: Gli Uguali (1904), Le Frodi (1904), La Sfinge (1904), La Quiete (1901), Autoritratto

(1901). La mostra si proponeva di portare a conoscenza del pubblico i più avanzati

risultati della pittura europea contemporanea di contro agli insegnamenti accademici.

Il quadro fu commentato da Nello Tarchiani (tarchiani 1904; cfr. cagianelli 1998) e

letto come una sorta di finestra aperta in cui il ritratto si staglia “pel cielo e pel mare

aperto”, mentre la tela che di lato si para davanti all’artista, veniva paragonata a uno

sprone di rupe che si protende nell’acqua. L’impianto dell’opera, vero e proprio ritratto

en plain air, rende evidente il clima di adesione alla corrente del Simbolismo europeo,

in cui il paesaggio diviene trasposizione dello stato d’animo dell’artista (giubilei 2011,

pp. 235-236): l’animo del pittore che guarda verso lo spettatore attraverso il diaframma

della tela, sembra trovare nel cielo, solcato di nubi e appena attraversato da un volo di

uccelli, un’eco profonda come di vastità inesplorate.

This is one of a group of five paintings that Chini exhibited in a solo gallery at the Secessionist-Art

Exposition for young Tuscan and foreign artists, organized in 1904 together with Giovanni Papini

and Ludovico Tommasi in Palazzo Corsini, Florence. The other paintings were The Equals (1904),

The Frauds (1904), The Sphinx (1904), and Stillness (1901). The exhibition set out to familiarize

the public with the most advanced contemporary European painting as opposed to the academic

tradition. Nello Tarchiani’s comments on this painting (tarchiani 1904, see cagianelli 1998) interpret

it as an open window in which the artist stands out “against the sky and the open sea”,

while, to the side, the canvas facing the artist doubles as a cliff spur jutting into the water. A true

portrait en plein air, the work betrays the influence of European Symbolism, in which the landscape

transmits the artist’s mood (giubilei 2011, pp. 235-236). Turning to the observer through the diaphragm

of the canvas, the painter’s soul seems to find, in the cloud-furrowed sky traversed by a

flock of low-flying birds, a profound reverberation, as though of an unexplored vastness.

34 35



FRANCESCO CHIAPPELLI

(Pistoia 1890 – Firenze 1947)

Ritratto d’uomo | Portrait of a Man, 1910

Olio su tela | oil on canvas, cm 150 x 75

In basso a destra | bottom right: “F. Chiappelli 1910”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1229

Acquisizione | acquired 2012

I due “ritratti d’uomo”, esposti in questa occasione, eseguiti entrambi nel 1910, si pongono quali

importanti addenda all’esiguo catalogo dei dipinti conosciuti di Francesco Chiappelli che, a questa

data, era appena ventenne, non ancora licenziato dall’Accademia di Belle arti di Firenze (1913) e con

una prima formazione pittorica nello studio di Raffaello Sorbi. In questo dipinto il gentiluomo è colto

con quel disinvolto compiacimento che sembra ostentare l’appartenenza alla propria elevata classe

sociale. L’iconografia del dandy a cui si può ricondurre il soggetto, trova, nel clima della tarda belle

epoque, tra Boldini e Tolouse-Lautrec (di cui il giovane vide forse opere in una mostra fiorentina)

due parametri temporali e culturali ben precisi, oltre a mostrare parallelismi anche con ricerche di

illustratori francesi (salvi 2015b, p. 142). La posa non ordinaria del soggetto, con il corpo ruotato

e il volto di tre quarti che si offre come in atteggiamento di sfida, il braccio appoggiato al fianco

che sembra sottintendere il movimento appena avvenuto: tutto conferisce alla composizione uno

spiccato senso dinamico, mentre lo sguardo, leggermente velato di strabismo, contribuisce a marcare

l’originalità del dipinto. Sebbene rimanga complesso circostanziare questo lavoro all’interno

del corpus pittorico di Chiappelli, che negli anni Venti avrebbe prodotto opere di diversa e raffinata

inclinazione poetica, il recente ritrovamento di un dipinto di analoga impostazione in collezione

privata (p. 39) fa ipotizzare che anche questa prova possa essere riferita non tanto a un esercizio

estemporaneo, ma piuttosto a un proposito di più estesa ambizione.

The two male portraits shown here, both painted in 1910, are important addenda to the small catalogue

of Francesco Chiappelli’s known paintings. Just twenty years old at the time, he was still a student at the

Accademia di Belle Arti in Florence (through 1913), following a period in the studio of Raffaello Sorbi. This

painting has captured the casual nonchalance of a man who appears to be vaunting his elevated social

class. The iconography of the dandy, to which this portrait belongs, in the climate of the late belle époque,

has two specific temporal and cultural parameters, Boldini and Toulouse-Lautrec (whose works the young

Chiappelli may have seen exhibited in Florence), in addition to parallels among French illustrators (salvi

2015b, p. 142). The turn of the torso, the three-quarter view of the face, the subject’s unusual pose and

defiant aura, with the arm propped on his side implying the just completed movement, all work to give

the composition a dynamic quality, while the eyes, veiled slightly by a squint, contribute to the painting’s

originality. Although it is difficult to place this work in the corpus of paintings by Chiappelli, who went on

in the 1920s to produce work of a quite different, refined poetic inclination, the recent discovery of a similar

painting in a private collection (p. 39) suggests that this may be not so much a spontaneous and isolated

incident as representative of a more conscious phase in his work.

36 37



FRANCESCO CHIAPPELLI

(Pistoia 1890 – Firenze 1947)

Ritratto di gentiluomo | Portrait of a gentleman, 1910

Olio su tela | oil on canvas, cm 150 x 86

In basso a destra | bottom right “F. Chiappelli 1910”

Taberna Libraria di Federica Lucarelli

In questo secondo dipinto, l’uomo ritratto, che differisce dal precedente per l’evidente

diversa età anagrafica, si offre quasi con sorpresa al pennello che lo ritrae, accennando

un sorriso: sul candido sparato, che lo rende impettito, si staglia una piccola medaglia,

evidente simbolo di uno status sociale identificativo, per noi adesso di difficile lettura.

La mano mostra un anello con brillante. Tra i due dipinti (cfr. p. 37) si riscontrano analogie

di misura e d’impostazione formale, oltre a presentare un’identità di data e di firma:

identica nella grafia ma leggermente più incerta e tracciata con colore diverso. Prende

corpo l’idea che Chappelli, qui, possa essersi misurato con una sorta di galleria di ritratti

di notabili concittadini, tanto coraggiosi da sfidare il pennello di un giovane artista che,

con le proprie ardite scelte, rischiava di tradire le aspettative di una committenza forse

‘refrattaria’ alla modernità (si veda anche salvi 2015b). Le identità dei due signori, di cui

non si può nemmeno escludere una reciproca parentela, sono probabilmente da ricercare

nella cerchia delle conoscenze dei Chiappelli, famiglia assai in vista per il proprio

impegno nella salvaguardia della storia patria e della cultura cittadina.

In this second painting, the sitter differs from the previous one in his evident age difference. With the

hint of a smile, he presents himself, almost startled, to the artist who paints him. On the starched,

white shirtfront, that gives him a stiff appearance, is a small medallion, now difficult to decipher

but a clear symbol of social status. On his hand is a diamond ring. The parallels between the two

paintings (see p. 37) include their similar sizes and formal postures, as well as corresponding dates

and signatures, with an identical but slightly more tentative hand and a difference in palette. It is

as if Chiappelli was engaged in a sort of portrait gallery of local notables, challenging the brush of

a young artist who, with his daring choices, risked betraying the expectations of a clientele perhaps

hostile to modernity (see also salvi 2015b). The identities of the two gentlemen, who may have

been related, are probably to be found within the circle of the Chiappelli family, which was prominent

in its commitment to the city’s history and culture.

38 39



IL BIANCO E NERO

E LA VOCAZIONE

AL SEGNO

THE BLACK AND WHITE PRINTS

AND THE ART

OF THE MARK

40 41



Il Bianco e Nero

e la vocazione al segno

The Black and White Prints

and the Art of the Mark

Attorno al primo decennio del Novecento si

sviluppa a Pistoia una speciale inclinazione

verso il segno inciso, la xilografia e il disegno,

che interessa anche molti degli artisti delle generazioni

successive. È indubbio che tale interesse

sia stato favorito dall’attenzione che i

fogli a stampa stavano riservando all’illustrazione

artistica, e dalle iniziative che, in quel

decennio, in Italia, erano volte alla valorizzazione

della grafica come opera d’arte autonoma

(campana 2014, cfr. bardazzi 2013). A Pistoia

c’erano occhi per vedere e aggiornarsi, e

dunque non stupisce che le nuove generazioni

aspirassero a portare in città quel po’ della

modernità che si respirava appena fuori dalle

mura, ancora pressoché chiuse da porte e cortine.

Pertanto, come avviene in altre città, il

germe del nuovo s’insinua proprio tra le pagine

di riviste e fogli a stampa (cfr. salvi 2007):

le frequenti incursioni ‘a’ e ‘da’ Firenze saranno

servite come cartina di tornasole per un cambiamento

che anche a Pistoia si auspicava e

andava favorito con ogni mezzo. In linea con

quanto accadeva o stava per accadere in Italia

e a Firenze, per merito della Famiglia artistica,

vide la luce nel 1913 a Pistoia la Prima Mostra

di Bianco e Nero (cfr. bardazzi 1998). Sulla

scia dell’interesse crescente in ambito internazionale

per l’incisione e la grafica, l’evento si

collocava nel vivo del dibattito culturale contemporaneo

e mostra una coincidenza d’interessi

tra i componenti della Famiglia artistica e

quelli della rivista pistoiese “La Tempra”, di un

anno più giovane. Alla genesi dell’esposizione

dovette evidentemente collaborare Giovanni

Around the first decade of the twentieth century,

there developed in Pistoia a special fascination,

which also touched artists of subsequent

generations, for the engraved mark,

the woodcut and the drawing. There can be

no doubt that this vogue was prompted by

the willlingness of periodicals to illustrate

art, and by a series of exhibitions in Italy,

in the first decade, that sought to establish

the aesthetic autonomy of the print (campana

2014, see bardazzi 2013). In Pistoia,

there were eyes for seeing and eyes for being

up to date, and so it is no surprise that

the new generations aspired to import to the

city a whiff of the modernity that they sensed

not far from the city walls, whose gates and

barricades were still metaphorically closed.

Therefore, as in other cities, the germ of the

new infiltrated the pages of magazines and

broadsheets (see salvi 2007): frequent forays

to and from Florence served as a litmus

test for change, to which Pistoia aspired in

any way possible.

In line with what was happening, or was about

to happen, in Italy and Florence, and thanks to

the Famiglia Artistica, the 1st Bianco e Nero

(print) exhibition took place in Pistoia in 1913

(see bardazzi 1998). In the wake of growing

interest internationally in engraving and printmaking,

this event was central to contemporary

cultural debate, and revealed a convergence

of interest between the members of the

Famiglia Artistica and Pistoia’s review La Tempra,

founded the previous year. Giovanni

Costetti, who had a studio in Pistoia even be-

FRANCESCO

CHIAPPELLI

Pistoia, 1913,

acquaforte

etching

Taberna Libraria

di Federica

Lucarelli

Costetti che a Pistoia aveva un suo studio già

prima del 1913, e che, vicino alla Famiglia artistica,

di lì a poco avrebbe stretto una collaborazione

con “La Tempra”, diretta dall’amico

Renato Fondi tra il 1914 e il 1917. Il ruolo determinante

della rivista nel contesto culturale

cittadino di questo decennio è indubbio tanto

quanto la centralità della carismatica personalità

di Costetti che con i suoi contatti, insieme

a Fondi, contribuì all’apertura agli ambienti

fiorentini e così al respiro nazionale della

testata. La rivista si richiamava alla carica sovversiva

di “Lacerba” di Giovanni Papini e Ardengo

Soffici, pur non sposandone l’ottica futurista

e ospitò le firme di Giuseppe Prezzolini,

Bino Binazzi, Dino Campana, Arrigo Levasti

che ne fu redattore dal 1917 al 1920. Sull’esempio

anche di “Leonardo”, pubblicava poi

xilografie originali come tavole fuori testo (cadonici

2000). Dopo la pausa bellica e la partenza

di Fondi per Roma nel 1917, sarà proprio

fore 1913, who was close to the Famiglia Artistica,

and who was soon to collaborate with La

Tempra (whose editor from 1914 to 1917 was

his friend Renato Fondi), was evidently involved

in the genesis of this exhibition. The magazine’s

decisive role in Pistoia’s culture in this decade

was undoubtedly as much due to the central

position of the charismatic personality of

Costetti who, with his contacts and those of

Fondi, opened the doors to Florentine circles

and hence to a nationwide awareness of the

review. The magazine shared the subversive

tone of Giovanni Papini and Ardengo Soffici’s

Lacerba, even though steering clear of its Futurist

perspective, and published articles by Giuseppe

Prezzolini, Bino Binazzi, Dino Campana,

and Arrigo Levasti, who was to be editor

from 1917 to 1920. On the model of Leonardo,

it also published original woodcuts as plates

separate from the text (cadonici 2000). After

the interlude of the war and after Fondi’s depar-

42 43



e nuovamente Costetti a esercitare una grande

influenza, sulle generazioni attive nel decennio

successivo. Rilevante è la presenza di

Costetti alla Prima Mostra di Bianco e Nero

con ben ventuno lavori. A lui fu anche affidato

il discorso inaugurale in cui ribadiva come il

‘bianco e nero’, fosse “l’espressione d’arte più

immediata, più sincera, più spiritualmente

schietta e sintetica […] in quanto col segno si

possono raggiungere i valori pittorici: forma,

carattere” (L’inaugurazione della Prima Mostra

di “Bianco e Nero” 1913, cit. in morozzi 2007, p.

39). C’è da giurare che dello stesso avviso fosse

anche Giovanni Michelucci, data la sua

grande amicizia con Fondi, poi rinsaldata a

Roma dove i due si ritrovarono dopo il 1925:

l’amore e la vocazione al disegno accompagnò

l’architetto per tutta la vita, fino al punto da

indicare in questo una sorta di ‘strada mancata’

(bartolini 1978, p. 167). Per tornare al

Bianco e Nero: l’evento si configurò di carattere

nazionale per la presenza delle più importanti

tendenze grafiche contemporanee anche

se il pubblico si rivelò, come si evince dalle

parole dello stesso Fondi, “non completamente

preparato e quindi non ben disposto” (fondi

1913, cit. in Il cerchio magico 2002, p. 67).

L’esposizione proponeva opere di artisti gravitanti

attorno all’Accademia di Firenze e ai due

personaggi di spicco che erano Celestino Celestini,

direttore della Scuola d’incisione dal

1912, e Adolfo De Carolis: esponenti di due

humus culturali ben distinti, se non opposti.

Tra gli allievi del primo c’erano Ottone Rosai,

Betto Lotti e Francesco Chiappelli, mentre tra i

vecchi e nuovi discepoli dell’altro Gino Barbieri

e Ferruccio Pasqui. Tra gli altri espositori, figuravano

Luigi Gigiotti Zanini, di lì a poco militante

nelle fronde del Futurismo della rivista

“Lacerba”, il fratello di Giovanni Costetti, Romeo,

con venticinque lavori in tecniche che

spaziano dall’incisione al disegno al monotipo,

e infine Emilio Notte, trasferitosi in quegli anni

ture for Rome in 1917, it was again Costetti who

exerted a major influence over the generation

active in the following decade. Costetti’s presence

at the 1st Bianco e Nero exhibition, with

twenty-one works, was conspicuous. He was

entrusted with the inaugural speech, in which

he stressed how ‘black and white’ was “the

most immediate, most honest, most spiritually

forthright, most concise [sintetico] expression

of art [...] because with the mark one can attain

the pictorial values: form, character”

(“L’inaugurazione della Prima Mostra di ‘Bianco

e Nero’ 1913”, cited in morozzi 2007, p. 39).

Giovanni Michelucci was certainly of the same

opinion, given his friendship with Fondi,

strengthened in Rome where they met again

after 1925. The architect’s passion and talent

for drawing accompanied him all his life, to the

extent that it was almost a “path not pursued”

(bartolini 1978, p. 167). Returning to the Bianco

e Nero exhibition, the presence of the major

contemporary trends in printmaking gave it

the character of a national event, even though,

as Fondi pointed out, the public was “not fully

prepared and thus not well disposed” (fondi

1913, cited in Il cerchio magico 2002, p. 67).

The exhibition presented works by artists gravitating

around Florence’s Accademia and

around two prominent figures, Celestino Celestini,

director of the Scuola d’incisione (School of

Engraving) from 1912, and Adolfo De Carolis:

exponents of two distinct, or even opposite cultural

environments. Ottone Rosai, Betto Lotti,

and Francesco Chiappelli were among the students

of the former; whereas the latter’s old and

new followers included Gino Barbieri and Ferruccio

Pasqui. Other exhibitors were Luigi Gigiotti

Zanini, shortly to be militant in the Futurist

persuasion of Lacerba, Costetti’s brother

Romeo, whose twenty-five works ranged from

engraving to drawing and monotype, and finally

Emilio Notte, who moved between Florence

and Prato during those years. There were

tra Firenze e Prato. Due soltanto i pistoiesi:

Francesco Chiappelli e il diciannovenne Alberto

Caligiani con due studi di testa. Chiappelli

espose due disegni e alcune incisioni: La tartana,

Stazione ferroviaria, Ponte di ferro, Il cantiere,

Il torracchione, Cipressi e Pistoia. Grandi lavori

in cui il giovane mostra di ben coniugare gli

insegnamenti di Celestini con la lezione più

scenografica e onirica di Frank Brangwyn. La

sua partecipazione alla mostra è qui evocata

dalla bella incisione La tartana (Collezione privata,

p. 51). In questa temperie culturale, proprio

nello stesso anno della Mostra di Bianco e

Nero, e forse proprio prendendo le mosse da

questo evento, si collocano gli esordi alla xilografia

di Michelucci e, di lì a poco, di Caligiani.

Assai lacunosa ma recentemente rivalutata (Il

cerchio magico 2002, pp. 96-97; salvi 1913, pp.

53-54, 69; bartolini 1978), l’attività di Michelucci

xilografo è tuttavia degna di nota e ha

valore all’interno di un’ottica di ricerca di un

autonomo linguaggio artistico: significativa fu

GIULIO INNOCENTI

Visione d’interno, 1916, china su cartoncino

View of an Interior, 1916, India ink on paper

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 302/17

only two exhibitors from Pistoia: Francesco Chiappelli

and the nineteen-year-old Alberto Caligiani,

with two studies of heads. Chiappelli exhibited

two drawings and eight engravings:

The Tartana, Railway Station, Iron Bridge,

The Factory, The ‘Torracchione’ [Tower], Cypresses,

and Pistoia. In these great works, the

young Chiappelli showed that he had skillfully

combined Celestini’s teachings with the lesson

of the more theatrical and visionary Frank

Brangwyn. His participation in the exhibition is

documented here by the superb The Tartana

(private collection, p. 51). This then was the cultural

climate in which Michelucci’s and, soon

after, Caligiani’s earliest woodcuts were created,

in the same year as the Bianco e Nero exhibition

and perhaps even taking their cue from

this event. Michelucci’s recently re-evaluated

production of woodcuts (Il cerchio magico

2002, pp. 96-97; salvi 1913, pp. 53-54, 69;

bartolini 1978), though sporadic, is nonetheless

noteworthy and valuable within a dis-

44 45



ALBERTO CALIGIANI

Visioni di Montagnana,

xilografia, pubblicata

in “L’Eroica” a. V, ff.

I-II-III, 1915

Visions of Montagnana,

woodcut, published in

L’Eroica, year V, ff.

I-II-III, 1915

Taberna Libraria di

Federica Lucarelli

porti di stima con quest’ultimo, Caligiani

venne incluso, con le sue Visioni di Montagnana,

nel triplo numero del 1915, dedicato agli

xilografi italiani più moderni in rotta con De

Carolis (missive contenute nel Fondo Caligiani,

Archivio Valiani, Fondazione Caript, cfr.

salvi 2013, pp. 54-56). Documentata in questo

contesto anche l’amicizia con Lorenzo Viani

e Emilio Notte. Il pittore pugliese, in quegli

anni legato anche a Andrea Lippi, fu autore di

lavori come Vecchi, che costituirono un esempio

importante per alcuni grandi cartoni disegnati

tra il 1914 e il 1915 dal giovane ‘allievo’

Mario Nannini, non ancora futurista. Per quanto

riguarda l’esempio di Viani, nel 1914 già xilografo,

è chiara una certa comunanza poetica

con Caligiani, legittimata alla luce dell’amicizia

che li legava: insieme esporranno alla III

Secessione Romana nella “Sala dell’Eroica”. Il

viareggino non era certo estraneo a Pistoia:

una profonda amicizia lo legava ad Lippi, a sua

volta amico di Lega. Il giovane scultore pistoiese

conservava di entrambi una xilografia. Tra

le conoscenze pistoiesi di Viani si collocava

anche il disegnatore caricaturista Luigi Mazzei:

furono insieme, qualche anno dopo, in alcune

uscite della rivista “Il Giornalissimo”, redatta

dal pistoiese tra il 1919 e il 1928. Li

ritroveremo affiancati – Notte, Caligiani, Nannini,

Lippi, e lo scultore Renato Arcangioli –

alla mostra fiorentina del 1915, organizzata

dalla Società Leonardo da Vinci (salvi 2013, p.

53). In questo contesto d’intrecci che travalicano

le mura cittadine, sono di pregevole importanza

alcune xilografie qui proposte di Giulio

Innocenti (Collezione Intesa Sanpaolo, p.

56 e segg.) e di Achille Lega (Fondazione Caript,

p. 60 e segg.) che proprio a quegli anni si

riferiscono e che ben documentano il loro apporto

a questo clima culturale. Le loro ricerche

si affrancano progressivamente dalla vena

d’incisivo primitivismo espressionista del vigoroso

maestro Caligiani, con personali declicourse

of the search for an autonomous artistic

language, which lends significance to the publication

of one of his woodcuts in La Tempra in

1914. In his bold, dramatic, and raw mark, that

in later woodcuts in the course of the decade

dissolves gradually into myriad thin, parallel

lines, there is a flavour of primitivism then associated

with a sense of the spirituality of nature

that accepts and embraces everything. We

owe to the twenty-year-old Caligiani, who occasionally

visited Pistoia (where his mother

was born), the initiation of Giulio Innocenti and

Achille Lega to the art of the woodcut. The details

of the various contacts and influences have

been known for some time (bartolini 1978, p.

15; bartolini 1980, pp. 22-25; Il cerchio magico

2002, p. 112, salvi 2013, p. 60). Clear too

are Caligiani’s contacts with the circle of Ettore

Cozzani and Franco Oliva’s magazine L’Eroica.

Usually printed in La Spezia, though some issues

were produced in Pescia, this magazine

(1911-1921; 1924-1944) organized the 1st

‘L’Eroica’ international woodcut exhibition in

così la pubblicazione di una sua xilografia su

“La Tempra” nel 1914. Nel suo segno forte,

marcato e aspro che pian piano, nelle xilografie

successive nel decennio, si scioglie in

una miriade di linee sottili e parallele, ci

sono sentori di primitivismo, associati già a

una sorta di senso spirituale della Natura

che tutto accoglie e comprende. Si devono

al ventenne Caligiani le iniziazioni alla xilografia

di Giulio Innocenti e di Achille Lega,

nativo di Brisighella, ma di madre pistoiese,

saltuariamente in città. La vicenda delle varie

dipendenze è ricostruita da tempo (bartolini

1978, p. 15; bartolini 1980, pp. 22-

25; Il cerchio magico 2002, p. 112; salvi 2013,

p. 60). Chiari anche i rapporti di Caligiani

con l’ambito de “L’Eroica” di Ettore Cozzani

e di Franco Oliva. La rivista (1911-1921; 1924-

1944), che si stampò a La Spezia e, per alcuni

numeri, a Pescia, nel 1912 organizzò a Levanto

la Prima mostra internazionale di

xilografia de “L’Eroica”, a cui partecipò anche

Emilio Mantelli. Proprio grazie ai rap-

Levanto in 1912, in which Emilio Mantelli also

participated. Thanks to a relation of mutual esteem

with the latter, Caligiani’s Views of Montagnana

were included in the magazine’s 1915

triple issue, dedicated to the most modern Italian

woodcut artists who were distancing themselves

from De Carolis (correspondence in the

Fondo Caligiani, Archivio Valiani, Fondazione

Caript, see salvi 2013, pp. 54-56). This was

also the context for Caligiani’s friendship with

Lorenzo Viani and Emilio Notte. Notte (from

Puglia), who was closely tied to Andrea Lippi in

those years, was the author of works such as

Old Folk, which was an important model for

certain large cartoons drawn between 1914 and

1915 by his young (and not yet Futurist) ‘pupil’

Mario Nannini. As for the influence of Viani

(born in Viareggio), who was already making

woodcuts in 1914, a certain poetic affinity with

Caligiani is evident, justifiable in the light of the

friendship that bound them. They exhibited together

in the Sala dell’Eroica of the 3rd Roman

Secession. Viani was no stranger to Pistoia as

he was a close friend of Lippi, who in turn was a

friend of Lega (Lippi owned woodcuts by them

both). Viani’s acquaintances in Pistoia included

the caricaturist Luigi Mazzei: they published

side by side a few years later in the magazine Il

Giornalissimo, edited by Mazzei. We find

Notte, Caligiani, Nannini, Lippi, and the sculptor

Renato Arcangioli all together in the exhibition,

organized by the Leonardo da Vinci Society

in Florence in 1915 (salvi 2013, p. 53). In

this environment of interwoven relations, that

went thoroughly beyond the city limits, certain

woodcuts by Innocenti (Intesa Sanpaolo collection,

p. 56ff.) and by Lega (Fondazione Caript,

p. 60ff.) exhibited here are of great importance,

since they belong to precisely these years and

testify to what they contributed to the cultural

climate of the time. They document a progressive

move away from the vein of incisive Expressionist

primitivism in the work of the force-

46 47



nazioni poetiche che restituiscono tutto l’umore

e il fervore degli stimoli artistici in atto.

A chiudere questo stretto giro di anni, all’alba

della guerra (1915) ancora per opera della

Famiglia artistica, ci fu la Mostra d’arte fra

gli artisti pistoiesi per le famiglie dei richiamati,

organizzata alle Regie Stanze di Pistoia:

vi figuravano disegni di Lippi, xilografie e

disegni di Innocenti, xilografie di Lega al suo

esordio, acqueforti di Chiappelli e disegni a

carboncino di Michelucci. Per quanto riguarda

invece più specificatamente il disegno,

dobbiamo citare l’infaticabile esercizio

di Innocenti ben testimoniato, nello svolgersi

dei decenni, nel cospicuo fondo della Fondazione

Caript, acquisito nel 2004; quello

del critico Arturo Stanghellini, di cui si espone

un disegno del 1916 (Collezione Intesa

Sanpaolo, p. 61), e una piccola selezione di

caricature degli anni Trenta (Fondazione

Caript, p. 195). Il disegno accomunò, seppure

con esiti diversi, anche Lippi (si veda l’album

dei disegni conservati alla Biblioteca

Comunale Forteguerriana, Pistoia, pp. 94-

95) e Mario Nannini del quale la Cassa di

Risparmio di Pistoia e Pescia (ora Intesa

Sanpaolo, p. 102 e segg.) aveva acquisito la

quasi totalità dei disegni eseguiti nella sua

breve esistenza (iacuzzi 2005b, 2006,

2012). Nel primo dopoguerra e per i decenni

successivi sarebbe stata, poi, proprio la ‘lezione’

del segno, al quale si attribuiva un

alto valore spirituale, come già propugnato

da Costetti e Michelucci, a costituire uno

dei tratti connotativi della scuola artistica

cittadina riunita in una sorta di ‘cenacolo’.

ful master Caligiani, with personal, poetic

images that express the mood and the zeal of

the times. To close this short span of years, on

the threshold of Italy’s entry to the Great War in

1915, there was the exhibition of Pistoian artists,

organized in Pistoia’s Regie Stanze by the

Famiglia Artistica, in support of the families of

those called to military service. This included

drawings by Lippi, woodcuts and drawings by

Innocenti, Lega’s first woodcuts, as well as

etchings by Chiappelli and charcoal drawings

by Michelucci. As for the medium of drawing,

we should mention Innocenti’s indefatigable

production, over decades, which is well represented

in the substantial collection acquired by

the Fondazione Caript in 2004, and also that of

the critic Arturo Stanghellini, one of whose

drawings (1916) is exhibited here (Intesa Sanpaolo

collection, p. 61), and a small selection of

caricatures from the 1930s (Fondazione Caript

collection, p. 195). Although for different purposes,

the practice of drawing was shared by

Lippi (see the album of his drawings conserved

in the Biblioteca Comunale Forteguerriana, Pistoia,

pp. 94-95) and Nannini, almost all of

whose drawings, over his brief life, were acquired

in 1979 by the Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia, now Intesa Sanpaolo (p. 102ff.)

(iacuzzi 2005b, 2006, 2012). It was the ‘lesson’

of the mark, to which so high a spiritual

value was attributed, as Costetti and Michelucci

had advocated, that constituted one of the

distinguishing features of the school of Pistoia

which, in the period immediately after World

War I and in the decades following, came together

in a sort of ‘cenacle.’

GIOVANNI MICHELUCCI

La Portatrice d’Acqua, 1914, xilografia pubblicata su “La Costa Azzura”, a. I, n. 14, 1920

The Water Carrier, 1914, woodcut, published in La Costa Azzurra, year 1, no. 14, 1920

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FRANCESCO CHIAPPELLI

(Pistoia 1890 – Firenze 1947)

La tartana | The Tartana, 1913

Acquaforte | etching, cm 60x43

prova d’autore non numerata | unnumbered artist’s proof

in basso a sinistra | bottom left: “La tartana”, in basso a destra | bottom right: “F. Chiappelli”

Esposto alla Prima Mostra di Bianco e Nero a Pistoia | exhibited at the 1st Bianco e Nero exhibition in

Pistoia, 1913

Taberna Libraria di Federica Lucarelli

In questa incisione che prende nome dall’imbarcazione raffigurata, la tartana, la composizione

si modula attraverso un segno rapido, ampio e descrittivo. Il tema avvicina

questo lavoro a Caravelle che il giovane avrebbe esposto l’anno seguente (1914), alla

Mostra di Bianco e Nero a Firenze suscitando ammirazione e una conseguente fortuna

editoriale nelle riviste dell’epoca. Il taglio ardito e l’inquadratura ben evidenziano la maestria

già raggiunta da Chiappelli che Arturo Stanghellini loda per le capacità nell’impostare

le scene e nell’offrire “in poche linee il senso della larghezza e della grandiosità”

(stanghellini 1913, cit. in morozzi 2014, p. 98; bardazzi 1998, pp. 43-44). C’è in lui,

infatti, una predilezione allo scenografico che gli deriva dalle visioni fantastiche di Frank

Brangwyn e da cui trae l’uso contrastante delle luci e gli effetti architettonici imponenti,

distinguendosi così dallo stile del maestro Celestino Celestini. Dell’incisione esiste

una prova di poco antecedente e di formato inferiore, che differisce per una maggiore

connotazione descrittiva dello spazio circostante: nella lastra più grande le case sullo

sfondo spariscono per lasciare spazio a un’evanescenza d’imbarcazioni con vele issate.

Lamentiamo qui l’assenza dell’incisione Pistoia (cfr. p. 43), soggetto esposto alla mostra

del 1913 (Collezione Intesa Sanpaolo), resa purtroppo illeggibile sul lato sinistro da

un’eccessiva corrosione degli acidi (cfr. masini 2010, p. 42).

Taking its title from the type of fishing boat which is its subject, this etching is modulated by rapid,

broad, and descriptive marks. The motif is similar to Caravels, a print that the young Chiappelli

exhibited the following year (1914) at the Mostra del Bianco e Nero in Florence, eliciting admiration

and consequently some publishing commissions in the magazines of the time. The bold viewpoint

and dramatic perspective clearly indicate Chiappelli’s mastery of the medium by this date. Arturo

Stanghellini lauded his capacity for composition and in conveying “a sense of breadth and grandeur

using a few lines” (stanghellini 1913, cited in morozzi 2014, p. 98; bardazzi 1998, pp. 43-44).

Chiappelli had a predilection for the theatrical, derived from Frank Brangwyn’s fantastic visions,

from which he learned the use of strong light contrasts and imposing architectonic effects, thus

setting him apart from the style of his master Celestino Celestini. An earlier, smaller proof of the

engraving exists, differing in the higher degree of description of the surrounding space. In this larger

plate, the houses in the background disappear to make way for boats with their evanescent sails

hoisted. This is the place to regret the absence on exhibition of Chiappelli’s etching Pistoia (see p.

43), that was also shown in the 1913 exhibition. A version now in the collections of Intesa Sanpaolo

has unfortunately been rendered illegible on the left side by excessive acid corrosion (see masini

2010, p. 42).

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GIOVANNI MICHELUCCI

(Pistoia 1891 – Fiesole, Firenze 1990)

I covoni | The Haystacks, 1914

Xilografia | woodcut, cm 19 x 25

Pubblicata in “La Tempra”, a. I, 16 giugno 1914 | published in La Tempra, year I, 16 June 1914

Biblioteca Comunale Forteguerriana, Pistoia

Questa xilografia propone uno dei primi lavori incisi su legno da Michelucci: l’ampio segno sintetico

delinea le grandi campiture della composizione e unisce in continuità il profilo del paesaggio

e i covoni di fieno che sovrastano i contadini, raccordandosi alla cornice rettangolare della tavola,

anche questa caratterizzata da un’ampia campitura. La scelta di contenere la figura umana intenta

al lavoro nel profilo dei covoni sullo sfondo, provoca l’effetto di farci percepire la composizione

come in una sorta di continuità poetica. La pubblicazione di questo lavoro su “La Tempra” evidenzia

al contempo sia il rapporto di amicizia e di stima che univa Michelucci a Renato Fondi, sia

la considerazione di Giovanni Costetti nei confronti del suo lavoro: l’opera fu l’unica di un artista

pistoiese pubblicata sulla rivista (cfr. Il cerchio magico 2002, pp. 96-97; salvi 2013, pp. 53-54). Al

medesimo anno si riferisce il legno La portatrice d’acqua (p. 49), pubblicato più tardi, nel 1920, su

“La Costa azzurra”, (a.i, n.14, 1920): in questo caso il segno forte e marcato non manca di indicarci

analogie poetiche con le xilografie di Alberto Caligiani e di Viani (cfr. bartolini 1978).

This woodcut is one of Michelucci’s first works incised on wood. A broad, summary mark outlines

the ample shapes of the composition and seamlessly unites the outlines of the landscape and the

hay mounds that surround the farmworkers, connecting them to the rectangular frame of the plate,

itself generously marked in black. The choice to include human figures intent on their work within

the outlines of the haystacks behind them has the effect of inducing a sense of poetic continuity.

The publication of this work in La Tempra simultaneously highlights both the friendship and mutual

respect that `united Michelucci to Renato Fondi and Giovanni Costetti’s regard for his work. This

was the only work by a Pistoian artist published in this magazine. (See Il cerchio magico, 2002,

pp. 96-97; salvi 2013, pp. 53-54.)

The woodcut The Water Carrier (p. 49) is of the same year but published later, in 1920, in La

Costa azzurra (year I, no. 14, 1920). In this case, the strong, bold mark betrays poetic and formal

analogies with woodcuts by Alberto Caligiani and Lorenzo Viani (see bartolini 1978).

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ALBERTO CALIGIANI

(Grosseto 1894 – Firenze 1973)

Due vecchie | Two Old Women, 1915

Xilografia | woodcut, cm 35 x 25

Pubblicata in “La Critica Magistrale”, anno III, n. 8, 15 aprile 1915 | published in La Critica Magistrale,

year III, no. 8, 15 April 1915

Fondazione Caript, Pistoia, Archivio Valiani, Fondo Caligiani, n. inv. 349

Acquisizione | acquired 2005

La xilografia appare sul quindicinale milanese “La Critica Magistrale”, foglio dello schieramento

socialista dell’Unione Magistrale Nazionale. Sulla rivista, animata da Franco

Ciarlantini, Giovanni Capodivacca e Dante Dini, nel marzo del 1915 pubblicò scritti Ungaretti

con il quale anche Caligiani ebbe rapporti di cordiale conoscenza, come si evince

da alcune cartoline conservate nel Fondo Caligiani presso Fondazione Caript (si veda

anche salvi 2013, p. 69). Per la sintesi di tratto e per le forti componenti chiaroscurali,

la xilografia richiama alla memoria analoghe scelte formali e tematiche di Lorenzo Viani,

a cui Caligiani era legato da amicizia. Ma se li accomuna l’interesse per un mondo popolato

di vecchie, madri, zingare, cieche e prostitute, c’è in Caligiani una “forza nativa

più libera e stupefatta” che lo discosta dalle soluzioni adottate da Viani nei suoi legni

(Il cerchio magico 2002, p. 110-113). E non si deve dimenticare che analogo interesse per

queste tematiche sociali accomunò anche gli amici Emilio Notte e Mario Nannini. Sullo

sfondo s’intravede un lembo di paesaggio con case sghembe e traballanti, secondo un

topos tutto personale che già Caligiani aveva elaborato nelle bizzarre Visioni di Montagnana

(p. 46), pubblicate su “L’Eroica” nel marzo 1915, e di cui si conservano xilografie

di grande formato.

This woodcut appeared in the Milanese fortnightly La Critica Magistrale, a socialist publication of

the Unione Magistrale Nazionale. This magazine, enlivened by the contributions of Franco Ciarlantini,

Giovanni Capodivacca, and Dante Dini, published, in the March 1915 issue, an essay by Ungaretti,

with whom Caligiani was on cordial terms, judging from postcards conserved in the Fondo Caligiani,

Archivio Valiani of the Fondazione Caript (see salvi 2013, p. 69). Given the concision of the

marks and the strong chiaroscuro effects, this woodcut recalls similar formal and thematic choices

by Caligiani’s friend Lorenzo Viani. However, even if they were both interested in a world populated

by old women, mothers, gypsies, the blind and prostitutes, there is a “freer, more amazed native

force” in Caligiani that distinguishes his images from those of Viani’s woodcuts (Il cerchio magico

2002, pp. 110-113). They shared this interest in social themes with their friends Emilio Notte and

Mario Nannini. In the background is a sliver of landscape with rickety, lopsided houses in keeping

with a very personal topos that Caligiani had developed earlier in the bizarre Views of Montagnana

(p. 46), published in L’Eroica in March 1925, of which some large woodcuts have survived.

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GIULIO INNOCENTI

(Pistoia 1897 – Firenze 1968)

Paese | Village, 1915

Xilografia | woodcut, cm 24 x 15,6

Data di pugno dell’autore | date in the artist’s hand

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 14766

Acquisizione | aquired 1977

“Avevo poco più di quindici anni quando Alberto Caligiani, pittore di vaglia, mi istradò

all’arte della xilografia” (innocenti 1955): di fatto nei temi, ma anche nell’impianto

compositivo e tecnico che connota i lavori di esordio alla xilografia di Innocenti, sono

facilmente rintracciabili assonanze con i lavori incisi del maestro ma anche di Giovanni

Michelucci o di Lorenzo Viani. I suoi lavori tuttavia, sono spesso permeati da una sorta

di poetica malinconia, o da un’allucinata aura di mestizia tra ingenuo ed espressionista.

Quest’opera fa parte del nucleo di xilografie acquisite dalle sorelle dell’artista nel 1977.

I lavori documentano l’attività di xilografo di Innocenti che, a quanto ebbe egli stesso a

raccontare la praticò in diversi periodi della sua vita: tra il 1914 e il 1915, per poi riprenderla

in occasione della pubblicazione dei propri libri tra il 1922 e il 1923. Tra il 1938 e

il 1942 vi si dedicò, poi, con legni di grande formato. Ne Il Libro della via (Benedetti e

Niccolai, Pescia 1922) incise la coperta e sei xilografie interne (opera presente presso

Archivio Bugiani, Fondazione Caript), per il testo Ave Roma (Arte della stampa, Pistoia

1923) incise probabilmente la piccolissima xilografia La cucitrice (p. 58) di cui, nella

Collezione Intesa Sanpaolo, si conserva ancora, oltre che una tiratura originale, il legno

inciso, prezioso come un cameo (bartolini 1978).

“I was just over fifteen years old when Alberto Caligiani, an eminent painter, set me on the path

towards the art of the woodcut” (innocenti 1955). Indeed, in the motifs, in the compositional structure

and the technique of Innocenti’s early woodcuts, it is easy to see affinities with Caligiani’s

prints as well as those of Giovanni Michelucci or Lorenzo Viani. Nevertheless, Innocenti’s images

are often permeated by a poetic melancholy or by a suspended aura of sadness, part naïf and

part expressionist. This print belongs to the collection of woodcuts acquired from the artist’s sisters

in 1977. They document Innocenti’s woodcut production that, according to him, he practiced

in different periods of his life: between 1914 and 1915, and later, with the publication of his own

books, between 1922 and 1923. Then, between 1938 and 1942, he dedicated himself to large-format

woodcuts. For Il Libro della via (Benedetti and Nicolai, Pescia, 1922), he designed the cover and six

internal woodcut illustrations (a copy is in the Bugiani Archives of the Fondazione Caript). Again,

he was probably the author of the diminutive woodcut of The Seamstress (p. 58) for the book Ave

Roma (Arte della Stampa, Pistoia, 1923), which is in the Intesa Sanpaolo collection in a first edition

together with the incised block, as precious as a cameo (bartolini 1978).

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GIULIO INNOCENTI

(Pistoia 1897 – Firenze 1968)

La cucitrice | The Seamstress, 1923

Xilografia | woodcut, cm 8 x 6

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 14771

Acquisizione | acquired 1977

GIULIO INNOCENTI

(Pistoia 1897 – Firenze 1968)

Donna con scaldino | Woman with Warmer, 1915

Xilografia | woodcut, cm 17,5 x 12

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 14770

Acquisizione | acquired 1977

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ACHILLE LEGA

(Brisighella 1899 – Firenze 1934)

Paese | Village, 1916 ca.

Xilografia | woodcut, cm 15 x 18,5

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1336a

Acquisizione | acquired 2015

Tra le recenti acquisizioni della Fondazione Caript si colloca un nucleo di xilografie, già

pubblicate da Sigfrido Bartolini nella monografia dedicata all’opera incisa del pittore

Lega (bartolini 1980). La sperimentazione dedicata a questa tecnica impegna Lega per

circa tre anni e prende avvio proprio a Pistoia per il tramite di Alberto Caligiani attorno

al 1914. L’iniziale derivazione poetica dal maestro è evidente in alcune vedute di paese

che ricordano da vicino le Visioni di Montagnana pubblicate da Caligiani su “L’Eroica”

nel 1915 (p. 46). Tuttavia, col tempo, prevale in Lega una sorta di magica atmosfera

incantata tra primitivismo e infantile, abbandonando l’esempio di Caligiani. In questo

Paese, pubblicato sul fascicolo n. 3 di “La Tempra” (5 agosto del 1916), la spiccata bidimensionalità

delle forme elementari e isolate nel paesaggio già fa presagire la svolta

futurista alle porte con anticipazioni importanti rispetto alle avanguardie europee (Il

cerchio magico 2002, p. 100). Tra le frequentazioni pistoiesi di Lega si segnala l’amicizia

con Andrea Lippi al quale dona la xilografia Figure (1914-1915). In questo lavoro, come

nella xilografia Maternità in collezione Fondazione Caript e qui esposta (p. 63), l’impianto

e il segno nero a campiture piatte indica in Lorenzo Viani e nelle sue figure femminili

sofferenti, nere e spigolose, l’esempio più prossimo.

Among the Fondazione Caript’s recent acquisitions is a collection of woodcuts by Lega, previously

published by Sigfrido Bartolini in his monograph dedicated to Lega’s prints (bartolini 1980). Lega’s

experiments with this technique, to which he dedicated himself for about three years, began

in Pistoia around 1914 through the mediation of Caligiani. The initial poetic impulse provided by

Caligiani is evident in certain woodcuts of villages that are reminiscent of the Views of Montagnana,

published by Caligiani in L’Eroica in 1915 (p. 46). Nevertheless, over time, a sort of enchanted

magical atmosphere of primitivism and childishness prevailed in Lega’s work, distancing him from

the model of Caligiani. In this Village, published in the third issue of La Tempra (5 August 1916),

the striking two-dimensionality of the elementary and isolated forms in the landscape foreshadows

his impending turn to Futurism, and was in advance of treatments of the woodcut in the European

avant-garde (Il cerchio magico 2002, p. 100). His social contacts in Pistoia included his friendship

with Andrea Lippi to whom Lega gave the woodcut Figures, 1914-15. In this work, as in Maternity,

also in the Fondazione Caript and exhibited here (p. 63), the structure and black marks of the flat

zones find their closest affinity in the suffering, black, angular female figures of Lorenzo Viani.

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ACHILLE LEGA

(Brisighella 1899 – Firenze 1934)

Paese | Village, 1916

Xilografia | woodcut, cm 15,5 x 18,5

In basso a sinistra | bottom left: “Paese 1916”, in basso a destra | bottom right: “Achille Lega”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1337c

Acquisizione | acquired 2015

ACHILLE LEGA

(Brisighella 1899 – Firenze 1934)

Maternità | Maternity, 1915

Xilografia | woodcut, cm 21 x 18,8

In basso a sinistra | bottom left: “A. Lega”, in basso a destra | bottom right: ”1915”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1335a

Acquisizione | acquired 2015

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ARTURO STANGHELLINI

(Pistoia 1887 – 1948)

Capitano Valfré | Captain Valfré, 1916

Lapis su carta | lapis on paper, cm 23 x 14

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03118

Acquisizione | acquired 1988

Per Stanghellini, critico d’arte, scrittore e professore, disegnare è un’attività strenua

ma riservata per lo più alla sfera personale o al circuito chiuso degli amici: ai taccuini

è affidata la funzione parallela della creazione poetica e disegnativa. Il suo segno sintetico

e veloce spesso si presta all’illustrazione o alla caricatura senza mai scadere nel

bozzetto chiassoso, come accade nella piccola serie di caricature di personaggi pistoiesi

degli anni Trenta, già in collezione Fondazione Caript (p. 195). Negli anni Venti pubblica

alcuni schizzi sulla rivista “La Costa azzurra”, e nel 1932 partecipa alla III Esposizione

d’arte di Montecatini Terme con disegni molto apprezzati dalla critica. Attento osservatore

della società contemporanea e dei suoi cambiamenti, Stanghellini negli anni Dieci

registra anche l’impatto della ‘velocità’ nella vita moderna ritraendo roboanti mezzi di

locomozione o esercitandosi in prospettive dinamiche (alcuni fogli di questo tipo sono

conservati presso la Collezione Fondazione Caript; cfr. Il cerchio magico 2002, pp. 170-

172). Nei fogli eseguiti al fronte, come questo, la sintesi scarna a volte abbandona l’ironia

e si vela di quell’amarezza che in tanta parte permea l’Introduzione alla vita mediocre,

memoriale della personale esperienza sul Carso, pubblicato da Treves nel 1920 (cfr.

bartolini 1987; iacuzzi 2014).

For the art critic, writer, and teacher Stanghellini, drawing was a valid activity but one reserved

mostly for his personal sphere or for his close circle of friends; he used notebooks for the parallel

function of recording both poetic and figurative ideas. His rapid and abbreviated style lent itself to

illustration or caricature, without ever lapsing into messy sketchiness, as in a small series of caricatures

of local Pistoiese characters of the 1930s formerly in the Fondazione Caript collection (p. 195).

In the 1920s, Stanghelini published some sketches in the review La Costa azzurra, and in 1932 he

took part in the 3rd Montecatini Terme Exhibition of Art with drawings that met with much critical

approval. A careful observer of contemporary society and its changes, Stanghellini recorded the

impact of ‘speed’ on modern life in the 1910s, portraying the roaring traffic of locomotion or trying

his hand with dynamic perspectives (some such drawings are in the collection of the Fondazione

Caript; see Il cerchio magico 2002, pp. 170-172). In sheets like the present one, drawn while at

the front, the sometimes excessively summary drawing expunges irony, and veils the image with a

certain bitterness that also permeates his Introduzione alla vita mediocre, a record of his personal

experiences on the Karst, published by Treves in 1920 (see bartolini 1987; iacuzzi 2014).

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ANDREA LIPPI E MARIO NANNINI

TRA SIMBOLISMO, MODERNITÀ

E AVANGUARDIA

ANDREA LIPPI AND MARIO NANNINI:

SYMBOLISM, MODERNITY

AND AVANT-GARDE

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Andrea Lippi e Mario Nannini

tra simbolismo, modernità e avanguardia

Andrea Lippi and Mario Nannini:

Symbolism, Modernity and Avant-garde

Nella temperie culturale dei primi due decenni

del Novecento a Pistoia, tra riviste

che nascevano e giovani ardimentosi capaci

di afferrare occasioni espositive al di là delle

scarse iniziative cittadine, due personalità

si distaccarono per la loro peculiarità.

Si tratta dello scultore Andrea Lippi e del

pittore Mario Nannini. Una morte prematura

li accomuna, rispettivamente a 28 e

23 anni. Unanime è l’alta considerazione

del loro lavoro dalle pionieristiche letture

di Alessandro Parronchi (1953, 1954, 1957,

1958, 1980), fino agli approfondimenti critici

di Rosanna Morozzi (morozzi 1980a/b,

1995a/b, 2006, 2007, 2012): contributi importanti

volti a indicare, nelle loro rispettive

esperienze, due vertici artistici europei del

primo Novecento.

Quando nel 1915 lo scultore Lippi partecipava

all’esposizione in sostegno delle famiglie

dei richiamati in guerra, organizzata dalla

Famiglia artistica, è del tutto ignaro che sarebbe

morto proprio di lì a qualche mese.

Con la sua morte prematura venne meno

“il più bell’esempio di arte simbolista che

si sia verificato in Italia” (parronchi 1980,

p. 143). Più recentemente, Lippi è stato annoverato

fra coloro il cui lavoro non rimane

compresso tra le maglie troppo strette delle

etichette: quegli scultori che, pur prendendo

le mosse dal Simbolismo, s’indirizzarono

“alla ricerca di una modernità a volte

espressionisticamente deformata e deformante,

ma in questo torno d’anni molto più

modernisti e secessionisti dei loro contem-

In the cultural climate of Pistoia in the first

two decades of the twentieth century, with

the launching of new magazines, and fearless

youth seizing exhibition opportunities

(despite the scarcity of local initiatives), two

figures stand out for their special qualities:

the sculptor Andrea Lippi and the painter

Mario Nannini. Tragically they had in common

their untimely deaths, at the ages of

28 and 23 respectively. Their work met with

universal praise, ranging from Alessandro

Parronchi’s pioneering scholarship (1953,

1954, 1957, 1958, 1980) to Rosanna Morozzi’s

critical insights (1980a/b, 1995a/b,

2006, 2007, 2012), their contributions

claiming for the two artists positions of European

importance in the early twentieth

century.

When in 1915 Lippi participated in an exhibition

to support the families of those

called to military service, organized by the

Famiglia Artistica, he could not have known

that he would be dead only a few months

later. His premature death amounted to

the loss of “the most beautiful example of

Symbolist art to have appeared in Italy”

(parronchi 1980, p. 143). More recently,

Lippi has been counted among those artists

whose work cannot be classified by

labelling, who, although starting from the

premises of Symbolism, evolved towards “a

search for a modernity sometimes expressionistically

distorted and distorting, yet,

in those years, much more modernist and

Secessionist than their contemporaries”

poranei” (panzetta 2016, p. 45).

Di Andrea Lippi la Fondazione Cassa di Risparmio

di Pistoia e Pescia ha acquisito in

anni recenti (2010) una placchetta con Tre

grazie (p. 84). Si tratta di un’opera giovanile

di cui si conosce il gesso presso il Liceo Artistico

Statale “P. Petrocchi” di Pistoia, istituzione

scolastica alla quale la famiglia di

Andrea destinò nel 1959 la totalità dei lavori

in gesso eseguiti dallo scultore. Per l’importanza

dell’artista, si è ritenuto doveroso, in

quest’occasione, non limitarne la presenza

all’unica opera della collezione. Viene pertanto

proposta una circoscritta selezione di

lavori provenienti da due raccolte pubbliche

cittadine, affiancando ad alcune sculture in

gesso dal Liceo Artistico anche una selezione

di disegni conservati presso la Biblioteca

Comunale Forteguerriana (pp. 94-95)

Proprio in virtù della consapevolezza del

Interno della Fonderia Lippi, Pistoia

Interior of the Lippi Foundry, Pistoia

Archivio Corti Lippi, Pistoia

(panzetta 2016, p. 45).

Among the acquisitions of the Fondazione

Caript in recent years (2010) is a bronze

plaque by Lippi of The Three Graces

(p.84), an early work whose plaster original

belongs to Pistoia’s Liceo Artistico

Statale ‘P. Petrocchi’, a high school to which

his family donated the complete collection

of his plasters in 1959. Given Lippi’s importance,

it has been considered imperative in

this museum presentation not to limit his

presence to a single work from the Fondazione

Caript. We have made therefore a careful

selection of works from two of Pistoia’s

public collections, setting plaster sculptures

from the Liceo Artistico Statale ‘P. Petrocchi’

beside works on paper from the Biblioteca

Comunale Forteguerriana of Pistoia

(pp. 94-95).

In recognition of Lippi’s importance, the

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valore di questo scultore, la Fondazione

Caript ha contribuito nel dicembre del 2018

a realizzare la fusione in bronzo del gesso

Scioperanti, promossa dalla Fondazione Valore

Lavoro su indicazione di Cristina Tuci, e

destinata alla piazza cittadina di San Leone.

Ecco dunque esposte alcune delle opere più

rappresentative dello scultore: Campane,

Guerra, Ritratto del fratello Ulisse, Contadini,

Levana. Malinconico e riservato, Lippi

ha grandi aspirazioni da condividere con

i suoi coevi compagni di viaggio: è intriso

della cultura europea che alimenta il Simbolismo,

ma ne travalica gli orizzonti e lo

supera con visioni di “funerea grandezza”

di cui cogliamo il valore anticipatore rispetto

a esiti formali addirittura successivi alla

seconda guerra mondiale (parronchi 1980,

ANDREA LIPPI

Disperazione (o Dannati),

inchiostro su carta

Desperation (or The Damned),

ink on paper

Biblioteca Comunale

Forteguerriana, Pistoia, n. inv. 681

Fondazione Caript contributed to the casting

in bronze in December 2018 of a plaster

of the Strikers, a project of the Fondazione

Valore Lavoro based on an idea of Cristina

Tuci, for placement in Pistoia’s Piazza San

Leone. Here, then, are exhibited some of

the sculptor’s more representative works:

Bells, War, Portrait of His Brother Ulisse,

Farmworkers and Levana.

Melancholic and shy, Lippi nurtured high

ambitions that he would share with his

contemporaries: he was fully a part of the

European culture that tended to Symbolism,

but nonetheless went beyond its horizons

with visions of “funereal grandeur”, of

which can be sensed a certain anticipatory

quality in advance of future developments,

even those after World War II (parronchi

pp. 142-143; cfr. morozzi 2007, p. 19). È

certamente corretto riferire all’ambito della

fonderia paterna la prima vera scuola di Andrea:

precoce nell’apprendere, ebbe modo

di passarvi al vaglio non solo il repertorio

della tradizione scultorea rinascimentale

‘da catalogo’, ma anche, grazie alle più disparate

collaborazioni della fonderia, i coevi

linguaggi plastici italiani ed europei: basti

pensare, al riguardo, alle collaborazioni

dell’azienda con David Calandra o Leonardo

Bistolfi. Tra i grandi scultori del passato,

soprattutto tardomanieristi, il raffronto costante

è con Michelangelo. Tra Pistoia, Lucca

e Firenze, Andrea intratteneva a diverso

titolo rapporti con i contemporanei Giovanni

e Romeo Costetti, Achille Lega, Giulio Innocenti,

Giovanni Michelucci, Alberto Caligiani,

Emilio Notte, Mario Nannini, Renato

Fondi, Raffaello Melani, Alberto Simonatti,

Giosuè Borsi ed altri ancora come Luigi

Luparini, Alfeo Faggi, Francesco Petroni e

Lorenzo Viani, autore di un incisivo ricordo

letterario dello scultore pistoiese (viani

1925; morozzi 2007, pp. 18-19).

L’altro polo del dialogo, continuo e interiore,

è con i testi letterari: nella suggestione

riportata dalla lettura trova linfa vitale la

genesi dell’opera. Andrea stesso è scrittore

di mirabili e oniriche visioni che spesso

accompagnano l’elaborazione formale

della scultura. Dante è in prima linea, ma

legge anche William Shakespeare, Edgar

Allan Poe, Charles Baudelaire, e i suoi poeti

prediletti: Giovanni Pascoli e Maurice

Maeterlinck ,“fratelli spirituali” (simonatti

1916, p. 10). Contemporamente legge testi

di alchimia, teosofia e astronomia. È un animo

complesso quello di Andrea, così come

complessa deve essere l’opera d’arte. Pensa

a un’opera capace di comprendere tutto e

di divenire simbolo: “Io volevo riunire quello

che è separato nella materia ma unico in

1980, pp. 142-143, see morozzi 2007, p.

19). Lippi’s first real school was undoubtedly

his father’s foundry. A quick learner,

he not only traversed the ‘catalogue’ of

the Italian Renaissance sculptural tradition

but also, thanks to the foundry’s many and

various commissions, the Italian and European

plastic languages of his own time (the

foundry’s collaborations with David Calandra

and Leonardo Bistolfi are examples).

Among the great sculptors of the past,

especially the late Mannerists, Michelangelo

was the constant point of reference.

Between Pistoia, Lucca, and Florence, Lippi

was in touch one way or another with many

of his contemporaries: Giovanni and Romeo

Costetti, Achille Lega, Giulio Innocenti,

Giovanni Michelucci, Alberto Caligiani,

Emilio Notte, Mario Nannini, Renato Fondi,

Raffaello Melani, Alberto Simonatti and

Giosuè Borsi, and still others, such as Luigi

Luparini, Alfeo Faggi, Francesco Petroni and

Lorenzo Viani, author in 1925 of a perceptive

memoir of the Pistoiese sculptor (viani

1925; morozzi 2007, pp. 18-19).

The other focal point of Lippi’s continuous,

inner dialogue was literature. The genesis

of his work found its lifeblood in notions derived

from reading. He was himself a writer,

of exquisite, dreamlike visions that often

accompanied the formal elaboration of his

sculpture. Above all there was Dante, but

he also read William Shakespeare, Edgar

Allan Poe, Charles Baudelaire, and, his favourite

poets, Giovanni Pascoli and Maurice

Maeterlinck, “spiritual brothers” (simonatti

1916, p. 10). At the same time, he delved

into texts on alchemy, theosophy, and astronomy.

Lippi was a complex spirit, just as

a work of art must be complex. He had in

his mind a work encompassing everything,

captured in a symbol: “I wanted to bring together

what is separate in matter but one

70 71



spirito cioè fare un’opera d’arte che fosse

scultura pittura musica poesia moto tempo

temperatura – siccome avevo notato che col

cambiare del parere cambia lo stato d’animo

– volevo influire e predisporre l’uomo a

certe sensazioni” (Archivio Corti Lippi, foglio

10b, cit. in iacuzzi 2012, p. 72).

Gracile e minato nel fisico, si dedicò alla

scultura in gesso che modella con maestria

impareggiabile attraverso una continua

metamorfosi del segno e della linea. Incessante

la sua dedizione al disegno: il segno/

disegno è il vero leit-motiv del suo lavoro,

del suo stile come ebbe a ricordare l’amico

Innocenti (innocenti 1964). Dentro di lui,

dentro la sua anima, dove tutto è guerra e

inquietudine, la forma preme per uscire dal

caos informe della materia e il segno, ora

vorticoso e serpentino, ora più sintetico e

incisivo, si fa interprete duttile nella gestazione

dell’idea nella sua metamorfosi, fino

al parto finale. I suoi mirabili disegni, già

ammirati dalla critica, oltre alla gestazione

della scultura, hanno in molti casi l’impatto

visivo dell’opera in sè conclusa (iacuzzi

2012).

Uscito dall’Accademia fiorentina, la sua

carriera si aprì con la vittoria riportata nel

1910 al concorso veneziano per la Medaglia

commemorativa per la caduta e riedificazione

del campanile di San Marco, ma la sua

parabola artistica, costellata da importanti

riconoscimenti, si concluse nel breve giro di

sei anni. Nel 1912 presentò alla Biennale di

Venezia la grande scultura Chimera che opprime

l’uomo, ispirata al poemetto Chacun

sa chimère di Baudelaire, e contemporaneamente

vinse il concorso per il Pensionato

artistico a Roma. Vi avrebbe partecipato

nuovamente nel 1913, eseguendo, su tema

imposto dal Pensionato, il gruppo Scioperanti

(p. 79), uno dei suoi apici creativi. La

scultura rappresenta un padre che porta

in spirit, that is, to make a work of art that

would be sculpture painting music poetry

movement time temperature – since I had

observed that changing one’s viewpoint

changes one’s state of mind – I wanted to

influence and predispose men for certain

sensations“ (Archivio Corti Lippi, sheet 10b,

cited in iacuzzi 2012, p. 72).

Physically slender and frail, he devoted

himself to plaster, which he modelled with

incomparable skill in a continuous metamorphosis

of the mark and the line. His

dedication to drawing was incessant. As he

told his friend Innocenti, the true leitmotif of

his work and his style was the mark/drawing

(innocenti 1964). Inside him, inside his

soul, where everything was war and anxiety,

form pressed to emerge from the shapeless

chaos of matter and marks, sometimes

swirling and serpentine, sometimes summary

and incisive, to become the malleable

interpreter of the gestation of the idea in

its metamorphosis, until the final birth. In

many cases the visual impact of his marvellous

drawings, much admired by critics

in the past, endow them with the quality of

finished works, quite apart from their role in

the making of his sculpture (iacuzzi 2012).

On leaving the Accademia in Florence,

Lippi’s career was launched in 1910 by his

success in the competition for a medal

commemorating the collapse and rebuilding

of St. Mark’s bell tower in Venice. Despite,

however, a series of further important

awards, his artistic trajectory came to an

end within six short years. In 1912, he exhibited

at the Venice Biennale the large sculpture

of the Chimera that Oppresses Man,

inspired by Baudelaire’s poem ‘Chacun sa

chimère’. In the same year he successfully

competed for a scholarship in Rome, and

was to compete again in 1913, making, in

accordance with the theme set by the schol-

ANDREA LIPPI

Scioperanti, 1913, gesso

Strikers, 1913, plaster

Liceo Artistico Statale

“P. Petrocchi”, Pistoia

sulla schiena, riverso a testa in giù, il corpo

esanime del figlio. Andrea vi propone

un’originale rimeditazione su un rilievo tardomanierista

di Vincenzo Danti, caricando

l’opera di un simbolismo dolente, muto ed

esasperato ma non retorico, né didascalico.

Ancora nel 1913 vinse il Concorso Baruzzi

a Bologna con un’opera ispirata alla lettura

della poesia Campane (p. 87) di Poe. L’opera,

che Lippi nella relazione di presentazione

alla commissione giudicatrice, definisce

“quella in cui sono meglio rappresentate le

caratteristiche della mia arte”, doveva riunire

in un “solo effetto artistico le diverse

arship, one of his greatest works, the group

of the Strikers. This depicts a father carrying

on his back the lifeless body of his son,

his head hanging downward. Lippi’s proposal

was an original reworking of a Mannerist

relief by Vincenzo Danti, replete with

a sorrowful symbolism, silent and extreme,

neither rhetorical, nor didactic. Again in

1913, he won the Baruzzi Prize in Bologna

with a work based on his reading of Poe’s

poem ‘The Bells’ (p. 87). The work – which

Lippi described in the accompanying text

for the jury as “the one in which are best

represented the characteristics of my art” –

72 73



sensazioni dell’armonia discordante delle

campane” (Archivio Corti Lippi cit. in morozzi

2012 pp. 58-60; iacuzzi 2016). L’insieme,

studiato in ogni suo particolare, dava

vita a una forma artistica simbolica che era

la resultante sinestetica di emozioni e sollecitazioni

percettive. Nel 1914, insieme a

Francesco Chiappelli venne invitato alla XI

Biennale alla quale si presentò con il rilievo

Titani, che nella sua versione più grande è

chiamato Guerra (p. 89). Dante gli offre il

materiale per le tremende visioni infernali

che popolano le due parti del rilievo: Torre

dei venti e Acheronte; mentre nei rilievi

del pulpito pistoiese di Giovanni Pisano si

può riconoscere un elemento d’ispirazione

ritmico-formale rilevante (morozzi 1995b;

morozzi 2012, pp. 64). Come nei suoi disegni,

una serie infinita di linee percorre lo

spazio, trascorrendo con improvvise fratture

tra le architetture dello sfondo e i corpi

prosciugati sbattuti come foglie al vento

per ogni dove. Nello stesso anno partecipò

alla mostra della Secessione a Roma. Dopo

la morte del padre (1913) venne a capo

dell’impresa familiare e nel 1915 all’entrata

dell’Italia in guerra, Andrea, che non era

stato arruolato, rimase da solo a condurre

l’officina, vivendo con prostrazione la sua

condizione tra coloro, che rimasero in una

città spettrale. In fonderia, dove tutto il suo

tempo era dedicato alle attività lavorative,

ritagliava poche ore ogni sera per le proprie

aspirazioni: nel suo immaginario il bronzo

incandescente che cola è un fiume di orrore

che corre verso la distruzione della guerra.

A Firenze al Palazzo delle Esposizioni in

aprile e poi alle Regie Stanze di Pistoia in

agosto, Andrea propose la cera del Ritratto

del fratello Ulisse (p. 90), un’opera di grande

sintetismo formale che mostra la sua progressiva

riflessione su quanto di più moderno

avveniva intorno, dall’arte africana

was intended to bring together in a “single

artistic effect the different sensations of the

discordant harmony of the bells” (Archivio

Corti Lippi cited in morozzi 2012 pp. 58-

60; iacuzzi 2016). Worked out in every

detail, the sculpture as a whole gave life

to a symbolic form that was a synesthetic

combination of emotions and physical sensations.

In 1914, together with Francesco Chiappelli,

Lippi was invited to the 11th Venice Biennale,

at which he presented his relief The

Titans (titled War in its larger version) (p.

89). Dante was the source for the fearful

and hellish visions that populate its two

parts, The Tower of the Winds and The

Acheron, while Giovanni Pisano’s reliefs on

his pulpit in Pistoia provided inspiration for

the formal-rhythmic character of the relief

(morozzi 1995b; morozzi 2012, p. 64).

As in his drawings, an infinite series of lines

runs through the space, crossing with sudden

rifts the buildings in the background and

the desiccated bodies shaken like leaves in

winds from all directions. In the same year

he participated in the Secession exhibition

in Rome. After his father’s death (1913),

Lippi became head of the family business.

In 1915, when Italy entered the Great War,

he was not drafted into the army but stayed

to manage the foundry, anguished at being

among those left in the almost deserted

city. In the foundry, where he devoted all

his time to work, he found some hours each

evening for his art. In his imagination the

molten, incandescent bronze was a river of

horror running towards the destruction of

war. In April in Florence, at the Palazzo delle

Esposizioni, and again in August in Pistoia,

at the Regie Stanze, Lippi exhibited the wax

Portrait of His Brother Ulisse (p. 90), a

work of great formal solidity. It reveals his

growing knowledge of that which was most

MARIO NANNINI

Cameretta, 1914-1915,

olio su cartone riportato

su tavola

The Little Bedroom,

1914-1915, oil on

cardboard laid on board

Collezione Intesa

Sanpalolo, n. inv. 3674

a ricerche sintetico-cubiste, avanguardie

comprese. Il ritratto ha la forza di un idolo

primitivo e gli provocò ammirazioni e critiche,

ma la strada era tracciata. Su questa

linea di estremo sintetismo formale si pone

l’ultima sua opera, elaborata per il Concorso

Curlandese di Bologna sul tema imposto del

Lavoro: la notizia della sua vittoria gli arrivò

sul letto di morte. Andrea elaborò un rilievo

fortemente plastico in cui un uomo scarnificato

pesta in un tinello. Il titolo dato al

rilievo, Levana (p. 93), propone uno scarto

simbolico rilevante: il nome della dea latina

protettrice delle nascite, apposto a suggello

dell’immagine in basso a sinistra, porta subito

a concludere che quella rappresentata

sia la condizione esistenziale dell’uomo oltre

che di un lavoratore. Siamo qui difronte

a uno dei vertici della scultura del Novecento:

laddove Andrea riesce a coniugare forma

e simbolo in una sintesi di straordinaria

potenza antiretorica che non trova paragoni

nella scultura contemporanea.

Sul versante del Futurismo si colloca l’esperienza

isolata, in città, di Mario Nannini.

modern around him, from African art to the

Synthetic Cubism of the avant-garde. The

portrait has the force of a primitive idol,

drawing both admiration and criticism.

His future path stretched out before him.

This line of extreme formal synthesis was

evident again in his last work, on the theme

of ‘Labour’ prescribed for the Curlandese

competition in Bologna. The news of his victory

reached him on his deathbed. Lippi had

created a forcefully plastic relief in which a

flayed man wields a large pestle in a small

chamber. Entitled Levana (p. 93), the relief

implies an important symbolic shift: the

name of the Latin goddess, the protectress

of childbirth, affixed like a seal to the lower

left of the image, leads to the conclusion

that what is depicted represents the existential

condition not just of a labourer but

of universal man. We find ourselves before

a pinnacle of twentieth-century sculpture,

in which Lippi successfully combined form

and symbol in a synthesis of extraordinary

anti-rhetorical power unmatched in contemporary

sculpture.

74 75



Malgrado non sia segnalato a Pistoia un

raggruppamento futurista, esiste alla metà

degli anni Dieci una falange ‘avanguardista’

o, per lo meno, percepita come in aria di

‘sovversione’: se ne intravedono le tracce

qua e là in controluce nelle cronache. Molto

spesso si tratta del riverbero di qualche eco

fiorentina, anche se non è da dimenticare,

che tra le azioni provocatorie della Famiglia

artistica, vi fu la più volte annunciata conferenza

di F.T. Marinetti che dal 1913, si concretizzò

solo nel 1916, con tutto il repertorio

di bagarre e lanci di ortaggi che si conveniva

all’occasione (morozzi 2007, pp. 29).

Quando Nannini, nel 1915 alla già citata

mostra alle Regie Stanze, è annoverato tra

i giovani (Michelucci, Innocenti, Lega) che

“rappresentano lo sforzo del rinnovamento”

è ancora ‘un futurista in incognito’ (parronchi

1957). L’adesione al Futurismo si colloca

tra il 1916 e il 1918 ed è un fuoco che brucia

con un ardore che non sembra aver avuto

esitazioni.

Nell’occasione del nuovo allestimento delle

MARIO NANNINI

Figura femminile di spalle,

1914-1915, carboncino e

matita bianca su carta gialla

Woman Seen from Behind,

1914-1915, charcoal and white

crayon on paper

Collezione Intesa Sanpaolo,

n. inv. 14153

In terms of Italian Futurism, Pistoia’s only,

and solitary exponent was Mario Nannini.

Although there is no record of a Futurist

group in Pistoia, there was, in the mid-

1910s, an ‘avant-gardist’ faction or, at least,

a perception of ‘subversion’ in the air, traces

of which filtered through in the news. Often

this was the echo of events in Florence,

although one must keep in mind the provocation

of the Famiglia Artistica, which from

1913, several times, announced a lecture by

F. T. Marinetti which actually took place

only in 1916, with the full repertoire of brouhaha

and vegetable throwing usual on such

occasions (morozzi 2007, p. 29). When,

in 1915, Nannini was mentioned among the

young men (Giovanni Michelucci, Giulio Innocenti,

and Achille Lega) who “represent

the thrust for renewal” at the above-mentioned

exhibition at the Regie Stanze, Nannini

was still “a Futurist incognito” (parronchi

1957). Yet he embraced Futurism

between 1916 and 1918, with a fervour that

betrayed no hesitation on his part.

opere delle due collezioni bancarie, l’esperienza

artistica di Nannini è ben rappresentata

grazie al cospicuo numero di opere

collezionate. Afferiscono infatti alla Collezione

Intesa Sanpaolo, 238 disegni , 21 dipinti

figurativi e una natura morta della fase

futurista, mentre dalla Fondazione Caript

giungono alcuni importanti dipinti futuristi.

Siamo quindi in grado di leggere nella sua

totalità l’intera evoluzione dell’esperienza

artistica del pittore.

Nannini era nato a Buriano (Quarrata) ma,

dopo la morte del padre, si era trasferito

con la famiglia a Pistoia. Osteggiato dalla

madre che ne avversava la passione pittorica,

si iscrisse nel 1912 all’istituto “Tullio

Buzzi” per la Tessitura e la Tintoria a Prato,

ottenendone il diploma. Al paese di nascita

rimase sempre legato: da questo universo

attinse ispirazione costante, fermando in

decine e decine di disegni condotti dal vero

i soggetti della sua pittura (iacuzzi 2006).

Lo accoglieva, in fuga dall’opposizione familiare,

la zia Ester, sua musa protettrice.

La personale inclinazione al disegno e la

strenua passione per la pittura furono il

presupposto da cui si mosse il giovane che

nel biennio 1912-1913 ebbe in Emilio Notte,

conosciuto a Prato, un riferimento diretto e

importante a cui dovette accostare anche

la lezione di Soffici su un piano di corrispondenze

poetiche e tematiche (morozzi

1980b, p. 162).

Lontano dagli ambienti accademici e dai

contesti ufficiali dell’arte, alimentava i propri

interessi attraverso la lettura delle riviste

e la frequentazione di quei giovani che,

come lui, ambivano a rinnovare l’arte. Si rivelò

informato del contemporaneo panorama

culturale italiano e toscano: intrattenne

rapporti con Renato Fondi e Giovanni Michelucci,

lesse “La Tempra”, condivise sogni

e speranze con Giulio Innocenti e Alberto

Nannini’s production is well represented

in this new exhibition thanks to the large

number of works assembled in the two

bank collections. The Cassa di Risparmio

di Pistoia collection, now owned by Intesa

Sanpaolo, holds 238 drawings, 21 figurative

paintings and one still life from his Futurist

phase, with complement important Futurist

paintings in the Fondazione Caript. We are

therefore in a position to survey the evolution

of Nannini’s art in its virtual entirety.

Though born in Buriano (Quarrata), Nannini

moved with his family to Pistoia after the

death of his father. Thwarted by his mother,

who opposed his passion for painting, he

enrolled in 1912 at the Istituto ‘Tullio Buzzi’

for Weaving and Dying in Prato, where he

received his diploma. He continued to have

close ties to his home village, a world from

which he drew constant inspiration, doing

dozens of drawings from nature which became

the subjects of his paintings (iacuzzi

2006). Leaving home to escape his family’s

hostility, he was taken in by his Aunt Ester,

who became his guardian muse.

Nannini’s aptitude for drawing and tireless

passion for painting drove him on. In

1912-1913 he found in Emilio Notte, whom

he had met in Prato, an immediate and important

beacon of reference, and to this can

be added, in terms of poetic and thematic

affinities, the influence of Ardengo Soffici

(morozzi 1980b, p. 162).

Remote from academic circles and the official

contexts of art, Nannini nurtured his

own interests by reading magazines and

frequenting those young men who, like

him, aspired to renew art. He became well

versed in contemporary Italian and Tuscan

culture; he frequented Renato Fondi and

Michelucci, he read La Tempra, and shared

dreams and hopes with Innocenti and Alberto

Caligiani, who together with him was

76 77



Caligiani con il quale ha anche una sorta di

alunnato presso Notte. Poche le apparizioni

pubbliche, circoscritte a tre mostre a cavallo

tra il 1914 e il 1915: a Firenze a fianco

di Notte partecipò alla Prima Esposizione

Invernale Toscana e tenne la prima personale

con Renato Arcangioli, Lippi, Caligiani

e Notte al Palazzo delle Esposizioni in via

Colonna; a Pistoia partecipò alla mostra

alle Regie Stanze. A questi eventi Nannini,

ancora lontano dalla grammatica futurista,

esponeva grandi cartoni disegnati con

ritratti di povera gente e dipinti di paesi in

cui possono essere evidenti, da un lato l’eco

delle sollecitazioni ricevute da Notte, Viani

e Giovanni Costetti verso un primitivismo

incentrato sulla rappresentazione di poveri

e vecchi che aveva riferimenti a livello europeo

in Costantin Meunier o Jean Toorop,

e dall’altro la direzione indicata da Ardengo

Soffici, ma anche da Costetti, verso la pittura

francese post-impressionista di Paul

Cézanne e dei Fauves (cfr. cagianelli-lazzarini

2000). Leggiamo le tracce di queste

ricerche nella rappresentativa selezione di

dipinti qui esposta: Mendicante (p. 116), Buriano

(p. 96), Chiesa di Buriano (p. 98), Zia

Ester (p. 100), Taglio degli olivi (p. 99), Cameretta

(p. 75) che si collocano tra il 1913 e

il 1915. Concluso il servizio militare a Roma,

si trasferì a Buriano e tra il 1916 e il 1918

attuò una vera e propria rivoluzione avanguardistica

perpetrata a suon di paesaggi,

nature morte e ritratti dedicati alla zia Ester

(bellissimo il Quarto ritratto della Zia Ester

oggi in collezione privata). È lo stesso Nannini

a enucleare i punti salienti e la portata

del cambiamento in atto nel passaggio tra

la pittura figurativa e quella futurista in una

lettera in risposta a una evidente stroncatura

degli amici futuristi che lo accusavano di

una eccessiva vicinanza a Soffici. La vicenda

coinvolge il gruppo fiorentino raccoltosi

like an apprentice-pupil under Notte.

Nannini’s few public appearances were limited

to three exhibitions held between 1914

and 1915. Alongside Notte, he participated

in the Prima Esposizione Invernale Toscana

In Florence, and held his first solo show

with Renato Arcangioli, Lippi, Caligiani and

Notte at the Palazzo delle Esposizioni in Via

Colonna. In Pistoia, he took part in the exhibition

in the Regie Stanze.

At these events Nannini, still remote from

the lexicon of Futurism, exhibited outsize

works on paper drawn with portraits of poor

people and paintings of villages, which revealed

in part an echo (from Notte, Lorenzo

Viani and Giovanni Costetti), of a primitivism

focused on depictions of the poor and

the elderly (with references at a European

level to Constantin Meunier or Jan Toorop),

and in part Ardengo Soffici’s, as well as

Costetti’s, regard for the French Post-Impressionism

of Paul Cézanne and the Fauves

(see cagianelli-lazzarini 2000). Traces of

these influences can be seen in the selection

of paintings, from 1913 to 1915, which are

exhibited here: Beggar (p. 116), Buriano

(p. 96), Church in Buriano (p. 98), Aunt

Ester (p. 100), Felling the Olive Trees (p.

99), and The Small Bedroom (p. 75).

After military service in Rome, Nannini

moved to Buriano. Between 1916 and 1918,

he enacted a veritable avant-gardist revolution,

expressed in landscapes, still lifes, and

portraits of his Aunt Ester (such as the very

fine Fourth Portrait of Aunt Ester, today in

a private collection). Nannini himself enumerated

the salient points and the scope of

the shift from figurative to Futurist painting

in a letter responding to a clear attack

by his Futurist friends, who accused him of

being too close to Soffici. The episode concerns

the Florentine group that gathered

around the magazine L’Italia futurista,

attorno alla rivista “L’Italia futurista” in cui

gravitavano, tra gli altri, Notte, Primo Conti

e Lega. Sul volgere del 1917 Nannini, che attendeva

di essere richiamato alle armi, era

in contatto con Conti al quale inviò alcune

opere, per averne un giudizio dal gruppo,

e la lirica Elica, destinata alla pubblicazione,

mai avvenuta, su “L’Italia futurista”. Lo

schieramento in opposizione all’entrata del

pistoiese nel gruppo futurista dovette essere

massiccio: il nostro concittadino non sarebbe

figurato né tra gli aderenti al Gruppo

Pittorico Futurista pubblicato sulla rivista il

2 dicembre 1917, né nella falange opposta

ad Arnaldo Ginna, che si stava raggruppando

attorno a Notte, Lucio Venna e Conti e

che avrebbe dovuto esordire con una mostra

mai avvenuta (morozzi 1995a, pp. 37-

40; 124-125). Nella missiva ricordata, datata

al dicembre 1917, Soffici è riconosciuto

da Nannini come un esempio importante

nei termini di un comune orizzonte visivo

MARIO NANNINI

Alba, 1914 ca., carboncino e matita rossa su carta da disegno

Dawn, 1914 ca., charcoal and red crayon on drawing paper

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 18233

including Notte, Primo Conti, and Lega,

among others. At the beginning of 1917, as

he was waiting to be conscripted again to

the army, Nannini was in contact with Conti

and sent him some works, in order to obtain

the group’s opinion, as well as the poem

Elica, which was to be published (though

this was not to be) in L’Italia futurista. The

opposition to Nannini’s entry to the Futurist

group must have been overwhelming. He

would appear neither among the members

of the Gruppo Pittorico Futurista published

in L’Italia futurista on 2 December 1917,

nor in the group opposed to Arnaldo Ginna,

which was forming around Notte, Lucio

Venna, and Conti, and which was to be

launched with an exhibition that never took

place (morozzi 1995a, pp. 37-40, 124-

125). In the letter in question, dated December

1917, Soffici was acknowledged by

Nannini as an important example in terms

of a shared visual and poetic point of view:

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e poetico: “quello che più si avvicina alla

mia indole di toscano, di campagnolo e che

fino agli ultimi lavori non avevo rinnegato”;

tuttavia il giovane mostra di aver ben chiara

la divergenza da questi quando si tratta di

creare un parallelo con le opere del periodo

futurista. In effetti, la disamina critica condotta

da Nannini è estremamente lucida e

di grande consapevolezza, laddove riconosce

come “Soffici ha raggiunto la sintesi per

la forma, ma anche pel colore”; mentre “io

sono sempre sulla verità – i colori delle viti

– degli ulivi – dei monti – delle case – e il

paesaggio è il solito di quello che facevo nel

1914 (ricordate?) soliti grigi – e solita tavolozza.

Se si eccettua che la scomposizione e

la simultaneità ha preso il posto dello staticismo

e del verismo” (lettera pubblicata in

morozzi 1995a, pp. 124-125). La notazione

sul colore è interessante: la tavolozza di

Nannini non si esaurisce nel bicromismo

grigio-verde della sua maniera cubo-futurista

ma si carica d’improvvise accensioni,

di accenti cromatici raffinati e per niente

scontati, inseriti ad armonizzare per via tonale

le composizioni. Per quanto riguarda

invece la scomposizione e la simultaneità,

basti vedere opere come Sintesi di Paese

(1916, p. 107) o Strada+casa (1916-1917, p.

108), Fondazione Caript, qui esposte, per

cogliere il momento in cui alla fitta trama

di angoli, rette e curve articolate lungo le

direttrici delle linee di forza del quadro si

va ad aggiungere l’idea di una simultaneità

delle visioni. Altro dato incontrovertibile:

Nannini è assolutamente estraneo al fascino

della velocità, della macchina, dei mezzi

di locomozione e al dinamismo della città,

come invece si confaceva al Futurismo. Nel

suo ritiro di Buriano, egli riesce ad applicare

con spontaneità non intellettualistica le leggi

della scomposizione e della simultaneità

al paesaggio, alle case del borgo, alle figure

“the one that comes closest to my nature as

a Tuscan, a countryman, which up until my

latest works I have not renounced”. Nevertheless,

the young man showed a clear

awareness of difference when it came to

comparing his early with his Futurist period.

Nannini’s critical faculty was extremely lucid

and knowing, recognizing how “Soffici

achieved synthesis for the form, but also for

the colour”, while “I am always for the true

– the colours of the vines – the olive trees –

the hills – the houses – and the landscape is

the usual one that I was doing in 1914 (do

you remember?) the familiar greys – and

the same palette. If one excepts that fragmentation

and simultaneity have replaced

stillness [staticismo] and truth to nature

[verismo]” (letter published in morozzi

1995a, pp. 124-125).

The note about colour is interesting. Nannini’s

palette is not limited to the greygreen

duality of his Cubo-Futurist style but

is charged with sudden bursts of colour and

refined chromatic accents, which are by no

means obvious but which serve to establish

the tonal harmony of his compositions. As

for fragmentation and simultaneity, one

need only look at works from the Fondazione

Caript such as those exhibited here,

Synthesis of a Village (1916, p. 107) or

Street + House (1916-1917, p. 108), to see

the way in which the dense web of angles,

straight lines, and curves articulated along

the axes of the painting’s ‘force-lines’ (linee

di forza) generate the idea of a simultaneity

of views.

Another incontrovertible fact is that Nannini

was completely removed from the

fascination with speed, cars, motorized

transport, and the city’s dynamism that

usually characterised Futurism. In his Buriano

retreat, he successfully applied, with a

non-intellectual spontaneity, the principles

MARIO NANNINI

Il cipresso, 1915-1916,

olio su cartone

The Cypress, 1915-1916,

oil on cardboard

Collezione Intesa

Sanpaolo, n. inv. 3603

che lavorano nei campi, alla strada che sale

verso la chiesa: ai soggetti che tante volte

ha studiato nei suoi disegni. In molti di essi

c’è l’evidenza della lezione di Cézanne e

della consapevolezza del “punto di attacco

del Cubismo al Fauvismo, avvenuto nei paesaggi

di Braque” che indicano probabilmente

in Soffici un tramite (parronchi 1958, pp.

177-178) ma che sicuramente non è l’unica

fonte di riflessione, come indicava lo stesso

artista.

Nelle proprie nature morte, Nannini è puntuale

nel cogliere il proprio portato di originalità

in quel “lirismo tipografico”, affidato

a innesti a collage che, a onor del vero, lo

distinguono in maniera specifica all’interno

del panorama del movimento e lo collocano

piuttosto in dialogo con le avanguardie europee.

In Natura morta con bottiglia (1916, p.

113), Collezione Intesa Sanpaolo, il carattere

tipografico è dissimulato nella superficie

del dipinto e diviene esso stesso brano di

of fragmentation and simultaneity to landscape,

houses in the village, figures working

in the fields, and a road rising up to a church

– those motifs that he had studied so many

times in his drawings. Many of them betray

his awareness of Cézanne and of “Cubism’s

crossover with Fauvism, which took place

in Braque’s landscapes”, which probably

reached him via Soffici (parronchi 1958,

pp. 177-178), though this was certainly not

his only source of reflection, as Nannini

himself stated.

In his still lifes, Nannini meticulously injected

his own originality with a “typographical

lyricism”, achieved through the patchwork

of collage that, truth be told, set him apart

in a specific way from the movement as

a whole, and placed him instead in a dialogue

with the European avant-gardes. In

Still Life with a Bottle (1916, p. 113), Intesa

Sanpaolo Collection, the typeface is concealed

in the painting’s surface, becoming

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pittura. In Rose (1917, p. 117), Fondazione

Caript, il gioco si fa ancora più raffinato: la

superficie è resa vibrante e tattile da lacerti

di pizzo, frammenti di fogli a stampa e caratteri

tipografici in un elegante insieme polimaterico.

Nel 1917 si colloca il dipinto dedicato

all’amico Piero Sabelli (pp. 114-115),

caduto sul Vodice il 19 agosto che, nell’occasione

del ricordo dell’amico, ci consegna

una sorta di manifesto pacifista avverso alla

guerra (morozzi 1995a, pp. 49-50) e un capolavoro

di sintesi futurista. In questi anni,

il futurista Nannini lavora ‘inviso’ ai fiorentini

e ‘incognito’ ai pistoiesi. Dopo il rifiuto

dei futuristi fiorentini, Nannini non si fa scoraggiare;

reagisce, lavora ancor più strenuamente

e concepisce un evento itinerante

che, partendo da Pistoia, avrebbe davvero

potuto scuotere la sonnacchiosa città. Si

trattava di radunare i vertici del Futurismo

tra i quali anche gli amici Lega, Notte, Venna

e Conti perché, come enunciava loro con

una consapevole presa di coscienza dei propri

raggiungimenti: “Ormai è finito il tempo

di tenere chiuso nello studio aspettando, la

vecchiaia, la morte. Bisogna far vedere oggi

e dappertutto” (lettera del settembre del

1918, in morozzi 1995a, p. 125-126). Se così

non fu, se a Pistoia il Futurismo non ebbe

mai i ‘santi’ che avrebbe dovuto, si deve alla

morte che, di lì a un mese, strappò Nannini

dai suoi propositi, privandoci di uno dei

più animosi e originali interpreti di questa

stagione che, ormai, non si tarda a annoverare

tra i protagonisti del Futurismo italiano

(drudi gambillo-fiori 1962, crispolti

2000; crispolti 2001).

itself a passage of paint. In Roses (1917, p.

117), Intesa Sanpaolo Collection, the effect

is even more refined as the surface becomes

vibrant and tactile with bits of lace, scraps

of printed paper, and typefaces, creating an

elegant ensemble of materials. A painting

of 1917 is dedicated to his friend Piero Sabelli

(pp. 114-115), who fell at Vodice on 19

August; by remembering his friend in this

way, he gave us a pacifist manifesto (morozzi

1995a, pp. 49-50) as well as a masterpiece

of Futurist synthesis.

In those years, Nannini’s Futurist works

were ‘unpopular’ with the Florentines and

‘unknown’ to the Pistoiesi. After his rebuff

by the Florentine Futurists, Nannini was not

discouraged, and responded by working ever

more doggedly. He conceived a traveling

event that, starting from Pistoia, would have

shaken up the sleepy city. The plan was to

gather the luminaries of Futurism, including

his friends Lega, Notte, Venna, and Conti,

because, as he expressed to his friends, fully

aware of his own achievements: “The time

to stay shut up in the studio waiting [for],

old age [and] death is now over. One must

go public today and everywhere” (letter of

September 1918, in morozzi 1995a, pp. 125-

126). If this were not so, if Futurism in Pistoia

never had the ‘saints’ it should have, it is due

to the death, within a month, that plucked

Nannini from his ambitions, depriving us of

one of the bravest, most original interpreters

of that period, now considered one of the key

figures of Italian Futurism (drudi gambillofiori

1962, crispolti 2000, crispolti 2001).

MARIO NANNINI

Scomposizione (Studio per Zia Ester con l’ombrellino), 1916 ca., carboncino su carta da disegno

Fragmentation (Study for Aunt Ester with Parasol), ca. 1916, charcoal on drawing paper

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 18703

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ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 – 1916)

Tre grazie | The Three Graces, 1912

Gesso patinato nero | plaster with black patina, cm 16,6 (diam.) x 1,8

Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi”, Pistoia, n. inv. 15

Tre grazie (fusione postuma?) | The Three Graces (posthumous cast?)

Bronzo | bronze, cm 16 (diam.) x 1

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1300

Acquisizione | acquired 2010

Il tondo in gesso patinato nero, di cui si conoscono alcune versioni in bronzo, raffigura tre nudi

femminili che si abbracciano, le Tre grazie. Il tema delle tre dee, dispensatrici di letizia, splendore e

prosperità, è svolto con un’eleganza senza leziosità; mentre la salda e allungata anatomia dei nudi

femminili mostra una riflessione sulla scultura manierista. Tutto attorno si dispongono le chiome di

una ricca vegetazione e sullo sfondo s’intravede un paesaggio. Tra i disegni della Biblioteca Comunale

Forteguerriana, al foglio n. inv. 684, troviamo analogie con quest’opera in un piccolo disegno

a inchiostro, sagomato a lunetta e contornato da un segno marcato, in cui è da rintracciare un’elaborazione

di gusto più marcatamente Liberty dello stesso tema: lo studio in questo caso poteva

essere indirizzato all’elaborazione di una delle tante placchette che si eseguivano in fonderia (cfr.

iacuzzi 2012, pp. 79-80).

This tondo with its black patina, of which there exist versions cast in bronze, depicts the Three

Graces, three female nudes with their arms around each other. The theme of the three goddesses

who bestow joy, splendour, and prosperity is rendered here with unaffected elegance. The firm

and elongated figures of the female nudes, framed by lush foliage with a hint of landscape in the

background, are influenced by Mannerist sculpture. Among Lippi’s drawings in the Biblioteca

Comunale Forteguerriana, there is a small, lunette-shaped ink drawing (inv. no. 684) which is

analogous to our tondo. Contoured by a strong line, its motif is similar but is more evidently

stile Liberté. This may be a design for one of the many small plaques made at the foundry (see

iacuzzi 2012, pp. 79-80).

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ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 – 1916)

Campane | Bells, 1913

Gesso | plaster, cm 78 x 35 x 26

Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi”, Pistoia, n. inv. 25

L’opera, di cui esiste una redazione in bronzo, vinse nel 1913 il Premio Baruzzi a Bologna

e fu presentata alla Secessione romana nel 1914. Evidente l’eco della poesia The Bells

di Edgar Allan Poe, del quale Lippi possedeva un’edizione italiana delle Poesie. In una

relazione di accompagnamento all’opera, considerata la più rappresentativa del proprio

lavoro, sono enucleati i temi della sua ricerca: un insieme minuziosamente progettato in

cui tutto doveva contribuire alla risonanza tra opera e spettatore: “Ho tentato di riunire

in un solo effetto artistico le diverse sensazioni nell’armonia discordante delle campane

[…]. Tutto il sentimento si dovrà concentrare nell’espressione delle teste, delle mani,

e nel movimento delle corde. Le chiavi, le scale del campanile, il vipistrello, daranno

un’idea di altre rispondenze di moto, di suono, di calore necessari a completare l’effetto;

poiché non succede mai una cosa isolata per un senso solo […]. La distanza e la

posizione delle teste e delle mani, l’inclinazione delle braccia, certe rotondità di forma,

ed apparenti sproporzioni volute, rappresentano la forma del suono, allo stesso modo

che la forma fisica di un uomo corrisponde perfettamente alla sua interiore personalità”

(A. Lippi, Relazione sul gruppo Le Campane, Archivio Corti Lippi, Pistoia, cit. in morozzi

2012, pp. 58-60).

A bronze version of this plaster won the 1913 Baruzzi Prize in Bologna and was exhibited at the 1914

Roman Secession. It is based on Edgar Allen Poe’s poem The Bells – Lippi owned an Italian edition of

Poe’s poems. A text by Lippi accompanying this sculpture, which he considered his most representative

work, laid out the premises of his art: a meticulously designed whole in which every part should

contribute to the resonance between the work and the viewer. “I have tried to bring together in a single

artistic effect the different sensations of the discordant harmony of the bells […] All the feeling must

be concentrated in the expression of the heads, the hands, and in the movement of the ropes. The keys,

the bell-tower stairs, and the bat give an idea of other accords [rispondenze] with the motion, sound,

and heat needed to complete the effect, since nothing ever happens in isolation, for one sense only

[...]. The distance and position of the heads and hands, the inclination of the arms, certain rotundities

of form, and apparent deliberate disproportions signify the form of the sound, in the same way that a

man’s physical form corresponds perfectly to his inner self” (A. Lippi, “Relazione sul gruppo Le Campane,”

Corti Lippi Archives, Pistoia, cited in morozzi 2012, pp. 58-60).

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ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 – 1916)

Guerra | War, 1914

Gesso | plaster, cm 215 x 127 x 31

Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi”, Pistoia, n. inv. 28

Di questo rilievo si conserva presso il Liceo Petrocchi una versione più piccola, praticamente

identica, nota con il nome Titani. La composizione risulta formata da due diverse

parti: la superiore, Torre dei venti e l’inferiore, Acheronte. In uno scenario che prende

spunto da un’ispirazione dantesca Lippi sembra presagire il dramma che di lì a poco

avrebbe coinvolto l’Europa. Uno stuolo di anime perse si riversa dalla Torre dei venti

sulle rive del fiume infernale Acheronte: il segno è scheletrico e corroso. Nel rilievo

stiacciato il movimento di membra e di ossa trascorre da un piano all’altro senza tregua,

con improvvise fratture. Una visione apocalittica che, pur partendo da una riflessione

letteraria, aspira a incarnare un simbolo universale, secondo quanto l’artista si prefiggeva

di raggiungere con il proprio lavoro (cfr. morozzi 2012, p. 64).

A smaller, almost identical version of this relief, with the title Titans, is also in the collection of

the Liceo Petrocchi (high school). The composition is divided into two: the upper part the Tower

of the Winds, and the lower Acheron. Though the scenes are inspired by Dante, Lippi seems to

be foreshadowing the tragedy soon to engulf Europe. A throng of lost souls spills from the Tower

of the Winds onto the banks of the infernal river Acheron: the mark is withered, corroded. In the

compressed and shallow space of the relief (rilievo stiacciato), the movement of limbs and bones

flows freely from one plane to another, with sudden breaks. Although starting from a literary idea,

this apocalyptic vision aspires to embody a universal symbol, according to Lippi’a own purpose (see.

morozzi 2012, p. 64).

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ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 – 1916)

Ritratto del fratello Ulisse | Portrait of His Brother Ulisse, 1915

Bronzo | bronze, cm 33x23x21

Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi”, Pistoia, n. inv. 32

Questa testa, definita dall’amico Lorenzo Viani una “potente maschera vigorosamente

plasmata” (viani 1925) fu molto apprezzata dai contemporanei che nel 1915 ne ammirarono

un modello in cera alla mostra fiorentina al Palazzo delle Esposizioni e a quella

pistoiese delle Regie Stanze. Renato Fondi, nel novembre dello stesso anno, propose

al giovane Lippi di pubblicarla su “La Tempra” in virtù della “stima” e della “considerazione’”

che “gli amici leali e aperti” della redazione nutrivano per lui (Il cerchio magico

2002, pp. 107-108); tuttavia la morte prematura del giovane vide naufragare il proposito.

L’opera impostata a una vigorosa sintesi dei volumi evidenzia l’interesse di Lippi per

le correnti artistiche contemporanee ispirate dall’arte africana e per questo si aggiudicò

il biasimo del più anziano scultore David Calandra che paragonava l’opera a “idoli di

popoli selvaggi”. Si tratta, indubbiamente, di uno dei più alti raggiungimenti plastici

dello scultore sul fronte di una ricerca strenua di una sintesi delle forme, e segna anche

un momento distintivo all’interno della scultura del Novecento europeo (morozzi

1995b; morozzi 2012). Del ritratto esiste una versione in gesso adesso dispersa, nota

da fotografia.

Described by his friend Lorenzo Viani as a “powerful, vigorously molded mask” (viani 1925), this

head was much appreciated by Lippi’s contemporaries who, in 1915, admired a wax model at the

Palazzo delle Esposizioni exhibition, Florence, and at the Regie Stanze in Pistoia. In November of

the same year, Renato Fondi suggested to the young Lippi that he publish the work in La Tempra,

given the “esteem” and “consideration” that “loyal and open friends” of the editorial staff had for

him (Il cerchio magico 2002, pp. 107-108). Alas the young man’s premature death scuttled this

proposal. Based on a vigorous synthesis of volumes, the bust reveals Lippi’s interest in the contemporary

vogue for African art. This precipitated the censorship of the older sculptor David Calandra,

who compared the work to the “idols of savage peoples”. It is undoubtedly one of Lippi’s greatest

sculptural achievements in terms of a constant search for summary form, and marks a distinctive

moment within European twentieth-century sculpture (morozzi 1995b; morozzi 2012). A now

lost plaster version of the portrait is known from photographs.

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ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 – 1916)

Contadini (Il lavoro) | Farmworkers (Labour), 1915

Gesso | plaster, cm 102 x 102 x 12

Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi”, Pistoia, n. inv. 29

ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 – 1916)

Levana, 1915

Gesso | plaster, cm 103 x 102 x 19

In basso a sinistra | bottom left: “Levana”

Liceo Artistico Statale “P. Petrocchi”, Pistoia, n. inv. 30

I due rilievi furono eseguiti per il tema Il lavoro imposto dal concorso Curlandese a Bologna. La prima

stesura dell’opera prevedeva l’immagine di tre contadini scarnificati dalla fatica, di contro a uno

sfondo altrettanto scarno, in cui sono disposti buoi ridotti a pelle e ossa. Successivamente subentrò

l’idea di una diversa rappresentazione del soggetto. La sintesi estrema a cui puntava l’artista lo portò

a raffigurare un personaggio scarnificato, un operaio della fonderia probabilmente, che pesta in un

tino. Il titolo tuttavia pare alludere alla dea latina delle nascite, Levana. In un romanzo inglese della

metà dell’Ottocento Suspiria de profundis di Thomas de Quincey (1845), Levana appariva accompagnata

da tre donne: la madre dei sospiri, delle tenebre e del dolore. Come se avesse potuto avvertire

certe suggestioni letterarie, Lippi sembra qui caricare l’opera di un’ulteriore dolente riflessione esistenziale.

Viani, che vide Lippi intento a lavorare all’opera, così ricorda in commemorazione dell’amico

(viani 1925): “L’idea realistica del Lavoro doveva essere uno che schiacciava uva in un tinello ma

lì, come in tutte le sue opere […] aveva trasfusa un’angoscia e una pena riducendo l’uomo quasi ad

uno spettro. Sorrise quando io, dopo aver guardato e ammirato, gli dissi: – Tu hai fatto il simbolo del

nostro travaglio: noi come quell’uomo, pestiamo, pestiamo l’acqua dentro il mortaio delle illusioni!”.

These two reliefs were executed on the subject of Labour, the required theme of the Curlandese

competition in Bologna. The first version of the subject represented three peasants worn to

the bone before an equally wasted background, in which emaciated oxen stand. Subsequently,

Lippi conceived a different idea. The search for the essential to which he aspired led to the depiction

of an almost écorché figure, probably a foundry worker, grinding a mortar in a cramped

chamber. The title alludes to the Latin goddess of childbirth, Levana. In Thomas de Quincey’s

novel Suspiria de profundis (1845), Levana appears accompanied by three women, the mothers

of sighs, shadows, and pain. By naming Levana, Lippi burdened the image with, if such were

possible, an additional dose of existential pain. Viani, who had watched Lippi at work on the

reliefs, remembered his friend thus (viani 1925): “The realistic concept of ‘Labour’ was to be a

man crushing grapes in a small room but, as in all his works [...] he instilled anguish and pain

by reducing the man almost to a spectre. He smiled when, after having seen and admired it,

I said to him ‘You have made the symbol of our toil; just like that man, we grind, we grind the

water in the mortar of illusions!’”

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ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 – 1916)

Studio per “Scioperanti” e studio per “Chimera che opprime l’uomo”

Study for “Strikers” and study for “Chimera that Oppresses Man”

Penna su carta paglia | ink on straw paper, cm 33,3 x 36

Biblioteca Comunale Forteguerriana, Pistoia, n. inv. 682

Plausibilmente nei primi anni Cinquanta, Ulisse Lippi, fratello di Andrea, depositò presso la

Biblioteca Comunale Forteguerriana, un album con una serie di disegni dell’artista per conservarli

a futura memoria. Si tratta di una selezione rappresentativa di disegni e studi per sculture,

insieme a qualche riproduzione fotografica (i disegni furono restaurati nel 2012 in occasione

di una mostra dedicata organizzata dal Centro di Documentazione sull’Arte Moderna e Contemporanea

pistoiese; cfr. iacuzzi 2012). Per Andrea Lippi il disegno è parte connaturata alla

genesi dell’opera: nella creazione artistica esso si fa interprete del continuo rovello interiore a

cui l’artista soggiace nella ricerca di una forma che possa riconnettere l’idea al simbolo che essa

incarna. Così dichiarava l’artista stesso: “[…] Ho creduto bene presentare a questo concorso

oltre che i saggi domandati anche una serie di disegni e di sculture non per far vedere la mia

opera e la mia preparazione anteriore ma per far comprendere di pari passo la creazione e la gestazione,

il parto – e le diverse forme che deve assumere l’idea metamorfosi prima di giungere a

quel risultato previsto e voluto dall’artista” (Carte Lippi, Pistoia, Archivio Corti Lippi, foglio 10d,

cit. in iacuzzi 2012, p. 71). Un rovello infinito di disegni, copie, schizzi, bozzetti, studi d’insieme

e di particolari accompagnano l’elaborazione plastica dei soggetti eseguiti dallo scultore.

ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 – 1916)

Gli spiriti del palazzo | The Spirits of the Palace

Penna su carta | ink on paper, cm 28 x 23

Biblioteca Comunale Forteguerriana, Pistoia, n. inv. 679

Most likely in the early 1950s, Ulisse Lippi consigned an album containing a series of drawings

by his brother Andrea to the Biblioteca Comunale Forteguerriana of Pistoia, to be preserved

for posterity. This was a representative selection of drawings, studies for sculptures,

as well as photographs. (The drawings were restored in 2012 for a dedicated exhibition

organized by the Centro di Documentazione sull’Arte Moderna e Contemporanea of PIstoia;

see iacuzzi 2012.) For Lippi, drawing was fundamental to his creative process: it was his

way of externalizing his inner thoughts in search of the symbolic form appropriate to the

idea. As he himself stated, “[...] I thought it a good idea to present a series of drawings and

sculptures to this competition in addition to the pieces requested – not to show off my work

and my prior preparation but to make understood in equal measure the creation and the gestation,

the birth – and the various forms that the metamorphosing idea takes before reaching

the result foreseen and desired by the artist” (Lippi Papers, Pistoia, Archivio Corti Lippi,

sheet 10d, quoted in iacuzzi 2012, p. 71). A turbine of ideas rendered in drawings, copies,

sketches, and compositional and detail studies lead up to the materialization in sculptural

form of the artist’s motif.

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MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Paese Buriano (Paesaggio) | Buriano Village (Landscape), 1914 ca.

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 42 x 66

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 04490

Acquisizione | acquired 1979

Nella campagna di Buriano, contesto domestico legato alla

figura della zia Ester, protettrice contro le opposizioni materne,

Nannini trova il proprio orizzonte operativo. Anche

quando rivendicò un’appartenenza al movimento futurista

fiorentino, Nannini ribadì la propria indole di ‘campagnolo’.

Il legame con la realtà della campagna toscana, gli fece intravedere,

per via poetica, un parallelismo con il più anziano

Ardengo Soffici, che tuttavia il giovane dichiarò di aver

conosciuto solo superficialmente. Sicuramente Nannini partecipò

del clima culturale toscano dei primi del Novecento,

dove i paesaggi eseguiti da Soffici tra il 1907 e il 1908 facevano

scuola. Da evidenziare tuttavia parallelismi nel lavoro

del pittore e maestro Emilio Notte, al fianco del quale Nannini

lavorava probabilmente anche nella campagna pistoiese:

da lui il giovane mutuò il segno marcato dei contorni entro

cui si annida il colore corposo, disposto in pennellate oblique

parallele (morozzi 1995a, p. 45-46). A questo universo

casalingo, piccolo angolo della campagna toscana dispiegata

sulle colline tra Quarrata, Pistoia e Firenze, si ispirano

anche altri dipinti pre-futuristi presenti in questa stessa collezione,

come Buriano (o Chiesa di Buriano) e Paese (o Taglio

degli ulivi), Cameretta (pp. 98, 99, 75), opere nelle quali si

leggono anche riflessioni su Paul Cézanne e la pittura dei

Fauves (iacuzzi 2000a).

In the countryside of Buriano, in the household of his Aunt Ester, who

sheltered him from the hostility of his mother, Nannini found the circumstances

that set him free to work. Even when he claimed membership

in the Florentine Futurist movement, Nannini insisted on his

nature as a campagnolo, a man of the countryside. His affection for

rural Tuscany gave him an affinity, in poetic terms, with the older

Ardengo Soffici, whom the young Nannini claimed to have known

only slightly. Nannini certainly participated in the Tuscan cultural

climate of the early 1900s when, between 1907 and 1908, Soffici’s

landscapes served as models. However, parallels in the work of the

painter and teacher Emilio Notte, at whose side Nannini probably

also worked in the Pistoia countryside, should not be overlooked.

Nannini adapted from Notte the bold contour lines within which

thick impasted colour is laid in parallel oblique brushstrokes (morozzi

1995a, pp. 45-46). Other pre-Futurist paintings in this collection

– such as Buriano (or The Church of Buriano) and Village (or

Felling the Olive Trees), and The Small Bedroom (pp. 98, 99, 75),

in which there are traces of Paul Cézanne and of the Fauves – were

also inspired by this domesticated world, this corner of the Tuscan

countryside nestled below the hills near Quarrata, between Pistoia,

and Florence (iacuzzi 2000a).

96 97



MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Buriano (o Chiesa di Buriano) | Buriano (or The Church of Buriano),

1914-1915

Olio su cartone riportato su tavola | oil on cardboard laid on board, cm 47 x 66

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03663

Acquisizione | acquired 1979

MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Paese (o Taglio degli ulivi) | Village (or Felling the Olive Trees), 1914-1915

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 31,5 x 35,5

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03605

Acquisizione | acquired 1979

98 99



MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Zia Ester| Aunt Ester, 1915 ca.

Olio su cartone riportato su tavola | oil on cardboard laid on board, cm 47 x 65

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03607

Acquisizione | acquired 1979

MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Zia Ester in giardino | Aunt Ester in the Garden, 1912-1913

Olio su cartone riportato su tavola | oil on cardboard laid on board, cm 43 x 65

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 04494

Acquisizione | acquired 1979

All’amata zia Ester Nannini dedicò almeno quattro ritratti, frutto di ricerche pittoriche e sollecitazioni

artistiche diverse, nello svolgersi veloce della sperimentazione di un giovane alla

ricerca del proprio stile. È la zia a costituire la fonte primaria della sua ispirazione: la ritrae

al balcone, sull’imponente poltrona col breviario alla mano, in giardino mentre passeggia

tra aiuole che sembrano crateri aperti nel terreno e ‘alberi cavolfiore’ di giottesca memoria

(morozzi 1995a, p. 44; parronchi 1957, p.96). A lei, infine, è dedicato un mirabile ritratto,

tra i vertici del Futurismo. In questo ritratto domestico, caratterizzato da un’inquadratura

rialzata, l’insieme risulta precario. Si ha la sensazione che l’intera composizione trovi il fulcro

della propria stabilità nel vaso da fiori che coincide con il punto in cui convergono i tre ‘assi

cartesiani’ della stanza, costituiti dalle pareti e dal pavimento. Così in questa sorta di ‘scatola

prospettica’, disposta di spigolo, i pochi elementi rappresentati sembrano animarsi in senso

dinamico. L’attenzione di Nannini si concentra nella descrizione del volto, mentre stupisce il

particolare non finito delle mani nel grembo che rende l’idea di un’urgenza espressiva o di un

repentino cambio nella direzione della ricerca (iacuzzi 2000a).

Nannini dedicated at least four portraits to his beloved Aunt Ester Nannini, each the result

of different technical approaches and influences, as the young Mario eagerly sought

a pictorial style of his own. His aunt was the primary source of his inspiration, portraying

her on the balcony, in an imposing armchair reading a book, or walking in the garden

between flowerbeds resembling craters and puffy ‘cauliflower’ trees in the style of Giotto

(morozzi 1995a, p. 44; parronchi 1957, p.96). His Futurist portrait of her is one

of that movement’s high points. In the indoor portrait of Aunt Ester, with its relatively

high viewpoint, the effect is of precariousness. The fulcrum and anchor of the composition

seems to be the flowerpot, on which three ‘Cartesian axes’, formed by the corners

of the walls and the floor, converge. Within this sort of ‘perspective box’, seen from an

angle, the few formal elements come dynamically alive. Nannini focuses on describing

his aunt’s face, while the lack of finish of her hands in her lap is startling, giving the impression

of an expressive urgency or a sudden change of mind in his exploratory efforts

to resolve his style (iacuzzi 2000a).

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MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Tre studi di volti I | Three Studies of Heads I (recto), 1914 ca.

Due studi di volti | Two Studies of Heads (verso), 1914 ca.

Carboncino su cartone | charcoal on cardboard, cm 34 x 27

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 04497a/b

Acquisizione | acquired 1979

MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata,Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Studi di volti e scorpione | Studies of Heads and Scorpion (recto), 1914 ca.

Tre studi di volti II | Three Studies of Heads (verso), 1914 ca.

Carboncino su cartone | charcoal on cardboard, cm 32 x 34

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 04498a/b

Acquisizione | acquired 1979

Questi due cartoni, disegnati su entrambe le facce, propongono studi preparatori per

l’opera Figure e città (Casa Museo Sigfrido Bartolini), e per i grandi lavori Il bacio della

croce, Il suono dell’organo, Esequie funeraria e I consigli dell’ava: quattro cartoni, eseguiti

come opera autonoma ed esposti da Nannini alla Prima Mostra Invernale Toscana nel

1914-1915. Come sua consuetudine il giovane aveva preparato le composizioni elaborando

i vari elementi separatamente, dedicando ai ritratti dei vecchi una particolare

attenzione, probabilmente ritraendo gli abitanti di Buriano durante i riti della comunità

paesana. Il tema proposto, il segno frastagliato, netto e incisivo, evidenzia una relazione

anche con il dipinto Mendicante (p. 116), in cui è probabilmente da identificare Il pellegrino

chiromante, esposto a Firenze alla personale al Palazzo delle Esposizioni in via

Colonna (1915). La via intrapresa non dovette però soddisfare l’artista che, di lì a poco,

decise di dipingere sull’altra faccia del supporto la composizione futurista Rose (P. 117).

These two drawings, worked on both sides, are preparatory studies for Figures and the City

(Casa Museo Sigfrido Bartolini), and for the large The Kiss of the Cross, The Sound of the

Organ, Funeral Rites, and Grandmother’s Advice: four cartoon-like drawingss executed as

finished works and exhibited by Nannini at the 1 st Mostra Invernale Toscana, 1914-1915. As

always, the young Nannini prepared the compositions by working separately on various elements,

paying particular attention to the heads of Buriano’s old people, probably portraying

them during village festivals. In addition, the subject matter and the angular, crisp and

incisive line of these studies indicate a connection to the painting Beggar (p. 116), which is

probably identifiable with The Wandering Fortune-Teller that Nannini exhibited in Florence

in his solo show at the Palazzo delle Esposizioni in Via Colonna (1915). However, the artist

must have been dissatisfied with this image and he later used the other side of the support for

his Futurist composition Roses (P. 117).

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MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Gruppo di quattro contadini | Group of Four Farmworkers, 1913-1914

Carboncino, matita bianca e rossa su carta marrone | charcoal, white and red crayons, on brown

paper, cm 37 x 24,5

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 14160

Acquisizione | acquired 1979

Il cospicuo nucleo dei disegni acquisito dalla Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (ora

Intesa Sanpaolo) propone una lettura interessante del processo creativo di Nannini per

il quale il disegno era sostanzialmente il ‘laboratorio dell’opera’ (iacuzzi 2006). Pertanto

attraverso i disegni, è possibile seguire la gestazione delle sue opere pittoriche, sia

figurative che futuriste. Ritrarre i contadini e la campagna nei dintorni del paese di Buriano,

dove si trovava la casa della zia Ester, era per il giovane un’occupazione quotidiana,

preliminare e parallela alla pittura. Molti fogli si susseguono in cui Nannini ci mostra,

a mano a mano, gli abitanti del suo universo: la zia e le donne del paese sedute o mentre

lavorano, i contadini nelle loro occupazioni, figure maschili e femminili in movimento, le

ricamatrici, il carro con il cavallo, i maialini, le gallinelle, le pecore, il paesaggio, le case

e gli alberi. Tra i tanti studi dedicati ai contadini, si distacca questo foglio in cui il pittore

sembra interessato all’analisi della disposizione di una stessa figura nello spazio, secondo

angolazioni diverse, ma in una unica visione. La simultaneità e la scomposizione

futuriste sono ben lontane: nella stagione d’avanguardia una diversa idea di dinamismo

interesserà il pittore.

The substantial collection of drawings acquired by the Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (now

Intesa Sanpaolo) offers an interesting reading of Nannini’s creative process, with drawing essentially

serving as the ‘artist’s workshop’ (iacuzzi 2006). It is possible therefore to trace the development

of both his figurative and Futurist paintings through drawings. Sketching the peasants and the

countryside around the village of Buriano, where his Aunt Ester lived, was for him a daily habit, both

preliminary and parallel to his painting. Drawings flowed out of Nannini in which he recorded for us

one by one the inhabitants of his universe: his aunt and the village women seated or at work, the

peasants, male and female figures in motion, embroiderers, the cart and its horse, piglets, chickens,

sheep, the landscape, houses, and trees. This sheet stands out among his many studies dedicated

to the village folk: Nannini analysed the location in space of the same figure seen from different

angles, but in a single view. Yet Futurist simultaneity and fragmentation are still far off: when his

avant-garde period came, his notion of dynamism would be quite different.

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MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Sintesi di paese | Synthesis of a Village (recto), 1916

Mazzo di rose, incompiuto | Bunch of Roses, unfinished (verso), 1918

Verso: “Opera del pittore Mario Nannini da Buriano (Pistoia). † 24 ottobre 1918. È una di quelle

lasciate in eredità al sottoscritto. Rag. Giulio Innocenti” | “Work by the painter Mario Nannini from

Buriano (Pistoia) † 24 October 1918. It is one of those bequeathed to the undersigned. Giulio Innocenti,

accountant”

Olio su cartone grigio | oil on grey cardboard, cm 48 x 38

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 689

Acquisizione | acquired 2008

Il dipinto Sintesi di paese deve essere annoverato tra le prime esperienze futuriste di Nannini, attorno

al 1916: qui il giovane già si dimostra sicuro nell’affrontare il paesaggio attraverso il metodo della

scomposizione e compenetrazione dei piani della visione. La composizione si presenta come un

‘rabesco di paesaggio’ in cui sapientemente le colline, le case, gli alberi, la strada si concatenano in

un insieme organico di linee, curve e angoli. Le direttrici dinamiche tendendo verso i bordi esterni

del dipinto, ottengono il risultato di espanderne i confini, dilatandolo. Fedele alla propria “indole

di campagnolo”, anche nella stagione futurista il paesaggio per Nannini fu luogo d’ispirazione da

passare al vaglio di nuove teorie artistiche. Nel procedere della sperimentazione, il pittore sarebbe

giunto a composizioni via via più complesse come in Strada+casa (p. 108), dove s’intuisce la simultaneità

di piani successivi e l’ossatura del paesaggio che si squassa come sotto un movimento

tellurico (morozzi 1995a, p. 48). Sul retro del supporto di Sintesi di paese, si colloca l’incompiuto

Mazzo di rose (1918), prova di sintesi estrema in cui leggere una delle ultime prove futuriste dell’artista.

In un angolo una notazione autografa di

Giulio Innocenti che ebbe alcuni lavori in eredità

dall’amico.

Synthesis of a Village, painted around 1916, is

one of Nannini’s earliest Futurist experiments. it

already demonstrates his confidence in tackling a

landscape through the fragmentation of forms and

interpenetration of planes. The composition is presented

as a ‘landscape arabesque’ in which the hills,

houses, trees, and road are interconnected in an

organic ensemble of lines, curves, and angles. The

lines that indicate dynamic movement, by tending

towards the outside edges of the painting, expand

and stretch its scope of action. In accordance with

Nannini’s rustic nature, landscape continued to be

a fount of inspiration, even in this Futurist phase,

through which to filter new theories and practices

of art. In the course of his experimentation, Nannini’s compositions became increasingly complex, as in

Street + House (p. 108), in which one senses a succession of simultaneous planes and the basic structure

of a landscape shaken as if by an earth tremor (morozzi 1995a, p. 48). On the verso of the support is an

unfinished image of a Bunch of Roses (1918), an experiment in the extreme reduction of form according

to Futurist practice. An original notation by Giulio Innocenti, who inherited some works from his friend, is

in one corner.

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MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Strada + casa | Street + House, 1916-1917

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 50 x 44,5

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1059

Acquisizione | acquired 2009

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MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Scomposizione di figura (Zia Ester con l’ombrellino)

Fragmentation of a Figure (Aunt Ester with Parasol), 1916-1917

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 56 x 34,5

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1055

Acquisizione | acquired 2009

La figura femminile, in cui Rosanna Morozzi (1995a, p. 48) propone di identificare la Zia

Ester con ombrellino, è il centro dinamico della composizione. Il concatenarsi serrato di

una serie di angoli suggerisce la compenetrazione degli elementi dell’ambiente circostante

tra i quali si distingue una casa e, nella parte inferiore del cartone non dipinto, la

strada. La grammatica compositiva è caratterizzata da una rigida ossatura disegnativa

angolare con forte marcatura nera, attorno alla quale si addensa la materia pittorica

in sottili pennellate. Analogamente a quanto era solito fare nella stagione figurativa,

il dipinto fu preparato da disegni in cui si leggono distintamente alcuni elementi della

composizione finale. Nel foglio dal titolo Scomposizione (Studio per Zia Ester con l’ombrellino)

(p. 83) si legge l’idea degli angoli di compenetrazione della strada con la figura

che cammina, i caratteri tipografici e la caratteristica cifra grafica che sintetizza la tesa

del cappellino con le sopracciglia e il naso della donna (iacuzzi 2006, p. 23).

The female figure, identified by Rosanna Morozzi (1995a, p. 48) as Nannini’s Aunt Ester holding

a parasol, is the dynamic centre of the composition. The tightly concatenated series of angles suggests

the interpenetration of the surrounding elements, including a house and, in the unpainted

lower part of the cardboard, a street. The formal vocabulary is that of a rigid, angular scaffold with

strong black contours, around which cluster thin brushstrokes of liquid paint. As was his practice

during his figurative period, the painting was prepared with drawings, in which some of the final

elements of the composition can be distinctly read. In one sheet, entitled Fragmentation (Study for

Aunt Ester with Parasol) (p. 83) the idea of angles interpenetrating the road with the figure walking,

the stencilled letters, and the typical graphic cipher that merges the hat brim with the woman’s

eyebrows and nose, are all already in evidence (iacuzzi 2006, p. 23).

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MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Natura morta (o Natura morta con bottiglia)

Still Life (or Still Life with Bottle), 1916 ca.

Olio e collage su cartone riportato su tavola | oil and collage on cardboard

laid on board, cm 43,5 x 25,5

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03664

Acquisizione | acquired 1983

Questa natura morta si pone a un punto di snodo importante

nell’elaborazione del linguaggio futurista di Nannini. La riduzione

lineare dei volumi porta alla scomposizione e compenetrazione

del tavolo e dell’ambiente circostante con una bottiglia.

Si aggiungono elementi a collage: nella bottiglia il frammento

a stampa con la lettera ‘m’ suggerisce l’idea di un’etichetta. Il

frammento però è completamente impastato al colore mentre

un segno marrone e denso lo raccorda e lo intona al contesto

pittorico, dissimulando l’intervento. Siamo dinanzi a una “trascrizione

lirica dell’immagine reale” (d’afflitto 2000, p. 653)

in cui il colore s’insinua tra le rotture lineari e s’imprime attraverso

il nitore dei toni o la vivacità della luce (parronchi 1957,

p. 97; cfr. morozzi 1995a, p. 69; iacuzzi 2000a).

This still life is an important turning point in the evolution of Nannini’s

Futurist painting. The linear dissolution of the volumes leads to the

fragmentation and interpenetration of the planes of the table and the

surrounding room, over which a bottle reigns. Pasted papers have been

added: the fragment of printed paper on the bottle with the letter ‘m’

suggests a label, although, being embedded in the paint surface, emphatically

present in the bold brown marks, its ‘reality’ is fully integrated

into that of the painting, We have before us a “lyrical transcription of the

real image” (d’afflitto 2000, p. 653), in which colour is introduced between

the linear ridges, and imprinted via glowing tones or radiant light

(parronchi 1957, p. 97; see morozzi 1995a, p. 69; iacuzzi 2000a).

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MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Piero Sabelli, 1917

Olio e collage su cartone | oil on collage on cardboard, cm 33 x 35

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1060

Acquisizione | acquired 2009

L’opera trae il titolo dal necrologio funebre che

compare incollato nel dipinto: Piero Sabelli, amico

di Nannini, morto sul Monte Vodice (Slovenia) il 19

agosto 1917. Non è semplice capire gli elementi della

composizione che propone immagini e figure come

“lampi di memoria”: da un lato si distingue un camposanto

sul cui muro è attaccato il frammento di

giornale con il necrologio e dal lato opposto l’aereo

giallo che parzialmente copre la scritta “PAX”. Sul

fondo scuro del dipinto si scorgono: “le montagne

e la croce d’un campanile. Si tratta di un calvario,

chiaramente segnato dal simbolo del teschio giallo

che conclude, alla base, il tema del dipinto” (morozzi

1995a, p. 49). L’opera sembra indicare un chiaro

giudizio negativo del pittore sulla guerra, altrimenti

mai espresso: a questa data, anch’egli attende di essere

arruolato.

The painting’s title derives from the obituary which is pasted

onto the painting: Piero Sabelli, a friend of Nannini, died

in the war on Monte Vodice (Slovenia) on 19 August 1917.

The imagery is not easy to decipher, with the shapes and

figures presented as “flashes of memory”. To one side is

a cemetery on whose wall the newspaper scrap with the

obituary is affixed. On the opposite side, a yellow aeroplane

partially obliterates the word PAX. In the painting’s

dark background can be seen “the mountains and the cross

of a bell tower. It is a Calvary, clearly marked by the symbol

of the yellow skull, on the lower edge, that concludes

the painting’s theme” (morozzi 1995a, p. 49). The work

seems to express Nannini’s unambiguous condemnation

of war, something he never otherwise expressed. He was

awaiting conscription at this very time.

114 115



MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Rose | Roses (recto), 1917

Olio e collage su cartone | oil and collage on cardboard, cm 52 x 28,5

Mendicante | Beggar (verso), 1915

Olio su cartone | oil on cardboard

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1056

Acquisizione | acquired 2009

Con il dipinto Rose siamo dinanzi a uno degli apici pittorici futuristi di Nannini. La scomposizione

e la frammentazione dinamica della superficie sono orchestrate da linee di

fuga che dilatano e ampliano spazialmente il dipinto, caratterizzato da una raffinata

tavolozza cromatica. La superficie è resa preziosa da una sapiente dissimulazione del

collage polimaterico in cui si rintracciano frammenti di giornale e di pizzo. Nannini gioca

con le grandezze e i formati dei frammenti stampati e con le lettere e i numeri tipografici

dipinti, generando sulla superficie continue sorprendenti contraddizioni. Giustamente

Alessandro Parronchi sottolineava come il colore sembrasse evocare anche sensazioni

olfattive: “[…] Così nel Mazzo di Rose è suggerito davvero il profumo del fiore dal paonazzo

dei petali, fissati in quel motivo – 0 e 8 – stampigliate su assi sghembe, che rende

esattamente la forma dei bocci” (parronchi 1958, p. 179). Sul verso si trova il dipinto

Mendicante, riferibile al 1915, opera già messa in relazione con lavori eseguiti dal giovane

in un momento di vicinanza all’insegnamento di Emilio Notte.

With the painting Roses, we have a peak of Nannini’s Futurism.

The dismantling of form and the dynamic fragmentation

of the surface are orchestrated by fugitive perspective lines

that expand and broaden the space of the painting, notable

for its refined palette. The surface is enriched by the skilfully

incorporated collages of newspaper cuttings and scraps of

lace. Nannini played with the sizes and formats of the printed

papers as well as with painted letters and typographical numbers

to produce unexpected and continuous contradictions on

the surface. Alessandro Parronchi rightly suggested that the

colour even seems to suggest olfactory sensations. “[...] Thus

in the ‘Bunch of Roses’ there is an actual hint of the perfume

of the flower with its purple petals, fixed in that motif – 0 and

8 – imprinted at a tilt, that renders exactly the shape of the

buds” (parronchi 1958, p. 179). On the reverse of the painting

is another work, Beggar, datable to 1915, which has in the

past been associated with works by the young Nannini when

he was under the spell of the teaching of Emilio Notte.

116 117



MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata, Pistoia 1895 – Pistoia 1918)

Figura di donna (Studio per Ritratto di Zia Ester)

Female Figure (study for Portrait of Aunt Ester), 1916-1917

Carboncino e inserti a collage su carta | charcoal and collage inserts on paper, cm 34,5 x 23,5

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 14152

Acquisizione | acquired 1979

Doppia scomposizione di figura

Double Fragmentation of a Figure, 1916-1917

Carboncino su carta | charcoal on paper, cm 26,5 x 35,5

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 18702a

Acquisizione | acquired 1979

Il carattere compiuto del foglio Figura di donna suggerisce la possibilità che Nannini abbia qui

realizzato un’opera grafica dal carattere autonomo. Il collage è ottenuto attraverso la giustapposizione

di frammenti di giornale e di carta disegnata: la sfrangiatura del bordo a stampa suggerisce

l’idea di una compenetrazione dell’ambiente con la figura femminile e un senso dinamico

alla composizione. Gli angoli di scomposizione, le linee frastagliate dei contorni, i caratteri

tipografici disegnati come se fossero stampigliati, sono gli elementi della grammatica futurista,

che Nannini applica a un tema legato alla sfera domestica, umile e popolare quale poteva essere

il contesto del lavoro femminile della campagna di Buriano all’epoca (tuci 2017a/b, pp.

52-53). Possiamo immaginare che, ancora una volta, il suo modello fosse la zia Ester, intenta a

ricamare. Lontano dalla roboante retorica d’avanguardia, estraneo alle teorie e alle discipline,

Nannini attua la propria rivoluzione futurista ridefinendo con l’alfabeto del nuovo linguaggio

l’universo che lo circonda: così immagina la caleidoscopica simultaneità di una donna che ricama

e la ‘riscossa proletaria di panni tesi ad asciugare’ (Mario Nannini, Elica, poesia pubblicata

in morozzi 1995a, pp. 120-121). Nelle due campiture del foglio Doppia scomposizione di figura,

Nannini analizza lo stesso tema attraverso una sintesi scompositiva del tutto diversa.

The finished aspect of Figure of a Woman suggests that Nannini may have considered this an autonomous

work in its own right. The collage consists in juxtaposed newspaper cuttings and fragments

of drawings on paper. The fringe of shadow on the newsprint renders the idea of an interpenetration of

the ambience and the female figure, and introduces a dynamic sense in the composition. The angles

that break up the volumes, the jagged contour lines, and the typography drawn as if stencilled or

painted, are elements of the Futurist lexicon that Nannini applied nevertheless to an image of domesticity,

humble and popular, as was women’s work in rural Buriano at that time (tuci 2017a/b, pp.

52-53). We can imagine that his model was once again his Aunt Ester, intent on her sewing. Far from

bombastic avant-garde rhetoric, Nannini, extraneous to theories and disciplines, implemented his own

Futurist revolution, redefining the universe around him with the alphabet of a new language. He thus

imagined the kaleidoscopic simultaneity of a woman with her embroidery and the “proletarian victory

of clothing hung out to dry” (Mario Nannini, Elica, poem published in morozzi 1995a, pp. 120-121). In

the two halves of Double Fragmenttion of a Figure, Nannini analysed the same theme using different

compositional devices.

118 119



LA ‘SCUOLA’ ATTIVA

TRA LE DUE GUERRE

GLI ANNI VENTI

THE ‘SCHOOL’ ACTIVE

BETWEEN THE WORLD WARS

THE 1920S

120 121



La ‘scuola’ attiva tra le due guerre

Gli anni Venti

The ‘School’ Active between the World Wars

The 1920s

The 1st Esposizione Provinciale d’Arte organized

by the Sindacato di Belle Arte in

Pistoia in 1928 marked the city’s recognition

of a group of artists whose shared interests,

lyrical inspiration and homogeneity of language

qualified them to be referred to as a

‘scuola’ (school) (sisi 1980, p. 132; sisi 1998,

pp. 13-16). These were young men born in

the first decade of the century: Pietro Bugiani,

Alfiero Cappellini, Umberto Mariotti,

and Renzo Agostini. They were joined occasionally

by Angiolo Lorenzi, a gloomy young

man from the mountains; Silvio Pucci, from

Pistoia, who attended the city’s mostre sindacali

but was more active in Florence; and

Giulio Pierucci, from Prato. Also exhibiting

1928 was the painter Egle Marini with her

twin brother Marino, already well established

as a sculptor in Florence, where he

worked with his future brother-in-law Alberto

Giuntoli. At their sides were older figures

such as Francesco Chiappelli, Giovanni

Michelucci, his wife Eloisa Pacini (also a

painter) and Alberto Caligiani. The new

generation included Mauro, Renato Fondi’s

son. Corrado Zanzotto was absent from the

show: a native of Pieve di Soligo but resident

in Pistoia, he was often away from the city

for long periods. The late Andrea Lippi was

included, with a posthumous retrospective.

Despite their individual stylistic ideosyncracies,

the unifying characteristics of this

handful of artists – the painters Bugiani,

Cappellini, Agostini, Mariotti (sometimes

accompanied by Zanzotto, who was yet to

La Prima Mostra Esposizione Provinciale

d’Arte organizzata dal Sindacato di Belle Arti

avvenuta a Pistoia nel 1928 segna il riconoscimento

cittadino di un gruppo di artisti che

per comunità d’intenti, ispirazione poetica

e omogeneità linguistica è stata spesso designata

col termine di ‘scuola’ (sisi 1980, p.

132; sisi 1998, pp. 13-16). Si trattava dei giovani

nati nel primo decennio del Novecento:

Pietro Bugiani, Alfiero Cappellini, Umberto

Mariotti, Renzo Agostini. Ad essi si univano

di tanto in tanto Angiolo Lorenzi, malinconico

ragazzo di montagna, Silvio Pucci, pistoiese,

presente alle mostre sindacali della città ma

più attivo a Firenze, il pratese Giulio Pierucci.

A quella stessa mostra, era presente anche la

pittrice Egle Marini con il gemello, a quest’epoca

già scultore e con uno studio stabile

a Firenze dove lavorava insieme ad Alberto

Giuntoli, futuro cognato. Al loro fianco, esponevano

anche personalità più mature come

Francesco Chiappelli, Giovanni Michelucci

accompagnato dalla consorte Eloisa Pacini,

anch’ella pittrice, Alberto Caligiani. Tra

le nuove leve il figlio di Renato Fondi, Mauro.

Assente all’esposizione, invece, Corrado

Zanzotto, nativo di Pieve di Soligo e residente

Pistoia, ma per lunghi periodi lontano

dalla città. Una retrospettiva postuma di

Andrea Lippi, ne evocava la presenza con

alcune sculture.

Seppure tra le diverse inflessioni stilistiche

personali, il carattere comune di quel piccolo

manipolo di artisti che includeva soprattutto

i pittori Bugiani, Cappellini, Agostini, Mariotti

a volte accompagnati da Zanzotto non

ancora scultore, da Pierucci e da Lorenzi, si

ravvisava in una smagata e malinconica poeticità

che trovava nei soggetti comuni della

vita quotidiana e nella natura, una fonte

inesauribile d’ispirazione in cui cogliere lo

spirito divino dell’universo. Il filtro dell’astrazione

spirituale consentiva loro di andare

all’essenzialità dal dato reale, allontanandosi

da qualsiasi dubbio di realismo. Ugo Ojetti,

visitando la mostra pistoiese, sottolineava

in questa ‘scuola’ un carattere di ‘sapore’

pascoliano, incorrendo nell’equivoco, fin

troppo semplificativo, che quest’arte appartata

fosse la resultante della vita sana della

provincia, banalizzando, in un’ottica di regime,

le aspirazioni e i contenuti poetici che ne

avevano invece favorito lo scaturire, e tutta

una serie di contatti artistici intrecciati fuori

Prima Mostra Provinciale d’Arte, 1928, Pistoia

1st Mostra Provinciale d’Arte, 1928 Pistoia

Archivio A. Agostini

become a sculptor), Pierucci, and Lorenzi

– consisted in the melancholic and poetic

mood that they perceived in daily life and

nature, which were for them inexhaustible

sources of inspiration for capturing the

divine spirit of the universe. The filter of

spiritual abstraction allowed them to touch

the essential nature of things, transcending

mere realism. On visiting the Pistoia exhibition,

Ugo Ojetti emphasised in this ‘scuola’

an affinity to the poet Giovanni Pascoli, under

the mistaken and simplistic impression

that their isolated art was the outcome of

the healthy life of the province, trivializing,

from the point of view of the Regime, both

the aspirations and poetic content that inspired

them, and a network of contacts with

the art world beyond the walls of Pistoia

(sisi 1980, p. 132; see toti 2007, p. 77).

122 123



degli Uffizi), richiama alla mente l’analogo

ritratto dedicato a Giovanni Michelucci, impostato

sul profilo con un evocativo richiamo

alla ritrattistica rinascimentale (Casa Museo

Sigfrido Bartolini, p. 124).

L’importanza dell’impatto della triade Michelucci-Costetti-Lanza

del Vasto nel contesto

culturale cittadino del primo dopoguerra è

stata più volte sottolineata (campana 2003,

ragionieri 1998) e indica, sostanzialmente,

il punto d’incontro tra due generazioni che

nell’incanto della natura trovavano materia

per una originale e autonoma risposta ai precetti

artistici imperanti. Nel clima del ritorno

all’ordine post-futurista secondo i dettami

del Novecento di Margherita Sarfatti, la loro

via a un’arte contemporanea si nutriva piuttosto

di un atteggiamento di candore in cui

si coniugavano l’arte dei Primitivi – da Giotto

a Masaccio a Beato Angelico – la lezione

del colore, riaffermata da Costetti (costetti

1914) e, attraverso Paul Cèzanne, sempre in

essere in Ardengo Soffici; l’esempio diretto

dell’arte e della natura al posto dello studio

scolastico della copia, come indicava Michelucci.

E fu ancora Michelucci ad avvicinare i

giovani come Bugiani alla lettura dei Fioretti

di San Francesco, di Dante, di Petrarca e Rabindranath

Tagore in veri e propri pellegrinaggi

nella campagna a cogliere quanto di

spirituale legava il paesaggio all’arte e alla

poesia. D’altra parte, come aveva scritto, l’opera

d’arte “è il primo passo di ascesa verso

lo Spirito-Dio. L’arte […] è la via di ascesa

alla intelligenza delle Cose Divine […]” (michelucci

1923).

A quest’ultimo si riconduce anche la lezione

del disegno nella natura come prassi quotidiana

per cogliere lo spirito delle cose: indicazione

che sicuramente trovava anche in

Costetti e Lanza del Vasto due profondi sostenitori.

Riaffiora in questo decennio l’opera

di xilografo di Michelucci con alcune sintedalle

mura pistoiesi (sisi 1980, p. 132; cfr.

toti 2007, p. 77).

Nella loro ricerca c’è uno spiritualismo di

fondo a cui indicava la lezione di Michelucci,

dal 1920 insegnante alla neonata Scuola

d’Arte di Fabio Casanova. Dopo la sua partenza

per Roma nel 1925, anche la linea poetica

di Giuseppe Lanza del Vasto, introdotto

agli artisti pistoiesi per tramite di Giovanni

Costetti, indicava nella stessa direzione. In

quel momento, infatti, Costetti, in rotta con

Guido Manacorda con il quale aveva fondato

la rivista fiorentina “Il Giornale di Poesia”

e in opposizione al regime, si era avvicinato

al poeta aristocratico Lanza del Vasto, condividendo

con lui uno stesso ideale misticoreligioso.

All’avvicinamento di Lanza a Pistoia

dovette contribuire anche la rottura tra

Michelucci e Costetti, su opposte posizioni

rispetto al fascino attrattivo della capitale

(ragionieri 2007a, p. 46). A testimonianza

dell’amicizia, protrattasi nel tempo, che legò

Costetti a Lanza, rimangono i molti ritratti

che il pittore dedicò all’amico: uno, eseguito

nel 1926 (Gabinetto di Disegni e Stampe

GIOVANNI COSTETTI

Ritratto di Giovanni

Michelucci, s.d., lapis su carta

Portrait of Giovanni

Michelucci, n.d., lapis on paper

Casa Museo Sigfrido Bartolini

The core of spiritualism at the heart of their

work points to the example of Michelucci,

who from 1920 was a teacher in Fabio Casanova’s

newly established Scuola d’Arte.

Following Michelucci’s departure for Rome

in 1925, the influence of the poet Giuseppe

Lanza del Vasto, who was introduced to the

Pistoian artists by Giovanni Costetti, pointed

in the same direction. At that time Costetti,

who had fallen out with Guido Manacorda

with whom he had founded the Florentine

Il Giornale di Poesia, and who was also

an oppenent of the Regime, drew close to

the aristocratic Lanza del Vasto, sharing

with him his mystical-religious ideals. His

friendship with Lanza in Pistoia probably

aggravated tension between himself and

Michelucci, who held different positions

regarding the appeal of Pistoia (ragionieri

2007a, p. 46). Costetti’s several portraits

of Lanza are evidence of their long-lasting

friendship: one of these, a pencil drawing

of 1926 (Gabinetto di Disegni e Stampe

degli Uffizi), brings to mind his portrait of

Giovanni Michelucci (Casa Museo Sigfrido

Bartolini, p. 124), and is evocative of Renaissance

portrait profiles.

The importance of the Michelucci-Costetti-Lanza

del Vasto triumvirate in the city’s

cultural environment following World War I

has often been noted (campana 2003, ragionieri

1998) and was the point at which

two different generations came together,

each finding within the enchantment of

the natural world material for an original

and independent response to prevailing

artistic practice. Against the backdrop of

the post-Futurist ‘return to order’, in line

with the dictates of Margherita Sarfatti’s

Novecento movement, their’s was a way

of art making nourished instead by an attitude

of ‘candour’ that brought together the

memory of Italian primitives (from Giotto

to Masaccio to Fra Angelico), the value of

colour, emphasized by Costetti (costetti

1914), and Paul Cézanne, ever present in

the work of Ardengo Soffici: on Michelucci’s

advice, the artist’s direct address to art and

nature took the place of academic study

based on the copy. It was Michelucci who

introduced young artists such as Bugiani

to the Little Flowers of St Francis, to the

works of Dante, Petrarch and Rabindranath

Tagore, with actual ‘pilgrimages’ into the

countryside to capture the spirituality that

bound landscape to art and poetry. Then

again, it was the work of art that “is the

first step towards the Spirit-God. Art […] is

the way of ascent to a knowledge of Divine

Things […]” (michelucci 1923).

The lesson of a daily regime of plein air

drawing, to capture the spirit of nature,

can also be attributed to Michelucci: a lesson

tbat was earnestly endorsed by both

Costetti and Lanza del Vasto. Michelucci

returned to working on woodcuts during

this decade; some simple views of Pistoian

churches have recently been attributed to

124 125



tiche vedute di chiese pistoiesi, a lui recentemente

ricondotte e riferite probabilmente

a questi anni (cfr. Il cerchio magico 2002, p.

97; salvi 1913, pp. 68). Al 1921-1922 si collocano

i legni dei Fioretti di San Francesco:

opera di rara purezza lineare, in sintonia con

quel recupero dell’esempio francescano che

permeava la cultura italiana ed europea del

primo Novecento (migliore 2001). Riferita

agli anni Venti una incisione conservata nella

Casa Museo Sigfrido Bartolini, qui esposta

(p. 128). In questa linea di purismo incantato,

nutrito dalla frequentazione diretta della

campagna, si collocano anche bellissimi disegni

d’ispirazione ‘giottesca’ di Renzo Agostini

e Pietro Bugiani, proposti in questo nuovo

allestimento (pp. 142, 149), e che tanto

appassionavano anche Giuseppe Lanza del

Vasto (Lanza del Vasto 2006).

Il gruppo composto prevalentemente da

Agostini, Bugiani, Cappellini, Mariotti, con

la frequentazione saltuaria di Lorenzi, Pierucci

e Zanzotto, si raccoglieva in una sorta

di “Cenacolo” agreste che trovava nell’aia di

Agostini a Candeglia il suo fulcro nevralgico,

ma che copriva anche altri luoghi come gli

Gli artisti del

“Cenacolo” in posa

nell’aia della casa di

Agostini nel 1924.

The artists of the

‘Cenacolo’ posing in

the farmyard of the

Agostini house in 1924

Da sinistra | from the

left: Alfiero Cappellini,

Renato Rosatelli,

Renzo Agostini,

Giovanni Michelucci,

Pietro Bugiani.

Archivio A. Agostini

him and probably date from this period (see

Il cerchio magico 2002, p. 97; salvi 1913,

p. 68). The woodcuts of the Little Flowers

of St Francis date to 1921-1922: these

are works of rare linear purity, in line with

a revival of the cult of St. Francis that permeated

Italian and European culture in the

early twentieth century (migliore 2001).

An etching of 1920 conserved in the Casa

Museo Sigfrido Bartolini, illustrated here

(p. 128). In this propensity for enchanted

purism, fostered by frequent trips into the

countryside, can be placed the beautiful,

Giotto-like drawings of Agostini and Bugiani,

shown in this exhibition (pp. 142,

149), so greatly admired by Lanza del Vasto

(Lanza del Vasto 2006).

The group composed mainly of Agostini,

Bugiani, Cappellini, and Mariotti, with the

occasional presences of Lorenzi, Pierucci

and Zanzotto, would gather as a kind of

rural cenacle or ‘Cenacolo’, based at Agostini’s

farm in Candeglia, its ‘nerve centre’,

though meetings took place elsewhere,

such as the banks of the Ombrone river,

the verges of the millpond at Bussotto, or

argini dell’Ombrone, le prode del bottaccio

a Bussotto o la Fallita. Firenze, sempre ‘sullo

sfondo’, costituiva un connaturato termine di

paragone per le chiese e i musei in cui andare

ad attingere lezione diretta dell’arte e, certamente,

per quelle occasioni espositive di cui

ancora Pistoia era avara. Si deve, infatti, considerare

come i giovani pistoiesi già dal 1925

identificassero tra Firenze, Milano e Roma,

dove si trovava Michelucci, il loro asse d’interesse

espositivo e lavorativo. Basti ricordare

l’adesione di Caligiani e Marini al Gruppo

Novecentesco Toscano e la frequentazione di

Bugiani o Mariotti presso la Galleria Bellenghi

a Firenze, sodale a questo gruppo. Non

furono poche le occasioni che, secondo il sistema

espositivo e corporativo del Sindacato

di Belle Arti, fruttarono, per alcuni, la convocazione

alle Quadriennali romane e alle

Biennali Veneziane o la partecipazione, tra il

1926 e il 1929, alla I e II mostra di Novecento

a Milano (toti 2007).

“Nati dalla terra come un ruscello di montagna,

come una pipa d’argilla. Dipingono

nature morte, paesaggi, scene religiose, con

una squisita verginità di visione”: recitava

Costetti nella sua autobiografia del 1929

(costetti 1929b, cfr. traduzione in ragionieri

2007b, p. 27, nota 11) riferendosi ai “puri di

Pistoia” Bugiani, Agostini, Marini, Mariotti e

Pierucci. La verginità di visione costituiva per

lui la premessa per una nuova stagione pittorica

in cui aspirare a un’arte priva d’intellettualismi,

autenticamente e intrinsecamente

poetica: un modo, in definitiva, per trovare,

attraverso questi giovani, una nuova strada

anche per se stesso. L’autonomia espressiva

e lo spiritualismo divennero pertanto d’ora in

poi elementi distintivi di “una ‘scuola’ votata

all’antieroismo” nella dimensione appartata

della provincia toscana, appena nata (sisi

1998, p. 13).

La grande sala centrale dell’attuale nuovo

elsewhere in La Fallita. Florence, ever on

the horizon, was a natural counterpoint of

affinity, with its churches and museums to

be visited, where one would learn directly

from art, and of course for its exhibitions,

which were still few in Pistoia. It must be

taken into account how, as early as 1925,

the young Pistoian artists considered Florence,

Milan and Rome, where Michelucci

lived, poles of attraction both for work and

exhibition. Caligiani and Marini joined the

Gruppo Novecentesco Toscano, and Bugiani

and Mariotti frequented the Galleria

Bellenghi in Florence, which was supportive

of the group. They benefited from numerous

exhibition opportunites afforded by the corporative

exhibition system of the Sindacato

di Belle Arti: some were called to the Rome

Quadriennales or the Venice Biennales, or

took part between 1926 and 1929 in the

Ist and 2nd Novecento exhibitions in Milan

(toti 2007).

“Born from the earth like a mountain

stream, like a clay pipe. They paint still lifes,

landscapes, religious scenes, with an exquisite

virginity of vision”, wrote Costetti in his

autobiography in 1929 (costetti 1929b, see

translation in ragionieri 2007b, p. 27, note

11), referrinbg to the ‘pure ones of Pistoia’:

Bugiani, Agostini, Marini, Mariotti, and

Pierucci. “Virginity of vision” constituted, for

him, the premise for a new era of painting,

aspiring to an art free from intellectualisms,

authentically and intrinsically poetic: a way

to identify a future for these young men

and for himself. Expressive individuality and

spiritualism became henceforth characteristic

elements “of a ‘school’ pledged to anti-heroism”

in the secluded dimension of the

newborn Tuscan province (sisi 1998, p. 13).

The large central room of the exhibition

spaces in Palazzo de’ Rossi represents this

moment in the story of Pistoia’s art, thanks

126 127



GIOVANNI MICHELUCCI

Paese, 1920, acquaforte

Village, 1920, etching

Casa Museo Sigfrido Bartolini

allestimento presso Palazzo De’ Rossi celebra

a pieno questa stagione artistica grazie a

una serie di acquisizioni dedicate, avvenute

sia da parte della Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia dalla metà degli anni Ottanta,

sia da parte della Fondazione Caript a partire

dagli anni Novanta. Nell’intento di dare

uno sguardo che fosse rappresentativo dei

raggiungimenti artistici dei vari protagonisti,

laddove necessario, abbiamo scelto di ricorrere

ad alcuni prestiti da privati o enti pubblici.

È questo il caso delle quattro opere gentilmente

concesse dal Museo Civico di Pistoia

eseguite da Chiappelli, Mariotti, Cappellini e

Caligiani. Esse furono acquisite proprio dal

Podestà di Pistoia nel 1927 alla III Mostra del

Sindacato delle Arti del Disegno, per il costituendo

Museo Civico, inaugurata nel 1922.In

questa occasione i pistoiesi già si facevano

Mostra Provinciale Pistoiese, mirroring in

turn the political will for self-determination

which led to the elevation of the city to the

status of province in 1927.

The purpose here is to provide an overview

which, if not exhaustive, is to some degree

evocative of the quality of the goals attained,

in terms of autonomy and lyricism,

by this school which, like a ‘serried phalanx’,

was held aloft by Antonio Maraini as

exemplary for other Tuscan cities in the 1st

Mostra Regionale d’Arte Toscana (April-

June 1928).

The works shown here include absolute

masterpieces, some of which were featured

in the 1928 Mostra Provinciale. The landscapes

include Bugiani’s Young Oak Tree

(p. 140), Washing in the Sun (p. 141),

which Costetti saw as a real revelation

(costetti 1924) and Sunday Afternoon

(p. 138), always considered the manifesto

of the lyricism of this period, with its enchanted

atmosphere of time suspended. In

the company of these are Agostini’s The

Church of Candeglia, The Country Road

and The Pink House (pp. 146, 145, 147)

in which colour sings poetically and unfettered

from the canvas. Drawings by both

these artists, displayed here, are gems of

pure formal clarity. This series of rural views

concludes with the crystalline Landscape

‘The Millpond’ by Caligiani (p. 150). Paintings

by Pierucci and Pucci are missing, since

none from this period are to be found in the

two collections. However it is worth mentioning

the large Landscape (Fondazione

Caript Collection) by Pucci in the Polo Universitario

(UNISER) of Pistoia.

Next come the still lifes: we would like to

imagine that those by Mariotti, Lorenzi

and Cappellini, from private collections (pp.

153-155), were painted in a spirit of shared

intention, observation and study, executto

a series of acquisitions by the Cassa di

Risparmio di Pistoia e Pescia in the mid-

1980s and by the Fondazione Caript from

the 1990s onwards. To provide a fuller sense

of the accomplishments of the various leading

figures, we have chosen, when appropriate,

to include works borrowed from private

or public collections. This is the case of four

paintings, by Chiappelli, Mariotti, Cappellini

and Caligiani, kindly lent by the Museo

Civico of Pistoia. These were purchased by

the Podestà (mayor) of Pistoia in 1927 at

the 3rd Mostra del Sindacato delle Arti del

Disegno for the new Museo Civico, inaugurated

in 1922. Pistoian artists were already

attracting attention as a group, with

a shared and distinctive stylistic tendency,

heralding their recognition as a school,

which came the following year with the 1st

notare alla stregua di gruppo con un indirizzo

unitario e ben rappresentativo che faceva

presagire il riconoscimento di ‘scuola’ che

arrivò con la Prima Mostra Provinciale pistoiese

l’anno seguente, riflesso anche della volontà

politica che aveva visto l’elezione della

città a provincia nel 1927.

Nelle nostre intenzioni, l’idea è quella di avere

una visione, se non esaustiva, vagamente

evocativa della qualità dei traguardi di autonomia

e poeticità raggiunti dai protagonisti

di questa stagione artistica che come “una

falange ben serrata” fu portata a esempio da

Maraini per le altre città toscane in occasione

della I Mostra Regionale d’Arte Toscana,

aprile-giugno 1928 (maraini 1928).

Tra le opere esposte in questo nuovo allestimento,

vi sono dei capolavori assoluti che, in

alcuni casi, figurarono alla Prima Mostra Provinciale

del 1928. Tra i paesaggi: di Bugiani

Il Querciolo (p. 140) e Panni al sole (p. 141),

in cui Costetti nel 1924 lesse una vera e propria

rivelazione (costetti 1924); Pomeriggio

domenicale (p. 138), da sempre considerato

il manifesto poetico di questa stagione con

quella sua aura d’incantata sospensione dal

tempo. Accanto a essi, di Agostini, La chiesa

di Candeglia, La strada di Campagna e La

casa rosa (pp. 146, 145, 147) in cui il colore

è un ‘canto spiegato’ di rara poesia. Di questi

autori sono esposti anche disegni che sono

gemme di pura limpidità formale. Chiude la

serie delle visioni di campagna il cristallino

Paesaggio “Il bottaccio” di Caligiani (p. 150).

Non esposti dipinti di Pierucci e Pucci, di cui

non si sono rintracciate nelle due collezioni

opere cronologicamente attinenti; si segnala

tuttavia il grande Paesaggio (Collezione Fondazione

Caript) di Pucci ubicato presso UNI-

SER (Polo Universitario di Pistoia).

Vi è poi il gruppo delle nature morte: quelle,

in collezione privata (pp. 153-155), di Mariotti,

Lorenzi e Cappellini frutto – ci piacerebbe

128 129



immaginare – di riflessioni comuni, di studio

condiviso, condotto fianco a fianco davanti a

una frugale mensa imbandita. Dipinti eseguiti

in un rifugio domestico in cui pere, mele e

uova sembrano celare il segreto del mistero

dell’universo che incarnandosi si fa tempo e

spazio. Poesia incantata che scaturisce da

una sorta di magia del reale. E poi, in carrellata:

la Natura morta di Cappellini del 1927,

dal Museo Civico (p. 157), quale capolavoro

indiscusso per sintesi di volumi, segno e colore;

la Composizione con il libro di Picasso (p.

159)di Pietro Bugiani in cui, come nella Natura

morta con il bricco dello stesso autore

(Fondazione Caript, p. 131), c’è una ricezione

della lezione di Casorati destinata a creare

un’eco nella Natura morta con la rivista

“Formes” (p. 160) di Eloisa Pacini Michelucci

(toti 2003, pp. 15-16).

Dei dipinti di figura, da segnalare quelli acquisiti

nel 1927 dal Museo Civico: la raffinata

Donna in giallo (p. 163) di Francesco Chiappelli;

il più monumentale Ritratto di Adriana

Mariotti (p. 165) di Umberto Mariotti, e il

Ritratto all’aperto (p. 164) di Caligiani, caratterizzato

da un tono pittorico soffuso e

sfumato. Tra i ritratti intensi di cui spesso gli

artisti si fanno omaggio vicendevole, a riprova

dell’ideale fratellanza poetica del “Cenacolo”,

si espone quello del pittore Umberto

Mariotti (p. 169), eseguito da Bugiani, ma se

ne ricordano molti altri. A questa tradizione

del ritratto scambievole Bugiani e gli altri

erano stati sicuramente iniziati dall’esempio

di Costetti, grande maestro in questo genere.

Si vedano, al proposito, i superbi ritratti

eseguiti dal più anziano pittore a Marini

(p. 171), Bugiani e Agostini attorno al 1926. È

indubbio che questi ultimi artisti costituissero

per Costetti e Lanza del Vasto, più di altri

nel gruppo, i prediletti in questo momento

di sodalizio poetico e spirituale: le lettere di

entrambi ai giovani, conservate negli archivi,

ed in each other’s company, before a table

laid with frugal fare. They were painted in

a domestic haven, where pears, apples, and

eggs seem to conceal within them the mystery

of the universe which, ‘becoming flesh’,

materialise time and space. An enchanted

poetry springs from a magic realism. And

then, one after the other, Cappellini’s 1927

Still Life from the Museo Civico (p. 157),

a masterpiece in its summary treatment

of form, line and colour, Bugiani’s Composition

with the Book of Picasso (p. 159),

which, as in his Still Life with Coffee Pot (p.

131), reflects the influence of Felice Casorati,

echoed in Eloisa Pacini Michelucci’s Still

Life with the Magazine ‘Formes’ (p. 160)

(toti 2003, pp. 15-16).

Among the figure paintings, those acquired

in 1927 for the Museo Civico stand

out: the sophisticated Woman in Yellow

by Francesco Chiappelli (p. 163), the more

imposing Portrait of Adriana Mariotti by

Umberto Mariotti (p. 165), and the Outdoor

Portrait by Caligiani (p. 164), with its

hazy, unfocused tones. The intensely-felt

portraits these artists often painted of each

other, evidence of the ideal of poetic brotherhood

of the ‘Cenacolo’, include, among

many, Bugiani’s portrait of Umberto Mariotti

(p. 169). This habit of reciprocal portraiture

by Bugiani and the others originated on

the example of Costetti, who was a master

of this genre. Exemplary are the older artst’s

superb portraits of Marini (p. 171), Bugiani

and Agostini around 1926. Undoubtedly

these three, for Costetti and Lanza del

Vasto, were counted the most highly in the

group, the favoured ones, in this season of

poetic and spiritual fellowship. Letters written

by Costetti and Lanza del Vasto to the

younger artists give us glimpses of affection,

admiration, and support (see Letters

from Lanza del Vasto in the Bugiani Ar-

ci consentono di coglierne le sfumature di

affetto, stima e sostegno per la strada intrapresa

(cfr. lettere di Lanza del Vasto nell’Archivio

Bugiani, Fondazione Caript; ragionieri

1998, campana 2003).

A Marino Marini si dedica un piccolo approfondimento,

prendendo le mosse proprio da

due opere datate al 1925, Putto che suona (pp.

176-177) e Festina lente sed festina (p. 179),

acquisiti dalla Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia (ora Intesa Sanpaolo), e dal Ritratto

del pittore Caligiani (1929) della Fondazione

Caript (p. 184). Ad esse si aggiungono alcuni

importanti prestiti concessi dalla Fondazione

Marino Marini di Pistoia, volti a contestualizzare

la presenza dello scultore all’interno

della temperie pistoiese del terzo decennio.

Alcune incisioni come La diga (1919-1920)

PIETRO BUGIANI

Natura Morta con Bricco, 1925, olio su cartone

Still Life with Coffee Pot, 1925, oil on cardboard

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 256

chives, Fondazione Caript; ragionieri 1998,

campana 2003).

Particular attention is given here to Marini,

beginning with two works of 1925, Putto

Playing an Instrument (pp. 176-177) and

Festina lente sed festina (p. 179), purchased

by the Cassa di Risparmio di Pistoia e

Pescia (now Intesa Sanpaolo), and the Bust

of the Painter Alberto Caligiani of 1929,

in the Fondazione Caript collection (p. 184).

In addition to these, important works have

been lent by the Fondazione Marino Marini

in Pistoia, selected to place the sculptor in

the Pistoian milieu of the 1920s. Some engravings

like The Dam (1919-1920) (p. 136)

and The Mine (1920-1921) (p. 135) lead us

back to back to the years of his training. In

The War of 1914 (p. 134), etched around

130 131



SILVIO PUCCI

Lavoro in Campagna, s.d., olio su tela

Farm Work, n.d., oil on canvas

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1115

1920-1921, Marino illustrated from memory

visions of the military hospital in the spaces

of the Accademia where, as Egle wrote, “the

hospital patients, with their fresh wounds,

filed by, speechless, towards the halls where

they would take their chances, behind dark

porticoes” (marini 1974, p. 18). Marini enrolled

in Celestino Celestini’s school of engraving

in 1921, after studying under Galileo

Chini and before attending Domenico Trentacoste’s

sculpture course, always at the

Accademia di Belle Artii in Florence, where

he had begun studying in 1917 together with

his sister Egle in 1917.

Very early engravings by Marini have been

dated by some critics prior to his attendance

at Celestini’s classes, thus opening the door

to the appealing theory that, as a very young

man, Marini was taught the craft by his fellow

Pistoian Chiappelli. These works, with

thin, clear lines and a masterful technique,

reveal an awareness of European models

on the theme of labour. Comparisons can

be made to Frank Brangwyn, whose works

were easily accessible in Florence, or to

Théophile Steinlen and Constantin Meunier.

(p. 136) e La miniera (1920-1921) (p. 135), ci

riconducono agli anni della sua formazione.

Infatti, ne La guerra del 1914 (p. 134), eseguita

attorno al 1920-1921, Marino trascrive

‘a memoria’ le visioni dello spedale militare

allestito negli ambienti dell’Accademia dove,

come racconta Egle, “i militari ricoverati, freschi

di ferite […] sfilavano senza risposta,

verso le aule di fortuna dietro portici oscuri”

(marini 1974, p. 18). Marino si iscrisse alla

scuola d’incisione di Celestino Celestini nel

1921, dopo l’alunnato presso Galileo Chini,

sempre all’Accademia di Belle Arti a Firenze,

iniziato con la sorella Egle nel 1917, e prima

di frequentare il corso speciale di scultura di

Domenico Trentacoste nel 1922. Le incisioni

qui esposte sono state ricondotte dalla critica

in un lasso temporale che addirittura, in

alcuni casi, precede l’insegnamento di Celestini,

restituendoci la suggestiva ipotesi che,

giovanissimo, Marini fosse stato iniziato al

segno, proprio dal concittadino Chiappelli.

Questi lavori, caratterizzati da un segno sottile

e certo e da una tecnica sicura, mostrano

anche la conoscenza del panorama artistico

europeo contemporaneo al quale si può riferire

il tema del lavoro. Esempi potevano rintracciarsi

in Frank Brangwyn, accessibile nel

contesto fiorentino, o in Théophile Steinlen e

Constantin Meunier. Intrigante la circostanza

del possesso dell’acquaforte La miniera da

parte di Renato Fondi che dedicava all’artista

il primo contributo monografico nel 1927,

incentrato sull’incisione e la scultura (fondi

1927 in Il cerchio magico 2002, pp. 276-277,

cfr. pp. 146-149). È invece datata al 1923 l’acquaforte

Deposizione (p. 175), esposta nello

stesso anno alla II Biennale romana: un lavoro

caratterizzato dalla forte concatenazione

plastica dei corpi in cui si avverte il cambio

di rotta dell’artista verso la scultura. Questo

lavoro segna anche una battuta di arresto

nell’incisione fino al 1943 (guastalla 1990,

pp. 10-11). È interessante ricordare, in questi

stessi anni, la partecipazione del giovanissimo

artista al Concorso per il Monumento ai

caduti di Pistoia, da collocarsi nella zona del

prato della Chiesa di San Francesco (allora

Piazza Mazzini) o del soprastante Parterre.

L’esito del concorso, indetto nel 1922 e conclusosi

nel 1923, vide vincitore Silvio Canevari

e aggiudicò il secondo posto a Marini. Il

monumento fu tuttavia inaugurato solo nel

1925, non senza polemiche degli artisti e degli

intellettuali sul senso dell’operazione e del

rispetto della memoria storica del luogo (per

la vicenda si veda: mazzi 1980, pp. 107-108;

chelucci 1993, pp. 238-240; per il contributo

di Michelucci in merito: bassi 1992, pp. 99-

101; cfr. salvi 2007, pp. 104-105).

Nel 1927, alla vigilia della Prima Mostra Provinciale

d’Arte pistoiese, dunque, il giovane

scultore appariva al critico Fondi già avviato

verso “tappe luminose e conquiste importanti”.

Elencando le linee principali d’interesse

del giovane, vi rintracciava l’incisione – a cui

si era dedicato principalmente appena uscito

dall’accademia –, la xilografia di cui niente

è documentato, e la scultura. Circa l’impor-

It is intriguing that Fondi, author in 1927 of

the first monograph on Marini, focusing on

both engraving and sculpture, owned a print

of The Mine (fondi 1927 in Il cerchio magico

2002, pp. 276-277, see pp. 146-149).

The etching Deposition (p. 175) is dated

1923 and was exhibited the same year at

the 2nd Rome Biennale: a work characterised

by a complex and plastic concatenation

of bodies, an indication of Marini’s growing

interest in sculpture. This was his last engraving

until 1943 (guastalla 1990, pp. 10-

11). It is worth noting, in the context of these

early years, Marini’s participation, at an

extremely young age, in the competition for

the war memorial in Pistoia, which was to

be located on the lawn in front of the Church

of San Francesco (then Piazza Mazzini) or

on the Parterre above. The competition

was announced in 1922 and awarded to

Silvio Canevari in 1923, with Marini in second

place. The memorial was inaugurated

in 1925, not without polemical opposition

from artists and intellectuals who contested

the purpose of the monument and argued

for respect of the historic memory of the

site (for this episode see: mazzi 1980, pp.

107-108; chelucci 1993, pp. 238-240 for

Michelucci’s contribution, see bassi 1992,

pp. 99-101; salvi 2007, pp. 104-105).

Thus in 1927, on the eve of the 1st Mostra

Provinciale Pistoiese, it seemed to the critic

Fondi that the young Marini was already

well on his way to “illustrious achievements

and important conquests”. Listing his primary

areas of interest, he named engraving

(his main focus after leaving the Academy)

woodcuts (none of which are documented)

and sculpture. Regarding the importance

of engraving in Marini’s training, such that

it arguably led to his profound sensibility

for elaborately chased surfaces on his

sculpture, it is indicative that his first solo

132 133



MARINO MARINI

La guerra del

1914, 1920-1921,

acquaforte

The War of 1914,

1920-1921, etching

Fondazione Marino

Marini, Pistoia, n. inv.

A009

MARINO MARINI

La miniera, 1920-1921,

acquaforte

The Mine, 1920-1921,

etching

Fondazione Marino

Marini, Pistoia, n. inv.

A008

exhibition, with Egle and Alberto Giuntoli

in Livorno in 1923, consisted of paintings

and four engravings (guastalla 2002, pp.

12-13, salvi 2013, p. 80). Fondi, astutely

predicting Marini’s imminent and felicitous

independent career, emphasised the young

artist’s impatience with academic teaching

and instead drew attention to the good

advice of “skilled teachers and friends mature

in knowledge”, undoubtedly counting

Costetti among them (fondi 1927; see Il

cerchio magico 2002, pp. 146-149, salvi

2013, p. 78).

Costetti’s compelling portrait of Marini

(p. 171) dates from 1926. In turn, in 1927,

Marini modelled the heads of Costetti and

Lanza del Vasto. The presentation of these

two portraits at the 1st Mostra Provinciale

Pistoiese, and the numbers of Marini’s

works in the collections of Costetti and

Lanza del Vasto, draw to our attention their

high regard for him. Among the works that

once belonged to Costetti were two hexagonal

plaques, one of which, the Putto

Playing an Instrument (pp. 176-177), was

purchased by the Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia, now Intesa Sanpaolo (see.

stetti figurano anche due formelle esagonali

una delle quali, il Putto che suona (pp. 176-

177), fu acquistata dalla Cassa di Risparmio

di Pistoia e Pescia, ora Intesa Sanpaolo (cfr.

ragionieri 2007a, p. 62, nota 57, pp. 51-52,

nota 52; martino 2016, p. 167, nota 200).

In questo tessuto intenso di rapporti e d’intrecci,

dobbiamo ricordare che Marino, già

dal 1925/26, aveva in essere proficui rapporti

con il Gruppo Novecentesco Toscano, e con

la rivista “Solaria” sulla quale pubblicò disegni

dal 1927 al 1930. In questo contesto di un

comune orizzonte d’ispirazione, ravvisabile

nella scultura fiorentina rinascimentale e in

un afflato di mito dove satiri e putti sono letti

anche in chiave decorativa, si collocano molte

delle opere elaborate da Marini in questi

anni, come medaglie con profili all’antica o

placchette di gusto donatelliano. Una delle

due formelle esagonali citate già in collezione

Costetti, quella con il Putto (Marino

Marini 1998, p. 25, cat. 6b), ispirò a Bruno

Bramanti una xilografia per la coperta della

rivista “Solaria” (ragionieri 2001, p. 169).

Sono anche gli anni in cui Marini frequentò

la famiglia Michahelles, per cui eseguì alcuni

ritratti, e partecipò con RAM (Ruggetanza

dell’attività grafica nella formazione di

Marino, tale forse da lasciargli una profonda

sensibilità per le superfici scultoree lavorate

da miriadi di segni, bisogna anche ricordare

la sua prima mostra personale con Egle

e Alberto Giuntoli a Livorno nel 1923, dove

si presentava con pitture e quattro incisioni

(guastalla 2002, pp. 12-13, salvi 2013, p.

80). Con acume Fondi, prospettando un’imminente

e felice strada autonoma, sottolineava

il carattere indocile dell’artista all’insegnamento

accademico ed evidenziava,

piuttosto, i buoni consigli di “bravi maestri e

di amici maturi di sapere”, tra i quali certamente

aveva a mente anche Costetti (fondi

1927; cfr. Il cerchio magico 2002, pp. 146-149,

salvi 2013, p. 78).

Nel 1926 l’intenso ritratto di Costetti a Marino

era già eseguito (p. 171). A sua volta nel

1927 lo scultore avrebbe modellato i ritratti

di Costetti e Lanza del Vasto. La presenza

delle due teste alla Prima Mostra Provinciale

d’Arte pistoiese e la contingenza di opere di

Marini nelle collezioni di Costetti e di Lanza

del Vasto ci richiamano alla grande considerazione

che quest’ultimi dovettero avere del

suo lavoro. Tra le opere già appartenute a Coragionieri

2007a, p. 62, note 57, pp. 51-52,

note 52; martino 2016, p. 167, note 200).

In this complex network of relationships and

connections, we must remember that by

1925-1926, Marini was already thoroughly

involved with the Gruppo Novecento Toscano

and the magazine Solaria, in which

he published drawings from 1927 to 1930.

There were at this time generally shared

sources of inspiration, in particular Florentine

Renaissance sculpture, and a vogue

for classical mythology, in which satyrs

and putti were treated as decorative, and

many of Marini’s works – medals with classical-style

profiles and small plaques in a

Donatellian style – become comprehensible

from this perpective. One of the two hexagonal

plaques mentioned above in Costetti’s

collection, the Putto (Marino Marini 1998,

p. 25, cat. 6b), inspired a woodcut by Bruno

Bramanti for the cover of Solaria (ragionieri

2001, p. 169). During these years,

Marini frequented the Michahelles family,

for whom he made several portraits, and

worked with RAM (Ruggero Alfredo Michahelles),

Gianni Vagnetti and Bramanti

on the design of the Tuscan rooms at the 1st

134 135



MARINO MARINI

La diga, 1919-1920, incisione

The Dike, 1919-1920, engraving

Fondazione Marino Marini, Pistoia, n. inv. A003

ro Alfredo Michahelles), Gianni Vagnetti e

Bramanti all’arredamento delle salette toscane

alla III Internazionale d’Arti decorative

di Monza (1927) (ragionieri 2001, p. 169).

Alle frequentazioni della compagine culturale

fiorentina va anche ricondotto il Ritratto di

Caligiani, eseguito a Firenze nel 1929. Con il

concittadino Caligiani, Marini ebbe modo di

esporre alla II Mostra del Novecento a Milano

nel 1929, con frequentazioni che poterono

andare anche oltre il limite cronologico che

segna il trasferimento dello scultore a Milano.

Furono anzi, Marini e Caligiani a favorire

l’adesione dei compagni, Bugiani, Cappellini e

Mariotti alla III Mostra Sindacale delle Arti del

Disegno nel 1927 a Firenze (toti 2007, p. 70).

Alla Prima Mostra Provinciale d’Arte pistoiese

Marini esponeva venti opere tra medaglie, rilievi

e ritratti tra i quali risultano perduti quelli

Internazionale d’Arti Decorative of Monza

(1927) (ragionieri 2001, p. 169).

Marini’s familirity with the Florentine cultural

group is confirmed by the Bust of

the Painter Alberto Caligiani (p……), executed

in Florence in 1929. Marini exhibited

this at the 2nd Mostra del Novecento

in Milan in 1929, together with works by

Caligiani, and they stayed in touch even after

Marini moved to Milan. Indeed, Marini

and Caligiani helped their friends Bugiani,

Cappellini and Mariotti take part in the 3rd

Mostra Sindacale delle Arti del Disegno in

Florence in 1927 (toti 2007, p. 70).

Marini showed twenty works at the 1928

Mostra Provinciale, between medals, reliefs,

and portraits, of which those of Costetti

and Lanza del Vasto, based on radically

summary and simplified volumes, are now

di Lanza del Vasto e di Costetti, impostati su

una linea di estrema sintesi volumetrica. Nell’idea

di evocare la sua presenza alla mostra del

1928, si propongono qui La Malatina (p. 181),

opera acquisita dalla Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia ora Intesa Sanpaolo, e la scultura

L’idiota (p. 182) dalla Fondazione Marino

Marini di Pistoia. Queste due sculture, oltre

all’esagono con Putto che suona (pp. 176-177) e

alla placchetta Festina Lente sed festina (p. 179),

sembrano rispecchiare le linee di ricerca del

giovane scultore pistoiese in questo decennio:

la riscoperta dell’arte antica e della tradizione

figurativa toscana dagli etruschi al Quattrocento,

e un realismo più forte e popolare che già

Carrà, nel 1928 in recensione alle opere di Marino

alla Biennale, aveva messo in parallelo con

l’esperienza dello scultore Evaristo Boncinelli,

caro alla rivista “Il Selvaggio” (carrà 1928, cfr.

fabi 2017b, pp. 86-94).

In questa linea di lettura si poneva ai primi anni

Trenta anche Lanza del Vasto che presentando

le opere di Marino nel catalogo della mostra

berlinese alla Galleria Porza (1931), le descriveva

come “piene dell’atmosfera della scultura etrusca”,

in cui egli riusciva a collegare “lo spirito pagano

con la tenerezza cristiana e con una certa

inquietudine ironica tutta moderna” (lanza del

vasto 1931, cit. in ragionieri 2007a, p. 58). La

stessa inquietudine che sembra trasparire da

opere come L’idiota (p. 182) o anche da certi intensi

disegni come Ritratto maschile (Fondazione

Marino Marini, Pistoia), qui esposto. Ai pieni

anni Trenta si riferisce invece il Giocoliere (p. 187)

in bronzo (Fondazione Caript).

Dentro il marco cronologico della mostra, ma

non legate alla presenza pistoiese dell’artista

che dal 1929 si trasferirà a Monza

anche il Giocoliere del 1944 (Fondazione

Caript), non esposto, e la bellissima Pomona

(1945) in pietra ubicata nell’atrio

del Museo dell’Antico Palazzo dei Vescovi

(Collezione Intesa Sanpaolo).

lost. In order to allude to his presence at the

1928 exhibition, we include here The Sickly

Girl (p. 181), purchased by the Cassa di

Risparmio di Pistoia e Pescia (now Intesa

Sanpaolo), and The Idiot (p. 182) from the

Fondazione Marino Marini in Pistoia. Along

with the hexagonal tile Putto Playing an

Instrument (pp. 176-177) and the small

plaque Festina lente sed festina (p. 179),

these two heads give us an idea of Marini’s

exploration of the possibilities of sculpture

during the decade: the rediscovery of

ancient art and the Tuscan figurative tradition,

from the Etruscans to the fifteenth

century, as well as a stronger, more downto-earth

popular realism that Carlo Carrà,

in his 1928 review of Marini at the Venice

Biennale, placed on a level with the work

of sculptor Evaristo Boncinelli, a favourite

of the magazine Il Selvaggio (carrà 1928,

see fabi 2017, pp. 86-94).

Lanza del Vasto adopted a similar line on

Marini’s works in a preface in the catalogue

of the Porza exhibition in Berlin (1931): he

described them as “brimming with the atmosphere

of Etruscan sculpture”, in which

he was able to link “the pagan spirit with

Christian tenderness and a certain, wholly

modern, ironic malaise” (lanza del vasto

1931, quoted in ragionieri 2007a, p. 58).

This same malaise is perceptible in works

like The Idiot (p. 182) and powerful drawings

such as a Head of a Man in the Fondazione

Marino Marini, Pistoia.

The bronze Juggler (p. 187) is from the

end of the 1930s. This fits the chronological

limits of the exhibition but is unrelated

to Marini’s Pistoian years, prior to his move

to Monza in 1929, as are a second Juggler

(Fondazione Caript) of 1944, and the splendid

stone Pomona (1945) in the atrium of

the Museo dell’Antico Palazzo dei Vescovi

(Intesa Sanpaolo Collection).

136 137



PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905 – 1992)

Pomeriggio domenicale (o Quiete domenicale o L’omino che pesca)

Sunday Afternoon (or Sunday Quiet, or The Small Fisherman), 1927

Tempera su cartone riportato su tavola | tempera on cardboard laid on board, cm 60 x 80

In basso a destra | bottom right: “P. Bugiani 9-2-’28”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03096

Acquisizione | acquired 1987

Questa tersa visione di campagna fa parte di un gruppo di opere

eseguite tra il 1927 e il 1928 e considerate, già dai contemporanei

capolavori assoluti (costetti 1928). Bugiani la eseguì, insieme a

poche altre tra cui Le pecorine e Il mulino della Bure, in una sequenza

serrata, come in “una sorta di stato di grazia” di ritorno da un

soggiorno a Roma, presso Giovanni Michelucci. L’atmosfera di

smagata sospensione che si sprigiona dal dipinto, limpidamente

eseguito con piccole e preziose pennellate, è riflesso di una ricerca

volta a una personale rielaborazione del dato reale che viene

trasfigurato con purezza d’animo, secondo una sintesi che si riferiva

alla lezione dei Primitivi trecenteschi come Giotto. Ne risulta

“un’aura statica, di sapore antico, dove ogni cosa è conclusa e fissata

in un tempo immobile e fiabesco, senz’altro affanno che una

pacata malinconia” (bartolini 2000c). La vera novità “magica”

di questi paesaggi risiedeva nella capacità di coniugare la visione

generale dell’immagine con le piccole “microstorie” che in essa si

muovevano, rendendo l’idea di un’universale armonia in cui l’esistenza

umana veniva ricompresa (ragionieri 1998, pp. 30-31).

Precedenti i due dipinti Il querciolo (p. 140) e Panni al sole (p. 141),

riferibili a una prima mostra personale del diciottenne Bugiani nel

1924 a Firenze. In queste opere, Giovanni Costetti aveva visto rinascere

lo spirito toscano del buon tempo e “una visione tutta paesana”

che lo avvicinava a un pistoiese morto precocemente: Mario

Nannini (costetti 1924).

This clear vision of the countryside is one of a group of works painted between

1927 and 1928, considered absolute masterpieces by the artist’s

peers. (costetti 1928). Bugiani painted this, along with a few others that

include The Sheep and The Mill on the Bure, in quick succession, as if in

“a kind of state of grace” on his return from a visit to Rome, as Giovanni

Michelucci’s guest. The atmosphere of dreamy suspension created by the

painting, cleanly executed with small, delicate brushstrokes, reflects the

artist’s search for a personal reworking of nature, which is transfigured with

a pure spirit, in line with the teachings of the fourteenth-century Primitives

such as Giotto. The result is “a static atmosphere, with an ancient feel,

where all things are concluded and set in an immobile and fairytale-like

time, with no other trouble than a quiet melancholy” (bartolini 2000c).

The truly ‘magical’ novelty of these landscapes lies in their ability to combine

a general vision of the image with the ‘microstories’ that take place

within them, rendering the idea of a universal harmony in which human

existence is included (ragionieri 1998, pp. 30-31).

The paintings The Young Oak (p. 140) and Washing in the Sun (p. 141)

are earlier, dating to Bugiani’s first solo exhibition in 1924, aged eighteen, in

Florence. In these works, Giovanni Costetti saw the rebirth of a Tuscan spirit

of pleasant pastimes and a “completely rustic vision”, similar to the themes

of a fellow Pistoian artist who died young, Mario Nannini (costetti 1924).

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PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905 – 1992)

Il querciolo | The Young Oak, 1923

Olio su tavola | oil on board, cm 67 x 47

In basso a destra | bottom right: “P. Bugiani”

Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, n. inv. 254

Acquisizione | acquired 2004

PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905-1992)

Panni al sole | Washing in the Sun, 1923

Olio su cartone riportato su tavola | oil on cardboard laid on board, cm 69 x 87

In basso a destra | bottom right: “P. Bugiani, p. 1923”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03097

Acquisizione | acquired 1987

140 141



PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905 – 1992)

Mugnaio | Miller, 1923

Matita su carta | pencil on paper, cm 33,5 x 25

In basso a sinistra | bottom left: “Mugnaio”, in basso a destra | bottom right: “1923 Bugiani P.”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 270

Acquisizione | acquired 2004

Il disegno costituì per Bugiani un’occupazione assidua a cui dedicarsi

con passione giornaliera, fedele alla lezione di Giovanni

Michelucci che gli aveva insegnato a cercare con l’esercizio grafico

la misura della composizione e lo strumento per cogliere la

più intima natura delle cose. L’esercizio disegnativo diventa così

elemento di sintesi estrema attraverso il quale, come indicava

la purezza lineare di Giotto e Masaccio, trasfigurare la realtà.

Molti disegni sono dedicati ai personaggi umili della campagna,

semplici contadini dell’ambiente a lui familiare: abitanti di un paesaggio

sospeso nel tempo, capaci di raggiungere una potenza

evocativa primitiva, arcaica quindi universale. “A me la natura

il paesaggio e l’uomo appaiono come una cosa primitiva. Amo

gli esseri semplici della campagna e in special modo della montagna

dove i sentimenti sono miti o violenti sempre consoni alla

natura del loro ambiente” (annotazione di Bugiani nel diario del

1931 cit. in salvi 2015a, p. 59). Nei suoi taccuini e nei quaderni

troviamo molti appunti disegnativi destinati alla trasposizione

pittorica in cui il giovane aggiungeva notazioni sui colori e i toni

da utilizzare.

Bugiani was a diligent draughtsman, dedicating himself passionately

and daily to this discipline, faithful to Giovanni Michelucci’s teaching

that drawing exercises were the key to composition and a tool to grasp

the most intimate nature of things. Thus, drawing became an exercise of

extreme synthesis through which, as demonstrated by the pure lines of

Giotto and Masaccio, reality can be transfigured. Many of his drawings

depict humble country folk, simple farmers from an environment familiar

to him: the inhabitants of a landscape suspended in time, able to embody

an evocative and primitive power, archaic and thus universal. “To me, nature,

the landscape, and man have a primitive quality. I love the simple

folk of the country and the mountains particularly, where mild or violent

feelings are always in keeping with the nature of their environment”

(Bugiani’s note in his diary of 1931 quoted in salvi 2015a, p. 59). His notebooks

and exercise books contain many drawn notes destined for pictorial

transposition, in which the young artist added notes on colours and tones.

142 143



RENZO AGOSTINI

(Pistoia 1906 – 1989)

Strada di campagna | Country Road, 1923

Olio su cartone riportato su tavola | oil on cardboard laid on board, cm 42 x 49

In basso a destra | bottom right: “R. Agostini”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03108

Acquisizione | acquired 1987

Le tre opere sono da ritenersi esemplificative dei raggiungimenti più alti della

pittura di Agostini negli anni del “Cenacolo”, nei quali si legò principalmente

a Pietro Bugiani, suo primo maestro, e quindi a Giovanni Costetti che individuava

in lui una poesia permeata di fanciullesca ingenuità. La via verso la

spiritualità in Agostini passava da una connaturata poeticità che lo rendeva

interprete sensibile e di una spontaneità autentica: un candore che traspare

nelle sue opere, senza ombra di intellettualismi. La sua pittura si muoveva nel

segno della lezione del colore dei Fauves e di Paul Cézanne ma distillati dalla

ricerca di una sintesi formale scaturita dall’esempio dei trecenteschi, come

Giotto: per questa via la chiesa di Candeglia, le case, gli alberi, le montagne

divengono solidi in un caleidoscopio di colori con improvvise accensioni di

gialli, di blu, di rosa. Dipinti preziosi in cui i colori si dispongono quasi come

fossero intarsi di pietre dure: certo una coerente e spirituale alternativa alla

retorica del Novecento sarfattiano (cfr. campana 2003, p. 46).

I tre paesaggi di straordinaria freschezza (pp. 145-147) sono composti con

sapienza istintiva attraverso la concatenazione dei volumi cromatici, restituendoci

il miracolo visivo della campagna con gli occhi di un profeta della

natura.

These three paintings can be considered representative of the peak of Agostini’s

achievement in the ‘Cenacolo’ years, when he was linked mainly to Pietro Bugiani,

his first teacher, and later to Giovanni Costetti who identified a poetic element

in his work permeated with childlike ingenuousness. The route to spirituality in

Agostini’s work passed through an innate poeticism that made him a sensitive and

authentically spontaneous interpreter: candour permeates his paintings, with no

shadow of intellectualism. His painting explored the expression of colour learned

from the Fauves and Paul Cézanne albeit distilled by the pursuit of a formal synthesis,

deriving from the example of fourteenth-century artists like Giotto. In this

way, the church in Candeglia, the houses, trees, and mountains become solid in

a kaleidoscope of colours with sudden surges of yellow, blue, and pink. In these

exquisite paintings, the colours are arranged almost like inlaid precious stones,

providing a coherent and spiritual alternative to Sarfatti’s Novecento rhetoric (see

campana 2003, p. 46).

The three extraordinarily fresh landscapes (pp. 145-147) are composed with instinctive

judgment through a sequence of chromatic volumes, restoring to us the

visual miracle of the countryside through the eyes of a prophet of nature.

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RENZO AGOSTINI

(Pistoia 1906 – 1989)

La chiesa di Candeglia | The Church of Candeglia, 1928

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 50 x 40

In basso a destra | bottom right: “R. Agostini”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03106

Acquisizione | acquired 1987

RENZO AGOSTINI

(Pistoia 1906 – 1989)

La casa rosa | The Pink House, 1930

Olio su cartone riportato su tavola | oil on cardboard laid on board, cm 32 x 40

In basso a destra | bottom right: “R. Agostini”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03105

Acquisizione | acquired 1987

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RENZO AGOSTINI

(Pistoia 1906 – 1989)

Contadina toscana | Tuscan Peasant, 1923

Lapis su carta | lapis on paper, cm 30 x 20

In basso a destra | bottom right: “R. Agostini 1923 15 maggio”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03100

Acquisizione | acquired 1987

Come per Pietro Bugiani, il disegno costituisce per Agostini un esercizio quotidiano: vi ritrae

compaesani e contadini della campagna pistoiese con un segno di grande sottigliezza

descrittiva, inciso e cristallino. Gli bastano pochi caratteri sintetici, e una linea spesso

continua che solca il foglio con icastica semplicità. Agostini assimila la lezione della

ritrattistica di Giovanni Costetti, ma ne restituisce profili “spesso caratterizzati al punto

da sembrare astratti tipologici”, restituendoci più che un ritratto, il volto dell’umanità

universale, radicata nella tradizione antica e quindi fuori dal tempo (campana 2003).

In disegni come questo, la capacità descrittiva è totalmente risolta dalla linea che, con

un sintetico equilibrio del chiaro scuro, restituisce le masse compatte dei volti, serrati

in atteggiamenti silenti.

Anche Giuseppe Lanza del Vasto ne apprezzava i disegni al punto da conservarne una

riproduzione come cosa preziosa: pensando alla mostra da tenersi a Berlino (1931) chiede

all’amico di inviargli dipinti e disegni dei più significativi per mostrare al pubblico internazionale

come i giovani artisti, puri come lui, potessero, senza “imitare le orme degli

antichi”, riattaccarsi “alle essenziali virtù spirituali” che avevano reso grandi i maestri

del passato (lettera di Lanza del Vasto ad Agostini, 9 ottobre 1929, in Lanza del Vasto

2006, pp. 51-53).

Like Pietro Bugiani, drawing was a daily exercise for Agostini. He portrayed his fellow citizens and

the local country folk with a subtle descriptive style, crystal clear and incisive, using only a few basic

strokes of the pencil and often a continuous line that left a groove in the page with incisive simplicity.

Agostini took on board Giovanni Costetti’s lessons in portraiture, but produced profiles “often

characterized to the point of seeming typological abstracts”, presenting, rather than one portrait,

the face of a universal humanity, rooted in ancient tradition and outside time (campana 2003).

In drawings like this, the descriptive function is totally determined by the line which, in an essential

balance of chiaroscuro, renders the compact mass of faces locked in silent attitudes.

Giuseppe Lanza del Vasto admired Agostini’s drawings, so much so that he kept and treasured even

a reproduction: with the forthcoming Berlin exhibition (1931) in mind, he asked his friend to send

him his most significant paintings and drawings to show the international audience how young artists,

pure like himself, could, without “imitating the footprints of the ancients”, re-connect to “the

essential spiritual virtues” that had made great the masters of the past (Letter from Lanza del Vasto

to Agostini, 9th October 1929, in Lanza del Vasto 2006, pp. 51-53).

148 149



ALBERTO CALIGIANI

(Grosseto 1894 – Firenze 1973)

Paesaggio “Il bottaccio”, s.d. | Landscape ‘The Millpond’, n.d. (1925 ca.)

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 45 x 65

Collezione Paolo Priami

Il bottaccio verso Bussotto, tra Iano e Baggio, era una delle

mete dei pittori del “Cenacolo” che aveva come punto di

partenza obbligato l’aia di Agostini.

In questo piccolo dipinto la pittura tersa di Caligiani che

si dispone per piccole pennellate parallele e oblique, mostra

ancora qualche assonanza con certi dipinti dell’amico

Mario Nannini con il quale aveva condiviso, un decennio

prima, pellegrinaggi pittorici nella campagna di Buriano a

Quarrata. In questa occasione, il compagno di lavoro dovette

essere Umberto Mariotti che dipinse la stessa composizione

sul retro del Ritratto di Adriana Mariotti (p. 165),

acquisito dal Museo Civico di Pistoia nel 1927 (iacuzzi

2005c, p. 63). La maniera rude e forte della stagione della

xilografia degli anni Dieci si stempera adesso in una pittura

dai toni cristallini; la scelta del tema di paesaggio indica

una consonanza di poetica sia con gli amici del “Cenacolo”

sia la vicinanza con le tematiche del Gruppo Novecentesco

Toscano, di cui faceva parte.

The millpond near Bussotto, between Iano and Baggio, was one

of the favourite destinations of the ‘Cenacolo’ painters, with

Renzo Agostini’s farmyard as their required starting point. In

this small picture, the clarity of Caligiani’s painting technique

– using small parallel, oblique brushstrokes – once again shows

similarities to paintings by his friend Mario Nannini, with whom

he had shared painting excursions in the countryside of Buriano

near Quarrata a decade earlier. On this occasion, his companion

would have been Umberto Mariotti, who painted the same

composition on the back of Portrait of Adriana Mariotti (p.

165), purchased by the Museo Civico in Pistoia in 1927 (iacuzzi

2005c, p. 63). The crude, heavy style of the wood-cuts from the

second decade of the century is now toned down in a painting

style with crystal-clear tones; the choice of the landscape as a

theme indicates a poetic consonance with both the ‘Cenacolo’

group and the closely connected Gruppo Novecentesco Toscano,

with which he was also involved.

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UMBERTO MARIOTTI

(Pistoia 1905 – 1971)

Natura morta | Still Life, 1925

Olio su cartone riportato su tavola | oil on cardboard laid on board, cm 59 x 44

In alto a sinistra | top left: “U. Mariotti”, in alto a destra | top right: “1925”

Collezione Paolo Priami

Si deve a un consiglio di Michelucci l’esercizio di Mariotti sulle nature morte: in una lettera

a Pietro Bugiani, soldato a Torino, nel dicembre del 1925 così riferisce: “ha detto [il professore],

che sono religiose, e vivono di materia […] e che ne facessi molte”. L’esercizio

gli valse, qualche anno dopo, il plauso di Raffaello Franchi che, in recensione alla mostra

provinciale del 1928, parla di come le sue nature morte studiassero, attraverso la potenza

trasfigurativa di certi toni, “di raggiungere una propria giustificazione trascendentale” (iacuzzi

2005, p. 19 e 145). Come dire una metafisica degli oggetti della vita quotidiana che

ritroviamo sussurrata anche in questa natura morta.

La data apposta al dipinto di Mariotti consente di ipotizzare una datazione anche per la

natura morta di Lorenzi (p. 154), ‘ragazzo di montagna’ che di tanto in tanto raggiungeva i

giovani del “Cenacolo” per lavorare insieme. Lo stesso Mariotti in una lettera a Bugiani del

novembre 1925 parlando dei consigli non lusinghieri di Costetti a Lorenzi, menziona una

natura morta del giovane “che almeno a me piace” (Lettera di U. Mariotti a P. Bugiani del 11

novembre 1925, cit. iacuzzi 2005c, p. 142; iacuzzi 1999). Chissà che le due composizioni

non siano state elaborate in parallelo, in qualche momento di studio comune.

Di altro sentimento la Natura morta di Cappellini, in cui la potenza astrattiva è affidata

alla capacità costruttiva del colore che trasforma gli oggetti in solidi geometrici, secondo

quanto appreso dalla lezione di Paul Cézanne sapientemente metabolizzata e connessa a

una personale rimeditazione di Giotto.

Mariotti’s essays in still life owe much to advice from Giovanni Michelucci. In a letter to Pietro Bugiani,

who was a soldier in Turin in December 1925, he says, “[the professor] says they are religious, and

live and breathe matter […] and I should do many of them”. This exercise earned him praise a few

years later from Raffaello Franchi in a review of the 1928 Mostra Provinciale of Pistoia, remarking that,

through the transformative power of certain colour tones, his still lifes were studied “to achieve their

own transcendental justification” (iacuzzi 2005, pp. 19, 145) – as if to say there is a metaphysical

value in daily objects that we sense, as if whispered, in this still life.

The date assigned to Mariotti’s painting allows us to guess at the date of the still life by Lorenzi

(p. 154), “a mountain lad”, who sometimes attached himself to the young ‘Cenacolo’ artists. In a

letter to Bugiani of November 1925, Mariotti, referring to Giovanni Costetti’s unflattering advice to

Lorenzi, mentioned one of the latter’s still lifes, saying, “that at least I like it” (letter from U. Mariotti to

P. Bugiani of 11 November 1925, see iacuzzi 2005c, p. 142). It is not clear whether the two compositions

were developed side by side, at some moment of shared work.

Cappellini’s Still Life breathes a different sentiment, in which abstracting power is entrusted to the

constructive capacity of colour, transforming objects into geometric solids, according to the lesson of

Paul Cézanne, judiciously metabolized and connected to a personal reflection on Giotto.

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ANGIOLO LORENZI

(Lizzano, Pistoia 1908 – Osijek 1945)

Natura morta, s.d. | Still Life, n.d.

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 47 x 34,5

In basso a destra | bottom right: “A. Lorenzi”

Collezione Paolo Priami

ALFIERO CAPPELLINI

(Pistoia 1905 – 1969)

Natura morta, s.d. | Still Life, n.d.

Olio su cartone riportato su tavola | oil on cardboard laid on board, cm 49,5 x 64

In basso a destra | bottom right: “A. Cappellini”

Collezione Paolo Priami

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ALFIERO CAPPELLINI

(Pistoia 1905 - 1969)

Natura morta | Still Life, 1927

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 52,5 x 47,5

In basso a destra | bottom right: “A. Cappellini”

Pistoia, Museo Civico, n. inv. 400/a

Questa natura morta, acquisita dal Podestà alla III Mostra del Sindacato delle Arti del

Disegno a Firenze, è una delle rare prove pittoriche degli anni Venti superstiti dell’artista.

Nel dipinto, considerato uno dei vertici pittorici di questa stagione artistica, Cappellini

propone una lettura soggettiva del dato reale: una ricostruzione analogica in cui la semplificazione

delle forme crea sulla superficie del quadro una partitura cromatica di estrema

sintesi. Sul tavolo sopra una tovaglia increspata, sono disposti un piatto su cui è adagiato

un uccellino, un coltello, due limoni. Nella composizione il disegno è occultato dal colore

che definisce volumetricamente gli oggetti; la luce dona all’insieme un aspetto ‘metafisico’.

Il piano del tavolo ribaltato in avanti dispone gli oggetti in una precaria frontalità che

costituisce il dato straniante della composizione, dichiarando l’avanzamento delle ricerche

di Cappellini che in questi anni, come sottolineato dalla letteratura critica, risultava “incline

alle seduzioni costruttive e geometrizzanti del ritorno all’ordine” (sisi 1980, p. 212).

This still life, acquired by the mayor (Podestà) of Pistoia at the 3rd Mostra del Sindacato delle Arti

del Disegno in Florence, is one of the artist’s rare surviving paintings from the 1920s. Considered one

of the key achievements of this period, Cappellini’s painting offers a subjective reading of objective

things: an analogical reconstruction in which the simplification of forms creates across the picture

surface a reduced and summary repertoire of colour tones: a bird on a plate, a knife, and two lemons

on a table with a wrinkled and creased tablecloth. Drawing is masked by colours, whose tones define

the objects in terms of their volumes. The light gives the whole a ‘metaphysical’ aspect. The table tilts

towards us, placing its items in a precarious frontal arrangement, which gives the image its faint oddity,

and testifies to the advances made by Cappellini, who in these years, as emerges from the critical

literature, was “tending towards the compositional and geometricising appeal of the return to order”

(sisi 1980, p. 212).

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PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905 – 1992)

Composizione con il libro di Picasso

Composition with the Book of Picasso, 1928

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 49,5 x 41,5

Al centro | at centre “1928 Pietro Bugiani”

Taberna Libraria di Federica Lucarelli

Nel 1925 Bugiani era soldato a Torino e incontrò Felice Casorati. Tra i due nacque un’amicizia

e una stima reciproca: a sentire gli amici pittori rimasti a Pistoia, Bugiani ebbe un vero

e proprio ‘innamoramento’ (ragionieri 1998; salvi 2015a, pp. 39-41). Dalla conoscenza,

nel 1926 scaturì la partecipazione di Bugiani alla mostra Amici dell’arte a Torino. In questa

natura morta, come anche nella bella Natura morta con bricco (Fondazione Caript, p. 131)

è tangibile la ricezione della lezione di Casorati nell’impostazione generale dell’opera col

tendaggio di sfondo e nel particolare delle scarpe a lato del libro, colto riferimento a Picasso.

La capacità poetica di Bugiani, tuttavia, toglie all’opera il pericolo di un eccessivo

straniamento ‘metafisico’, caricandola di una maggiore partecipazione umana. Il dipinto

appartenne a Giovanni Michelucci, che negli anni romani continuò ad avere rapporti con

i giovani pistoiesi come Bugiani, che giunse a Roma nell’agosto del 1927. L’opera costituì

certamente una fonte di riflessione per la pittrice Eloisa Pacini, moglie dell’architetto, nella

sua Natura morta con la rivista “Formes” (p. 160) (cfr. toti 2003, pp. 15-16).

In 1925, Bugiani did military service in Turin, where he met Felice Casorati. They became friends,

fuelled by mutual admiration: according to his painter friends back in Pistoia, Bugiani succumbed to a

thorough “infatuation“ (ragionieri 1998; salvi 2015a, pp. 39-41). This contact led to Bugiani’s participation

in the Amici dell’Arte exhibition in Turin in 1926. In this still life, like the beautiful Still Life with

Coffee Pot in the Fondazione Caript (p. 131), Casorati’s example is tangible, in the general composition,

with the curtain in the background, and in the detail of the shoes next to the book with Picasso’s

name on it. Bugiani’s poetic skill, however, rescues the work from the risk of excessive ‘metaphysical’

alienation, endowing it with a more human element. The painting belonged to Giovanni Michelucci

who, during his years in Rome, kept in touch with young Pistoiese artists like Bugiani, who travelled

to Rome in August 1927. This work was certainly an inspiration for painter Eloisa Pacini, Michelucci’s

wife, in her own Still Life with the Magazine Formes (p. 160) (see toti 2003, pp. 15-16).

158 159



ELOISA PACINI MICHELUCCI

(Pistoia 1903 – 1974)

Natura morta con la rivista “Formes”

Still Life with the Magazine Formes, 1931 ca.

Olio su tavola | oil on board, cm 41,5 x 53,5

Taberna Libraria di Federica Lucarelli

Eloisa Pacini, pistoiese trasferita a Roma dall’età di 14 anni, partecipò insieme al marito

Giovanni Michelucci alla Prima Mostra Provinciale d’Arte a Pistoia nel 1928, appena due

mesi dopo le nozze, presentandosi con dodici dipinti tra i quali figuravano vedute urbane

e nature morte. Pur non essendo direttamente legata all’ambiente artistico pistoiese, la

sua vicinanza alla temperie cittadina è stata riscontrata soprattutto nell’impostazione di

alcune nature morte in cui il ribaltamento del piano di appoggio o l’isolamento degli oggetti

mostrano l’adozione di soluzioni formali rintracciabili, per esempio, nella Natura morta di

Alfiero Cappellini del Museo Civico (p. 157).

In questo lavoro, riferito ai primi anni Trenta, Eloisa Pacini propone una personale riflessione

sull’opera di Pietro Bugiani Composizione con il libro di Picasso (p. 159), che appartenne a

Michelucci: dal modello, infatti, sembrano derivare il riferimento alla rivista di architettura,

“Formes”, e il tendaggio dello sfondo, elementi questi che riconducono anche alla maniera

di Felice Casorati. Non essendo segnalati viaggi pistoiesi della pittrice prima della mostra

del 1928, le corrispondenze poetiche e formali si riconducono certamente alle frequentazioni

romane dei pistoiesi Cappellini (nel 1925 e nel 1926) e Bugiani (nel 1927) (toti 2003,

pp. 15-16) e a uno spontaneo clima di confronto e scambio che vi si dovette creare.

Eloisa Pacini, born in Pistoia but who moved to Rome at the age of 14, took part in the 1st

Mostra Provinciale d’arte in Pistoia (1928), with her husband Giovanni Michelucci, just

two months after their wedding. She presented 12 paintings, including townscapes and

still lifes. Although she was not directly connected to Pistoia’s artistic milieu, her closeness

to the cultural mood in the city is revealed above all in the composition of certain still

lifes, in which the tilted surface or the isolation of objects reveal her adoption of formulas

that can be traced to, for example, Alfiero Cappellini’s Still Life in Pistoia’s Museo Civico

(p. 157).

In this work, dated in the early 1930s, Pacini essays a personal reflection on Pietro Bugiani’s

Composition with the Book of Picasso (p. 159), which the Micheluccis owned.

Her inclusion of the architectural magazine Formes and the curtain in the background

surely derive from this prototype – elements which can in turn be traced to Felice Casorati.

As the painter is not known to have visited Pistoia before the 1928 Mostra Provinciale,

the poetic and formal assonances were certainly determined by trips to Rome made by

Cappellini (1925 and 1926) and Bugiani (1927) (toti 2003, pp. 15-16) as well as by a

spontaneous atmosphere of comparison and exchange.

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FRANCESCO CHIAPPELLI

(Pistoia 1890 – Firenze 1947)

Donna in giallo | Woman in Yellow, 1926

Olio su compensato | oil on plywood, cm 65,5 x 54

In basso a sinistra | bottom left: “F. Chiappelli 1926”

Pistoia, Museo Civico, n. inv. 689

Questa bella rassegna di ritratti, acquistati dal Podestà per il costituendo Museo Civico

della città nel 1927 alla III Mostra del Sindacato delle Arti del Disegno a Firenze, consente

di leggere in parallelo i diversi raggiungimenti del gruppo nello studio della figura, tema

caro al Novecento.

Nella Donna in giallo, Chiappelli, in una personale elaborazione della pittura post-impressionista,

comprime arditamente la malinconica figura femminile nello spazio del dipinto: le

sapienti campiture della veste gialla ne occupano quasi l’intera superficie donandole una

luce cristallina. Lo sguardo trasognato ci cala in un’atmosfera intima, di poetica compartecipazione

con la natura circostante.

In Ritratto all’aperto, Caligiani, adotta una pittura sfumata che sembra voler attualizzare

la lezione dell’Impressionismo, ottenendo una quasi totale fusione della figura femminile

seduta con il paesaggio in cui è immersa.

Il Ritratto di Adriana Mariotti di Umberto Mariotti, esprime invece altri riferimenti culturali,

più vicini ai canoni di Novecento: la monumentale disposizione frontale è tuttavia estranea

a intendimenti retorici e risolta in una sintesi di raffinate intonazioni cromatiche che le

conferiscono un’autentica e poetica umanità.

This splendid sequence of portraits was acquired in 1927 by the mayor (podestà) for the city’s new

Museo Civico, at the 3rd Mostra del Sindacato delle Arti del Disegno in Florence, and enables us

to view side by side the group’s various achievements in their studies of the figure, a theme dear to

Novecento art.

In Woman in Yellow, Chiappelli offers a personal interpretation of post-Impressionist painting, boldly

compressing the pensive female figure into the space of the painting. The skilfully described yellow

dress occupies almost the entire surface, endowing it with a crystalline light. The dreamy gaze draws

us into an atmosphere of intimacy, and of poetic empathy with the surrounding landscape.

In Outdoor Portrait, Caligiani adopts a style of soft transitions which seems to attempt a modernization

of Impressionist practice, and achieves an almost total fusion of the seated woman with the

landscape in which she is immersed.

Mariotti’s Portrait of Adriana Mariotti reveals other cultural influences, closer to the Novecento

canon. The monumental frontal posture is however free of rhetoric, and is resolved in sophisticated

colour tones that endow it with an authentic and poetic human dimension.

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ALBERTO CALIGIANI

(Grosseto 1894 – Firenze 1973)

Ritratto all’aperto | Outdoor Portrait, 1926

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 66 x 50

In basso a destra | bottom right: “A. Caligiani 926”

Pistoia, Museo Civico, n. inv. 403

UMBERTO MARIOTTI

(Pistoia 1905 – 1971)

Ritratto di Adriana Mariotti | Portrait of Adriana Mariotti, 1927

Olio su compensato | oil on plywood, cm 68 x 53

In alto a destra | top right: “U. Mariotti”

Pistoia, Museo Civico, n. inv. 404/b

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GIULIO INNOCENTI

(Pistoia 1897-Firenze 1968)

Figura sul mare, s.d. | Figure by the Sea, n.d.

Olio su compensato | oil on plywood, cm 85 x 49

In basso a destra | bottom right: “Giulio”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03089

Acquisizione | acquired 1979

Questa Figura sul mare di Innocenti, riferita al 1927, è il manifesto di un’epoca: fresca visione

di una fanciulla abbigliata alla moda, in un paesaggio in cui solo un filo di vento

sembra momentaneamente velare una cristallina giornata di sole. Vi si potrebbe cogliere

una riflessione sui tempi in cambiamento, se solo ci si volesse spingere oltre la smaltata

superficie della narrazione episodica. Innocenti mostra grande maestria nell’impaginare la

figura solitaria sul limitare di una proda oltre la quale cielo e mare, in puri valori cromatici,

si giustappongono. La pittura è evanescente e vaporosa come in un’atmosfera di sogno.

La personale rimeditazione sui Nabis, sui Fauves e sul post-impressionismo francese, e

in primo luogo su Matisse, porta Innocenti a orchestrare con sicurezza le campiture della

composizione quasi bidimensionale: solo la leggera increspatura delle linee oblique della

veste della fanciulla lascia intuire il volume del corpo sottostante (cfr. masini 2010, p.

76). Illuminante la lettura di Sigfrido Bartolini: “C’è un’invenzione tutta moderna in questo

intersecarsi di forme dai contorni sfumati, e un’aura romantica da vecchia cartolina. Innocenti

è bravissimo nell’evocazione: gli basta poco per creare il ricordo, il senso dell’attesa e

una malinconia diffusa” (bartolini 2000b). Il dipinto fu esposto da Innocenti nel 1930 alla

IV Mostra Regionale d’Arte Toscana (toti 2007, p. 80).

Innocenti’s Figure by the Sea, probably painted around 1927, represents the manifesto of an era: a

fresh image of a fashionably dressed girl in a landscape where a slight breeze seems momentarily to

veil the clarity of brilliant sunlight. Here we may reflect on the changing times, if we look beyond the

enamelled surface of the episodic narrative. Innocenti displays masterful skill in setting the solitary

figure on the edge of a shore, beyond which the sky and sea are juxtaposed in pure colour tones. The

painting is ethereal and vaporous, as in a dream. The personal reflection on the Nabis, the Fauves, and

French post-Impressionism – particularly Matisse – leads Innocenti to compose the painting virtually

in two dimensions: only the slight creasing of the oblique lines in the girl’s dress hint at the volume of

a body beneath (see masini 2010, p. 76). Sigfrido Bartolini’s letter is enlightening. “There is an absolutely

modern invention in the interlocking shapes with their hazy outlines, and the romantic aura of

an old postcard. Innocenti is extraordinary in his power of evocation: with so very little, he creates the

memory, the sense of waiting and a diffuse melancholy” (bartolini 2000b). This painting was shown

by Innocenti in 1930 at the 4th Mostra Regionale d’Arte Toscana (toti 2007, p. 80).

166



PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905 – 1992)

Ritratto del pittore Mariotti | Portrait of the Painter Mariotti, 1927 ca.

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 64 x 50

In basso a sinistra | bottom left: “P. Bugiani”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 258

Acquisizione | acquired 2005

Tra i protagonisti di questa stagione artistica, il pittore Umberto Mariotti fu uno dei più

ritratti: lo scultore ternano Renato Rosatelli gli dedicò una maschera in cera rossa, esposta

alla Prima Mostra Provinciale d’Arte pistoiese e alla mostra alla Galleria Porza di Berlino nel

1931; Renato Arcangioli una scultura in terracotta esposta alla V Provinciale di Montecatini

nel 1935; mentre anche Renzo Agostini e Giulio Innocenti lo ritrassero in disegni e acquarelli.

Il ritratto eseguito attorno al 1927 si colloca in un momento importante all’interno

del percorso artistico di Bugiani, dedito soprattutto alla pittura della vita della campagna.

In questo ritratto, distante nelle intenzioni, dai disegni in cui l’artista ritrae gli abitanti del

mondo rurale come idoli della terra, è la sintesi a giocare la composizione. La costruzione

salda, costruita con campiture di materia cromatica densa, ottiene effetti volumetrici importanti.

L’intento non realistico della pittura riesce comunque a essere aderente al modello

di cui, infatti, si colgono distintamente i tratti caratteristici della personalità “elegante,

impeccabile e tutta compresa nel ruolo dell’artista” (salvi 2015d, p. 148).

Among the protagonists of this period, the painter Umberto Mariotti was one of those most frequently

depicted in portraits: the sculptor Renato Rosatelli, from Terni, dedicated a red wax head to him, which

was shown at the 1st Mostra Provinciale in Pistoia and at the Porza exhibition in Berlin in 1931. Renato

Arcangioli depicted him in a terracotta sculpture shown at the 5th Mostra Provinciale of Montecatini

in 1935, while Renzo Agostini and Giulio Innocenti both portrayed him in drawings and watercolours.

Bugiani’s portrait, from around 1927, is located in an important phase of Bugiani’s career, when he was

focused on painting scenes from country life. In this portrait – whose intentions are remote from those

of his drawings portraying country folk as symbols of the land – compact and summary form determine

the composition. Well-defined zones of thick paint create important volumetric effects. Despite

these formal considerations the result is still that of a likeness of Mariotti’s distinctive personality:

“elegant, impeccable, and fully absorbed in the role of the artist” (salvi 2015d, p. 148).

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GIOVANNI COSTETTI

(Reggio Emilia 1874 – Settignano, Firenze 1949)

Ritratto di Marino Marini | Portrait of Marino Marini, 1926

Olio su tela | oil on canvas, cm 120 x 94

In basso a destra | bottom right: “G. Costetti”

Collezione Intesa Sanpaolo, n.inv. 03095

Acquisizione metà anni Ottanta | acquired mid-1980s

Costetti eseguì il ritratto del giovane scultore nel 1926, in un momento di frequentazione

legato sia al “Cenacolo” di artisti pistoiesi che si radunava attorno al pittore emiliano e

al poeta filosofo Giuseppe Lanza del Vasto a Pistoia, sia a Firenze. Con Marini, Costetti

sentì grande familiarità artistica, tanto da comprenderlo tra gli “amici” di cui collezionare

e seguire il lavoro (ragionieri 2007b, p. 28). Una lucida lettura di questo dipinto si deve a

Sigfrido Bartolini: “Il ritratto giovanile di Marino Marini sembra scandire quella che sarà la

personalità del celebre scultore, attraverso la forma, il colore e la libertà esecutiva. Il tipo

estroverso, volitivo e irrequieto si rivela in questa figura dai tratti ampi, e sembra, più che

posare, imporre la propria presenza. Il rosa acceso del volto e delle mani, le labbra tumide

e il provocante azzurro dell’ampio giaccone vengono esaltati dal grigio del fondo e dai tratti

scuri che ritrovano il disegno e fungono da chiaroscuro. Anche l’ampio spazio dato all’insieme

della figura accentuato dalla piccolezza della testa, accresce il senso d’imponenza”

(bartolini 2000a). Il ritratto sembra trasporre sulla tela quelle doti di “interiore padronanza”

e “limpidità lirica” che Renato Fondi nel 1927, nel primo contributo critico dedicato allo

scultore, individuava nel giovane destinato a “voler e poter dare qualcosa di significativo e

di duraturo” (fondi 1927 cit. in Il cerchio magico 2002, p. 277).

Costetti painted this portrait of the young sculptor in 1926, at a time when he was linked to both the

the ‘Cenacolo’ of artists who gathered around himself and the poet and philosopher Giuseppe Lanza

del Vasto in Pistoia, and to the milieu of Florence. Costetti felt a great sense of artistic affinity with

Marini, so much so that he counted him among his ‘friends’ whose work he collected and whose careers

he followed (ragionieri 2007b, p. 28).

Sigfrido Bartolini offers a lucid reading of this painting: “The portrait of the young Marino Marini

seems to capture what will be the personality of the famous sculptor, through form, color, and freedom

of execution. The extrovert, willful and restless type, reveals itself in this figure made with broad

strokes, and he seems, rather than striking a pose, to impose his own presence. The warm pink on the

face and hands, the full lips, and the provocative blue of his copious jacket are enhanced by the grey

background and dark strokes which define the drawing, and function as chiaroscuro. The generous

space occupied by the figure, accentuated by the smallness of the head, increases the sense of imposition”

(bartolini 2000a). The portrait seems to transpose onto canvas those gifts of “self-mastery”

and “poetic clarity” that Renato Fondi, in his first critical text on Marini in 1927, identified in the young

man destined to “want and be able to offer something meaningful and lasting” (fondi 1927 quoted in

Il cerchio magico 2002, p. 277).

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FRANCESCO

CHIAPPELLI

(Pistoia 1890 – Firenze 1947)

Disegno | Drawing

Pubblicato in “La Costa Azzurra”,

a. I, n. 7/8, 25 maggio 1920

| published in La Costa azzurra,

year I, no. 7/8, 25 May 1920

Biblioteca Comunale

Forteguerriana, Pistoia

MARINO

MARINI

(Pistoia 1901 – Viareggio,

Lucca 1980)

Disegno | Drawing

Pubblicato in “La Costa Azzurra”,

a. II, n. 2 del 31 gennaio 1921 e

pubblicato nuovamente sulla

stessa rivista in a. II, n. 5 del

15-28 febbraio 1921 | published

in La Costa azzurra, year II, no. 2,

31 January 1921 and again in the

same review, year II, no. 5, 15-28

February 1921

Taberna Libraria

di Federica Lucarelli

“La Costa azzurra, rivista letteraria e artistica illustrata delle stazioni di cura e soggiorno

italiane”, fu fondata da Raffaello Melani, Giuseppe Bottai e Adelmo Damerini. Veniva

pubblicata a Sanremo e fu attiva tra il 1920 e il 1923: tra le presenze il musicologo Adelmo

Damerini, già nelle fila de “La Tempra”, Marino Marini, Giovanni Michelucci, Arturo Stanghellini,

Alberto Caligiani, Alighiero Ciattini, Renato Fondi, Alberto e Francesco Chiappelli.

Vi furono pubblicate le tavole xilografiche fuori testo di Caligiani, Testa di Cristo, e di Michelucci

La portatrice d’acqua (p. 49) (cfr. salvi 2007; salvi 2013, pp. 68-69). Nei due numeri

proposti le copertine esibiscono disegni di Chiappelli e Marini. Il disegno di Marini, definito

‘salgariano’ da Sigfrido Bartolini (bartolini 1978, p. 142), sembra offrire una sorta di riflessione

a posteriori su certe incisioni di Chiappelli come La tartana (p. 51) o Caravelle (salvi

2013, p. 69). Nel numero 5 del febbraio 1921 vengono pubblicati anche: una novella di Arturo

Stanghellini, liriche di Maria Chiappelli e di Raffaello Melani, disegni di Luigi Mazzei.

“La Costa Azzurra, an illustrated literary and artistic reveiw for Italian health and leisure

resorts”, was founded by Raffaello Melani, Giuseppe Bottai, and Adelmo Damerini. It

was published in Sanremo and was active between 1920 and 1923. Contributors included

the musicologist Adelmo Damerini, formerly in the ranks of La Tempra, Marino Marini,

Giovanni Michelucci, Arturo Stanghellini, Alberto Caligiani, Alighiero Ciattini, Renato

Fondi, and Alberto and Francesco Chiappelli. The magazine published woodcuts by Caligiani,

Head of Christ, and Michelucci, The Water Carrier (p. 49) (see salvi 2007; salvi

2013, pp. 68-69). In these two issues, the covers show drawings by Chiappelli and Marini.

Marini’s drawing, described as “Salgari-like” (Emilio Salgari: author of popular swashbuckling

adventure stories) by Sigfrido Bartolini (bartolini 1978), seems to offer a sort

of reworking of woodcuts by Chiappelli such as The Tartana (p. 51) or Caravels (salvi

2013, p. 69). La Costa Azzurra also published, in issue no.5 of February 1921, a novella

by Arturo Stanghellini, poems by Maria Chiappelli and Raffaello Melani, and drawings by

Luigi Mazzei.

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MARINO MARINI

(Pistoia 1901 - Viareggio, Lucca 1980)

Deposizione | Deposition, 1923

Acquaforte | etching, cm 58,7 x 47,7

In basso a sinistra | bottom left: “Deposizione”, in basso a destra | bottom right: “Marini Marino 923”

Fondazione Marino Marini, Pistoia, n. inv. A010

“È la più bella delle Deposizioni mai veduta. Terra e uomini: i vivi e i morti, tutto è in un

sommovimento, in un convulso di azione. Il segno del genio del Marini che si è rivelato a

22 anni! La storia dell’arte se ne dovrà per sempre interessare nell’interessarsi di Marini”:

questo appunto manoscritto si legge a tergo di una cartolina riproducente l’opera (Archivio

Fondazione Marino Marini, Pistoia). La didascalia stampata sulla cartolina segnala l’opera

come “Di proprietà di Donna Egle Marini e della Contessa Margherita Morcaldi Pistoresi”,

già redattrice negli anni Trenta della rivista mensile illustrata per le giovani, “Primavera”,

sulla quale, forse, poteva essere stata riprodotta l’opera. Le parole dell’ignoto scrittore

colgono a pieno l’impeto drammatico di questa composizione. La maestria del giovane è

notevole: una trama di segni incrociati descrive la luce che squarcia il cielo in profondità,

mentre un tratto limpido e minuzioso descrive i corpi che in terra si destano dalle voragini.

Al centro, sulla croce appena visibile, “in un fitto tessuto egli ammassa architetture di

membra” (marini 1974). All’elaborazione di questa complessa visione potè concorrere la

conoscenza della Crocifissione di Chiappelli del 1919 (salvi 2013, p. 80), anche se l’insistito

effetto plastico, forse per un comune riferimento alla scultura e alla pittura tardo rinascimentale,

suggerisce in chi scrive, una forte corrispondenza visiva con la Deposizione (1915)

dello scultore Andrea Lippi (cfr. ciappei 2008/2009, pp. 14-15).

“This is the most beautiful Deposition ever seen. Land and men: the living and the dead, all in turmoil,

in frenetic action. The mark of Marini’s genius revealed at 22 years old! The history of art must forever

be interested in what Marini concerns himself with”. This manuscript note can be read on the back

of a postcard of this work (Archivio Fondazione Marino Marini, Pistoia). The printed legend on the

postcard indicates that the work is “Property of Donna Egle Marini and of the Contessa Margherita

Morcaldi Pistoresi”, editor during the 1930s of the illustrated monthly magazine for young people Primavera,

where this work may perhaps have been published. The words of the unknown writer capture

the dramatic force of the composition. The young artist’s skill is remarkable. Interwoven crisscrossing

lines describe the light that rends the depths of the heavens, while clear and detailed marks delineate

the bodies on the ground rising up from the abyss. At the centre, on the barely visible Cross, “in a dense

interweaving, he piles up architectures of limbs” (marini 1974). The development of this complex

vision may have been influenced by his knowledge of Chiappelli’s Crucifixion of 1919 (salvi 2013, p.

80), although the insistent sculptural effect suggests to this writer, perhaps because both were looking

at late Renaissance sculpture and painting, a strong visual connection to the Deposition from the

Cross (1915) by the sculptor Andrea Lippi (see ciappei 2008/2009, pp. 14-15).

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MARINO MARINI

(Pistoia 1901 - Viareggio, Lucca 1980)

Putto che suona | Putto Playing an Instrument, 1925

Gesso | plaster, cm 19 x 21,3 x 2,5

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 04502

Acquisizione | acquired 1983

Bronzo | bronze, cm 18,5 x 20,5 x 1

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03067

Acquisizione | acquired 1983

L’esagono in gesso (Marino Marini 1998, p. 25, cat. 5 a) ha fatto parte di un nucleo di opere collezionate

da Giovanni Costetti, riflesso delle relazioni di stima intercorse con Marino, Lanza del Vasto e i

giovani del “Cenacolo” in questi anni di frequentazioni tra Firenze e Pistoia (ragionieri 2007a, p. 62,

nota 57). Il titolo della formella sembra contrastare con l’evidenza che quella rappresentata sia piuttosto

una figura femminile alata nell’atto di suonare una tromba. Il profilo esagonale in cui è racchiusa

la figuretta è frutto di un consapevole richiamo sia alla tradizione antica sia, probabilmente, alle

formelle del Campanile di Giotto eseguite da Andrea Pisano: evidenza questa, della spiccata ‘fame

visiva’ del giovane scultore che in questi anni è coinvolto in un febbrile sperimentalismo tecnico e

poetico. Come per l’analogo esagono con Putto, già in collezione Costetti (Marino Marini 1998, p. 25,

6b; cfr. ragionieri 2001, p. 169), il contesto di riferimento culturale è quello fiorentino della rivista

“Solaria”, fondata nel 1926 da Alberto Carocci e nel quale gravitavano artisti, poeti e letterati con i

quali Marini era in contatto: basti ricordare il ritratto eseguito a Mosca Montale, o gli interessanti

scambi ‘formali’ intercorsi tra il succitato esagono con Putto e una xilografia di Bruno Bramanti, poi

adottata per la coperta della rivista (ragionieri 2001, p. 169).

This plaster hexagon (Marino Marini 1998, p. 25, cat. 5a) was part of a group of works collected by Giovanni

Costetti, reflecting the mutual admiration between Marino, Lanza del Vasto, and the young men of

the ‘Cenacolo’ in the years they spent together between Florence and Pistoia (ragionieri 2007a, p. 62, note

57). The title of the tile seems to contrast with the visual evidence that it is awinged female figure playing

a trumpet. The hexagonal shape enclosing the small figure deliberately evokes antiquity and, probably,

the tiles by Andrea Pisano for Giotto’s bell tower. This is evidence of the young sculptor’s marked “visual

hunger”: during this period he was gripped by febrile experimentation both technical and iconographical.

Like the similar hexagon of a Putto in Costetti’s collection (Marino Marini 1998, p. 25, 6b; see ragionieri

2001, p. 169), the cultural reference is to Florence and Solaria magazine, founded in 1926 by Alberto Carocci,

to which artists, poets and writers gravitated and with whom Marini was in contact. For example,

Marini painted the portrait of Mosca Montale, and there were the intriguing ‘formal’ connections between

Costetti’s hexagonal tile of the Putto and a woodcut by Bruno Bramanti, later used for the magazine’s cover

(ragionieri 2001, p. 169).

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MARINO MARINI

(Pistoia 1901 - Viareggio, Lucca 1980)

Festina lente sed festina, 1925

Gesso | plaster, cm 18,5 x 11,5 x 2,5

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 04503

Acquisizione | acquired 1983

Bronzo | bronze, 17,6 x 11 x 2

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03066

Acquisizione | acquired 1983

La placchetta (Marino Marini 1998, p. 25, cat. 7 a-b), propone una personale interpretazione

del motto mediceo “Festina lente”, a cui allude la scritta al rovescio nelle due versioni del

gesso e del bronzo (cfr. bartolini 1978, p. 207). Al motto sembrerebbe riferire anche l’animale

strisciante che si legge in basso che, tuttavia, invece di seguire l’iconografia manierista

della tartaruga con la vela, pare piuttosto raffigurare una lumaca. Guardando attentamente

la scena si scorgono due figure: una in secondo piano con le gambe disposte su due piani

diversi, vestita da una lunga tunica; l’altra, nuda disposta davanti ad essa, reca in mano un

oggetto di difficile interpretazione (una conchiglia o un frutto?). La figura vestita sembra

incitare l’altra nell’incedere, indicando con la mano una direzione (tuci 2019). L’immagine, di

non di facile lettura, è probabilmente derivata dalla Cacciata di Adamo ed Eva di Masaccio

nella Cappella Brancacci (farinella 2017, p. 83, nota 23). L’ipotesi, certamente interessante,

riconduce l’opera nel contesto degli stimoli culturali dell’ambiente fiorentino negli anni tra le

due guerre, ambiente in cui Marino è perfettamente calato. Rispetto alle varie sollecitazioni

visive, interessante un possibile richiamo alla pittura etrusca anche d’invenzione novecentesca,

come il ciclo realizzato da Adolfo Balduini a Barga nel 1921 (tosi 2019, cfr. farinella

2017, foto n.2).

This plaque (Marino Marini 1998, p. 25, cat. 7a-b) offers a personal interpretation of the

Medici epigram meaning “Hasten slowly”, inscribed backwards on both the plaster and

bronze versions (see bartolini 1978, p. 207). Another reference to the motto appears to

explain the crawling animal at the bottom which, in place of the Mannerist iconography of

the tortoise with a sail, seems to be a snail. Looking carefully at the image, we see two figures:

one behind, her legs disposed on different levels, wearing a long tunic; the other, nude,

stands in front of her, holding something in his hand that is hard to identify (a shell, a fruit?).

The clothed figure seems to incite the other to proceed, pointing the way (tuci 2019). The

image, which is not easy to decipher, plausibly derives from Masaccio’s Expulsion of Adam

and Eve in the Brancacci Chapel (farinella 2017, p. 83, note 23). This interesting theory

connects the work to Florence’s cultural influence in the years between the World Wars,

a milieu in which Marini felt perfectly at home. Regarding the various visual references,

there is too an interesting evocation of Etruscan painting, as it was understood in twentiethcentury

imitations, like the cycle painted by Adolfo Balduini in Barga in 1921 (tosi 2019, see

farinella 2017, photo n.2).

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MARINO MARINI

(Pistoia 1901 - Viareggio, Lucca 1980)

La malatina (La maschera) | The Sickly Girl (The Mask), 1928

Gesso | plaster, cm 28 x 14 x 8

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 31049

Acquisizione | acquired 1997 ca.

Questa piccola scultura, di cui si conoscono due esemplari in gesso, uno in bronzo e uno

in terracotta (Marino Marini 1998, p. 35, n. 37), si trova pubblicata con il titolo Maschera a

corredo dell’articolo di Raffaello Franchi su “Illustrazione Toscana” a recensione della Prima

Mostra Provinciale d’Arte di Pistoia (franchi 1928). L’opera non figura con questo titolo

tra quelle esposte: se escludiamo una Testa di donna, che suggerisce l’idea di una scultura

non frammentaria, saremmo tentati d’identificare questa maschera con l’opera che figura

al numero 189 di quel catalogo col titolo Sorriso. È proprio l’ineffabile sorriso di questo volto

dagli occhi chiusi, a creare una sorta di straniamento percettivo in chi osserva, sollecitando

le immagini contrapposte di una maschera funeraria o di una figura sognante. Marino sembra

qui coniugare particolari dissimulati di realtà – il copricapo che ricorda la falda di un

cappellino o una cuffia – con un aperto rimando archeologico – la frammentarietà –, analogamente

a quanto di lì a poco avrebbe fatto anche in una delle opere più rappresentative

del periodo, il gruppo Popolo (cfr. fergonzi 2017, pp. 12-39).

Two plasters, one bronze and one terracotta version of this small sculpture are known to exist (Marino

Marini 1998, p. 35, no. 37). It was published with the title Maschera (Mask) to illustrate an article by

Raffaello Franchi in Illustrazione Toscana, a review of the 1st Mostra Provinciale d’Arte in Pistoia in

1928 (franchi 1928). The work does not appear under this title among those on view: if one excludes

a Woman’s Head, which implies a non-fragmentary sculpture, it is tempting to identify this mask

as the work which appears as number 189 in the catalogue, entitled Smile (Sorriso). The ineffable

smile on this face, its eyes closed, creates a kind of perceptive alienation in the observer, suggesting

contrasting images of a funeral mask or a dreaming figure. Marini seems to be blending simulated

realistic details – the head covering which might be the brim of a hat or a headdress – with an evident

nod to archaeology (its fragmentary form), much as he would soon do in one of his best known sculptures

of this period, People (1929) (see fergonzi 2017, pp. 12-39).

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MARINO MARINI

(Pistoia 1901 - Viareggio, Lucca 1980)

L’idiota | The Idiot, 1927

Gesso | plaster, cm 38,8 x 22,8 x 25,4

Fondazione Marino Marini, Pistoia, n. inv. 1115

Questa testa fu esposta alla Prima Mostra Provinciale d’Arte pistoiese nel 1928.

Muovendosi tra le diverse sollecitazioni visive entro le quali lo scultore va cercando la

propria strada, egli elabora opere di un esuberante “primitivismo rabelaisiano”, in cui Raffaello

Franchi, critico già attivo sulla “Tempra” e vicino al Gruppo Novecentesco Toscano,

riscontrava accenti di “grottesco” (franchi 1928). Si tratta soprattutto di teste e ritratti

caratterizzati da una resa forte che descrive, senza abbellimenti, il soggetto. Non casualmente

Carrà, in recensione alle sculture esposte da Marini alla Biennale del 1928, parlava

di affinità con le opere di uno scultore come Evaristo Boncinelli, che nel 1920 era stato

internato nel manicomio psichiatrico di San Salvi dove morì negli anni Quaranta (carra’

1928). La scultura forte e rude di questo scultore di pazzi e internati, in quegli anni recuperata

sulle pagine de “Il Selvaggio”, poteva suggerire a Marini spunti di riflessione plastica

interessanti. Tuttavia, nell’Idiota di Marini, opera di vibrante tessuto epidermico, la trasposizione

del modello in tipo ‘sociale’, consentiva al pistoiese di evitare di scadere in una

resa eccessivamente realistica e di disporsi su un fronte più avanzato della ricerca, in cui la

scultura si caricava di un forte senso straniante. (cfr. fabi 2017b, pp. 86-88).

This head was shown at the 1st Mostra Provinciale d’Arte in Pistoia in 1928. It is evidence of Marini’s

eclectic experiments with different modes, as he moved towards a style of his own, such as an exuberant

“Rabelaisian primitivism”, in which Raffaello Franchi, already a critic for La Tempra and close to

the Gruppo Novecentesco Toscano, found accents of the “grotesque” (franchi 1928). Such works

consist above all in heads and portraits with a distinctively strong modelling that describe the subject

without embellishment. It is no accident that Carlo Carrà, reviewing Marini’s sculptures at the

1928 Venice Biennale, discussed their similarity to works by a sculptor such as was Evaristo Boncinelli,

admitted in 1920 to the psychiatric asylum of San Salvi where he died in 1946 (carrà 1928). The

strong, rugged sculptures by this artist representing those confined to the asylum, which were reproduced

in the pages of Il Selvaggio, may have given Marini the inspiration for similar interesting

three-dimensional exercises. However in the Idiot, with its vibrant surface texture, the transposition

of the model into a ‘social type’ enabled Marini to avoid lapsing into an excessively realistic rendering

and move beyond to a more advanced territory of plastic research, in which the sculpture is charged

with a strong sense of strangeness (see fabi 2017, pp. 86-88).

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MARINO MARINI

(Pistoia 1901 - Viareggio, Lucca 1980)

Ritratto del pittore Alberto Caligiani

Bust of the Painter Alberto Caligiani, 1929

Bronzo | bronze, cm 30,5 x 23 x 21,5

sul lato sinistro del collo | on the left side of the neck: “M/M”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1230

Acquisizione | acquired 2012

Questo ritratto dedicato al concittadino Alberto Caligiani, fu eseguito nel 1929 a Firenze,

secondo quanto si legge in una nota a tergo di una foto d’archivio (Archivio Fondazione

Marino Marini, Pistoia). Il contesto fiorentino non stupisce, vista la comune militanza nelle

fila del Gruppo Novecentesco Toscano e della rivista “Solaria”, sulla quale entrambi pubblicarono

disegni. La via scelta nella scultura è quella di un sottile naturalismo impressionistico,

molto lontano dai più sintetici raggiungimenti delle teste eseguite nel 1927 a Costetti

o Lanza del Vasto dove era evidente la trasfigurazione del dato sensibile. La realtà del

soggetto, infatti, è pienamente descritta nel modellato del volto o nelle chiome profondamente

solcate dai polpastrelli nel materiale duttile del modello in creta o in gesso. L’atteggiamento

di quieta arrendevolezza del pittore allo sguardo dell’artista che lo ritrae, lascia

trasparire la consuetudine amichevole che dovette legarli. Dal punto di vista strettamente

stilistico l’opera può essere avvicinata alla Testa d’uomo, acquisita nel 1927 dal Podestà di

Pistoia per il Museo Civico. Come il ritratto di Caligiani, anche questa testa sembra nascere

da una “prima e franca emozione”, rendendo esplicito in questi anni ancora di ricerca, il

tornare di Marini su modalità espressive già esperite o apparentemente contraddittorie

nell’evolversi del suo stile (salvi 2015c, p. 149).

This portrait dedicated to Marini’s fellow Pistoian the painter Alberto Caligiani was executed in 1929

in Florence, according to a handwritten note on the back of an archive photograph (Archivio Fondazione

Marino Marini, Pistoia). The Florence context is no surprise, given their shared service in the ranks

of the Gruppo Novecentesco Toscano and of the review Solaria, in which both published drawings. The

style he chose for this sculpture is a subtle, Impressionistic naturalism far removed from the more summary,

abstracting heads of 1927, of Giovanni Costetti or Lanza del Vasto, in which the reconfiguration

of the visual data was more marked. The features of the model are fully described in the modelling

of the face or the hair, deeply furrowed by the artist’s fingers in the pliable clay or plaster. Caligiani’s

expression of calm submissiveness to the eye of the sculptor portraying him reveals the friendly familiarity

that surely linked them. From a stylistic point of view, the work is comparable to the Head of a

Man, acquired in 1927 by the mayor of Pistoia (Pistoia, Museo Civico). Like Caligiani’s portrait, this

head also seems to be created from an “early and sincere emotion”, which clarifies Marini’s return, in

these still experimental years, to expressive methods already accomplished, or apparently contradictory

to the development of his style (salvi 2015c, p. 149).

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MARINO MARINI

(Pistoia 1901 - Viareggio, Lucca 1980)

Giocoliere | Juggler, 1939

Bronzo | bronze, cm 161,5 x 52 x 38

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 239

Acquisizione | acquired 2003

La scultura, elaborata nel 1939, si pone in linea con le ricerche plastiche che Marini portava

avanti negli anni Trenta con lavori come Icaro, in cui rifletteva su una diversa disposizione

spaziale della scultura, staccando le proprie opere dai piedistalli e collocandole sospese

alle pareti. Analoga disposizione fu immaginata per questa scultura il cui gesso, nello studio

di Marini a Monza, veniva fotografato appeso alla parete. L’opera raffigura un giocoliere

con un braccio alzato alla fronte e una gamba piegata. La presenza dell’altro braccio mutilo

conferisce alla scultura un forte sapore archeologico e un’aura poetica tra la memoria e il

sogno. Il tema del giocoliere, caratterizzato però dalla calzamaglia a scacchi come quella

di un saltimbanco o di un circense, fu caro all’artista che lo rappresentò più volte in pitture

proprio alla metà degli anni Venti (fabi 2017a, pp. 118-120). Le sproporzioni e gli allungamenti

del corpo e degli arti, che diverranno ancora più evidenti in alcune sculture del

decennio successivo, possono essere messe in relazione con esempi di scultura gotica che

potevano offrire fonte d’ispirazione al maestro. Ci piace poter pensare che anche la scultura

di Giovanni Pisano, soprattutto quella lignea, più e più volte osservata nella sua città

natale, avrebbe potuto fornire allo scultore pistoiese memoria e materia di meditazione

per le sue future opere, ancor più drammatiche: allo scultore gotico Marini riservò parole

di grande ammirazione (cfr. marini 1959, pubblicato in Marino Marini. Pensieri sull’arte, pp.

21-22).

This sculpture of 1939 is consistent with the plastic research Marini was carrying forward in the 1930s

with works like Icarus, in which he experimented with a different spatial organization of sculpture,

detaching his works from their pedestals and placing them, suspended, against the wall. Such an

arrangement was envisioned for this sculpture, whose plaster version, in Marini’s Monza studio, was

photographed suspended on a wall. The work depicts a juggler with one arm raised to his forehead

and one leg bent. The other, amputated arm gives the figure a strongly archaeological and poetic feel,

between memory and dream. The theme of the juggler, identified by a chequered bodysuit like that

of an acrobat or circus performer, was a favourite of Marini’s, who depicted such figures repeatedly in

paintings in the mid-1920s (fabi 2017a, pp. 118-120). The disproportionate and elongated body and

limbs, which would become even more evident in his sculptures of the next decade, may be compared

to examples of Gothic sculpture as a source of inspiration for maestro Marini. It is pleasing to imagine

that Giovanni Pisano’s sculptures, especially those in wood, which Marini would have seen often in

his hometown, may have provided him with memories and subjects of reflection for future, even more

dramatic works: Marini is know to have been a great admirer of Pisano (see marini 1959, published in

Marino Marini. Pensieri sull’arte, pp. 21-22).

186



DAGLI ANNI TRENTA

ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE

FROM THE 1930S

TO THE SECOND WORLD WAR

188 189



Dagli anni Trenta

alla seconda guerra mondiale

From the 1930s

to the Second World War

Se da un lato il 1928 con la Prima Mostra

Provinciale pistoiese aveva segnato un traguardo

nell’ottica del riconoscimento unitario

di un gruppo di artisti, ben connotati

all’interno del panorama delle province toscane,

dall’altro quello stesso anno segna

un discrimine: di lì a poco l’ unità di poetica

e d’intenti si sarebbe incrinata, a favore di

personali e autonome riflessioni pittoriche.

Già dallo scorcio degli anni Venti, il dilemma

tra restare in provincia aspettando magre

occasioni di lavoro o partirsene rischiando

di perdere in pura lirica e spirituale ispirazione

è un elemento di grande opposizione

tra gli artisti, e trova in Giovanni Michelucci

a Roma e in Giovanni Costetti a Pistoia due

opinioni contrapposte. Renzo Agostini risolse

il problema con il trasferimento a Parigi

già dal 1928, ritornando solo nel 1938.

Altri artisti come Alberto Caligiani, Silvio

Pucci, Marino Marini, vicini al movimento

del Novecento Toscano gravitavano nel

programma espositivo del Novecento italiano

che vide una serie di mostre a Milano

tra il 1926 e il 1929. Caligiani partecipò per

esempio anche alla mostra di Efisio Oppo

a Madrid nel 1928. A Marini si sarebbero

aperti, analogamente, orizzonti internazionali

e benché dal 1929 si fosse trasferito a

Monza, fu tuttavia spesso coinvolto nella

compagine dei pistoiesi alle varie mostre

del Sindacato, promosse a Firenze o in città:

a Pistoia lo rintracciamo a più riprese fino

al 1932, e quindi nel 1935, ormai acclamato

concittadino vincitore del premio della

The year 1928 was a milestone for art in

Pistoia: the 1st Mostra Provinciale brought

together a number of established artists

from across Tuscany’s provinces, and gained

them recognition as a unified group. Nevertheless,

in the same year, there were already

the seeds of crisis: the concord of poetics and

artistic intentions would soon yield to individuality

and self-determined approaches to

pictorial practice. Even in the mid-1920s, the

dilemma of whether to remain in the province,

with its meagre opportunities for work,

or to leave it, risking the loss of its pure lyrical

and spiritual inspiration, was a point of

contention, with Giovanni Michelucci leaving

for Rome and Giovanni Costetti staying

in Pistoia representing the opposing points

of view. Renzo Agostini made his choice

by moving to Paris in 1928, returning only

in 1938. Meanwhile, other artists sympathetic

to the Novecento Toscano, such as

Alberto Caligiani, Silvio Pucci, and Marino

Marini, gravitated to the Novecento Italiano

exhibitions, with a series of shows in Milan

between 1926 and 1929. Caligiani took part

in the Efisio Oppo exhibition in Madrid in

1928. Similarly, international horizons were

to open up for Marini. Although he moved

to Monza in 1929, he was often part of the

group of Pistoians exhibiting at the various

labour union exhibitions (mostre sindacali),

in Florence or Pistoia. We find him on

several occasions in Pistoia until 1932, and

in 1935 when Marini was the winner of the

first prize for sculpture at the 2nd Rome

Quadriennale romana.

Nel 1929 alla II Mostra del Novecento Italiano,

insieme a Caligiani, Marini e Pucci,

Bugiani aveva esposto opere come la Casa

rosa (o Sera sull’aia) (p. 203), lontane dalle

terse visioni dell’anno precedente, e riflesso

di nuove sollecitazioni formali. Il momento

di ascesa dei pittori pistoiesi all’interno di

Novecento venne fermamente criticato dai

due padri dello spiritualismo pistoiese: Co-

PIETRO BUGIANI

Madonna dal manto rosso, 1931 ca., tempera su compensato

Madonna with the Red Cloak, 1931 ca., tempera on hardboard

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 412

Quadriennale, this was hailed as a triumph

for Pistoia.

In 1929, together with Caligiani, Marini and

Pucci, Pietro Bugiani exhibited at the 2nd

exhibition of the Italian Novecento, with

works such as The Red House (or Evening

in the Farmyard) (p. 203), which were

quite different from the crisp realism of his

work the previous year, and indicated new

formal concerns. The rise of the Pistoian

190 191



stetti, infatti, di Umberto Mariotti e Bugiani

sentenziò “due tecnici che oramai si confondono

nei movimenti di avanguardia dei

tosco-milanesi”; mentre Michelucci parlò

di pittura alla maniera dei ‘selvaggi’ (costetti

1929a, pp. 5-6; lettera di Michelucci

a Eloisa Pacini del 16 aprile 1929, citata in

toti 2003, p. 14; toti 2007, p. 78). Erano

chiari in quella pittura i riferimenti a nuovi

elementi culturali come Carlo Carrà, e una

‘vena di naturalismo’ che portava a indicare

in Ardengo Soffici un nuovo polo attrattivo.

Egli, infatti, radunava attorno alla sua villa

di Poggio a Caiano i giovani delle città circostanti:

Prato, Firenze e Pistoia. Questo

segnò anche il progressivo eclissarsi della

voce di Costetti. L’importanza di questa

CORRADO

ZANZOTTO

Testa di uomo, s.d.,

gesso

Head of a Man, n.d.,

plaster

Fondazione Caript,

Pistoia, n. inv. 407

painters within the Novecento was strongly

criticized by two father figures of Pistoia’s

spiritualism: Costetti’s verdict on Umberto

Mariotti and Bugiani was that of “two technicians

now bemused by the Tuscan-Milanese

avant-garde movements”; Michelucci

described their painting as being in the

manner of “wildmen” (costetti 1929a, pp.

5-6; letter from Michelucci to Eloisa Pacini

dated 16 April 1929, quoted in toti 2003, p.

14; toti 2007, p. 78). Such paintings clearly

referred to new cultural influencers such as

Carlo Carrà, and to a “vein of naturalism”

that saw Ardengo Soffici as a new point

of reference. Indeed, Soffici was gathering

around his villa in Poggio a Caiano young

people from the surrounding cities of Prato,

nuova personalità sullo sfondo della scena

pistoiese è puntualmente confermata dalle

dichiarazioni di Alfiero Cappellini su “Il

Ferruccio” nel 1934 o di Bugiani sul “Frontespizio”

nel 1939 che lo definirà “maestro

severo ma generoso” di consigli ai giovani

(cappellini 1934; bugiani 1939).

Nel 1931 fu Giuseppe Lanza del Vasto a richiamare

all’appello i “Puri” di Pistoia con

una mostra alla Galleria Porza di Berlino

finalizzata a far conoscere i giovani virgulti

dell’arte toscana raggruppati da lui stesso

con il nome “L’Arco”. L’intento, sostenuto

anche da parallele conferenze, era quello

di mostrare una via per un’arte spirituale,

sulle orme dei grandi del passato, ma con

forme contemporanee e autonome. I pistoiesi

selezionati secondo la specifica idea di

illustrare questo concetto furono: Bugiani,

a cui Lanza significativamente chiedeva

di esporre i suoi incantati paesi presentati

nel 1928 a Pistoia e non i risultati della sua

nuova stagione; Agostini con alcuni disegni;

Francesco Chiappelli con le Sguerguenze;

Marino Marini con la sua scultura dal sapore

etrusco; Egle Marini con alcuni ritratti,

e Zanzotto con una maschera in cera di un

bambino (ragionieri 2007a, pp. 57-59).

Malgrado la fortuna dell’iniziativa e i successi

delle vendite che videro Bugiani trionfare,

a niente valse il richiamo alla coesione

attorno alle forme d’incantato spiritualismo

che aveva contraddistinto il gruppo. I tempi

erano cambiati, Lanza stava già intraprendendo

nuove strade e gli artisti pistoiesi,

quelli rimasti in provincia, un tempo ragazzi

in cerca di guide spirituali, avevano adesso

portato a maturazione le proprie poetiche

sotto l’influsso di altre e ben diverse sollecitazioni

esistenziali e culturali.

Gli anni Trenta sono caratterizzati da un’intensa

attività di mostre, secondo il sistema

corporativo del Sindacato di Belle Arti che

Florence, and Pistoia. This signalled the

gradual eclipse of Costetti’s authority. The

significance of this new figure on the Pistoiese

scene was quickly recognised by Alfiero

Cappellini in statements in Il Ferruccio

in 1933 and by Bugiani in Frontespizio in

1939 – describing him as “a severe but generous

master” in his advice to young people

(cappellini 1934; bugiani 1939).

In 1931 it was Giuseppe Lanza del Vasto who

mustered the ‘puri’ of Pistoia for an exhibition

in the Porza exhibition rooms in Berlin,

with the purpose of introducing the young

Tuscan artists, assembled under the group

name of ‘L’Arco’, to the wider world. The

goal, with the support of a lecture series,

was to reveal the way of a spiritual art, in

the footsteps of great figures from the past,

but with contemporary and independent idioms.

The Pistoiese artists who were chosen,

in order that they illustrate this specific idea,

were: Bugiani, from whom Lanza, tellingly,

requested the enchanted village scenes that

he had shown in 1928 in Pistoia rather than

his more recent works; Agostini, with some

drawings; Francesco Chiappelli, with The

Pranks; Marino Marini, with sculpture in his

Etruscan manner; Egle Marini, with some

portraits; and Corrado Zanzotto, with a wax

mask of a child (ragionieri 2007a, pp. 57-59).

The exhibition was a success, as were sales,

especially of Bugiani’s paintings, but despite

this the call to unite around images of spiritual

enchantment such as had characterized

the group came to nothing. Times had

changed. Lanza’s mind was already on new

and distant prospects, and those artists still

remaining in Pistoia, once young men in

search of mentors, had now matured their

own poetics under the influence of other,

very different existential and cultural circumstances.

The 1930s were notable for the frequency

192 193



organizzava esposizioni provinciali, interprovinciali

(poi regionali) e nazionali. Le

mostre prevedevano acquisti da parte dello

stato e anche di altre istituzioni o enti

locali. Le esposizioni del Sindacato furono

un terreno stimolante e di incontro per il

gruppo e per le individualità degli artisti

nati nel primo decennio; da segnalare anche

che nel 1932 Caligiani ricoprì l’incarico

di Fiduciario del Sindacato Nazionale di Belle

Arti, ruolo che nel tempo sarebbe stato

anche di Bugiani (1933) e poi di Luigi Mazzei

(1935). Tra il 1928 e il 1938, tra Pistoia

e Montecatini si succedettero sette mostre

Provinciali sotto il patronato del Sindacato

di Belle arti, attraverso le quali, i pistoiesi

sarebbero a fatica giunti al consenso e al

riconoscimento cittadino. Così malgrado

anche le partecipazioni alle mostre Regionali,

per molti di loro, le ambite convocazioni

alle Biennali veneziane o alle Quadriennali

romane, arrivarono negli inoltrati anni

Trenta. (toti 2007). Viene meno, a poco a

poco l’idea di una coesione in una comune

poetica, seppure sia chiara, nella letteratura

critica del tempo, la solida base di ‘scuola’

che caratterizza il gruppo della provincia pistoiese

rispetto alle altre province toscane.

C’è una smania di evasione dai confini della

provincia e di confronto con quanto avviene

attorno che porterà, alla fine degli anni

Trenta, artisti come Cappellini, Caligiani,

Chiappelli a collaborare con importanti gallerie

private come la Gianferrari a Milano o

la Galleria Genova; mentre tra il 1939 e il

1940 Innocenti, Cappellini e Bugiani furono

invitati a partecipare al Premio Bergamo

(toti 2007). In città furono adesso gli artisti

a prendere autonomamente parte al dibattito

sulla cultura in atto, portando a maturazione

le proprie poetiche su un fronte di

riflessione in cui trovavano spazio letterati

of public exhibitions, organized through the

corporative system of the Sindacato di Belle

Arti (a ‘labour union’ for artists) at provincial

‘inter-provincial’, (later regional) and

national levels. Such exhibitions provided for

purchases, by the State as well as by more

local private or public bodies. They were

incentives for artists, and places where,

whether as individuals of the generation

born in the first decade of the century, or as

groups, they could meet. Moreover, in 1932,

Caligiani was a trustee of the Sindacato Nazionale

di Belle Arti, a position that Bugiani

(1933) and Luigi Mazzei (1935) would also

hold. Between 1928 and 1938, there were

seven provincial exhibitions between Pistoia

and Montecatini, under the patronage

of the Sindacato di Belle Arti, and thus the

Pistoian artists would have acquired, even if

with difficulty, the city’s approval and recognition.

Consequently, and despite participation

as well in the regional exhibitions, it was

not until the late 1930s that several of them

received the coveted summons to the Venice

Biennales or the Rome Quadrienniales (toti

2007).

Gradually, the notion of adhering to a

shared poetic of art faded, even if it is clear

in the critical literature of the period that a

solid foundation of a ‘school’ distinguished

the Pistoian artists from those of other Tuscan

provinces. A craving to escape the city

limits, to learn what was going on in the

world, led in the late 1930s Alfiero Cappellini,

Caligiani, and Francesco Chiappelli to

show in private galleries such as the Galleria

Gianferrari in Milan or the Galleria Genova

in Genoa, while, between 1939 and 1940 Giulio

Innocenti, Cappellini, and Bugiani were

invited to compete for the Bergamo prize

(toti 2007).

In Pistoia, it was now the artists who inde-

e poeti come Danilo Bartoletti, Piero Bigongiari,

Alberto Ciattini, in questo momento

in dialogo intenso con Cappellini, Innocenti,

Bugiani, Zanzotto. Siamo negli anni delle

riviste di “Selvaggio”, “Frontespizio” e del

pistoiese “Il Ferruccio”, sulle cui colonne

trovarono voce Bugiani, Cappellini, Innocenti,

ma anche Oscar Gallo, Mario Luzi, Bigongiari,

Bartoletti (salvi 2004). Subentra

una diversa idea di pittura che formalmente

trova in Soffici, in Rosai e in Carrà punti di

riferimento importanti e che ancora riaffermano

i temi del quotidiano e della natura.

ARTURO STANGHELLINI

a sinistra / on the left

Caricatura del pittore Alberto Caligiani, 1932, lapis su carta

Caricature of the Painter Alberto Caligiani, 1932, lapis on paper

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 176

a destra / on the right

Caricatura del pittore Alfiero Cappellini, 1932, lapis su carta

Caricature of the Painter Alfiero Cappellini, 1932, lapis on paper

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 189

pendently took part in cultural discussions

and cultural affairs, maturing their pictorial

language jointly with writers and poets such

as Danilo Bartoletti, Piero Bigongiari, and

Alberto Ciattini, who were in close intellectual

dialogue with Cappellini, Innocenti,

Bugiani, and Zanzotto. These were the years

of the magazines Selvaggio, Frontespizio,

and, in Pistoia, Il Ferruccio, which published

articles by Bugiani, Cappellini, and Innocenti

as well as Oscar Gallo, Mario Luzi, Bigongiari,

and Bartoletti (salvi 2004). A different

idea of painting was taking hold, with

194 195



Poeticamente, opere di questo decennio

come quelle qui esposte, di Cappellini, di

Bugiani e di Innocenti mostrano una nuova

attenzione a un’idea di memoria che agisce

nel quadro in atmosfere malinconiche dai

toni bassi e colori guasti, sintomo e specchio

di nuove inquietudini. I concetti di memoria,

di attesa e di assenza, cari agli intellettuali

di quel periodo (su “Frontespizio”,

“Corrente” e poi “Letteratura”), fanno da

sottofondo nelle scelte dei temi che sempre

più spesso includono la figura umana come

elemento di un racconto. I dipinti divengono

episodi di questo racconto quotidiano in

cui si dispongono le figure silenti di Bugiani

come accade nell’affresco L’Attesa del 1932

(p. 204) o nel dipinto con la Madonna dal

manto rosso (p. 191), definito da Lara Vinca

Masini uno degli apici del primo Novecento

italiano (masini 2010, p. 100). E ancora

esemplificativi sono gli interni familiari di

Cappellini ma anche l’Autoritratto con la modella

(p. 221), oppure di Innocenti col Ritratto

di Danilo Bartoletti (p. 215). Sono opere

emblematiche di questo periodo che col più

tardo Ritratto di Sigfrido Bartolini (1945, p.

223) di Mariotti delineano quasi una muta

poetica dell’esistere. È il turbamento che si

avverte adesso nella natura, l’inquietudine

esistenziale che si palesa nei molti autoritratti

e ritratti di questo decennio con elementi

perturbanti l’atmosfera d’idillio. Tra i

molti e intensi autoritratti se ne segnalano

alcuni di Caligiani, oppure quello di Alberto

Giuntoli del 1937 (p. 198).

Non certo una stagione di ripiegamento interiore

ma della piena maturazione di una

sorta di poetica delle solitudini “tra uomo

e uomo, tra uomo e oggetto e tra oggetto

e oggetto” (bigongiari 1985, p. 22) che in

alcuni artisti, come Cappellini, si trasponeva

in un avvertito sentimento di universale

ed esistenziale caducità, nell’amore per

important formal reference points in Soffici,

Ottone Rosai, and Carlo Carrà but which

stayed loyal to subjects found in the quotidian

and in nature. The works of this decade,

such as those exhibited here by Cappellini,

Bugiani, and Innocenti, reveal a new attention

to an idea of memory, expressed

in melancholy atmospheres of low-keyed

tones and muddy colours, a symptom and

a reflection of new anxieties. The notions

of memory, expectation, and absence, dear

to the intellectuals of the period (in Frontespizio,

Corrente and later Letteratura),

formed the background to the choice of

motifs that often included the human figure

as an allusion to narrative. The paintings

become episodes of the everyday, settings

for silent figures, as in Bugiani’s fresco The

Wait (p. 204), or in his painting of the Madonna

with the Red Cloak (p. 191), which

Lara Vinca Masini defined as one of the

highpoints of early twentieth-century Italian

art (masini 2010, p. 100). Cappellini’s

domestic interiors are exemplary, as is his

Self-Portrait with Model (p. 221), or Innocenti’s

Portrait of Danilo Bartoletti, (p.

215). These are emblematic works of the period,

to which one can add the later Portrait

of the Young Sigfrido Bartolini by Umberto

Mariotti (1945, p. 223), that breathe a mute

poetry of existence. There is a sense that not

all is well in the mood, the existential anxiety

that transpires from the many self-portraits

and portraits of the decade, as if dark clouds

were appearing in a clear sky. Self-portraits

by Caligiani and Alberto Giuntoli of 1937 are

representative of this (p. 198).

This was certainly not a period of inward

withdrawal, but rather the flowering of a

sort of poetics of solitude “between man and

man, between man and object, and between

object and object” (bigongiari 1985, p. 22)

that for artists such as Cappellini transposed

“le cose anormali, vicine a cadere” in cui il

pittore si riconnetteva alla sensibilità dell’amico

Bigongiari, allora più narratore che

poeta (Bigongiari, lettera a Ciattini del 13

novembre 1933, cit. in iacuzzi-dei 1985, p.

37). Con Bigongiari, presente a Pistoia fino

al 1937 ma in contatto anche in seguito,

Cappellini condivideva momenti di pittura

nella campagna in passeggiate dal sapore

iniziatico, spesso ricordate dal futuro poeta

(bigongiari 1985).

Tra le opere di questo decennio, esposte

nel nuovo allestimento, tra lavori di artisti

che negli anni Trenta sono una conferma, ci

PIETRO BUGIANI

Il mulino della Bure, s.d., acquaforte su zinco

The Mill of the Bure, n.d., zinc etching

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 692/10

itself into a conscious feeling of universal

and existential transience, into a love for

the “abnormal things, about to fall” in line

with the sensibility of his friend Bigongiari,

at that time more a storyteller than a poet

(Bigongiari, Letter to Ciattini 13 November

1933, quoted in iacuzzi-dei 1985, p. 37).

Cappellini shared with Bigongiari – who

was in Pistoia until 1937, and who stayed in

touch even after – moments when he would

paint the countryside during walks together,

that had something of the initiatory about

them, and which the future poet would often

recall (bigongiari 1985).

196 197



ALBERTO GIUNTOLI

Autoritratto, 1937, olio su tela

Self-Portrait, 1937, oil on canvas

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1309

sono anche alcuni clamorosi ritorni, come

quello di Innocenti che non presente alla

Prima Mostra Provinciale del 1928, in questi

anni aveva intrapreso la carriera di ragioniere.

Ritornò in scena alle mostre Regionali

Toscane tra il 1930 e il 1934 con capolavori

non esposti prima come Figura sul mare del

1927 (p. 167), la Deposizione del 1929 (p.

200) o il Ritratto di Danilo Bartoletti del 1934

(p. 215). Dello stesso artista si espongono

Among the works from this decade on display

in this new installation, and among

the artists of the 1930s who confirm these

tendencies, there are unexpected re-appearances,

such as that of Innocenti, who, having

turned to a career as an accountant, had

been absent from the 1st Mostra Provinciale

in 1928. He returned to the Tuscan regional

exhibitions between 1930 and 1934 with

previously unexhibited masterpieces such as

anche alcune delle grandi xilografie eseguite

a partire dal 1938 (p. 227), con rinnovato

e originale interesse per questa tecnica, e

alcuni disegni per una Via Crucis (1944) mai

realizzata, che tanto piacquero ad Alessandro

Parronchi (parronchi 1978, pubblicato

in bartolini 1997, p. 29). Nel 1932 alla III

Mostra d’arte di Montecatini troviamo invece

la presenza di Stanghellini con alcuni

disegni; mentre tra le giovani leve, alle sindacali

si annoverano gli esordi di Agenore

Fabbri e di Iorio Vivarelli. Della scultrice

Bice Bisordi, giovane esordiente nel 1933

alla IV Provinciale d’arte, si espone l’intima

Testa di fanciulla (p. 211). Ai primi anni Trenta

si ricorda anche l’esordio come scultore

di Corrado Zanzotto che dal 1929/1930 era

di nuovo pistoiese. Alla V e alla VII Provinciale

d’arte (1935 e 1938) si presentò con

opere come Testa d’uomo (p. 192) e Cesarone

(p. 208). In questo stesso giro di anni, a

partire dal 1932, si collocano anche alcune

teste modellate da Pietro Bugiani, eseguite

in un clima di vicinanza con l’amico Zanzotto:

una di esse, molto intensa, significativamente

ritraeva il poeta Bigongiari (riprodotta

in iacuzzi 2000b, p. 174). Al 1933 si

riconduce la pubblicazione di un disegno

di Bugiani sul “Selvaggio”; mentre presso

la Fondazione Caript si conservano alcune

lastre incise (p. 197), relative a un’attività

che si colloca a partire dalla metà degli

anni Venti fino agli anni Settanta. Integra

questa parziale visione dell’arte pistoiese

lungo gli anni Trenta, assolutamente non

esaustiva per la complessità delle sollecitazioni

culturali ancora tutte da analizzare,

la Madonna del grano di Luigi Mazzei, destinata

al Palazzo delle Corporazioni ed esempio

di una committenza pubblica cittadina.

Intanto anche a Pistoia, già dalla seconda

metà degli anni Trenta fu evidente la necessità

di sostenere un’arte identificativa del

Figure by the Sea of 1927 (p. 167) the Deposition

of 1929 (p. 200), and Portrait of

Danilo Bartoletti of 1934 (p. 215). Innocenti

also exhibited in later years large woodcuts,

made from 1938 onwards (p. 227), inspired

by a genuine renewal of interest in this technique,

in addition to some drawings for a

Via Crucis (1944) which were greatly admired

by Alessandro Parronchi (though the

painting itself was never executed) (parronchi

1978, published in bartolini 1997,

p. 29). In 1932, at the 3rd Mostra d’Arte of

Montecatini, we find Stanghellini with some

drawings, while among the young new

entries Agenore Fabbri and Iorio Vivarelli

made their debuts at the Mostre Sindacali.

Another newcomer was the sculptor Bice

Bisordi, who exhibited the intimate Head of

a Girl (p. 211) at the 4th Mostra Provinciale

d’Arte in 1933.

Zanzotto, once again in Pistoia from 1929-

1930, made his debut as a sculptor in the

early 1930s. He took part in the 5th and 7th

Mostre Provinciali d’Arte (1935 and 1938,

respectively) with works like the Head of

a Man (p. 192) and Cesarone (p. 208).

Some heads modelled by Bugiani, carried

out in a spirit of camaraderie with his friend

Zanzotto, date from this same period. Significantly,

one of these, of notable psychological

intensity, was of the poet Bigongiari

(reproduced in iacuzzi 2000b, p. 174). In

1933 a drawing by Bugiani was published in

Selvaggio, while among the holdings of the

Fondazione Caript there are engraved plates

(p. 197), evidence of Bugiani’s practice as a

print maker beginning in the mid-1920s, and

which he continued into the 1970s.

A contribution to this partial overview of

Pistoian art during the 1930s, which is far

from exhaustive given the complexity of cultural

tendencies and influences still awaiting

analysis, was Luigi Mazzei’s Madonna

198 199



GIULIO INNOCENTI

Deposizione, 1929 ca., olio su compensato

Deposition, 1929 ca., oil on hardboard

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 376

momento storico e del regime, attraverso

la quale cercare il consenso di artisti e di

pubblico: se ne seguono le polemiche vicende

sui giornali e sulle riviste dell’epoca

(sisi 1980, pp. 137-138; cfr. salvi 2004). Nei

primi anni Quaranta nacquero così alcune

esposizioni apologetiche e allineate alla retorica

del regime come la mostra La madre e

of the Wheat (p. 220), painted for the

Palazzo delle Corporazioni and therefore

an example of a public commission. Meanwhile,

the necessity for an art identifiable

with and supportive of this historical period

and of the Regime, in search of a consensus

between artists and the public, was already

being felt in Pistoia in the second half of the

il soldato (1941). In occasione della Mostra

Provinciale d’Arte Contemporanea del 1941,

che proponeva il tema de Gli eroi di Gondar,

si segnalò significativamente il dissenso e

la diserzione di alcuni artisti, anche non in

aperta opposizione politica, con l’intento,

ancora una volta, di ribadire un’idea di autonomia

poetica. La stessa autonomia poetica

come sola via autentica all’arte, che anche

Bartoletti contribuiva a difendere in alcuni

interventi sul “Ferruccio”, in cui sosteneva

l’indipendenza degli artisti nelle scelte

tematiche e formali, legittimandone la rivendicazione

di una pittura legata soltanto

“all’intimo dell’artista” in cui la forma non

devesse più obbligatoriamente sottostare ai

dettami di una attinenza al dato reale (cfr.

toti 2007, pp. 87-92; sisi 1980, pp. 135-

140). Una posizione questa dell’autonomia

poetica che, riconnettendosi sicuramente

alle strade indicate da Costetti e Michelucci,

sarebbe diventata marca distintiva

anche delle generazioni artistiche della seconda

metà del Novecento, soprattutto di

quella degli artisti nati a cavallo tra gli anni

Venti e Trenta, adesso giovanissimi. Chiude

la rassegna, il dipinto di Umberto Mariotti,

Ritratto di Sigfrido Bartolini fanciullo

(p. 223) dove è un gioco intimo e intrigante

di sguardi incrociati tra il fanciullo, il pittore

fuori scena e lo spettatore. Sarà lo stesso

Sigfrido Bartolini, artista lui stesso e critico

d’arte, a farsi testimone delle generazioni,

a produrre importanti studi e a favorire il

collezionismo degli artisti pistoiesi della

prima metà del Novecento presso la Cassa

di Risparmio di Pistoia e Pescia e anche

presso la Fondazione Caript, consapevole

dell’importanza che questa stagione artistica

cittadina avrebbe potuto ricoprire nel più

ampio panorama dell’arte italiana.

1930s, leading in turn to various disputes in

newspapers and magazines of the time (sisi

1980, pp. 137-138; see salvi 2004).

This led in the early 1940s to exhibitions

aligned with the rhetoric of the Regime, to

the point that they counted almost as apologias,

such as the The Mother and the

Soldier exhibition of 1941. The 1941 Mostra

Provinciale d’Arte Contemporanea, with

the theme The Heroes of Gondar, caused

dissent and defection among some artists

who, though they were not in open political

opposition, meant once more to assert the

autonomy of their art: an autonomy which

Bartoletti, in articles published in Ferruccio,

defended as the only valid status for art, asserting

that artists should have independence

in their thematic and formal choices,

thus legitimizing their claim to represent

exclusively the “artist’s interiority”, in which

form need not submit to the dictates of reality

(see toti 2007, pp. 87-92; sisi 1980, pp.

135-140).

This position, which harked back to the aesthetics

of Michelucci and Costetti, was to be

central to the credo of post-war art artists,

the generation born in the 1920s and 1930s,

who were still very young.

The exhibition closes with Mariotti’s The

Young Sigfrido Bartolini (p. 223), with its

intimate and intriguing play of glances exchanged

between the boy, the painter offstage,

and the viewer. It was to be Bartolini,

himself an artist and art critic, who would

be a witness to the early generations, writing

important, influential studies and encouraging

the Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia to collect the art of the twentiethcentury

artists of Pistoia, aware of the importance

that this episode held in the wider

perspective of Italian art.

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PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905 – 1992)

Casa rosa (o Sera sull’aia) | Pink House (or Evening in the Farmyard),

1929

Olio su tavola | oil on panel, cm 63 x 69

In basso a sinistra | bottom left: “P. Bugiani 1929”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 676

Acquisizione | acquired 2008

Questa visione di Bugiani, eseguita tra il 1928 e il 1929 ed esposta alla II Mostra del Novecento

a Milano, segna il passaggio dell’artista a una nuova sensibilità che a Giovanni

Costetti, Giovanni Michelucci e Giuseppe Lanza del Vasto sembrò in contraddizione con

l’incantata, ingenua e tersa atmosfera di sospensione dal tempo che emanava da opere

precedenti come Pomeriggio domenicale (p. 138). Bugiani a questa data era entrato in

rapporti con il gruppo del “Selvaggio” e si era, in qualche modo, indirizzato ai temi di

vita rurale cari a Ardengo Soffici, Ottone Rosai e Mino Maccari.

Il dipinto, impaginato alla Carlo Carrà, è caratterizzato da una pittura sfumata e soffusa

che si rischiara d’improvvise accensioni di luce; il cielo non più terso fa intuire i turbamenti

del pittore alla ricerca di una nuova via espressiva. Su tutto regna il senso di un

silenzio quasi annoiato o come di pesantezza esistenziale (cfr. toti 2007, p. 78). Come

sappiamo il nuovo indirizzo del pittore (ma anche di altri artisti come Umberto Mariotti)

e l’ascesa all’interno del Gruppo Novecentesco Toscano, segnò il distacco di Costetti

dal gruppo che in una cartolina a Bugiani, lapidariamente scriveva: “L’ora estrema del

naturalismo è giunta e tu ti imbarchi con lui” (cartolina di G. Costetti a Bugiani, Firenze

31.XII.30 in Archivio Bugiani, Fondazione Caript; cit. in ragionieri 2007a, p. 54).

This village view, painted between 1928 and 1929 and exhibited at the 2nd Mostra del Novecento in

Milan, signalled Bugiani’s shift to a new sensibility that, to Giovanni Costetti, Giovanni Michelucci

and Giuseppe Lanza del Vasto contradicted the enchanted, naïve, and limpid atmosphere of suspended

time that emanated from previous works such as Sunday Afternoon (p. 138). By this time,

Bugiani was in contact with the ‘Selvaggio’ group and, in one way or another, was addressing

themes of rural life dear to Ardengo Soffici, Ottone Rosai, and Mino Maccari. Structured in the

manner of Carlo Carrà, the work is rendered with nuanced, suffused paint lit by a sudden flashes;

no longer clear, the sky hints at the painter’s difficulties as he searched for new forms of expression.

Over all reigns a sense of silence, of ennui or existential inertia (see toti 2007, p. 78). As we know,

Bugiani’s new direction (as well as those of other artists such as Umberto Mariotti) and his rise in

the Gruppo Novecentesco Toscano, coincided with Costetti’s detachment from the group. In a postcard

to Bugiani, he wrote bluntly, “Naturalism’s extreme hour has come and you are going with it”

(Postcard from G. Costetti to Bugiani, Florence 31.12.30 in the Archivio Bugiani, Fondazione Caript;

quoted in ragionieri 2007a, p. 54).

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PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905 – 1992)

L’attesa | The Wait, 1932

Affresco su tavola | fresco on panel, cm 186 x 102

In basso a destra | bottom right “P.Bugiani”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 262

Acquisizione | acquired 2004

L’opera fu esposta per la prima volta alla VI Mostra Regionale Toscana del 1932 e indicava

una nuova esperienza pittorica di Bugiani che, sulla strada indicata da Ardengo Soffici,

si confrontava qui con il recupero della tecnica antica dell’affresco. L’impostazione

della figura mostra la vicinanza di Bugiani alle ricerche del maestro di Poggio a Caiano

nell’opera Ines. C’è tuttavia, in questa donna statica e silente, isolata nel suo profilo, una

sorta di personale riflessione sull’idea di attesa come sentimento di contemplazione

del mistero universale e, anche, di solitudine esistenziale, che distingue in originalità la

scelta di Bugiani. Analoghe scelte poetiche appaiono anche in alcuni dipinti del decennio

in cui sono raffigurati paesaggi mesti e severi sotto cieli grevi e plumbei, secondo

un sentimento esistenziale che accomunava anche intellettuali come Bigongiari (ragionieri

1998, pp. 40-44). Negli gli anni Trenta Bugiani si confrontò varie volte con il tema

dell’affresco che eseguiva secondo le antiche regole: presso la Fondazione Caript si

conservano i disegni eseguiti su carta da scena in grandezza naturale con i preparatori e

gli studi per alcune di queste composizioni (cfr. Pietro Bugiani. Il colore del tempo 2015).

Nel 1936, alla sua prima apparizione alla Biennale veneziana, espose l’affresco Esequie

(o I parenti del morto), Collezione Intesa Sanpaolo.

Exhibited for the first time at the 6th Mostra Regionale Toscana in 1932, the work represented a

new pictorial experiment for Bugiani who, at Ardengo Soffici’s suggestion, tackles here the revival

of the ancient technique of fresco. The posture of the figure indicates Bugiani’s closeness to Soffici,

the master of Poggio a Caiano, in paintings such as Ines. Nonetheless, in this still, silent woman,

solitary and silhouetted, there is a sort of personal reflection on the idea of waiting as a moment

of contemplation of the mystery of the universe as well as existential solitude, which distinguishes

Bugiani’s invention for its originality. Similar poetic choices appeared in other paintings in this decade,

with joyless and austere landscapes under leaden skies, in keeping with an existential sentiment

shared by intellectuals such as Bigongiari (ragionieri 1998, pp. 40-44). Several times in the

1930s, Bugiani worked with the technique of fresco, following the ancient rules: life-size drawings

on scenery paper with preparatory sketches and studies for some of these compositions are among

the holdings of the Fondazione Caript (see Pietro Bugiani. Il colore del tempo 2015). In 1936, at

his first appearance at the Venice Biennale, he exhibited the fresco Funeral Rites (or The Dead

Man’s Relatives) (Collezione Intesa Sanpaolo).

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PIETRO BUGIANI

(Pistoia 1905 – 1992)

Ritratto del suocero (Ritratto di Francesco Paci), prima metà degli

anni ‘30 | Portrait of the Artist’s Father-in-law (Portrait of Francesco

Paci), first half of the 1930s

Bronzo | bronze, cm 30 x 24 x 18

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 673

Acquisizione | acquired 2008

Tra il 1935 e il 1938 in occasione di alcune mostre interprovinciali e regionali d’arte toscana

a Firenze e di esposizioni provinciali a Montecatini, Bugiani presentò alcune teste,

frutto di un interesse sulle rese volumetriche dei soggetti che lo portò ad affrontare

anche la scultura. Negli anni Trenta modellò una decina di ritratti dei quali tre conservati

presso la Fondazione Caript. Si tratta di sculture per lo più in creta, dedicate a contadini,

conoscenti o amici della cerchia degli intellettuali pistoiesi, come lascia intuire il ritratto

a Piero Bigongiari (pubblicato in iacuzzi 2000b, p. 174) e forse anche a Danilo Bartoletti

(cfr. ragionieri 1998, p. 53, nota 155; salvi 2015a, pp. 61-62; salvi 2015e, pp. 156-157).

Al suocero fu dedicato questo ritratto, poi fuso in bronzo, caratterizzato da una superficie

fortemente solcata che rimanda alla lezione della rude scultura di Evaristo Boncinelli.

Non estranea a questo interesse dovette essere la frequentazione quotidiana che

Bugiani aveva in questo momento con lo scultore Corrado Zanzotto il quale, proprio nel

1931, esordiva come scultore, accantonando momentaneamente la pittura.

Between 1935 and 1938, Bugiani presented sculptures of heads at various interprovincial and regional

exhibitions of Tuscan art in Florence and at provincial exhibitions in Montecatini. An interest

in the volumes of his painted motifs had led him to tackle sculpture. In the 1930s, he fashioned a

dozen portraits, three of which are among the Fondazione Caript’s holdings. These are mostly in

clay, of peasants, acquaintances, or friends from intellectual circles in Pistoia, exemplified by the

portrait of Piero Bigongiari (published in iacuzzi 2000b, p. 174) and perhaps also of Danilo Bartoletti

(see ragionieri 1998, p. 53, note 155; salvi 2015a, pp. 61-62; salvi 2015e, pp. 156-157). This

portrait dedicated to his father-in-law was later cast in bronze. Its furrowed surface is reminiscent

of Evaristo Boncinelli’s rugged sculptures. Bugiani’s daily meetings at that time with Corrado Zanzotto,

who had temporarily set aside his painting to debut as a sculptor in 1931, must have been

related to this interest.

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CORRADO ZANZOTTO

(Pieve di Soligo, Treviso 1903 – San Marcello P.se 1980)

Cesarone, 1938 ca.

Gesso | plaster, cm 28 x 30 x 39,5

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 13833

Acquisizione | acquired 1990

Nel 1931 alla V Mostra Regionale d’Arte Toscana Zanzotto, proprio su consiglio di

Giovanni Michelucci, esordì come scultore con alcune teste; inoltre la maschera in

cera di un bambino compariva alla mostra alla Galleria Porza di Berlino organizzata

da Giuseppe Lanza del Vasto nello stesso anno. Nel 1935 espose l’opera Cireneo,

ispirata alla Vita di Cristo di Giovanni Papini (opera dispersa) nel quale lo scultore

aveva preso a modello un operaio che faceva mattoni alle Fornaci (Pistoia). Questa

traduzione plastica poderosa negli intenti di Zanzotto voleva essere non tanto un

richiamo a notazioni raziali che potevano incontrare il gusto del regime, quanto

piuttosto una lettura di forte compartecipazione umana, come dichiarò lo stesso

scultore: “Era la storia di un uomo normale che vede il suo prossimo in terra e lo

soccorre” (iacuzzi-dei 1987, p. 23). Su questa stessa linea poetica si pone il Cesarone,

esposto nel 1938 alla VII Mostra d’arte di Montecatini Terme. La scultura

propone il ritratto di un personaggio pistoiese, una sorta di vagabondo che girava

per la città con una giacca costellata di medaglie. Zanzotto, al di là dell’aderenza al

dato reale, sembra proporci una lettura impietosa, e per questo umanissima e forse

ironica, di un antieroe novecentesco.

On Giovanni Michelucci’s advice, Zanzotto debuted as a sculptor with some heads at the 5th

Mostra Regionale d’Arte Toscana in 1931. His wax mask of a child appeared in an exhibition

organized in the same year by Giuseppe Lanza del Vasto in the Porza exhibition rooms in

Berlin. In 1935, he showed the work Cyrene, inspired by Giovanni Papini’s Life of Christ (now

lost), in which the sculptor’s model was a brickmaker working at Le Fornaci in Pistoia. Zanzotto’s

intention in this powerful sculpture was not so much a reference to racial characteristics,

that would somehow comply with the taste of the Regime, but rather an image strong in human

compassion. As Zanzotto himself stated, “It was the story of a normal man who sees his

neighbour on the ground and helps him” (iacuzzi-dei 1987, p. 23). Along this same poetic line

is Cesarone, exhibited in 1938 at the 7th Mostra d’arte of Montecatini Terme. The sitter is

of one of Pistoia’s characters, a sort of tramp who moved around the city in a medal-studded

jacket. Beyond a realistic likeness of the actual figure, Zanzotto seems to offer us an unblinking

and thus very human, perhaps ironic interpretation of a twentieth-century antihero.

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BICE BISORDI

(Pescia 1905 – 1988)

Testa di fanciulla, s.d. | Head of a Girl, n.d.

Terracotta colorata | coloured terracotta, cm 32 x 18,5 x 19

Sul retro in basso | below on the back “B. Bisordi”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 9147

Acquisizione | acquired ante 1980

In questa Testa di fanciulla la scultrice pesciatina Bice Bisordi instaura col modello un

intimo dialogo di corrispondenze affettive, cogliendo con grazia quel sentimento di delicata

timidezza che sembra trasparire dallo sguardo abbassato. L’incarnato roseo della

terracotta, appena velato dalla pittura, procura in chi guarda un’emozione di epidermide

morbida e vellutata. Le appartenne, secondo quanto riferisce Sergio Cammilli (cammilli

1942), un’indubbia capacità di ritrarre i volti dei fanciulli e di “scoprire il carattere e la

poesia che ogni testa possiede” attraverso una “materia fresca, morbida e sensibile”.

Scorrendo i titoli delle opere da lei esposte alle mostre sindacali alle quali partecipò

a partire dalla IV Mostra d’Arte provinciale a Pistoia nel 1933, balza all’occhio la sua

predilezione per i ritratti, per lo più dedicati alla sfera degli affetti familiari, a fanciulle o

bambini. Dopo gli studi accademici ancora nel solco della cultura ottocentesca, la sua

produzione si era indirizzata verso una forma di realismo che si avvicinava alla lezione di

Libero Andreotti, seppur “cadendo”, in alcuni casi, nel lezioso “specialmente nei ritratti

sorridenti” (cammilli 1942). Alla tipologia dei ritratti sorridenti può essere ricondotta la

testa Sorriso (1938), conservata presso il Museo Civico di Pistoia.

In this Head of a Girl, the Pescia-born sculptor Bice Bisordi established an intimate dialogue of

mutual affection with the model, graciously intuiting that feeling of delicate shyness that seems to

emerge from the lowered gaze. The rosy terracotta complexion of the terracotta, barely veiled by

paint, provides the viewer with the impression of a soft, velvety skin. According to Sergio Cammilli

(cammilli 1942), Bisordi had an unquestionable ability to portray children’s faces and to “discover

the character and poetry each head possesses” through “fresh, soft, and sensitive material”. Browsing

the titles of the works she exhibited at the labour union exhibitions in which she participated,

starting with the 4th Mostra d’Arte Provinciale in Pistoia in 1933, her preference for portraits is

striking, mostly dedicated to the ambience of family affections, to girls and children. After her academic

studies, still shaped by the culture of nineteenth century, her work veered towards a form of

realism similar to the example of Libero Andreotti, although “falling” in some cases into the mawkish,

“especially in smiling portraits” (cammilli 1942). The head Smile (1938 ca.), in the Museo

Civico of Pistoia, is an example of this type of portrait.

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EGLE MARINI

(Pistoia 1901 – 1983)

Ritratto | Portrait, 1931

Olio su tela | oil on canvas, cm 49 x 34

In basso a destra | bottom right: “E. Marini ‘31”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03109

Acquisizione | acquired 1932

L’opera costituisce una delle prime acquisizioni della Cassa di Risparmio di Pistoia che

la acquistò alla III Mostra Provinciale d’Arte nel 1932. Il dipinto è caratterizzato da un

impasto cromatico denso e pulviscolare che rimanda certamente alla lezione pittorica

di Felice Carena, esempio importante per alcuni pittori della cerchia pistoiese negli anni

Venti e Trenta, come per Umberto Mariotti. In questa tela c’è una raffinata intonazione

generale all’azzurro e al bianco su cui spiccano il rosa dell’incarnato e il nero dei capelli

della giovane. La fitta trama delle pennellate, quasi “una sorta di brulicante aggregato

pittorico” (cappugi 1990, p. 60), accarezzato da un suggestivo effetto di luci chiarissime,

colloca questo ritratto in un’atmosfera di sogno o di memoria: una trasposizione

intimamente poetica e psicologicamente delicata del soggetto. Questa stessa materia

pulviscolare sarà caratteristica distintiva anche del segno grafico della pittrice in alcuni

bellissimi disegni del periodo della sua maturità.

This painting is one of the Cassa di Risparmio di Pistoia’s first acquisitions, purchased at the 3rd

Mostra Provinciale d’Arte in 1932. It is rendered with a dense, powdery chromatic impasto that

certainly derives from the painting lessons of Felice Carena, an important model for some painters

in Pistoia in the 1920s and 1930s, such as Umberto Mariotti. There is a sophisticated tonal harmony

of blue and white which gives prominence to the pinkish complexion and black of the young woman’s

hair. The dense pattern of the brushstrokes, “a sort of teeming aggregation of paint” (cappugi

1990, p. 60), brushed by a suggestive effect of bright lights, gives this portrait the aura of dream

or memory, an intimately poetic, psychologically delicate transposition of the subject’s likeness.

This powdery medium was also a distinctive feature of the painter’s graphic mark in some very fine

drawings from her mature period.

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GIULIO INNOCENTI

(Pistoia 1897 – Firenze 1968)

Ritratto di Danilo Bartoletti | Portrait of Danilo Bartoletti, 1934

Olio su compensato rinforzato | oil on reinforced plywood, cm 127 x 101

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03094

Acquisizione | acquired 1979

Non esitiamo a definire questo ritratto eseguito da Innocenti una delle opere più rappresentative

degli anni Trenta. L’intellettuale Danilo Bartoletti (1913-1942), giovane scrittore

collaboratore della rivista “Campo di Marte” e “Il Ferruccio”, amico dei pittori pistoiesi,

è ritratto nella propria casa in Piazza San Francesco: dalla finestra aperta, oltre la

balaustra, se ne scorge il piccolo parco con in alto l’edificio del Parterre. Il personaggio,

seduto sulla poltrona con alle spalle la tenda, occupa quasi l’intero campo dell’immagine:

un taglio compositivo ardito ne mette in primo piano le gambe e le mani con il libro.

All’impostazione monumentale ma non retorica del personaggio si associa l’atmosfera

intima e domestica dell’interno che, con i suoi oggetti, descrive gli interessi del giovane.

Tutto in questo dipinto è racconto: la figura del poeta nell’interno, gli elementi del suo

mondo interiore attorno a lui, la vita che scorre al di là della finestra. Ma è proprio la

scelta di ritrarre Bartoletti con la testa reclinata, tra la lettura e il sogno, a creare una

sorta di straniante sfasamento percettivo: come se la veduta alle spalle del letterato non

fosse altro che una surreale ‘altra’ scena dell’inconscio. Lo spettatore ha così l’impressione

di penetrare nella sfera più segreta di un misterioso racconto.

We unhesitantly define this portrait by Innocenti as one of the most representative works of the

1930s. The intellectual Danilo Bartoletti (1913-1942), a young contributor to the magazines Campo

di Marte and Il Ferruccio as well as a friend of the Pistoian painters, is portrayed in his own

house in Piazza San Francesco. One sees beyond the balustrade of the open window the small park

with the Parterre building at the top. Seated in an armchair with a curtain behind, the figure occupies

almost the entire field of the image. A bold compositional device places the legs and hands

holding a book in the foreground. The figure’s monumental but not rhetorical presence conforms

with the intimate, domestic atmosphere of the interior that, with its objects, inventories the young

man’s interests. Everything in this painting is a story: the figure of the poet indoors, the elements of

his inner world around him, and life going on beyond the window. Yet it is this very choice to portray

Bartoletti with his head bowed, between reading and dream, which creates a sort of alienating perceptual

inconsistency. It is as if the view behind the writer was nothing but a surreal ‘other’ scene

drawn from the unconscious. The viewer has the impression of penetrating the most secret realm

of a mysterious tale.

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ALBERTO CALIGIANI

(Grosseto 1894 – Firenze 1973)

Poggiolo a Montemurlo | Hillock in Montemurlo, 1930

Olio su cartone | oil on cardboard, cm 65 x 74

In basso a destra | bottom right: “A. Caligiani”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03111

Acquisizione | acquired 1986

Inserito nel Gruppo Novecentesco Toscano fin dal suo primo costituirsi (1925/1926)

e presente anche nel contesto del movimento del Novecento italiano, Caligiani negli

anni Trenta è molto attivo alle mostre del gruppo toscano e quindi alle esposizioni organizzate

dal Sindacato di Belle Arti di ambito provinciale (Pistoia, Firenze, Grosseto),

regionale e nazionale con significative presenze alle Biennali e a eventi internazionali

come la Mostra d’Arte Italiana a Vienna (1933). Le sue opere in questo momento

s’indirizzano principalmente verso il paesaggio con un naturalismo che innesta sulla

lezione di Ardengo Soffici una personale rilettura della tradizione pittorica ottocentesca

toscana, giungendo a una tavolozza spesso intonata ai toni cupi come d’autunno.

I luoghi sono quelli della biografia di Caligiani: la montagna pistoiese tra le valli della

Bure, Montemurlo, San Pellegrino, ritratti adesso in visioni definite dalla critica di ‘sano

realismo’, che sembrano come riemerse dalla memoria. Questo dipinto Poggiolo a Montemurlo

può essere a tutti gli effetti esemplificativo della pittura di Caligiani in questo

periodo; l’artista infatti “esprime cupamente le sue cose in colori sornioni che rendono

pesa, gonfia,e pur non ingombra, la tela. È oscuro come di una gioia nascosta; di una

gioia non propriamente visiva, che cova profonda sotto la cenere della materia” (vittorini

1933, cfr. iacuzzi 2005a). Nei dipinti di figura, che Caligiani torna ad affrontare a

partire dal 1934, e nelle molte nature morte caratterizzate da ‘tragiche’ note di colore, è

ben presente anche la tradizione della pittura del Cinquecento e del Seicento a cui non

è estraneo il fascino di Goya.

A member of the Gruppo Novecentesco Toscano from its founding (1925-1926), Caligiani was active

in the group’s exhibitions during the 1930s and thus in those organized by the Sindacato di Belle

Arti at the provincial (Pistoia, Florence, and Grosseto), regional, and national levels with major

appearances at the Biennales and at international events like the Italian art exhibition in Vienna

(1933). His works at this time were mainly landscapes, with a naturalism derived from Ardengo

Soffici, and with a personal overlay of the nineteenth-century Tuscan pictorial tradition, using a

palette with low keyed ‘autumnal’ tonalities. Caligiani’s motifs were places in his own life: Pistoia’s

mountains between the Bure, Montemurlo, and San Pellegrino valleys, portrayed in views described

by critics as a “healthy realism” that seemingly surfaces from memory. This painting, Hillock in

Montemurlo, is in many ways exemplary of Caligiani’s work in this period. he “sombrely expresses

his things in sly colours that make the canvas heavy, bloated, and yet uncluttered. It is dark like

a hidden joy, with a joy not exactly visual that lies deep under the ashes of the material” (vittorini

1933, see iacuzzi 2005a). His figure painting, to which he returned in 1934, and his many

still lifes, characterized by their ‘tragic’ notes of colour, also reflect the traditions of sixteenth- and

seventeenth-century painting, and even betray a fascination for Goya.

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ALFIERO CAPPELLINI

(Pistoia 1905-1969)

Paesaggio a Collegigliato | Landscape at Collegigliato, 1937

Olio su tela | oil on canvas, cm 80 x 110

In basso a destra | bottom right: “Alfiero Cappellini 1937”

Collezione Paolo Priami

Negli anni Trenta Cappellini lavora intensamente al paesaggio

e ne nascono delle visioni strutturate secondo una

composizione larga e distesa, sul cui sfondo le montagne

creano un’alta chiusura scenica mentre in primo piano e nei

piani intermedi si dispongono le case, la natura e l’uomo con

i suoi racconti di quotidiano vivere. Più spesso, però, come

in questo dipinto, il paesaggio è l’elemento solitario della

composizione, in cui la presenza umana si evince solo dagli

oggetti del lavoro e della vita quotidiana che a essa rimandano.

La natura vi è spesso rappresentata spoglia in un cielo

plumbeo, con colori stridenti ma sommessi in cui sembra

evidente una carica di solitudine esistenziale. Piero Bigongiari

ricorda l’amico nella campagna intento a dipingere i

suoi “paesaggi che verdeggiavano cupi”, cercando, tentando

e ritentando, con tutte le sue forze la struttura del quadro

(bigongiari 1985, p. 22). Nasce proprio in questi anni una visione

di paesaggio che diventerà cifra distintiva dell’artista

negli anni seguenti, fino a fare scuola ai giovani allievi della

Scuola d’Arte, nel secondo dopoguerra.

Cappellini worked extensively on landscape in the 1930s, creating

views arranged in broad, spacious compositions, with mountains

forming a lofty scenic closure in the distance, while in the

foreground and middle ground houses, nature, and people with

stories of everyday life are deployed, each with their own story.

More often however, as in this painting, the landscape is the sole

protagonist, with the human presence reduced to objects alluding

to work and daily life. Nature often appears desolate, with a

leaden sky, the subdued yet clashing colors invoking existential

solitude. Piero Bigongiari remembered his friend, in the countryside,

intent on painting his “bleak, green landscapes” trying and

trying again with all his effort to resolve the painting’s structure

(bigongiari 1985, p. 22). At this time Cappellini developed an

approach to landscape that became his distinctive signature in

the years that followed, and taught it to the students of the Scuola

d’Arte after World War II.

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ALFIERO CAPPELLINI

(Pistoia 1905 - 1969)

Autoritratto con la modella | Self-portrait with Model, 1938

Olio su tela | oil on canvas, cm 110 x 80

In alto a sinistra | top left: “Alfiero Cappellini 1938”

Collezione Paolo Priami

L’opera esposta a una personale alla Galleria Genova nel 1940, propone uno dei più

intensi autoritratti dell’artista che qui si ritrae con la modella nel proprio studio. La composizione

che lascia intravedere un interno dimesso quasi domestico, ritrae Cappellini

al cavalletto dinanzi alla tela, mentre alle sue spalle siede una modella in atteggiamento

scomposto. Lo sguardo diretto del pittore coinvolge lo spettatore in un racconto fatto di

quotidiana fatica e di resistenza alle incertezze del proprio mestiere di uomo e di artista.

La rimeditazione della lezione di Ardengo Soffici, di Giovanni Fattori e dei Primitivi come

Giotto o Masaccio sulle quali aveva innestato una personale lettura della pittura di Paul

Cézanne e dei Fauves, lo portava adesso a una tavolozza stridente e alla rappresentazione

di esseri umani deformati e sproporzionati che niente avevano di attinente alla realtà.

Ad Alberto Ciattini che, in una visita durante gli anni della guerra, chiedeva ragione di

tali deformazioni, Cappellini raccontava “che la deformazione non era intenzionale, perché

quegli uomini nascevano così storti e umiliati in un mondo storto e umiliato, sotto

un cielo corrotto, sullo sfondo di montagne tristi per la corruzione, e che anche Cézanne

[…] aveva fatto così per ispirazione del cuore […]” (ciattini 1985, pp. 27-28).

Exhibited in a solo exhibition in 1940 at the Galleria Genova, Genoa, this work is one of the artist’s

more powerful self-portraits, depicted in his studio with a model. We see a modest, almost domestic

interior with Cappellini standing at his easel before a canvas, while a model sprawls in a chair

behind him. The painter’s direct look engages the viewer and speaks of the daily struggle, trying

to overcome doubt, of his talent as man and artist. The re-meditation of the lessons of Ardengo

Soffici, of Giovanni Fattori, and of the Italian Primitives such as Giotto or Masaccio, grafting on to

them his personal interpretation of the painting of Paul Cézanne and the Fauves, led him to a shrill

palette and the depiction of ill-formed and disproportionate human beings that had nothing to do

with reality. On a visit to Cappellini during the war years, Alberto Ciattini asked him the reason for

these deformations. Cappellini replied “that the deformation was not intentional, because those

men were born so crooked and humiliated into a crooked and humiliated world, under a corrupt sky,

against the background of sad mountains due to depravity, and that even Cézanne [...] had done so

because of his heart’s inspiration [...] “(ciattini 1985, pp. 27-28).

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UMBERTO MARIOTTI

(Pistoia 1905 – 1971)

Sigfrido Bartolini fanciullo | The Young Sigfrido Bartolini, 1945

Olio su tela | oil on canvas, cm 80 x 65

In basso a destra | bottom right: “U. Mariotti”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 03114

Acquisizione | acquired 1988

Mariotti, ritrae qui il giovane Sigfrido Bartolini, allora allievo della Scuola d’Arte, attorno

al 1945. La Scuola d’Arte di Fabio Casanova, infatti, chiusa nel periodo bellico, avrebbe

riaperto proprio grazie all’impegno degli artisti nati nel primo decennio del Novecento,

divenuti a loro volta insegnanti, e nel caso di Mariotti, direttore. In questo dipinto,

magistralmente giocato sui toni dei bianchi, la composizione è attentamente scelta dal

pittore che, personalmente, sembra averne curato ogni dettaglio. La disposizione decentrata

del soggetto, poi, lascia intravedere una parte dello studio dell’artista. La figura

del fanciullo in posa, con un’aria tra l’assorto e l’annoiato, conferisce al dipinto un’idea

di dimensione senza tempo. Lo sguardo del fanciullo, fisso negli occhi del pittore, crea

un’intimità confidenziale e misteriosa per quel gioco intrigante di sguardi del fanciullo

con lo spettatore e per essere poi quasi il doppio ‘narrativo’ del pittore, assente ma presente

con la piccola tela posta sul cavalletto dove è il ritratto di bambina (cfr. bartolini

2000d; iacuzzi 2005c).

Mariotti portrays here the young Sigfrido Bartolini who was studying at the Scuola d’Arte, Pistoia,

at the time, around 1945. Although it had closed during the war, Fabio Casanova’s school reopened

thanks to the efforts of the generation of artists born in the first decade of the twentieth century,

who were themselves now the teachers or, in Mariotti’s case, the principal. Masterfully handled

with tones of white, this painting was composed with precision by Mariotti, who was attentive to

every detail. Bartolini’s position off centre reveals to us a part of the artist’s studio. The child’s pose,

with an air somewhere between bored and rapt, lends the painting the sense of a timeless dimension.

His gaze, directed at Mariotti, creates a friendly, mysterious intimacy owing to the intriguing

play of glances between the child and the onlooker and owing to the double ‘narrative’ of the

painter, absent yet present in the canvas with the portrait of a girl set on the easel (see bartolini

2000d; iacuzzi 2005c).

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LUIGI MAZZEI

(Pistoia 1882 – 1968)

Madonna del grano | Madonna of the Wheat, 1934

Olio su tavola | oil on panel, cm 250 x 100

In basso a destra | bottom right: “L. Mazzei 934-XIII”

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 353

Acquisizione | acquired 2005

Quest’opera, eseguita per il Palazzo delle Corporazioni nel 1934, testimonia l’ascesa dell’artista Mazzei,

attivo fin dalla metà degli anni Dieci e impegnato in un’attività poliedrica che lo vide anche redattore

della rivista “Il Giornalissimo”, pubblicata tra il 1919 e il 1928. La Fondazione Caript ne conserva la serie

quasi completa e alcuni numeri sono esposti in questa occasione (Archivio Mazzei, Fondo Valiani, Fondazione

Caript). Pittore, grafico, decoratore, caricaturista e scenografo, negli anni Trenta si era aggiudicato

importanti committenze come quella alla Cassa di Risparmio, dove eseguì diverse decorazioni tra

le quali l’affresco Cerere e due arazzi succhi d’erba (1931). Fiduciario del Sindacato Fascista di Belle Arti,

grazie alla sua vicinanza al regime, ottenne la decorazione del Palazzo delle Corporazioni già sede del

Consiglio dell’Economia Nazionale. Gli interventi di Mazzei in questo luogo erano dedicati alle principali

attività economiche della provincia pistoiese. In alcuni pannelli vi erano figurazioni simboliche virili

della Fusione e del Ferro battuto, debitrici di certa monumentalità retorica alla Sironi. In altri ambienti,

con gusto più marcatamente Déco, si trovavano dipinte una Fontana che alludeva alle risorse termali,

e una decorazione dedicata al tema agricolo, su cui si basava la politica economica del regime, e a cui

faceva riferimento anche questa Madonna del grano (dominici 1996a e 1996b).

Painted for the Palazzo delle Corporazioni, Pistoia, in 1934, this work marks the rise of the artist Mazzei.

Active since the mid-1910s, he engaged in a wide range of activities, including editor of the periodical Il

Giornalissimo, published between 1919 and 1928. The Fondazione Caript has almost the entire run, with

some numbers displayed on this occasion (Archivio Mazzei, Fondo Valiani, Fondazione Caript). Painter,

graphic designer, decorator, caricaturist, and set designer, he

won important commissions in the 1930s like that of the Cassa

di Risparmio, where he carried out various decorations among

which are the Ceres mural painting and two succo d’erba

(hand-painted) tapestries (1931). A trustee of the Sindacato

Fascista di Belle Arti and close to the Fascist regime, he won

the commission to decorate the Palazzo delle Corporazioni,

formerly the seat of the Consiglio dell’Economia Nazionale.

Mazzei’s contributions were dedicated to the main economic

activities of the province of Pistoia. Some panels portrayed virile

symbolic figures of Casting and Wrought Iron, indebted to

Sironi’s style of rhetorical monumentality. Other rooms with a

markedly Déco style included the painting of A Fountain, alluding

to the local spas, and another to agriculture, the basis of the

Regime’s economic policy and to which this Madonna of the

Wheat also refers (dominici 1996a and 1996b).

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GIULIO INNOCENTI

(Pistoia 1897 – Firenze 1968)

Pistoia, 1938

Xilografia | woodcut, cm 38 x 50

In basso a destra | bottom right “Pistoia”; in basso a sinistra | bottom left: “Giulio Innocenti da

Pistoia-xilografia legno dolce”

Collezione Intesa Sanpaolo, n. inv. 14778

Acquisizione | acquired 1977

Dopo gli esordi alla xilografia avuti da Alberto Caligiani alla metà degli anni Dieci, nel 1938

Innocenti riprese a lavorare con grande energia a questa tecnica, producendo circa una dozzina

di grandi incisioni che rappresentano un lavoro importante all’interno della sua ricerca

protrattasi fino al 1951. Così ne parla egli stesso: “[…] rappresentano il mio tentativo di fare

l’incisione come quadro artistico a se stante, e non come arte sussidiaria o illustrativa, comprovano

la mia operosità volta allo scopo di dimostrare che la povera, minore arte dell’incisione

in legno, può anche essere una strada d’impegno maggiore […]” (innocenti 1955). A

giudicare dai risultati raggiunti, diremmo che Innocenti riuscì nel proposito prefissosi: queste

xilografie, infatti, mostrano grande sicurezza tecnica nell’uso della sgorbia e del bulino e risultati

di rilevante forza poetica. Il segno è a volte leggero e sottile come un pennino, a volte

più marcato e largo, ma in ognuna di queste xilografie, come sottolinea Sigfrido Bartolini

(bartolini 1978, p.19) c’è una costante percezione di incanto: “un’aura tra dolce e malinconica

come di fiaba, o comunque di tempo andato”. Alcune di queste xilografie furono esposte

alla VII Mostra d’Arte a Montecatini Terme nel 1938. Di particolare interesse la possibilità di

ammirare, parallelamente, le matrici incise che tutt’ora si conservano e furono acquisite nel

1979 dalla Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (ora Intesa Sanpaolo).

After his introduction to woodcuts by Alberto Caligiani in the mid-1910s, Innocenti returned enthusiastically

to this technique in 1938, producing about a dozen large engravings which were of great

importance to his practice and which continued until 1951. For this reason, he himself said “[...] they

are my attempt to make engraving a work of art in its own right, and not a subsidiary or illustrative

art; they sustain my efforts to demonstrate that the humble, lesser art of wood engraving can also

be a path to greater diligence [...] “(innocenti 1955). Judging by the results, we would say that

Innocenti succeeded in his intention. Indeed, these woodcuts show great technical confidence in the

use of chisel and burin, with results of considerable poetic force. The mark is sometimes light and

thin like a nib, sometimes bolder and broader. However, as Sigfrido Bartolini points out (bartolini

1978, p.19), there is a constant perception of enchantment in each of these woodcuts, “an air somewhere

between sweet and melancholy like a fairy tale, or, at any rate, of time gone by”. Some of

these woodcuts were exhibited at the 7th Mostra d’Arte of Montecatini Terme in 1938. Of particular

interest is the opportunity to admire, side by side, the engraved blocks which have survived and

which were acquired in 1979 by the Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia) now Intesa Sanpaolo).

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FRANCESCO CHIAPPELLI

(Pistoia 1890 – Firenze 1947)

Le Sguerguenze | The Pranks, 1936

Serie completa delle prime 24 Sguerguenze, tiratura limitata di 25 esemplari

Scritta autografa dell’artista “numerati dal n. 13 al n. 37, esemplare n. 22 F. Chiappelli”

Firenze febbraio 1936; prefazione di Antonio Maraini; Ciascuna acquaforte originale riporta titolo e firma.

Complete series of 24 Pranks, limited edition of 25

autograph inscription “numerati dal n. 13 al n. 37, esemplare n. 22 F. Chiappelli”

Florence February 1936; preface by Antonio Maraini; each etching with title and signature

Carta papale di Fabriano | Fabriano ‘papal’ paper cm 61,2 x 39,5

Rilegatura in pergamena | parchment binding

Fondazione Caript, Pistoia, n. inv. 1318

Acquisizione | acquired 2014

Le Sguerguenze sono una serie di 31 incisioni su rame eseguite da Chiappelli a partire

dal gennaio del 1928 fino alla fine della sua vita. L’edizione rilegata in pergamena, acquistata

dalla Fondazione Caript, fu stampata nel febbraio del 1936 a Firenze e contiene

le prime 24 Sguerguenze, eseguite dunque tra il 1928 e il 1936. A prefazione uno scritto

di Maraini. Il termine toscano Sguerguenza, che indica “un malestro o una birichinata”,

fu usato da Chiappelli per dar vita a una serie di satire mordaci e ironiche, paradossali,

rivolte ai vizi e alle miserie umane, alle ambizioni e alla decadenza dei costumi, ai riti

borghesi, alla religione, alla filosofia, all’amore e alla morte. Il riferimento è alla tradizione

dei Capricci di Francisco Goya e di G.B. Tiepolo: Chiappelli vi esibisce un segno

sintetico, di grande chiarezza lineare in cui l’ironia fa spesso sconfinare la tragedia in

grottesco; altre volte invece nel macabro. L’intento polemico dell’artista era quello di

usare la lastra di rame per un racconto “caustico e satirico, in un’opera rapida, nervosa

e sintetica” in cui la fantasia trasformasse “il vero in fatti e in atti di poesia” (Le incisioni

di Francesco Chiappelli 1965, p. 12).

Le prime Sguerguenze furono esposte alla XVI Biennale nel 1928, altre alla mostra alla

Galleria Porza nel 1931 a Berlino organizzata da Lanza del Vasto.

The Pranks is a series of 31 copperplate engravings made by Chiappelli beginning in January 1928

and continuing until his death. The parchment-bound edition purchased by the Fondazione Caript

was printed in Florence in February 1936 and contains the first 24 Pranks carried out between 1928

and 1936. Chiappelli used the Tuscan term sguerguenza to indicate “malicious conduct or some

kind of a prank”, to create a series of bitingly ironic and paradoxical satires that took aim at vices

and human miseries, ambitions and moral decay, bourgeois rituals, religion, philosophy, love, and

death. This is in the tradition of the Capricci of Francisco Goya and G. B. Tiepolo. Chiappelli’s succinct

mark displays great linear clarity, in which irony often encroaches grotesquely on the tragic

and at other times on the macabre. The artist’s polemical intention was to use the copper plate

to tell a “caustic and satirical [story], in a rapid, tense and concise work” in which the imagination

transformed “the real into facts and into deeds of poetic quality” (Le incisioni di Francesco

Chiappelli 1965, p. 12). The first Pranks were exhibited at the 16th Venice Biennale in 1928; others

were shown at the exhibition organized by Giuseppe Lanza del Vasto at Berlin’s Porza exhibition

rooms in 1931.

Sopra, above:

Sguerguenza II “La toppa nel sedere”, Prank II ‘The Patch in the Backside’, 1928

Nelle pagine seguenti, following pages:

Sguerguenza III “Il bivacco degli uomini grassi”, Prank III ‘The Encampment of the Fat Men’, 1928

Sguerguenza IV “Paganesimo”, ‘Prank IV ‘Paganism’ , 1929

Sguerguenza V “L’avaro”, Prank V ‘The MIser’, 1929

Sguerguenza VII “Il giudizio di Paride”, Prank VII ‘The Judgment of Paris’, 1929

Sguerguenza XII “Le paure”, Prank XII ‘The Fears’, 1930

Sguerguenza XIV “I saggi”, Prank XIV ‘The Sages’, 1930

Sguerguenza XVI “Gli invidiosi”, Prank XVI ‘The Envious Ones’, 1932

Sguerguenza XVII “Ulisse”, Prank XVII ‘Ulysses’, 1932

Sguerguenza XXI “Il rimorso”, Prank XXI ‘Remorse’, 1933

Sguerguenza XXII “La freccia d’oro del mattino”, Prank XXII ‘The Golden Arrow of the Morning’, n.d.

Sguerguenza XXIII “L’uomo d’oro”, Prank XXIII ‘The Man of Gold’, 1936

Sguerguenza XXIV “La visita di condoglianza”, Prank XXIV ‘The VIsit for Condolences’, 1936

228 229



III

IV

XVI

XVII

V

VII

XXI

XXII

XII

XIV

XXIII

XXIV



BIOGRAFIE ARTISTI

ARTIST’S BIOGRAPHIES

A CURA DI | CURATED BY

ANNA AGOSTINI

232 233



RENZO AGOSTINI

(Pistoia, 1906 - 1989)

Attraverso le lezioni del pittore

Fabio Casanova entra in contatto

con l’ambiente artistico pistoiese.

Negli anni Venti la casa

natale, nella campagna pistoiese,

diviene il luogo di riunione

quasi giornaliera del “Cenacolo”

che fa capo a Michelucci. In

questo periodo Costetti diviene

suo maestro e grande estimatore

e gli permette di conoscere lo

spiritualismo del poeta Giuseppe

Lanza del Vasto. Nel 1928

partecipa alla Prima Mostra Provinciale

a Pistoia e nello stesso

anno si trasferisce a Nizza e poi

a Parigi. Il soggiorno nella capitale

francese rappresenta una

fondamentale occasione per il

completamento della formazione.

Su suggerimento di Costetti

studia Cézanne, ha la possibilità

di un aggiornamento diretto

sulla pittura francese post-impressionista

e si fa notare in importanti

esposizioni quali quella

del “Salon d’Automne” del 1935

e quella dell’Accademia degli artisti

italiani nel 1938. Nel 1939,

con l’entrata della Francia in

guerra, torna in Italia. Nel 1942

ottiene l’incarico di assistente

alla cattedra di Figura disegnata

all’Accademia di Belle Arti di Firenze.

Inizia una fase di attività

artistica assai intensa: partecipa

a moltissime esposizioni personali

e collettive, tra le quali nel

1952, alla mostra fiorentina

Mezzo Secolo d’arte Toscana

1901-1950. Negli ultimi anni della

vita torna a Pistoia dove muore

nel 1989.

Agostini’s lessons with painter

Fabio Casanova brought him into

contact with Pistoia’s artistic milieu.

In the 1920s his family home

and birthplace, in the countryside

outside the city, became an

almost daily meeting place for

the ‘Cenacolo’ led by Michelucci.

At this time Costetti became his

teacher and great admirer, and

led him to discover the spirituality

of poet Giuseppe Lanza del Vasto.

In 1928 he took part in the 1 st

Mostra Provinciale in Pistoia, and

the same year moved to Nice and

then Paris. The French capital provided

him with a crucial opportunity

to complete his training. At

Costetti’s suggestion he studied

Cézanne, and was able to catch

up with French post-Impressionist

painting. He attracted attention

at important exhibitions like the

Salon d’Automne in 1935 and the

Academy of Italian Artists exhibition

in 1938. When France was

invaded in 1939 he returned to

Italy. In 1942 he was made assistant

professor of Figure Drawing

at the Accademia di Belle Arti in

Florence, beginning a period of

intense artistic activity during

which he took part in many solo

and group exhibitions including

Mezzo Secolo d’arte Toscana

1901-1950 in Florence in 1952.

In the last years of his life he returned

to Pistoia, where he died

in 1989.

BICE BISORDI

(Pescia, 1905 - 1998)

Introdotta nel mondo dell’arte

dal padre, proprietario di un

laboratorio di lavorazione del

marmo e della creta, si forma

all’Accademia di Belle Arti di

Firenze sotto l’insegnamento

di Italo Griselli e Giuseppe

Graziosi. Dopo il diploma, conseguito

nel 1932, la scultrice

pesciatina partecipa, a partire

dal 1933, a varie esposizioni

Provinciali ed Interprovinciali,

a Pistoia, Montecatini Terme e

Firenze. Nel 1942 durante una

personale alla Galleria ‘Firenze’

del capoluogo toscano è notata

dal Sergio Cammilli che le dedica

una felice recensione su “Il

Ferruccio” dove, sottolineata la

sua particolare sensibilità nel

ritrarre volti di fanciulli, la avvicina,

per il suo realismo, all’opera

di Libero Andreotti. Allestito

uno studio a Montecatini, la

Bisordi ha l’occasione di ritrarre

personaggi famosi, in bronzo o

terracotta, durante i loro soggiorni

nella cittadina termale.

Quasi novantenne scrive una

sorta di autobiografia corredata

di documentazione fotografica

che permette di seguirne la

carriera artistica. Nel Comune

della sua città natale è conservato

un importante nucleo delle

sue opere.

Introduced to the art world by her

father, who owned a marble and

clay workshop, the Pescia-born

sculptor trained at the Accademia

di Belle Arti in Florence, taught by

Italo Griselli and Giuseppe Graziosi.

After graduating in 1932, she

took part in various provincial and

inter-provincial exhibitions in Pistoia,

Montecatini Terme, and Florence

from 1933 onwards. During

a solo exhibition at the Galleria

‘Firenze’ in Florence in 1942, she

was noticed by Sergio Cammilli,

who reviewed her work favourably

in Il Ferruccio, underlining her

particularly sensitive depictions

of children’s faces and comparing

the realism in her work to that of

Libero Andreotti. Bisordi set up a

studio in Montecatini Terme and

made portraits of famous personalities

in bronze or terracotta

when they stayed in the spa town.

At the age of almost 90 she wrote

a memoir with photographic documentation

illustrating her artistic

career. A significant collection

of her work is kept in the Comune

of her birthplace.

PIETRO BUGIANI

(Pistoia, 1905 - 1992)

Si forma alla Scuola d’arte applicata

all’Industria di Santa Croce

a Firenze, dove studia decorazione

e frequenta con Fabio Casanova

l’ambiente della Scuola

d’arte di Pistoia. Nei primi anni

Venti si avvicina al più maturo

Michelucci, capo del “Cenacolo”

pistoiese. Nel 1923 la sua

partecipazione a due mostre

collettive a Firenze è apprezzata

da Lega, Costetti e Raffaello

Melani. Nel 1925, chiamato alle

armi, parte per Torino, dove conosce

Felice Casorati, poi su invito

di Michelucci, soggiorna a

Roma, dove esegue decorazioni

all’interno di edifici progettati

dall’architetto concittadino. Nel

1928 partecipa alla Prima Mostra

Provinciale d’Arte a Pistoia

e nel 1929 alla II Mostra del

Novecento Italiano a Milano.

Alla fine degli anni ’20 inizia a

frequentare la casa di Soffici a

Poggio a Caiano e sull’esempio

del maestro si dedica al recupero

della tecnica dell’affresco.

Nel decennio successivo si distingue

in numerose mostre

Provinciali e Regionali. Nel 1933

inizia la sua collaborazione con

la rivista locale “Il Ferruccio”

attraverso la quale partecipa

al dibattito artistico intorno al

“Novecento”. Con la fine degli

anni Trenta arrivano anche i

primi riconoscimenti nazionali,

partecipa ad alcune edizioni

della Quadriennale Romana e

della Biennale. Nel secondo dopoguerra

si dedica prevalentemente

all’insegnamento presso

la Scuola d’Arte di Pistoia, dove

detiene per molti anni la cattedra

di decorazione.

Trained at the Scuola d’arte applicata

all’Industria in Santa Croce,

Florence, where he studied decoration,

Bugiani frequented the

milieu of Pistoia’s Scuola d’Arte

with Fabio Casanova. In the early

1920s he was close to the older

Michelucci, leader of the ‘Cenacolo’.

In 1923 he took part in two

group exhibitions in Florence attracting

the admiration of Lega,

Costetti and Raffaello Melani. In

1925 he was called up for military

service and left for Turin, where

he met Felice Casorati, and was

then invited by Michelucci to

move to Rome, where he decorated

the interiors of buildings designed

by his fellow Pistoiese architect.

In 1928 he took part in the

first edition of Pistoia’s provincial

exhibition and in 1929 the second

exhibition of 20 th century Italian

art in Milan. In the late 1920s he

started frequenting Ardengo Soffici’s

villa in Poggio a Caiano and

followed the maestro’s example

by working to recover the technique

of fresco. In the following

decade he distinguished himself

in many provincial and regional

exhibitions. In 1933 he started

working with the local magazine

Il Ferruccio, through which he

contributed to the debate around

the art of the Novecento. In the

late 1930s he started to win national

recognition, and took part

in several editions of the Rome

Quadriennale and the Venice Biennale.

After the Second World

War he mainly focused on teaching

at the Scuola d’Arte in Pistoia,

where he was professor of Decoration

for many years.

ALBERTO CALIGIANI

(Grosseto 1894 - Firenze 1973)

Nato in Maremma, si trasferisce

a Pistoia all’età di quattro

anni. La sua formazione artistica

avviene pressoché da autodidatta

in quanto frequenta

per un solo anno, il 1910, i corsi

dell’Accademia di Belle arti di

Firenze. A Pistoia si lega a Nannini

e Innocenti e con loro entra

in contatto con Lorenzo Viani,

Ottone Rosai e Lega. Dall’amicizia

con Viani, scaturisce

l’accostamento alla xilografia:

partecipa nel 1913 alla Mostra

del Bianco e Nero a Pistoia e si

avvicina al gruppo della rivista

spezzina “L’Eroica”. Ha appena

il tempo di partecipare alla III

Esposizione internazionale della

Secessione Romana del 1915

234 235



quando è costretto a partire per

il Carso. Tornato dal fronte, con

una grave malattia polmonare,

si sposta tra Pistoia e Firenze,

partecipando al dibattito artistico

vivo in entrambe le città.

Nel 1926 partecipa alla Prima

Mostra del Novecento italiano

a Milano e alla XV Biennale di

Venezia. Verso la fine degli anni

Venti si avvicina alle tematiche

care al gruppo dei pittori pistoiesi

del “Cenacolo” e con loro

partecipa alla Prima Mostra

Provinciale del 1928. Nel 1929

sarà ancora una volta a Milano

alla II Mostra del Novecento. Intorno

alla metà degli anni Trenta

si trasferisce definitivamente

a Firenze, dove si dedica all’insegnamento

presso l’Istituto

d’arte di Porta Romana e prende

parte a numerose edizioni della

Quadriennale romana e della

Biennale di Venezia.

Caligiani was born in Maremma

but moved to Pistoia at the age

of four. His formal artistic training

at the Accademia di Belle

Arti in Florence lasted only one

year, 1910, and thus he was more

or less self-taught. In Pistoia he

associated with Nannini and Innocenti

and with them met Lorenzo

Viani, Ottone Rosai and

Lega. Through his friendship with

Viani he became interested in

xylography: in 1913 he took part

in the Mostra del Bianco e Nero

in Pistoia, and came into contact

with the group associated with

the La Spezia magazine L’Eroica.

He was just in time to take part

in the 3 rd International Exhibition

of the Secessione Romana in 1915

before being forced to leave for

Karst. When he returned from the

front with a serious pulmonary illness,

he moved between Pistoia

and Florence, contributing to the

lively artistic discussions in both

cities. In 1926 he took part in the

first Novecento Italiano exhibition

in Milan and the 15 th Venice

Biennale. In the late 1920s his art

acquired affinities with the content

preferred by the artists of the

‘Cenacolo’ of Pistoiese painters,

and with them took part in the 1 st

Mostra Provinciale d’arte in 1928.

In 1929 he returned to Milan for

the 2nd Mostra del Novecento. In

the mid-1930s he moved to Florence

definitively where he taught

at the Istituto d’Arte on the Porta

Romana, and was involved in

many editions of the Rome Quadriennale

and the Venice Biennale.

ALFIERO CAPPELLINI

(Pistoia 1905 - 1969)

Si inscrive alla locale Scuola

d’Arte e incoraggiato da Fabio

Casanova prosegue gli studi a

Firenze. Nella prima metà degli

anni Venti entra in contatto

con gli artisti del “Cenacolo”

sotto la guida di Michelucci,

con i quali partecipa alla Prima

Mostra Provinciale d’arte nel

1928. Parallelamente frequenta

lo studio di Ardengo Soffici, la

Scuola libera del nudo e alcuni

corsi all’Accademia delle Belle

Arti di Firenze. A questo periodo

risalgono anche i contatti

con 1’ambiente dell’Ermetismo

fiorentino delle Giubbe Rosse.

Dal 1935 inizia la partecipazione

alle Quadriennali d’Arte

Nazionale a Roma. Nel 1936

è presente alla XX Biennale

d’Arte a Venezia e nel 1938 si

trasferisce in Brianza per stare

in contatto con l’ambiente culturale

milanese. Rientrato a Pistoia

per problemi di salute nel

1940 ottiene una sala personale

alla XXII Biennale veneziana.

Richiamato alle armi e catturato

dai nazisti partecipa alla lotta

partigiana. Nel dopoguerra

espone in numerose personali

e collettive e ottiene la cattedra

alla Scuola d’Arte di Pistoia.

Intanto si fa conoscere in ambiente

romano, tiene rapporti

con Renato Guttuso, Raffaelle

De Grada e Alberto Moravia e

si lega all’ambiente politico della

sinistra. Agli inizi degli anni

’60 gravi problemi di salute lo

costringono ad una lunga convalescenza

passata a Fiesole

ospite di Primo Conti. Riprende

a dipingere e ottiene altri riconoscimenti

nazionali, muore a

Pistoia nel 1969.

Cappellini enrolled at the local Scuola

d’Arte and was encouraged

by Fabio Casanova to continue his

studies in Florence. In the early

1920s he came into contact with

the artists of the ‘Cenacolo’ under

Michelucci’s leadership, and took

part with them in the 1st Mostra

Provinciale d’arte in 1928.

At the same time he attended

Ardengo Soffici’s studio, the Scuola

LIbera of life drawing and

some courses at the Accademia

di Belle Arti in Florence. During

this period he made contact with

the Hermetic Group of the café

‘Giubbe rosse’ in Florence. From

1935 he took part in the Rome

Quadrenniale. In 1936 he attended

the 20th Venice Biennale

and in 1938 moved to Brianza to

be close to the Milanese cultural

milieu. Cappellini returned to Pistoia

for health reasons in 1940

and obtained a solo gallery at the

23 rd Venice Biennale. Having been

called up to fight and having been

taken prisoner by the Nazis, he

fought in the Resistance. In the

post-war period he exhibited in

many solo and group shows and

was given a professorship at the

Scuola d’Arte in Pistoia. He was

also becoming known in Roman

circles, and was in contact with

Renato Guttuso, Raffaelle De

Grada and Alberto Moravia, with

connections to the political left

wing. In the early 1960s serious

health issues forced upon him a

long convalescence in Fiesole as

Primo Conti’s guest. He returned

to painting and obtained other

national awards, before dying in

Pistoia in 1969.

FRANCESCO

CHIAPPELLI

(Pistoia 1890 - Firenze 1947)

Nato da famiglia di antiche tradizioni

culturali nel campo medico

e umanistico, fin da piccolo

viaggia in Italia e Europa. Dopo

la maturità nel locale liceo nel

1906, incoraggiato dal padre,

entra nello studio di Raffaello

Sorbi a Firenze per seguire studi

regolari di disegno e pittura.

Successivamente si iscrive all’Istituto

di Belle Arti di Firenze e

nel 1913, passa all’Accademia

per frequentare la libera scuola

d’incisione diretta da Celestino

Celestini e Ludovico Tommasi.

Nel 1913 espone alla Mostra

del Bianco e Nero di Pistoia e

nel 1914 partecipa con la Certosa

(acquaforte) alla sezione

Bianco e Nero della Biennale di

Venezia, opera poi acquistata

dal British Museum. Nel 1920

si stabilisce a Firenze dopo aver

sposato Maria Zdekauer, figlia

di un noto professore di storia

del diritto romano originario di

Praga naturalizzato italiano. Nel

1931, intraprende l’insegnamento

e diviene titolare della cattedra

di Arti grafiche nell’Istituto

d’arte di Firenze. Prende parte a

numerose esposizioni nazionali,

e partecipa alle Biennali veneziane

continuativamente dal

1922 al 1938. Benché trasferitosi

a Firenze, Chiappelli rimarrà

legato alla sua città natale,

prendendo parte come espositore

alle varie mostre provinciali,

ma soprattutto in qualità

di membro di varie commissioni

per i monumenti ed esposizioni

d’arte. Noto soprattutto come

incisore, Chiappelli si dedicò

anche alla pittura rimanendo

legato all’ambiente pistoiese e

alla tradizione, dedicandosi in

modo particolare al ritratto.

Chiappelli was born into a family

with traditional cultural roots in

medicine and humanistic studies,

and travelled in Italy and Europe

as a child. After graduating from

the local high school in 1906 he

was encouraged by his father to

study drawing and painting in the

studio of Raffaello Sorbi in Florence.

He later enrolled in the Is-

tituto di Belle Arti in Florence and

then in 1913 in the Accademia, to

attend the Scuola Libera of engraving

under Celestino Celestini

and Ludovico Tommasi. In 1913 he

showed work at the Mostra del Bianco

e Nero in Pistoia and in 1914

his etching Certosa was included

in the Bianco e Nero section of the

Venice Biennale, and later purchased

by the British Museum. In

1920 he settled in Florence, after

marrying Maria Zdekauer, whose

father was a well-known professor

of the history of Roman law,

originally from Prague but a naturalised

Italian. In 1931 he started

teaching and took the chair of

Graphic Arts at the Istituto d’Arte

in Florence. He took part in many

national shows, and in the Venice

Biennale every year from 1922 to

1938. Although he had moved to

Florence, Chiappelli maintained

contact with his birthplace, exhibiting

his work in various provincial

exhibitions in Pistoia, and above

all sitting on various committees

for monuments and art exhibitions.

Best known as an engraver,

Chiappelli also painted, and kept

in touch with the Pistoiese milieu

and tradition, focusing particularly

on portraits.

GALILEO CHINI

(Firenze 1873 - 1956)

Nasce a Firenze nel 1873 dove

frequenta i corsi di decorazione

della Scuola d’arte di Santa

Croce e saltuariamente la scuola

Libera di nudo dell’Accademia

di Belle Arti dove ha modo

di conoscere Plinio Nomellini,

236 237



Giuseppe Graziosi, Ludovico

Tommasi e Libero Andreotti.

Contemporaneamente inizia a

lavorare come decoratore e nel

1896 fonda la manifattura “Arte

della Ceramica” successivamente

quella “Fornaci di San Lorenzo”.

Il primi decenni del Novecento

costituiscono per Chini

un momento assai fortunato,

nel quale ha modo di mostrare

la sua competenza in campi

diversi. Forse su suggerimento

di Nomellini condivide le tematiche

simbolistiche e partecipa

con opere pittoriche a varie

edizioni della Biennale. Nello

stesso periodo si dedica alle

decorazioni pittoriche di alcuni

palazzi come quello della Cassa

di Risparmio di Pistoia e successivamente

dell’Hotel la Pace

di Montecatini Terme e ancora

nella città di Salsomaggiore. Tra

il 1910 e il 1911 lavora a Bangkok

per decorazioni e ritratti per la

famiglia reale. Ottiene la cattedra

di ornato e scenografia

a Firenze e inizia a collaborare

anche ad alcune scenografie

per il maestro Giacomo Puccini.

Dal 1927 al 1938 ricopre la Cattedra

di Decorazione pittorica

all’Accademia di Belle Arti. Lasciato

l’insegnamento si dedica

all’organizzazione di mostre

personali ed esegue altri lavori

di decorazione.

Chini was born in Florence in

1873 and attended decoration

courses at the Scuola d’Arte of

Santa Croce and occasionally at

the Scuola Libera of life drawing

in the Accademia di Belle Arti,

where he met Plinio Nomellini,

Giuseppe Graziosi, Ludovico Tommasi

and Libero Andreotti. At the

same time he started working as

a decorator and in 1896 set up

the manufacturing company ‘Arte

della Ceramica’, and later the

‘Fornaci di San Lorenzo’. The early

decades of the twentieth century

were a propitious period for

Chini, during which he displayed

his skill in various fields. Possibly

under the influence of Nomellini,

he adopted Symbolist themes and

exhibited his paintings in various

editions of the Venice Biennale.

At this time he also worked on

painted decorations in buildings

such as the Cassa di Risparmio di

Pistoia and later the Hotel La Pace

in Montecatini Terme, and in the

city of Salsomaggiore. Between

1910 and 1911 he worked on decorations

and portraits for the royal

family in Bangkok. He obtained

a professorship in ornament and

stage design in Florence, and also

began working on sets for the

composer Giacomo Puccini. From

1927 to 1938 he held the professorship

in painted decoration at

the Accademia di Belle Arti. After

leaving teaching, he focused on

organising solo exhibitions and

carrying out decorative projects.

GIOVANNI COSTETTI

(Reggio Emilia 1874 –

Settignano, Firenze 1949)

Dopo una prima formazione

tra Bologna e Reggio, Costetti

si sposta a Firenze tra il 1898 e

il 1899 dove studia alla scuola

di Giovanni Fattori e stringe

amicizia con Ardengo Soffici,

con il quale, nel 1900 si reca

a Parigi, per approfondire la

lezione di Paul Cézanne e conoscere

lo scultore Auguste

Rodin. Tra il 1902 e il 1905

collabora con saggi critici

e opere grafiche alla rivista

fiorentina “Leonardo” diretta

da Giovanni Papini. Nel 1903

espone al Palazzo delle Belle

Arti, dove ha un grande successo

ed è notato da Gabriele

D’Annunzio. Nello stesso

anno e ancora nel 1907, 1912,

1921, 1926, 1928, 1934 è presente

alle Biennali veneziane.

Risalgono agli anni ’10 l’amicizia

con Arrigo Levasti e con

Renato Fondi, accanto al quale

collabora a “La Tempra”. È nel

1913 l’ispiratore della Mostra

del Bianco e Nero a Pistoia,

dove lo troviamo anche in veste

di espositore. Alla metà

degli anni Venti è con il filosofo

Giuseppe Lanza del Vasto

vicino al gruppo degli artisti

pistoiesi del “Cenacolo”. Tra il

1926 e il 1928 si sposta varie

volte a Parigi. Nel 1926 prende

parte alla I Mostra del Novecento.

Risale al 1931 una sua personale

a Parigi e al 1932 una rassegna

della sua produzione a Palazzo

Ferroni a Firenze. Nel 1934, dopo

un nuovo viaggio a Parigi, sceglie

di non tornare in Italia, per motivi

politici e viaggia fra Parigi, Oslo e

Utrecht. Rientrato in Italia, muore

a Settignano nel 1949.

After initial training in Bologna

and Reggio Emilia, Costetti

moved to Florence between 1898

and 1899 where he studied at

Giovanni Fattori’s school and

made friends with Ardengo Soffici,

with whom he went to Paris

in 1900 to study the painting of

Paul Cézanne, and to meet the

sculptor Auguste Rodin. From

1902 to 1905 he contributed

critical essays and prints to the

Florentine magazine Leonardo,

edited by Giovanni Papini. In

1903 he showed his work at the

Palazzo delle Belle Arti with great

success and was noticed by Gabriele

D’Annunzio. In the same

year, and again in 1907, 1912,

1921, 1926, 1928, and 1934, he

took part in the Venice Biennale.

In the second decade of the 20 th

century he became friends with

Arrigo Levasti and Renato Fondi,

and worked with the latter on

La Tempra. In 1913 he inspired

the Mostra del Bianco e Nero in

Pistoia, where he also showed his

own work. In the mid-1920s he

and philosopher Giuseppe Lanza

del Vasto were closely connected

with the ‘Cenacolo’ artists in Pistoia.

From 1926-1928 he went

to Paris on various occasions.

In 1926 he took part in the 1 st

Mostra del Novecento. He was

given a solo show in Paris in 1931

and in 1932 a collection of his

works were exhibited in Palazzo

Ferroni in Florence. In 1934, after

another visit to Paris, he decided

not to return to Italy for political

reasons, and travelled between

Paris, Oslo and Utrecht. He later

returned to Italy where he died in

Settignano in 1949.

ALBERTO GIUNTOLI

(Alessandria d’Egitto 1901 -

Viareggio 1966)

Nato da una famiglia borghese

di origini livornesi, Giuntoli torna

in Italia nel 1918 chiamato

al fronte. Nel 1919 si trasferisce

a Firenze per frequentare

l’Accademia di Belle Arti dove

conosce Marino ed Egle Marini.

Il legame con i due gemelli pistoiesi

sarà fondamentale per la

sua vicenda artistica e umana.

Frequenta lo studio e l’ambiente

artistico dei Marini e diviene

marito di Egle nel 1932. Già nel

1929 è presente alla II Mostra

d’arte Regionale Toscana a Firenze,

mentre nel 1933, sempre

nel capoluogo toscano, espone

alcune opere assieme alla moglie

e al cognato. Trasferitosi

a Pistoia nella casa natale dei

Marini, Giuntoli inizia a lavorare

negli istituti superiori locali

insegnando ornato e si dedica

in modo particolare alla produzione

di una serie di autoritratti.

Born into a middle-class family of

Livornese origin, Giuntoli returned

to Italy in 1918 from the Front and

moved to Florence in 1919 to attend

the Accademia di Belle Arti

where he met Marino and Egle

Marini. This connection with the

twins from Pistoia would be crucial

in his artistic and personal

life. He frequented the Marinis’

studio and artistic circle, and

married Egle in 1932. In 1929 he

took part in the 2nd Mostra d’arte

Regionale Toscana in Florence,

while in 1933, again in Florence,

he showed works together with

those of his wife and brotherin-law.

He moved to the Marinis’

home in Pistoia, started teaching

decorative arts in the local secondary

schools, and dedicated himself

to a series of self-portraits.

GIULIO INNOCENTI

(Pistoia 1897 - Firenze 1968)

Dopo una precocissima carriera

teatrale da ipnotizzatore e

occultista sospesa per motivi

legali a partire dal 1914, su incoraggiamento

di Caligiani, si

dedica alla xilografia e nel 1915

espone alcune incisioni alla

Primaverile fiorentina. Inizia in

questi anni il carteggio con la

futura scrittrice Gianna Manzini,

sua amica d’infanzia. Nel

1916 viene richiamato alle armi

e congedato nel 1920, riprende

gli studi diplomandosi in ragioneria.

Contemporaneamente

all’attività figurativa egli collabora

a varie riviste e quotidiani

locali, come “Il Popolo Pistoiese”

il “Giornalissimo” e ad alcune

testate nazionali quali “La

Nazione” e “L’Italia Letteraria

di Firenze”, con poesie, novelle

e racconti. A partire dal 1922

pubblica Il libro della via e Ave

Roma illustrati con sue xilografie;

entrambi i lavori ricevono

diverse segnalazioni sulla stampa

nazionale. Dal 1928, inizia a

esercitare l’attività di ragioniere

e la sua partecipazione alle

esposizioni d’arte diviene più

saltuaria. Nel 1930 partecipa

con due opere alla IV Mostra

Regionale d’Arte Toscana tenuta

a Firenze e nel 1934 è invitato

alla XIX Biennale di Venezia.

238 239



Gli anni successivi lo vedono

partecipe di analoghe iniziative

regionali e provinciali. Tra

gli eventi più significativi degli

anni Cinquanta ricordiamo la

sua partecipazione alla mostra

di Palazzo Strozzi, Mezzo secolo

d’arte toscana del 1952.

After Innocenti’s very early stage

career as a hypnotist and occultist

was suspended for legal reasons,

he turned instead, in 1914, with

encouragement from Caligiani,

to xylography. In 1915 he showed

some woodcuts at the Primaverile

fiorentina exhibition. In this period

he began a correspondence

with the future writer Gianna

Manzini, his childhood friend. In

1916 he was called up and when

he left the army in 1920 he took

up his studies again, obtaining a

diploma in accountancy. While

working on drawing he contributed

poems, novellas and stories to

various magazines and local daily

papers like Il Popolo Pistoiese

and Giornalissimo, and national

papers like La Nazione and

L’Italia Letteraria in Florence. In

1922 he published Il libro della

via and Ave Roma, illustrated

with his own woodcuts; both of

these works were variously mentioned

in the national press. In

1928 he started work as an accountant

and only occasionally

took part in exhibitions. In 1930

he showed two works in the 4 th

Mostra Regionale d’Arte Toscana

in Florence and in 1934 he was invited

to the 19 th Venice Biennale.

In subsequent years he took part

in other regional and provincial

events: the most important of

these in the 1950s was the Palazzo

Strozzi Mezzo secolo d’arte

Toscana exhibition in 1952.

ACHILLE LEGA

(Brisighella 1899 - Firenze

1934)

Nato in Romagna, Lega arriva

giovanissimo a Firenze, tanto da

essere considerato fiorentino

non solo di elezione. La madre

appartiene alla nobile famiglia

pistoiese Baldi-Papini. Si forma

con il maestro livornese Lodovico

Tommasi e frequenta poi

all’Accademia di Belle Arti la

scuola d’Incisione di Celestino

Celestini. A Firenze ha i primi

contatti con i pistoiesi Chiappelli

e Stanghellini. È grazie forse

a questi contatti e ai legami

di parentela della madre che

Lega frequenta Pistoia e si appassiona

all’arte della xilografia

con Caligiani e stringe amicizia

con Nannini e Lippi. E’ a Pistoia

che fa la sua prima apparizione

in pubblico alla Mostra del 1915

presso la Reale Accademia degli

Armonici. A Firenze conosce

invece Ottone Rosai e Primo

Conti con cui instaura amicizia

già nel 1916. Appena diciannovenne,

nel 1918 viene chiamato

di leva durante la guerra 1915-

18. Insieme a Conti fa parte dei

pittori de “L’Italia Futurista” e

partecipa alla Grande esposizione

nazionale futurista nel

1919. Nello stesso anno collabora

con Ottone Rosai, Primo

Conti e Corrado Pavolini alla rivista

“Il Centone”. La sua prima

mostra personale risale al 1922

nei locali della libreria Gonnelli

di Firenze, città nella quale nel

1934 Ardengo Soffici presenterà

una retrospettiva presso la

Galleria dell’Accademia.

Born in Romagna, Lega came to

Florence when very young, and

has always been considered a

Florentine. His mother was a

member of the noble Pistoiese

Baldi-Papini family. He trained

with Livornese teacher Lodovico

Tommasi and later attended the

Accademia di Belle Arti in Florence

and Celestino Celestini’s

School of Engraving. It was in

Florence that Lega met for the

time the Pistoiese artists Chiappelli

and Stanghellini, and perhaps

thanks to these contacts and

his mother’s family connections,

he visited Pistoia frequently and

became passionately interested

in xylography with Caligiani. He

also made friends with Nannini

and Lippi. His first public show

was in Pistoia at the 1915 exhibition

in the Reale Accademia degli

Armonici. In Florence he met and

became friends with Ottone Rosai

and Primo Conti in 1916. He was

called up to fight in the 1915-1918

war at just 19 years of age. Together

with Conti he was among

the painters of L’Italia Futurista,

and took part in the great national

Futurist exhibition in 1919.

In the same year he contributed

to the magazine Il Centone with

Ottone Rosai, Primo Conti and

Corrado Pavolini. His first solo

exhibition was held in 1922 at

the Libreria Gonnelli in Florence,

and in 1934 a retrospective of his

work was held in Florence’s Galleria

dell’Accademia.

ANDREA LIPPI

(Pistoia 1888 - 1916)

Si forma nell’officina familiare,

una delle più importanti fonderie

d’Italia, nella quale oltre

al vasto repertorio di modelli

antichi ha modo di confrontarsi

con artisti come David Calandra

e Leonardo Bistolfi. Dopo

questi anni di apprendistato

quotidiano, dal 1906 frequenta

l’Accademia di Belle Arti di Firenze

dove segue le lezioni di

Augusto Rivalta e Adolfo De

Carolis e coltiva interessi poetici

e letterari che influenzeranno

i contenuti delle sue opere. Al

periodo fiorentino risale anche

l’amicizia con Lorenzo Viani.

Inizia le prime realizzazioni per

committenze pubbliche e si distingue

in numerosi concorsi

nazionali. Nel 1912 partecipa

alla X Biennale veneziana con

Chimera che opprime l’uomo, una

monumentale scultura in gesso

ispirata dalla suggestione di

un poemetto di Baudelaire. Nel

1913 in seguito alla morte del

padre, Lippi assieme ai fratelli

assume la direzione della azienda

familiare. Nel 1914 Chini e

Plinio Nomellini lo invitano a

partecipare alla Secessione Romana

dove Lippi espone il gruppo

Campane, ispirato dall’omonima

poesia di Edgar Allan Poe

e nello stesso anno è presente

alla Biennale di Venezia con l’opera

Titani. Nel 1915 lo scultore

si distingue a Firenze in una

collettiva con Nannini, Caligiani,

Renato Arcangioli e Emilio

Notte, a Torino e a Pistoia nelle

mostre alle Regie Stanze. Quasi

tutta la produzione di Lippi può

essere collocata nel giro di sette

anni, dai primi lavori del 1909

al 1916, anno della sua precoce

scomparsa.

Lippi trained in the family business

– one of Italy’s leading foundries –

where he came to know a wide

range of classical models as well

as the contemporary works of

sculptors such as David Calandra

and Leonardo Bistolfi. After these

years of daily apprenticeship, he

started in 1906 attending lessons

with Augusto Rivalta and Adolfo

De Carolis at the Accademia

di Belle Arti in Florence. He cultivated

interests in poetry and

literature which would influence

the content of his work. He became

friends with Lorenzo Viani

during this Florence period. He

obtained his first public commissions

and drew praise in several

national competitions. In 1912 he

took part in the 10 th Venice Biennale

with Chimera Oppressing

Man, a monumental plaster inspired

by a poem by Baudelaire.

In 1913, after his father’s death,

Lippi and his brothers took over

management of the family business.

In 1914 Chini and Plinio

Nomellini invited him to take part

in the Secessione Romana where

Lippi showed Bells, inspired by a

poem of the same name by Edgar

Allen Poe, and in the same year

he exhibited Titans at the Venice

Biennale. In Florence, in 1915, the

sculptor took part in a group show

with Nannini, Caligiani, Renato

Arcangioli and Emilio Notte, and

in Turin and Pistoia in the Regie

Stanze exhibitions. Almost all

Lippi’s work took place in a sevenyear

period, from 1909 to 1916,

the year he died prematurely.

ANGIOLO LORENZI

(Lizzano, Pistoia 1908 - Osijek

1945)

Nato nel piccolo paesino della

montagna pistoiese, vicino

San Marcello, Lorenzi ebbe una

formazione artistica da autodidatta.

Entra in contatto con il

gruppo del “Cenacolo” pistoiese

di Agostini, Bugiani, Cappellini,

Mariotti e Zanzotto forse

durante una permanenza nella

campagna pistoiese di S. Rocco

ospite di una zia. La prima notizia

documentata sull’attività artistica

di Lorenzi risale al 1928,

anno in cui partecipa alla Prima

Mostra Provinciale d’Arte a Pistoia.

Nello stesso anno parte

per il servizio militare svolto a

Firenze, dove ha la possibilità

di formarsi culturalmente frequentando

i musei e le gallerie.

A Firenze nel 1929 partecipa

alla II mostra Regionale d’arte.

Finita la leva torna nel paese natale

dove si mantiene facendo il

barbiere e l’insegnante presso

una scuola serale. Con gli amici

pistoiesi, con i quali aveva

mantenuto i contatti, partecipa

a numerose mostre Provinciali

nel corso degli anni Trenta.

Nel 1941 richiamato alle armi è

costretto a partire per il Montenegro

dove troverà la morte

durante una marcia di ritirata

nel maggio del 1945.

Born in a small village in the

mountains near San Marcello,

240 241



Pistoia, Lorenzi was a self-taught

artist. His contact with the ‘Cenacolo’

in Pistoia, which included

the artists Agostini, Bugiani, Cappellini,

Mariotti and Zanzotto,

may date back to a period spent in

the countryside as the guest of his

aunt in San Rocco, near Pistoia.

The earliest record of Lorenzi’s

art dates back to 1928, when he

took part in the 1st Mostra Provinciale

d’Arte in Pistoia. In the same

year he did his military service

in Florence, where he continued

his cultural education by visiting

museums and galleries. In 1929,

also in Florence, he took part in

the 2nd Mostra Regionale d’Arte.

After completing his military service

he returned home where he

worked as a barber and taught

in an evening school. Along with

his friends in Pistoia, with whom

he had kept in touch, he took part

in many of the Mostre Provinciali

during the 1930s. In 1941 he was

called up and forced to leave for

Montenegro, where he died during

a retreat in May 1945.

EGLE MARINI

(Pistoia, 1901 - 1983)

Sorella gemella di Marino Marini,

con il fratello nel 1917 inizia

a frequentare i corsi dell’Accademia

di Belle Arti di Firenze,

seguendo le lezioni di Chini e

dal 1922 probabilmente anche

i corsi di scultura di Domenico

Trentecoste. Dopo il ritorno

del fratello dal servizio militare,

Egle frequenta assiduamente

lo studio fiorentino di Marino

dove ha l’occasione di incontrare

il pittore Giuntoli, vecchio

compagno di studi all’Accademia

e suo futuro marito. Nel

1928 con il gemello la troviamo

alla Prima Mostra Provinciale

d’arte a Pistoia e successivamente

a varie esposizioni provinciali

e regionali organizzate

dal Sindacato Fascista di Belle

Arti. I soggetti delle sue opere

sono quelli familiari, quelli che

incidono più sulle sue emozioni,

le nature morte e soprattutto i

ritratti contraddistinti da uno

stile che risente della cultura

post-impressionista francese

con colori tenui e con effetti

che evocano la decorazione a

fresco. Dopo la partecipazione

alla Biennale veneziana del

1936, diversamente dal fratello,

la pittrice si allontana dalla notorietà,

vive una vita appartata

e la sua attività espositiva diminuisce

mentre l’ispirazione artistica

si dirige soprattutto verso

la produzione lirica.

The twin sister of Marino Marini,

Egle started attending courses

with her brother at the Accademia

di Belle Arti in Florence

in 1917, attending lessons with

Chini and, from 1922, probably

sculpture courses with Domenico

Trentacoste. When her brother

returned from his military service,

Egle regularly frequented his Florence

studio where she met again

the painter Giuntoli, her old classmate

at the Accademia and future

husband. In 1928 she and her

brother showed at the 1st Mostra

Provinciale d’arte in Pistoia and

later at various provincial and

regional exhibitions organised by

the Fascist union of Fine Arts. The

subjects of her paintings tend to

be familial, those that touched her

sentiment, still lifes, and above all

portraits, with a distinctive style

influenced by post-Impressionist

French culture, with pale colours

and effects evocative of fresco

decorations. After taking part

in the 1936 Biennale in Venice,

she distanced herself from fame,

unlike her brother. She opted for

a secluded life, and her participation

in exhibitions decreased

while her artistic output focused

mainly on lyrical works.

MARINO MARINI

(Pistoia, 1901 - Forte dei Marmi,

1980)

Nel 1917 si iscrive all’Accademia

di Belle Arti di Firenze,

dove frequenta i corsi di Chini,

di Celestino Celestini e dal 1922

quelli di Domenico Trentacoste.

Di ritorno dal servizio militare

nel 1926 apre uno studio a

Firenze. Nel 1927, in occasione

dell’Esposizione delle Arti

Decorative di Monza, conosce

Arturo Martini, che dopo due

anni lo chiama a succedergli

nell’insegnamento della scultura

presso la Scuola d’Arte

di Villa Reale di Monza, dove

Marino insegnerà fino al 1940.

Dopo la sua prima partecipazione

nel 1928 alla Biennale di

Venezia, espone in una serie di

collettive con il gruppo del Novecento

Toscano. Nel 1929 e poi

nel 1930 si reca a Parigi, dove

stringe i contatti con molti artisti,

di cui frequenta gli studi: da

Pablo Picasso a Henri Laurens,

da Jacques Lipchitz a Georges

Braque. Nel 1929 è presente

alla II Mostra del Novecento

Italiano a Milano, città dove nel

1932 presenta la sua prima personale.

Ottiene importanti riconoscimenti

con la partecipazione

alle Quadriennali romane

del 1931 e del 1935. Stabilitosi

definitivamente in Lombardia,

compie numerosi viaggi nelle

grandi capitali internazionali

dell’arte, imponendosi come

uno dei protagonisti della ricerca

plastica europea. Passò gli

anni della Seonda Guerra Mondiale

in Svizzera, dove conobbe

Germaine Richier, Alberto Giacometti

e Fritz Wotruba. Partecipa

alla Biennale del 1948 e in

tale occasione conosce Henry

Moore, instaurando un’amicizia

confermata nei lunghi periodi di

soggiorno comune a Forte dei

Marmi. Nello stesso anno conosce

il grande mercante tedescoamericano

Curt Valentin che lo

invita negli Stati Uniti e gli organizza

una grande personale

a New York nel 1950 avviando

un’oculata promozione delle

opere dell’artista nel mercato

americano e mondiale. Nel 1952

riceve il Gran Premio nazionale

per la Scultura alla Biennale di

Venezia.

Marini enrolled in the Accademia

di Belle Arti in Florence in 1917

where he attended courses held

by Chini and Celestino Celestini

and, from 1922, Domenico

Trentacoste. When he returned

from his military service in 1920

he opened a studio in Florence.

In 1927, during the Esposizione

delle Arti Decorative in Monza,

he met Arturo Martini, who called

him two years later to take over

from him as chair of sculpture at

the Scuola d’Arte di Villa Reale

in Monza. Marini taught there

until 1940. After taking part in

the 1928 Venice Biennale, he

showed work in a series of group

exhibitions with the group of the

Novecento Toscano. In 1929, and

again in 1930, he went to Paris

where he met many artists, and

frequented their studios: Picasso,

Laurens, Lipchitz, and Braque.

In 1929 he took part in the 2 nd

Mostra del Novecento in Milan,

where he also held his first solo

show in 1932. He received significant

recognition for his work

at the 1931 and 1935 Quadriennale

exhibitions in Rome. Having

settled definitively in Lombardy,

he frequently travelled to the

great international art capitals

and emerged as one of the leading

sculptors in Europe. He spent

the war in Switzerland where he

became friends with Germaine

Richier, Alberto Giacometti and

Fritz Wotruba.

He took part in the 1948 Biennale

where he met Henry Moore,

and began a friendship that was

consolidated during their long

shared stays in Forte dei Marmi.

In that year he also met the great

German-American art dealer Curt

Valentin, who invited him to the

USA and organised a large solo

show for him in New York in 1950,

launching a well-organised promotion

of Marini’s work on the

American and world markets.

In 1952 he received the national

Grand Prix for Sculpture at the

Venice Biennale.

UMBERTO MARIOTTI

(Pistoia, 1905 - 1971)

Un incidente in tenera età compromette

il suo fisico e durante

la lunga degenza si avvicina alla

pratica del disegno. Frequenta

le scuole tecniche e lavora

nella tipografia paterna dove

apprende i primi rudimenti della

litografia. Successivamente

si iscrive alla Scuola d’arte di

Fabio Casanova dove incontra

Agostini, Bugiani, Cappellini,

Zanzotto e Michelucci. Nel

1928 insieme agli amici del “Cenacolo”

pistoiese espone alla

Prima Mostra Provinciale d’arte.

Risale a questi anni anche

l’amicizia con Caligiani che si

protrarrà fino alla morte e che

darà negli anni Sessanta occasione

di intensi scambi culturali.

Tra la fine degli anni Venti e i

primi anni Trenta partecipa alle

più importanti esposizioni di Firenze,

a numerosi Provinciali e

Regionali. Nel 1936 aderisce al

partito di Giustizia e libertà e in

seguito a dissapori con il Regime

è costretto a vivere quasi in

clandestinità. Nel dopoguerra,

viene nominato direttore della

Scuola d’Arte, intorno alla quale

gravitavano anche gli amici

Bugiani, Cappellini e Zanzotto;

continua il suo lavoro di pittore

alternandolo a quello di decoratore

e restauratore. Con il

decennio ’50 ‘60 arrivano per

Mariotti riconoscimenti anche

in campo nazionale, partecipa

alla Biennale di Venezia ad alcune

Quadriennali romane.

After a childhood accident com-

242 243



promised his health, Mariotti became

keen on drawing during his

long convalescence. He attended

technical schools and worked in

his father’s printing firm where he

learned the rudiments of lithography.

Later he enrolled in Fabio

Casanova’s Scuola d’Arte where

he met Agostini, Bugiani, Cappellini,

Zanzotto, and Michelucci.

In 1928, along with his friends

from the ‘Cenacolo’ in Pistoia,

he showed work at the 1 st Mostra

Provinciale d’arte of Pistoia. His

lifelong friendship with Caligiani

dates back to this period, offering

opportunities for intense cultural

exchanges during the 1960s.

Between the late 1920s and the

early 1930s, he took part in important

exhibitions organised

by the Sindacato di Belle Arti in

Florence and in many provincial

and regional events. In 1936 he

joined the Justice and Freedom

party and, following disagreements

with the Regime, he was

forced to live almost in hiding. In

the post-war period he was appointed

head of the Scuola d’Arte,

with which his friends Bugiani,

Cappellini and Zanzotto were also

involved, and continued to paint,

alternating this with decoration

and restoration. In the 1950s

Mariotti received national recognition,

taking part in the Venice

Biennale and some of the Roman

Quadriennales.

LUIGI MAZZEI

(Pistoia, 1882 - 1968)

Nel 1899, giovanissimo, entra a

far parte della vita culturale cittadina

attraverso l’Accademia

nella città natale, poi si sposta a

Firenze dove nel 1911 si diploma

all’Istituto superiore d’architettura.

A Firenze entra in contatto

con Giovanni Papini, Giovanni

Fattori e Ottone Rosai, mentre

a Pistoia espone, nel 1915,

insieme a Nannini, Innocenti,

Caligiani e Lippi. Dopo aver assunto,

in seguito alla morte dei

fratelli la dirigenza dell’azienda

familiare, nel 1922 vende le

vecchie officine riconvertendole

in una fonderia artistica del

bronzo. In quegli stessi anni

apre uno studio a Pistoia e insegna

alla scuola d’arte diretta

da Fabio Casanova divenendo

il maestro e il punto di riferimento

per i giovani artisti locali

riuniti nel “Cenacolo”. Lasciata

la piccola provincia nel 1925 si

reca a Roma, dove ha l’occasione

di frequentare un ricco ambiente

culturale partecipando al

rinnovamento dell’architettura

italiana. Progetta, su invito di

Marcello Piacentini, alcuni istituti

della Città universitaria di

Roma. Nel periodo 1928-1936

ottiene la cattedra di Arredamento

e Decorazione presso

l’istituto Superiore di Architettura

di Firenze. Nel 1933, con il

Gruppo Toscano formato da un

ristretto team di allievi da lui

guidato, vince il primo premio

al concorso per la realizzazione

della stazione di Santa Maria

Novella di Firenze. Dal 1934 al

1935 ottiene frattanto la Libera

Docenza di Architettura degli

Interni, poi la cattedra di Architettura

degli Interni e Arredamento

nella appena istituita

Facoltà di Architettura di Firendegli

Armonici, associazione

di cui fu poi a lungo segretario.

Intanto si forma artisticamente

sotto la guida di Giovanni Fattori

ed espone per la prima volta

come pittore nel 1915, nella

mostra organizzata nelle Regie

Stanze di Pistoia. Le sue opere,

ritratti ad acquarello di personaggi

illustri, sono caricature

simili a quelle con le quali si

distinguerà con lo pseudonimo

di Max sulle pagine del “Giornalissimo”,

la rivista mondana

delle stazioni balneari e termali,

da lui stesso fondata e diretta

tra il 1919 e il 1928. Questa

attenzione alla grafica sarà una

costante di tutta la sua intensa

attività artistica e si svilupperà

negli anni Trenta in dipinti di

carattere decorativo e nella moderna

cartellonistica. Nel 1931

esegue due arazzi e nella sala

d’ingresso principale del Palazzo

Azzolini, sede della Cassa di

Risparmio e successivamente,

nel 1935 alcuni pannelli decorativi,

oggi distrutti, per il Palazzo

dell’Economia Corporativa.

Legato al fascismo, consoliderà

la sua fama d’artista con l’affermarsi

del regime, divenendone

artista ufficiale. Come Fiduciario

delle Belle arti partecipa

all’organizzazione di diverse

mostre, tra cui si quella su Antonio

Puccinelli a Pistoia nel

1928 e si impone come esperto

e mercante d’arte.

In 1899, as a very young man,

he joined the city’s cultural life

through the Accademia degli

Armonici, an association for

which he acted as secretary for

a long period. In the meantime

he trained as an artist under the

guidance of Giovanni Fattori and

showed his work as a painter for

the first time in 1915 at the exhibition

in the Regie Stanze, Pistoia.

His works – watercolour portraits

of illustrious figures – were caricatures,

similar to those that would

later make him famous as ‘Max’

in the pages of Il Giornalissimo,

the society magazine found in

spas and lidos and which he

founded and edited from 1919 to

1928. His focus on prints would

remain a constant throughout his

intense artistic life and develop in

the 1930s into decorative painting

and modern poster design. In

1931 he made two tapestries and

some decorative panels for the

main entrance of Palazzo Azzolini

(the Cassa di Risparmio headquarters)

and in 1935 others

(now destroyed) for the Palazzo

dell’Economia Corporativa. His

rise to fame was consolidated by

the rise of Fascism, to which he

was loyal, and he became one of

the movement’s official artists.

As a trustee of the Belle Arti he

helped to organise several exhibitions,

including one for Antonio

Puccinelli in Pistoia in 1928,

and established himself as an art

expert and dealer.

GIOVANNI

MICHELUCCI

(Pistoia, 1891 - Fiesole, 1990)

Ricevuta la prima formazione

artistica nelle officine per la

lavorazione del ferro di proprietà

della famiglia, svolge studi

tecnici di disegnatore artistico

ze e successivamente, sempre

nel capoluogo toscano, ottiene

la cattedra di Urbanistica e di

Composizione Architettonica.

Nel 1947 viene nominato Preside

della Facoltà di Architettura

di Firenze.

Having received his early training

in the iron works owned by his

family, Michelucci studied design

in his hometown before moving

to Florence where he graduated

from the Istituto superiore

d’architettura. In Florence he met

Giovanni Papini, Giovanni Fattori,

and Ottone Rosai, while in Pistoia

he took part in an exhibition, in

1915, with Nannini, Innocenti, Caligiani,

and Lippi. After his brothers’

deaths he took over the family

firm and in 1922 sold the old

workshops and converted them

into an artistic bronze foundry.

In this period he opened a studio

in Pistoia and taught at the Scuola

d’Arte under Fabio Casanova,

where he was the teacher and

reference point for the young local

artists of the ‘Cenacolo’. He

left the province in 1925 and went

to Rome where he frequented a

rich cultural circle and took part

in the renewal of Italian architecture.

On Marcello Piacentini’s

invitation he designed several institutes

in Rome’s Città universitaria.

Between 1928-1936 he held

a professorship in Interior Design

and Decoration at the lstituto

Superiore di Architettura in Florence.

In 1933 he won first prize

in the competition to design the

Santa Maria Novella railway station

in Florence, with the Gruppo

Toscano (a small team of pupils

under his supervision). From

1934-1935 he held the position of

libera docenza of interior design,

and subsequently the chair of the

newly established Faculty of Architecture

in Florence. Later, also

in Florence, he was given the chair

of City Planning and Architectural

Composition. In 1947 he was appointed

head of the Faculty of Architecture

in Florence.

MARIO NANNINI

(Buriano, Quarrata 1895 -

Pistoia, 1918)

Nasce nel piccolo borgo rurale

vicino a Quarrata ma ancora

piccolo, alla morte del padre, si

trasferisce a Pistoia. Si specializza

in chimica a Prato, dove a

partire dal 1912 entra in contatto

con il pittore pugliese Emilio

Notte che diviene suo amico e

ispiratore. A Pistoia frequenta

i giovani artisti Caligiani, Innocenti,

Lippi e Michelucci, si

incontra con il letterato Renato

Fondi e con Costetti. Con Notte

partecipa nel 1914 a Firenze alla

Prima Esposizione Invernale Toscana.

L’anno successivo, sempre

a Firenze espone alla prima

mostra personale alla Società di

Belle Arti e a Pistoia alla collettiva

alle Regie Stanze. Viene arruolato

e inviato a Roma, dove

rimarrà fino al 1916. Risale alla

fine del 1917 il suo avvicinamento

a Primo Conti, al quale

invia una lirica ed alcuni dipinti

futuristi, senza però riuscire ad

entrare tra i nomi del Gruppo

Pittorico Futurista di Firenze.

Tra il 1917 e il 1918 si dedica,

con originali svolgimenti alla

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strada del futurismo: cerca di

entrare a far parte di una nuova

falange futurista in opposizione

a Arnaldo Ginna, poi tenta di

organizzare un’esposizione itinerante

di pittura coinvolgendo

tra gli altri, gli artisti Emilio Notte,

Primo Conti, Lucio Venna e

Lega. Questo progetto di esposizione

d’avanguardia, da tenersi

a Pistoia, che avrebbe dovuto

coinvolgere anche i protagonisti

del Futurismo italiano, non ebbe

mai luogo per il sopraggiungere

della prematura morte di Nannini,

nell’ottobre 1918 a causa di

un’epidemia di spagnola.

Born in a small country village

near Quarrata, he moved to Pistoia

as child when his father died.

He studied chemistry in Prato,

where in 1912 he met the Pugliese

painter Emilio Notte, who would

become his friend and inspiration.

In Pistoia he frequented the

artists Caligiani, Innocenti, Lippi,

and Michelucci, and met Costetti

and the writer Renato Fondi. In

1914 he took part, with Emilio

Notte, in the 1st Esposizione Invernale

Toscana in Florence. The

following year, he was given his

first solo show at the Società di

Belle Arti in Florence, and was

part of a group show in Pistoia

in the Regie Stanze. Nannini

was called up and sent to Rome,

where he stayed until 1916. In

late 1917 he met Primo Conti, to

whom he sent a poem and some

Futurist paintings, but did not

succeed in joining the Gruppo

Pittorico Futurista in Florence. Between

1917 and 1918 he painted in

the Futurism manner, with some

Si forma come apprendista

presso il decoratore pratese

Guido Dolci. Negli anni venti

entra nel gruppo della così

detta Scuola di Prato, con Arrigo

Del Rigo, Leonetto Tintori

e Gino Brogi ma partecipa anche

al dibattito artistico della

vicina Pistoia dove conosce

Agostini, Bugiani, Cappellini e

Mariotti e il loro maestro Costetti.

Con i pistoiesi espone

alla Prima Mostra Provinciale

del 1928. Nel 1930 espone alla

Biennale di Venezia e successivamente

si sposta a Parigi,

dove tornerà anche nel 1937

per esporre in collettive con

altri pittori toscani. Negli anni

’30 per motivi politici soggiorna

a Zara dove inizia l’attività

di scultore, che lo vedrà poi

impegnato come aiuto di Rooriginal

contributions of his own.

He attempted to join a new arm

of Futurists opposed to Arnaldo

Ginna, and then tried to organise

a travelling exhibition of paintings

involving among others Notte,

Primo Conti, Lucio Venna, and

Lega. This avant-garde exhibition

project, to be held in Pistoia, was

also to involve the protagonists of

Italian Futurism, but it never took

place due to Nannini’s premature

death in 1918 from the epidemic

of Spanish flu.

ELOISA PACINI

MICHELUCCI

(Pistoia, 1903 - 1974)

te e vedute urbane molto vicine

alla opere dei giovani artisti

pistoiesi amici del marito, Capellini

e Bugiani che la pittrice

aveva forse conosciuto a Roma,

ma si distinguono per una sensibilità

“infantile”. Alcuni mesi

dopo Eloisa espone alla Prima

Mostra Regionale d’arte Toscana,

ma ben presto si distacca

dall’ambiente pistoiese per rivolgersi

verso la scuola romana

sorta attorno alla rivista “Valori

Plastici” e si presenta a Roma

una collettiva con Corrado Cagli,

Emanuele Cavalli e Giuseppe

Capogrossi. Seguendo il marito

si trasferisce nella seconda

metà degli anni Trenta a Firenze

e interrompe il suo lavoro di pittrice.

Pacini-Michelucci was born into

a family that was well known locally

as the owner of a cast iron

foundry. Inheriting the passion

for music of her mother, a soprano,

she took lessons from an

early age. Due to the events of

the First World War the family

moved to Rome in 1917 and Eloisa

became involved in the world of

the Giornalino della Domenica,

edited by Luigi Bertelli. In 1919

she enrolled in the Santa Cecilia

Conservatory as a pianist, and

graduated in 1924. Meanwhile

she met Michelucci, another Pistoiese

in Rome looking for new

work, and she became interested

in design. They married in 1928

and took part together in the 1st

Mostra Provinciale in Pistoia. Pacini’s

paintings at her first public

show attracted the attention of

the critics: still lifes and urban

views similar to the works of the

young Pistoian artists who were

her husband’s friends, Bugiani

and Cappellini, whom she may

have met in Rome, but her work

was distinctive for its childlike

sensibility. A few months later

Eloisa showed her work at the 1st

Mostra Regionale d’arte Toscana,

but she soon separated from the

Pistoian milieu, turning to the

Roman school that had arisen

around the Valori Plastici magazine,

and contributed to a group

show in Rome with Corrado Cagli,

Emanuele Cavalli, and Giuseppe

Capogrossi. In the late 1930s she

moved to Florence with her husband

and ceased to paint.

GIULIO PIERUCCI

(Prato 1899 - Firenze 1983)

Nasce da una famiglia assai

conosciuta in città come proprietaria

di una fonderia di ghisa.

Seguendo la passione della

madre, soprano, comincia fin

da piccola a seguire lezioni di

musica. A seguito delle vicende

belliche, la famiglia si trasferisce

a Roma dal 1917 dove Eloisa

si inserisce nel mondo che gravita

intorno al “Giornalino della

Domenica”, diretto da Luigi

Bertelli. Nel 1919 si iscrive al

conservatorio di Santa Cecilia,

nella classe di pianoforte, dove

si diplomerà nel 1924. Conosce,

intanto, Michelucci, suo concittadino

venuto a Roma in cerca

di nuovi lavori e inizia a interessarsi

al disegno. Nel 1928

l’architetto e Eloisa si sposano e

partecipano insieme alla Prima

Mostra Provinciale di Pistoia. I

quadri presentati dalla Pacini

alla sua prima esposizione in

pubblico suscitano l’attenzione

della critica, sono nature mormano

Romanelli. Tra il 1937 e

il 1942 lavora a Firenze come

scenografo al Teatro Comunale

collaborando tra gli altri con

Giovanni Michelucci. Nel 1950

è nominato assistente alla cattedra

di scultura dell’Accademia

di Belle Arti del capoluogo

toscano. Nel 1980 la galleria

Pananti di Firenze allestisce

una sua antologica presentata

da Alessandro Parronchi.

Pierucci was apprenticed to the

decorative artist Guido Dolci

in Prato. In the 1920s he joined

the so-called Scuola del Prato,

with Arrigo Del Rigo, Leonetto

Tintori, and Gino Brogi, but

also joined the artistic debate

in nearby Pistoia, where he met

Agostini, Bugiani, Cappellini,

and Mariotti and their teacher,

Costetti. He joined the Pistoian

artists in the 1st Mostra Provinciale

in 1928, and in 1930 took

part in the Venice Biennale. He

later moved to Paris and would

return there in 1937 to show in

group exhibitions with other

Tuscan painters. In the 1930s he

stayed in Zara for political reasons,

and began work as a sculptor,

assisting Romano Romanelli.

Between 1937 and 1942 he

worked in Florence as a designer

for the Teatro Comunale, working

alongside Michelucci, among

others. In 1950 he was appointed

assistant professor of sculpture

at the Accademia di Belle Arti

in Florence. In 1980 the Galleria

Pananti in Florence organised a

retrospective exhibition of his

work, presented by Alessandro

Parronchi.

SILVIO PUCCI

(Pistoia 1892 - Firenze 1961)

Dopo il diploma della Scuola

Professionale delle Arti Decorative

Industriali a Firenze, partecipa

nel 1922 all’Esposizione

Fiorentina Primaverile. Nel 1925

è presente alla Terza Biennale

Romana e nello stesso anno alla

Prima Mostra del Novecento

Italiano a Milano. Prosegue la

sua brillante attività espositiva

e nel 1928 partecipa alla Sedicesima

Esposizione d’arte a

Venezia dove è apprezzato da

Marcello Piacentini e alla Prima

Mostra Provinciale di Pistoia.

Sempre nello stesso anno aderisce

al gruppo del Novecento

Toscano guidato da Raffaello

Franchi ed esegue 85 disegni

per le illustrazioni del volume

La vita di Dante edito da Vallecchi.

Iscritto al Sindacato Toscano

di Belle Arti nel 1933 ottiene

l’incarico per la direzione della

scuola del Nudo di Firenze. In

questi anni partecipa a Interregionali

e Sindacali e nel 1935

alla Quadriennale romana. Nel

dopoguerra è presente a numerose

esposizioni nel capoluogo

toscano.

After graduating from the Scuola

Professionale delle Arti Decorative

Industriali in Florence, Pucci

took part in the Esposizione

Fiorentina Primaverile in 1922,

the 3rd Biennale in Rome in 1925,

and the 1st Mostra del Novecento

in Milan. His exhibition successes

continued, and in 1928 he took

part in the 16 th Venice Biennale,

where he was praised by Marcello

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Piacentini, and in the 1 st Mostra

Provinciale in Pistoia. In the same

year he joined the group of the

Novecento Toscano, led by Raffaello

Franchi. He contributed 85

drawings to illustrate the book

La Vita di Dante published by

Vallecchi. He enrolled in the Sindacato

Toscano di Belle Arti in

1933 and was appointed head of

the School of Life Drawing in Florence.

In this period he took part

in interregional and union exhibitions

and in the 1935 Rome Quadriennale.

In the post-World War II

period he participated in numerous

exhibitions in Florence.

ARTURO

STANGHELLINI

(Pistoia 1887 - 1948)

Proveniente da un ambiente

familiare colto, Arturo si

laurea in lettere a Bologna

nel 1910 con una tesi sul pittore

ferrarese Lorenzo Costa.

Nel 1916 parte per la guerra e

torna alla vita civile nel 1919

lasciando di questa esperienza

il suo libro Introduzione alla

vita mediocre uscito nel 1920.

L’attività di scrittore procede

in Stanghellini con quella di

disegnatore destinata ad uso

personale o al circolo amicale.

Tranne alcuni disegni satirici

pubblicati su giornali locali,

o schizzi pubblicati su “La

Costa Azzurra”, le sue opere

sono presentate al pubblico

solo nel 1932 alla III Mostra

del Sindacato delle Belle Arti

a Montecatini. Nel 1949-1950

viene organizzata a Pistoia,

l’unica mostra personale di

Stanghellini, dedicata a disegni

e caricature, una mostra

postuma allestita nelle sale di

Palazzo Ganucci-Cancellieri.

Appartenente alla élite culturale

pistoiese, Stanghellini già

dai primi decenni del ‘900 è

animatore con Renato Fondi,

Costetti e Arrigo Levasti della

critica d’arte locale e partecipa

in qualità di esperto in varie

commissioni d’arte.

Born into a cultured family,

Stanghellini graduated in humanities

in Bologna in 1910,

with a thesis on the Ferrarese

painter Lorenzo Costa. In 1916

he went to war and returned

to civic life in 1919, publishing

a book on his experience called

Introduzione alla vita mediocre

in 1920. Stanghellini’s

writing developed alongside

his work as an illustrator, for

personal use or in his circle of

friends. With the exception of a

few satirical drawings published

in local newspapers, or sketches

in La Costa Azzurra, his work

was only presented to the public

in 1932, at the 3nd Mostra

del Sindacato delle Belle Arti

in Montecatini. In 1949-1950,

Stanghellini’s only solo exhibition

was organised in Pistoia: a

posthumous show of drawings

and caricatures in the Palazzo

Ganucci-Cancellieri. As part of

the Pistoian cultural élite in the

early decades of the twentieth

Stanghellini was involved in

local art criticism with Renato

Fondi, Costetti, and Arrigo Levasti,

and acted as an expert on

various art committees.

CORRADO ZANZOTTO

(Pieve di Soligo, Treviso 1903 -

San Marcello Pistoiese 1980)

Nonostante la nascita in provincia

di Treviso, Zanzotto

può essere annoverato tra gli

artisti della prima generazione

del ‘900 operanti a Pistoia.

In questa città frequenta in

giovane età la Scuola d’Arte

diretta da Fabio Casanova,

conosce gli artisti del “Cenacolo”

e, dopo una sua assenza

dalla città, con loro partecipa,

a partire dagli anni Trenta, a

mostre Provinciali e Regionali.

Dai disegni degli anni Venti,

passa intorno agli anni Trenta

a interessarsi alla scultura.

Nel 1939 trascorre un breve

periodo a Milano, dove entra

in contatto con l’ambiente

culturale lombardo, conosce

Lucio Fontana, Carlo Carrà,

Arturo Martini e Renato Guttuso.

Rientrato a Pistoia è travolto

con l’iniziare del periodo

bellico da una serie di tristi vicende

familiari e personali che

lo segneranno profondamente

anche nell’attività artistica.

Problemi fisici lo indurranno

poi a un nuovo accostamento

alla pratica pittorica. Dalla

fine degli anni Quaranta trova

posto di insegnante presso la

locale scuola d’Arte dove riesce

ad eseguire ancora qualche

lavoro di scultura. Gli anni

seguenti lo vedono spostarsi

tra la montagna pistoiese e

Roma, dove vivono il fratello e

la sorella. A causa del carattere

schivo, non riesce ad entrare

nel clima culturale romano,

ma è in questi anni che trova

una affermazione di pubblico

grazie alla partecipazione a

varie manifestazioni espositive.

Although he was born in the

province of Treviso, Zanzotto

can be counted among the first

generation of twentieth-century

artists working in Pistoia. As

a young man he attended the

Scuola d’Arte directed by Fabio

Casanova and met the artists of

the ‘Cenacolo’. After an absence

from Pistoia, he rejoined them

from the 1930s onwards in provincial

and regional exhibitions.

From his drawings in the 1920s,

he progressed to sculpture in the

1930s. In 1939 he spent a short

time in Milan where he came into

contact with Lombardy’s cultural

milieu, and met Lucio Fontana,

Carlo Carrà, Arturo Martini,

and Renato Guttuso. When he

returned to Pistoia at the beginning

of the Second World War he

was overwhelmed by a series of

tragic family and personal events

which seriously affected his work

as an artist. Health and physical

issues then induced him to return

to painting. From the late 1940s

he taught at the local Scuola

d’Arte where he also managed

to produce a few sculptures. In

later years he moved between

the mountains around Pistoia

and Rome, where his brother and

sister lived. Due to his shy character,

he failed to gain entry to

Rome’s cultural circles, butt during

this period he achieved some

public acclaim by taking part in

various exhibitions.

Per la bibliografia degli

artisti si fa riferimento al

volume Arte del Novecento

a Pistoia 2007 e alla

bibliografia generale in

questo volume.

For artist’s bibliographies,

see Arte del Novecento a

Pistoia 2007 and the general

bibliography in this volume.

248 249



Bibliografia

Bibliography

1904 tarchiani

N. Tarchiani, Arte moderna a Firenze.

I nostri, in “Hermes”, I, 5

luglio 1904, p. 261

1912 la formazione di una

famiglia artistica a pistoia

La formazione di una famiglia artistica

a Pistoia, in “Il Popolo Pistoiese”,

7 luglio 1912

1913 fondi

R. Fondi, Mostra di “Bianco e Nero”

a Pistoia, in “Il Nuovo Giornale”,

agosto 1913

1913 l’inaugurazione della

prima mostra di “bianco e nero”

L’inaugurazione della Prima Mostra

di “Bianco e Nero”, in “La voce

democratica”, 26 luglio 1913

1913 stanghellini

A. Stanghellini, L’Esposizione Internazionale

d’arte a Firenze, in

“Vita d’arte”, a.VI, n. 65, maggio

1913, pp. 157-163

1914 costetti

G. Costetti, Lezione generosa di

critica d’arte, in “La Tempra”, a. I,

n. 2, 1° aprile 1914

1916 simonatti

A. Simonatti, L’arte di Andrea Lippi,

in “La Difesa”, n. 5, 1916

1923 michelucci

G. Michelucci, Problemi d’arte e di

vita. Un appello dell’architetto Michelucci.

Lettera prima al popolo,

in “Il Popolo pistoiese”, XLV, 28,

14 luglio 1923

1925 viani

L. Viani, Un artista scomparso, in

“Il Popolo d’Italia”, a. III, 1925

1924 costetti

G. Costetti, Una rivelazione, in “La

via”, Firenze, II, 3 febbraio 1924

1927 fondi

R. Fondi, Marino Marini incisore

e scultore, in “Rassegna grafica”,

20-21, 1927

1928 carrà

C. Carrà, Alla Biennale di Venezia.

La nuova scultura, in “L’Ambrosiano”,

2 luglio 1928

1928 costetti

G. Costetti, La prima mostra d’arte

a Pistoia, in “Il Popolo Toscano”,

24 febbraio 1928

1928 franchi

R. Franchi, I pistoiesi in Mostra, in

“Illustrazione Toscana”, a.VI, n.2,

febbraio 1928

1928 maraini

A. Maraini, Per la prima Mostra

Regionale Toscana d’Arte, in “La

Nazione”, 9 giugno 1928

1929a costetti

G. Costetti, Mauro Fondi, in “Illustrazione

Toscana”, VII, 9, settembre

1929, pp. 5-6

1929b costetti

G. Costetti, Vigint-six dessins de

Giovanni Costetti (versione francese

di Lanza del Vasto), Arts

and Crafts, Londres s.d. [1929]

1931 lanza del vasto

G. Lanza del Vasto (a cura di),

Introduzione alla mostra Toskanische

Künstlergruppe L’Arco, (Berlino,

Galleria Porza 22 febbraio-20

marzo), 1931

1933 vittorini

E. Vittorini, Cronache delle mostre

d’arte. A Firenze, in “L’Italia Letteraria”,

21 maggio 1933, p. 4

1934 cappellini

A. Cappellini, Insegnamento di

Soffici, in “Il Ferruccio”, n.5, 3

febbraio 1934, p. 4

1939 bugiani

P. Bugiani, Nota autobiografica, in

“Il Frontespizio”, giugno 1939

1941 g. v.

G. V., La collezione d’arte Ganucci-

Cancellieri, in “Bullettino Storico Pistoiese”,

a. XLIII, 1941, n.1, pp. 84-86

1942 cammilli

S. Cammilli, Bice Bisordi, in “Il

Ferruccio”, 9 febbraio 1942

1953 parronchi

A. Parronchi, Andrea Lippi (1888-

1916), in “Paragone”, a. IV, n.37,

pp. 18-36

1954 parronchi

A. Parronchi, Su alcune vecchie

pagine manoscritte, in “La Chimera”,

anno I, nn. 8-9

1955 innocenti

G. Innocenti, Nota autobiografica,

in F. Melani, Addio Giulio!, Tipografia

Commerciale, Pistoia 1955

1957 parronchi

A. Parronchi, Il futurista in incognito

Mario Nannini, in “Paragone”,

a. VIII, n. 85, pp. 87-99

1958 parronchi

A. Parronchi, Artisti toscani del

primo Novecento, Firenze, pp. 58-

91; 159-180

1959 marini

E. Marini, Confessioni ad Egle: dialogo

fra Marino e la sorella 1959,

ripubblicato in Marino Marini.

Pensieri sull’arte, scritti e interviste,

a cura di Marina Marini,

Scheiwiller, Milano 1998

1962 drudi gambillo-fiori

M. Drudi Gambillo-T.Fiori, Archivi

del Futurismo, 2 voll, De Luca editore,

Roma 1962

1964 innocenti

G. Innocenti, Piccolo ricordo di

Andrea Lippi, in catalogo della

mostra Retrospettiva di Andrea

Lippi (Pistoia, Museo Civico), Pistoia

1964

1965 le incisioni di

francesco chiappelli

Le incisioni di Francesco Chiappelli,

catalogo della mostra a cura di O.

Pogliaghi e F. Chiappelli (Firenze,

Accademia Arti del Disegno), Olschki,

Firenze 1965

1974 marini

E. Marini, Nell’ombra serena, in

Omaggio a Marino Marini, Silvana

Editoriale, Milano 1974

1978 bartolini

S. Bartolini, Le xilografie di Giulio

da Pistoia nella cornice della città,

Cassa di Risparmio di Pistoia e

Pescia, Pistoia 1978

1978 parronchi

A. Parronchi, Testo di presentazione

del volume: Le xilografie si Giulio

da Pistoia nella cornice della città,

in Giulio Innocenti (1897-1968),

cit., p. 29.

1980 bartolini

S. Bartolini, Achille Lega: l’opera

incisa e iconografia, Prandi, Reggio

Emilia 1980

1980 la città e gli artisti

La città e gli artisti: Pistoia tra

Avanguardie e Novecento, catalogo

della mostra a cura di C. Mazzi

e C. Sisi, catalogo della mostra

(Pistoia, Officine San Giorgio), La

Nuova Italia, Firenze 1980

1980 mazzi

C. Mazzi, Le strutture dell’arte, in La

città e gli artisti, cit., pp. 106-127

1980a morozzi

R. Morozzi, Andrea Lippi, in La città

e gli artisti, cit., pp. 144-161

1980b morozzi

R. Morozzi, Mario Nannini, in La

città e gli artisti, cit., pp. 162-172

1980 parronchi

A. Parronchi, Due artisti innovatori

nella Pistoia del primo Novecento,

in La città e gli artisti, cit., pp.

142-143

1980 sisi

C. Sisi, Una provincia del Novecento

italiano, e ad vocem Alfiero

Cappellini, in La città e gli artisti,

cit., pp. 128-141; pp. 21-217

1985 alfiero cappellini

Alfiero Cappellini. Mostra antologica,

catalogo della mostra (Pistoia,

Convento San Domenico 5

maggio-9 giugno 1985), Provincia

di Pistoia, Bandecchi e Vivaldi,

Pontedera 1985

1985 bigongiari

P. Bigongiari, Il mio sodalizio con

Cappellini, in Alfiero Cappellini.

Mostra antologica, cit., pp. 21-24

1985 ciattini

A. M. Ciattini, Ricordo di Alfiero

Cappellini, in Alfiero Cappellini.

Mostra antologica, cit., pp. 25-29

1985 iacuzzi-dei

P. F. Iacuzzi - E. Dei, Una biografia

per Alfiero Cappellini: lettere,

immagini, frammenti, in Alfiero

Cappellini. Mostra antologica, cit.,

pp. 37-48

1987 bartolini

S. Bartolini, Arturo Stanghellini.

Gli scritti e i disegni, Cassa di Risparmio

di Pistoia e Pescia, Pistoia

1987

1987 iacuzzi-dei

P. F. Iacuzzi - E. Dei (a cura di),

Corrado Zanzotto 1903-1980:

scultura, pittura, grafica, catalogo

della mostra (luglio-agosto),

Edizioni del Comune di Pistoia,

Pistoia 1987

1990 cappugi

L. Cappugi (a cura di), Egle Marini,

catalogo della mostra (Pistoia,

Museo Civico), Electa, Milano

1990

250 251



1990 guastalla

G. G. Guastalla, Marino Marini.

Catalogo ragionato della grafica

(Incisioni e litografie) 1919-1980,

Fondazione Marino Marini, Edizioni

Graphis Arte, Milano 1990

1992 bassi

G.B.Bassi, Alle radici di Giovanni

Michelucci. Pistoia come luogo felice,

catalogo della mostra

(Pistoia, Palazzo Comunale), Alinea

Editrice 1992

1993 chelucci

G. Chelucci, L’identità perduta. Il

complesso di S. Francesco nel XIX

e XX secolo tra ipotesi di destinazione

civica e recupero “mistico”-

devozionale, in L. Gai (a cura di),

S. Francesco e il convento in Pistoia,

Cassa di Risparmio di Pistoia e

Pescia, Pacini Editore, Pisa 1993,

pp. 227-246

1995a morozzi

R. Morozzi, Mario Nannini. Un

futurista a Pistoia (1895-1918),

maschietto&musolino, Firenze

1995

1995b morozzi

R. Morozzi, Menabò per Andrea

Lippi, in Il linguaggio della passione

in Lorenzo Viani e Andrea

Lippi, catalogo della mostra (Pistoia,

Palazzo Comunale, 30

settembre-29 ottobre), a cura di

Antonella Serafini, Claudio Giorgetti,

Rosanna Morozzi, Angle

Menichi, maria pacini fazzi, Lucca

1995

1996a dominici

L. Dominici, Luigi Mazzei artista

pistoiese, catalogo della mostra

Omaggio a Luigi Mazzei (Pistoia,

Galleria Valiani 10 maggio-16

giugno), Brigata del Leoncino,

FAG Litografica, Pistoia 1996

1996b dominici

L. Dominici, Luigi Mazzei e la decorazione

a Pistoia tra Liberty e

Déco, in Le età del Liberty in Toscana,

a cura di M.A. Giusti, atti del

Convegno Viareggio 29-30 settembre,

OCTAVO Franco Contini

Editore, Firenze 1996, pp. 113-117

1997 bartolini

S. Bartolini (a cura di), Giulio

Innocenti (1897-1968), catalogo

della mostra (Pistoia, Palazzo

Comunale, 8 maggio-8 giugno),

Polistampa, Firenze 1997

1998 bardazzi

E. Bardazzi, La mostra di bianco e

nero a Pistoia del 1913 e la rinascita

dell’incisione in Italia nel primo Novecento,

in Cultura figurativa fra le

due guerre, cit., pp. 31-52

1998 cagianelli

F. Cagianelli, Scheda n. 53, Galileo

Chini, Autoritratto, in Il Tirreno

‘naturale museo’ degli artisti toscani

tra Ottocento e Novecento,

catalogo della mostra (Comune

di Crespina), 1998

1998 cultura figurativa fra

le due guerre

Cultura figurativa fra le due guerre.

Pistoia e la situazione italiana, Atti

corso di aggiornamento a cura

di C. Sisi, Pistoia febbraio-aprile

1997, IRRSAE Toscana, Graficalito,

Firenze 1998

1998 chelucci

G. Chelucci, Alfredo Melani e lo

sviluppo delle arti decorative a

Pistoia tra Otto e Novecento, in

Cultura figurativa fra le due guerre,

cit., pp. 105-135

1998 marino marini

Marino Marini. Catalogo ragionato

della scultura, con saggio introduttivo

di G. Carandente, a cura

di M. Bazzini e M.T. Tosi, Skira,

Milano 1998

1998 ragionieri

S. Ragionieri, Pietro Bugiani

(1905-1992). Gli anni tra le

due guerre, catalogo della mostra

(Pistoia, Museo Civico),

maschietto&musolino, Firenze-

Siena 1998

1998 sisi

C. Sisi, Artisti e temi del Novecento

a Pistoia, in Cultura figurativa fra le

due guerre 1998, pp. 9-24

1999 iacuzzi

A. Iacuzzi, Prolegomeni per uno

studio di Angiolo Lorenzi: il solitario

“ragazzo di montagna” in Angiolo

Lorenzi, Catalogo della mostra

(San Marcello P.se) a cura di

M. Tuci e A. Iacuzzi, Tipografia

Artigiana, Pistoia, 1999

1999 ottanelli

A. Ottanelli, La Fonderia Lippi.

L’arte del bronzo a Pistoia tra Ottocento

e Novecento, Ente Cassa

di Risparmio di Pistoia e Pescia,

maschietto&musolino, Siena 1999.

2000a bartolini

S. Bartolini, Giovanni Costetti. Ritratto

di Marino Marini, scheda di

catalogazione, Intesa Sanpaolo,

Archivio Patrimonio Artistico,

Pistoia 2000

2000b bartolini

S. Bartolini, Giulio Innocenti. Figura

sul mare, scheda di catalogazione,

Intesa Sanpaolo, Archivio

Patrimonio Artistico, Pistoia

2000

2000c bartolini

S. Bartolini, Pietro Bugiani. Pomeriggio

Domenicale, scheda di

catalogazione, Intesa Sanpaolo,

Archivio Patrimonio Artistico,

Pistoia 2000

2000d bartolini

S. Bartolini, Umberto Mariotti.

Sigfrido Bartolini fanciullo, scheda

di catalogazione, Intesa Sanpaolo,

Archivio Patrimonio Artistico,

Pistoia 2000

2000 cadonici

R. Cadonici, La grafica e “La Tempra”,

Libreria dell’Orso, Pistoia

2000

2000 cagianelli-lazzarini

F. Cagianelli - E. Lazzarini, L’officina

del colore. Diffusione del fauvisme

in Toscana, catalogo della

mostra (Crespina 23 settembre

-29 ottobre), Industrie Grafiche

Pacini, Pisa 2000

2000 crispolti

E. Crispolti, (a cura di), Il futurismo

attraverso la Toscana, Architettura,

arti visive, letteratura, musica, cinema,

teatro, catalogo della mostra

(Livorno, 25 gennaio-30 aprile

2000), Silvana Editoriale, Milano

2000

2000 d’afflitto

C. D’Afflitto, Le arti figurative

dall’esposizione del 1899 alla Prima

Mostra Provinciale del 1928, in

Storia dei Pistoia. IV. Nell’età delle

rivoluzioni, 1777-1940, a cura di G.

Petracchi, Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia, Le Monnier, Firenze

2000

2000 damiani

G. Damiani, La scuola pistoiese tra

le due guerre. Un episodio del Novecento

italiano, catalogo della mostra

(Palazzo Pitti, Galleria d’arte

moderna 14 ottobre-14 marzo),

Pagliai Polistampa, Firenze 2000

2000a iacuzzi

A. Iacuzzi, Mario Nannini, Schede

nn. 1-22, Schede di catalogazione,

Intesa Sanpaolo, Archivio Patrimonio

Artistico, Pistoia 2000

2000b iacuzzi

P.F. Iacuzzi, Piero Bigongiari, Voci

in un labirinto, Pagliai Polistampa,

Firenze 2000

2001 crispolti

E. Crispolti, (a cura di), Futurismo

1909-1944. Arte, archiettura, spettacolo,

grafica, catalogo della mostra

(Roma, Palazzo delle Esposizioni),

Mazzotta, Milano 2001

2001 migliore

S. Migliore, Mistica povertà. Riscritture

francescane tra Otto e

Novecento, Istituto Storico dei

Cappuccini, Roma 2001

2001 ragionieri

S. Ragionieri, Natura trasfigurata

e mito nella Toscana degli anni

Venti e Trenta, in La Toscana e il

Novecento, catalogo della mostra

(Crespina, Villa il Poggio) a cura

di F. Cagianelli, R. Campana, Pacini

editore, Ospedaletto 2001,

pp. 161-174

2002 benzi

F. Benzi (a cura di), AD VIVEN-

DUM, Galileo Chini. La stagione

dell’Incanto. Affreschi e grandi

decorazioni 1904-1942, catalogo

della mostra (Montecatini Terme

23 marzo-30 giugno), artout

m&m, Pistoia 2002

2002 guastalla

G. Guastalla, Marino Marini, sculture,

dipinti, tempere e disegni degli

anni ’40 e ’50, Edizioni Graphis

arte, Milano 2002

2002 il cerchio magico

Il cerchio magico. Omaggio a Renato

Fondi (Pistoia 1887-Roma 1929),

catalogo della mostra (Pistoia,

Palazzo Comunale), a cura di E.

Salvi, R. Cadonici, R. Morozzi,

Nuova Fag Litografica, Pistoia

2002

2003 campana

R. Campana (a cura di), Renzo

Agostini. Il “Cenacolo” pistoiese

di Giovanni Costetti e l’alternativa

del colore, catalogo della mostra

(Pistoia, Museo Civico), Gli Ori,

Prato 2003

2003 toti

C. Toti, Eloisa Pacini e la sua arte,

in Eloisa Pacini Michelucci. Fuori

dall’ombra della grande quercia, catalogo

della mostra a cura di C. Sisi

e C. Toti, Polistampa, Firenze 2003

2004 salvi

E. Salvi, Le arti nel “Ferruccio”, Libreria

dell’Orso, Pistoia 2004

2005a iacuzzi

A. Iacuzzi, ad vocem Alberto Caligiani,

in Arte in Maremma nella

Prima metà del ‘900, Catalogo

della mostra (Grosseto, 26 novembre

2005-29 gennaio 2006),

Silvana Editoriale, Milano 2005,

pp. 215-217, 406

2005b iacuzzi

A. Iacuzzi, Emergenze futuriste tra

i disegni di Mario Nannini, in “Il

Tremisse pistoiese”, a. XXX, n.

88, dicembre 2005, pp. 22-26

2005c iacuzzi

A. Iacuzzi (a cura di), Umberto

Mariotti, 1905-1971. “L’universo è

in casa…”, catalogo della mostra

(Pistoia, Palazzo Comunale), Gli

Ori, Pistoia 2005

2005 tuci

C. Tuci, Palazzo Azzolini, Materiali

redatti in occasione delle

visite guidate a Palazzo Azzolini

in occasione dell’iniziativa organizzata

da ABI “Invito a Palazzo”,

Pistoia 2005

2005-2006 chelucci

G. Chelucci (a cura di), “Un palazzo

nuovo di stile vecchio”. La

sede della Cassa di Risparmio di

Pistoia (1897-1931), Cassa di Risparmio

di Pistoia e Pescia SPA,

Gli Ori, Pistoia 2005-2006

252 253



2006 iacuzzi

A. Iacuzzi (a cura di), Mario Nannini

nel laboratorio dell’opera. Disegni

e dipinti 1913-1918, catalogo

della mostra (Pistoia, Palazzo

Comunale e Palazzo Azzolini),

Centro di Documentazione

sull’Arte Moderna e Contemporanea

pistoiese, Pistoia 2006

2006 lanza del vasto

Lanza del Vasto. Lettere giovanili

(1923-1936), a cura di Manfredi

Lanza, Gabriel Maes, Edizioni

Plus, Pisa 2006

2006 morozzi

R. Morozzi, Mario Nannini. La verità

di un’avanguardia, in A. Iacuzzi,

Mario Nannini nel laboratorio

dell’opera, cit., pp. 27-34

2007 anteprima

Anteprima per un museo del ‘900 a

Pistoia. Opere dalle collezioni pubbliche

cittadine, giornale/catalogo

della mostra (Pistoia, Palazzo

Comunale 4 maggio-24 giugno),

Centro di Documentazione sull’Arte

Moderna e Contemporanea

pistoiese, Pistoia 2007

2007 morozzi

R. Morozzi, Gli anni delle avanguardie.

Andrea Lippi e Mario

Nannini, in Arte del Novecento a

Pistoia, cit., pp. 16-39.

2007a ragionieri

S. Ragionieri, Il circolo di Lanza del

Vasto, in Arte del Novecento a Pistoia,

cit., pp. 40-63

2007b ragionieri

S. Ragionieri, “…senza che l’astratto

perda purezza, né la vita plenitudine”:

il rapporto di Lanza del Vasto

con gli artisti toscani alla fine degli

anni Venti, in Lanza del Vasto e

le arti visive, atti della giornata

di studio (29 settembre 2005),

Schena Editore, Brindisi 2007,

pp. 22-38

2007 salvi

E. Salvi, La stampa a Pistoia: polemiche

artistiche e letterarie, in

Arte del Novecento a Pistoia, cit.,

pp. 98-115

2007 toti

C. Toti, Dentro la città e fuori le

mura: percorsi espositivi di artisti

pistoiesi tra le due guerre, in Arte

del Novecento a Pistoia, cit., pp.

65-97

2008/2009 ciappei

C. Ciappei, Marino Marini: incisioni

e disegni 1917-1946, Tesi di

Diploma Accademia delle Belle

Arti di Firenze, Scuola di Grafica

d’Arte Clara Borgo, laureanda C.

Ciappei, relatore Prof.ssa S. Ragionieri,

2008/2009

2010 masini

L.V. Masini (a cura di), 1910-

2010. Un secolo d’arte a Pistoia.

Opere d’arte dalla collezione della

Fondazione Cassa di Risparmio di

Pistoia e Pescia, catalogo della

mostra (Pistoia, Palazzo Fabroni,

23 maggio-25 luglio), Fondazione

Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia, Gli Ori, Pistoia 2010

2011 giubilei

M.F. Giubilei, Scheda n. 12, Galileo

Chini, Autoritratto, in Il simbolismo

in Italia, catalogo della mostra

(Padova, Palazzo Zabarella, 1

ottobre 2011-12 febbraio 2012), a

cura di M.V. Clarelli, F. Mazzocca,

C. Sisi, Marsilio, Venezia 2011,

pp. 235-236

2012 agostini

A. Agostini, Vasco Melani (1910-

1976) un intellettuale del fare,

catalogo della mostra (Pistoia,

Palazzo Comunale, 23 dicembre

2012-3 febbraio 2013), Gli Ori,

Pistoia 2012

2012 iacuzzi

A. Iacuzzi (a cura di), Andrea Lippi,

disegni: strane fantasie, ignoti

desideri, pallide visioni, sogni,

chimere, catalogo della mostra

(Pistoia, Palazzo Comunale 18

marzo-6 maggio), Centro di Documentazione

sull’Arte Moderna

e Contemporanea pistoiese, Gli

Ori, Pistoia 2012

2012 morozzi

R. Morozzi, La metamorfosi del

segno, in A. Iacuzzi, Andrea Lippi,

disegni, cit., pp. 47-69

2013 salvi

E. Salvi, Quarant’anni di grafica

d’arte a Pistoia, in Pistoia. L’anima

del luogo. A 100 anni dalla “Mostra

di Bianco e Nero”, in “Spicchi di

Storia”, n.7, Fondazione Banche

di Pistoia e Vignole-Montagna

Pistoiese-Istituto di Storia locale,

Settegiorni Editore, Pistoia 2013,

pp. 47-89

2014 il colore dell’ombra

Il colore dell’ombra. Dalla mostra

internazionale del Bianco e Nero.

Acquisti per le Gallerie. Firenze

1914, a cura di R. Campana, catalogo

della mostra (Firenze, Palazzo

Pitti 25 novembre 2014-8

marzo 2015), Sillabe, Firenze

2014

2014 campana

R. Campana, 1914: con le Gallerie

fiorentine all’esposizione Internazionale

del Bianco e Nero, in Il colore

dell’ombra, cit, pp. 22-61

2014 morozzi

R. Morozzi, Opere grafiche per la

Galleria d’arte moderna. Le proposte

della Commissione, in Il colore

dell’ombra, cit, pp. 86-101

2014 iacuzzi

A. Iacuzzi, La voce della linea

chiarisce lo spirito del luogo, in

Pistoia. Eventi del Novecento: disegno-architettura-design-arte,

in

“Spicchi di Storia”, n.8, Fondazione

Banche di Pistoia e Vignole-

Montagna Pistoiese-Istituto di

Storia locale, Settegiorni Editore,

Pistoia 2014, pp. 67-113.

2015 illustrissimi

Illustrissimi. Il ritratto tra vero e

ideale nelle collezioni delle Fondazioni

di origine bancaria della

Toscana, a cura di E. Barletti,

catalogo della mostra (Luca, Casermetta

del Museo Nazionale

di Villa Guinigi, 18 giugno-31 luglio),

Polistampa, Firenze 2015

2015 pietro bugiani.

il colore del tempo

Pietro Bugiani. Il colore del tempo,

a cura di R. Cadonici e E. Salvi,

catalogo della mostra (Pistoia,

Palazzo Sozzifanti, 4 novembre

2015-31 gennaio 2016), Fondazione

Cassa di Risparmio di Pistoia

e Pescia, Pistoia 2015

2015a salvi

E. Salvi, Bugiani Novecento. Così

vicino così lontano, in Pietro Bugiani.

Il colore dl tempo, cit., pp.

33-72

2015b salvi

E. Salvi, Francesco Chiappelli. Ritratto

d’uomo, in Illustrissimi, cit.,

2015, pp. 142-143.

2015c salvi

E. Salvi, Marino Marini. Ritratto

del pittore Alberto Caligiani, in Illustrissimi,

cit., 2015, pp. 148-149

2015d salvi

E. Salvi, Pietro Bugiani. Ritratto del

pittore Umberto Mariotti, in Illustrissimi,

cit., 2015, pp. 148

2015e salvi

E. Salvi, Pietro Bugiani. Ritratto di

Francesco Paci (Il suocero), in Illustrissimi,

cit., 2015, pp. 156-157

2016 iacuzzi

A. Iacuzzi, Andrea Lippi. Chimera

che opprime l’uomo; Campane, in

Liberty in Italia, cit., pp. 280-281

2016 liberty in italia

Liberty in Italia. Artisti alla ricerca

del moderno, a cura di Francesco

Parisi e Anna Villari, catalogo

della mostra (Reggio Emilia,

Palazzo Magnani, 5 novembre

2016-14 febbraio 2017), Silvana

Editoriale, Milano 2016

2016 martino

V. Martino, Pietro Bugiani; Marino

Marini, in Sguardi sul Novecento,

cit., pp. 133-138; 143-147.

2016 mascellino

B. Mascellino, Giovanni Costetti,

in Sguardi sul Novecento, cit., pp.

108-117

2016 panzetta

A. Panzetta, Scultura e scultori

Liberty in Italia da nord a sud, in

Liberty in Italia, cit, pp. 42-47

2016 sguardi sul novecento

Sguardi sul Novecento. Disegni di

artisti italiani tra le due guerre,

a cura di M. Faietti e G. Marini,

catalogo della mostra, Giunti, Firenze

2016

2017 marino marini.

passioni visive

Marino Marini. Passioni visive,

catalogo della mostra (Pistoia,

Palazzo Fabroni 16 settembre

2017-7 gennaio 2018), a cura di

B. Cinelli e F. Fergonzi, Silvana

Editoriale, Milano 2017

2017a fabi

C. Fabi, Allungamenti gotici, in

Marino Marini. Passioni visive, cit.,

pp. 114-121

2017b fabi

C. Fabi, Un esordio arcaista, in

Marino Marini. Passioni visive, cit.,

pp. 86-97

2017 farinella

V. Farinella, “Vedere il sole attraverso

occhi di terracotta”: alcune

fonti archeologiche della scultura

di Marino Marini, in Marino Marini.

Passioni visive, cit., pp. 62-85.

2017 fergonzi

F. Fergonzi, Prima della fama interazionale.

Temi della ricerca scultorea

di Marino Marini tra gli anni

trenta e quaranta, in Marino Marini.

Passioni visive, cit., pp. 12-39.

2017a tuci

C. Tuci, “La vocazione di Pistoia”,

in Artiste al lavoro. Il lavoro delle

donne. Capolavori dalle Raccolte

della CGIL, a cura di P. Lazoi e F.

Matitti, catalogo della mostra

(Pistoia, La Cattedrale-ex Breda

3 luglio-27 agosto), pp. 21-22

2017b tuci

C. Tuci, Mario Nannini. Figura di

donna che ricama (studio per “Ritratto

di zia Ester”), in Artiste al

lavoro, cit., pp. 52-53

2019 tosi

Riflessioni scaturite da conversazioni

con Maria Teresa Tosi in

occasione della redazione della

scheda Marino Marini, Festina

lente sed festina, 1925, per il presente

lavoro

2019 tuci

Riflessioni scaturite da conversazioni

con Cristina Tuci in occasione

della redazione della scheda

Marino Marini, Festina lente

sed festina, 1925, per il presente

lavoro

254 255



Finito di stampare nel mese di aprile 2019 da Baroni & Gori Prato, per conto de Gli Ori, Pistoia

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