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I Quaderni della Rinascita. Racconti - Versione lunedì 8/06/2020

Da un'idea di ItaliaPoetica.it

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Italia Poetica

- Anche io lo penso, in mezzo a tanto spavento e con l’angoscia per la pandemia molti hanno

reagito non con rabbia ma con vitalità.

- Si, e sono stati contagiosi.

- Effettivamente almeno non ci si lascia andare al senso di impotenza.

- Già. Poi io ho scoperto di essermi giudicata male. Mi credevo incapace di essere costante invece

adesso che vivo in una lentezza ho preso alcune abitudini senza difficoltà... e sto meglio.

Tipo la ginnastica appunto.

- Ma lo sai che pure io la sto facendo e non mi fa male più il collo?

- È normale, stare troppo al computer blocca la schiena. Pure a me è successo. Adesso è assurdo

rendermi conto che magari ci passo più tempo di prima ma sto bene.

- Effettivamente alla fine tutti i giorni ti fai gli esercizi e ti rilassi. Certo fa riflettere questa cosa.

- Mica solo questa. Ti ricordi quando ti dicevo che non è possibile fare il pane a casa perché

come fai a stargli dietro?

- Si, si.

- Eh, adesso ovviamente non ho problemi. Impasto e, quando è ora, inforno. Quello di solina è

fenomenale. Mentre lievita io comunque lavoro oppure pulisco casa.

- Vedi! Io mi sono dedicata a fare i biscotti. Era da una vita che li volevo fare!

- Ah, buoni! Quali hai fatto?

- Ne ho fatti di vari tipi. Frollini per la colazione, cantucci, poi anche crostatine, maritozzi.

- Cavolo Fede! Ti sei lanciata!

- Eh si, ma come dici tu, avevo tempo ed era da tanto che volevo provare le ricette di mia nonna.

Poi cavolo, si risparmia tantissimo a fare i biscotti in casa.

- Si si, i biscotti costano parecchio.

- Ma poi questi di nonna sono uno spettacolo e mi ricordano tante cose della mia infanzia.

- Si, lo so cosa vuoi dire. Sono sensazioni che erano diventate sempre più rare invece in questo

tempo lento si ritrovano.

- Si, non erano perse. Io ho ripensato a cose che mi sembravano dimenticate.

- Già. Certo mi viene la tristezza a pensare che ci siamo concesse questa vita come reazione a

un’emergenza planetaria.

- Si, ho capito cosa vuoi dire, ha un retrogusto molto amaro.

- E se penso agli ospedali, alle persone che non avevano soldi da parte, a chi aveva appena

aperto un’attività... ma pure a pensare che non so quanto potremo reggere mi fa paura.

- Lo so, però ormai questa cosa è arrivata e la stiamo vivendo per forza. Allora cerchiamo di

osservare le cose per fare delle scelte future, no?

- Non è che possiamo fare altro. Però mi rammarico: certe cose non erano già chiare? Perché

abbiamo vissuto come pazze prima? Mica “serviva” una pandemia.

- Certo che no, non ci si può augurare che arrivi una catastrofe per vivere meglio dopo.

- Appunto. Non potevamo vivere una vita più lenta, più a misura fin da prima?

- Siamo nate che il mondo già correva e non ce ne siamo accorte.

- Possibile che non se ne sia accorto nessuno?

- Ma se tu stessa mi hai raccontato di gente che si è scocciata del nostro modo di vivere e ha

abbandonato la città e la frenesia.

- Si ma quelle sono persone che hanno attuato una rottura, hanno dovuto prendere decisioni

nette, scegliere tra due opzioni opposte.

- Appunto, si vede che loro se ne erano accorti.

- Si, ma io non volevo rinnegare la città.

- Ah nemmeno io, non potrei mai vivere in campagna, isolata,

poi ci sono pure i cinghiali, che sei matta!

I Quaderni della Rinascita. Racconti. 38

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