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17 Aprile 2020
Dopo…dovremo ricordare di essere tornati
mortali, pieni di dubbi, senza verità da vendere
#diariodaqui
Sono sincero. Non so cosa resterà nel diario scritto, da ognuno di noi, alla fine di questa
storia. Non so come potremo raccontare la nostra vita al tempo del coronavirus.
La cosa che più mi incuriosisce, forse, sarà rileggere il nostro inconsapevole adattamento a
qualcosa di nuovo. Un cambiamento lento, graduale, ma, molto spesso, fatto soltanto di
riscoperte.
Sì, mi incuriosisce proprio questo. Forse un paradosso, ma pensare di essere cambiato
riscoprendo alcune cose di me e delle persone che mi stanno accanto, così come della mia
stessa città, mi sembra fantastico.
Non si tratta soltanto del pane fatto in casa, della convivenza piena con la famiglia, dello
smart working. Penso alla consapevolezza di essere tornato ad essere più “lento”. Ad avere
la capacità di elaborare meglio le cose; quelle lette e quelle ascoltate.
Qualcuno ha scritto che questo tempo non dovremo sciuparlo. E sono pienamente
d’accordo. Faccio il giornalista, non ho mai apprezzato il linguaggio bellico usato da
alcuni colleghi e, ancora peggio, da politici vari per descrivere questo tempo. Tra le cose
che ho riscoperto ci sono anche le parole. Ne avevo dimenticate tante, forse per noia, per
leggerezza, per esigenze di narrazione iper veloce dei fatti.
Non so se, in questo periodo, qualcuno sta trovando la fede o la sta perdendo. Credo
appartenga alle naturali cose della vita. Pupi Avati, una persona che ho potuto conoscere e
con cui sono rimasto a chiacchierare per oltre un’ora, in questi giorni ha detto che gli unici
ai quali credere sono coloro che, in termini di scienza e ricerca, rispondono “non so”.
Ecco, sul diario, tra le cose riscoperte, che ci avranno cambiato, bisognerà appuntare di
essere tornati mortali, pieni di dubbi, consapevoli di non avere verità da vendere porta a
porta.
Non credo molto a chi esorcizza questi giorni scrivendo “eravamo felici e non sapevamo
di esserlo”. Vallo a dire a qualche milione di persone che vivono “fuori” di te. Oggi stiamo
soltanto guardando allo specchio ciò che siamo da tempo. Solo che oggi, proprio perché
più lenti, ci fermiamo qualche minuto in più davanti a quello specchio.
Peter Bichsel, uno scrittore svizzero che ha fatto anche il maestro elementare, nel suo
Quando sapevamo aspettare scrive: “È possibile ascoltare bene solo quando si tollera
di non capire”.
Questo, con ogni probabilità, rileggerò spesso su questo diario.
Prospero Dente